Il privilegio previsto dall'art. 2751-bis, n. 2, del Codice civile offre tutela al lavoro personale svolto ed assiste il credito nel caso in cui sia vantato dal professionista per proprie prestazioni.
Svolgimento del processo
1. Questa Corte, con ordinanza n. 14300/2018, cassava con riferimento ai motivi accolti la sentenza del Tribunale di Rimini n. 106/2014, nella parte in cui aveva ritenuto che la statuizione del Giudice di Pace della stessa città n. 1017/2011, essendo stata pronunciata secondo equità, fosse appellabile nei limiti previsti dall’art. 339, comma 3, cod. proc. civ.. La causa, tempestivamente riassunta davanti al giudice del rinvio, veniva interrotta a causa del fallimento dell’appellata G. s.r.l., senza essere poi proseguita dall’appellante Avv. G. G. o dalla curatela del fallimento.
2. Il giudice delegato al fallimento di G. s.r.l. non ammetteva al passivo della procedura il credito di € 19.514,05 vantato dall’Avv. G. a titolo di restituzione di quanto egli aveva pagato a G. s.r.l. in bonis per spese di lite e somme liquidate a titolo di responsabilità aggravata in esecuzione delle sentenze del Giudice di Pace e del Tribunale di Rimini.
3. Il Tribunale di Rimini, a seguito dell’opposizione proposta dall’Avv. G., reputava che l’estinzione del giudizio di rinvio avesse fatto venir meno i titoli in forza dei quali G. s.r.l. aveva ottenuto il pagamento delle spese di lite, disponendo, di conseguenza, l’ammissione al passivo in sede chirografaria della somma di € 8.332,77 indebitamente corrisposta dall’opponente.
4. Per la cassazione di tale decreto, pubblicato in data 23 luglio 2021, ha proposto ricorso l’Avv. G. G. prospettando due motivi di doglianza.
L’intimato fallimento di G. s.r.l. non ha svolto difese.
Motivi della decisione
5. Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 393 cod. proc. civ. e 2041 cod. civ., perché il Tribunale, pur riconoscendo che l’opponente aveva diritto alla restituzione delle spese legali versate a G. in bonis, ha omesso di ordinare la restituzione anche delle somme corrisposte a titolo di registrazione della sentenza del Tribunale di Rimini n. 106/2014, pari a € 226,25, nonostante tale importo fosse stato documentato e richiesto sia in sede di ammissione al passivo, sia in sede di opposizione.
6. Il motivo non è fondato.
Quando, a seguito della Cassazione con rinvio della sentenza impugnata, si verifica l'estinzione del giudizio di rinvio, alla stessa consegue, ai sensi dell'art. 393 cod. proc. civ., l'estinzione dell'intero processo, con caducazione di tutte le altre sentenze eventualmente emesse nel corso dello stesso, eccettuate quelle già coperte dal giudicato (Cass. 12262/1995).
Caducazione che, tuttavia, non fa venir meno l’esistenza, al momento della pronunzia della sentenza d’appello poi cassata, del presupposto dell’imposta di registro su atti giudiziari di cui all'art. 37 d.P.R. 131/1986, costituito dall'esistenza di un titolo giudiziale soggetto a registrazione.
L’importo del contributo versato a tale titolo non costituiva, quindi, un indebito da ricomprendere all’interno delle somme dovute in restituzione all’odierno ricorrente in conseguenza della caducazione della statuizione emessa nel corso del procedimento che poi si è estinto.
7. Il secondo motivo di ricorso lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2751-bis cod. civ., in quanto il Tribunale, nell’ammettere il credito al passivo con collocazione chirografaria, non ha tenuto conto della natura dell’indebito, in quanto la somma era stata versata alla società poi fallita a rimborso delle spese legali sostenute dalla controparte sulla base di un titolo giudiziale.
8. Il motivo non è fondato.
Invero, il privilegio di cui all’art. 2751-bis, n. 2, cod. civ. compete al professionista o al prestatore d’opera per il compenso a cui questi ha diritto in conseguenza delle prestazioni da lui stesso rese e non può, quindi, essere esteso a quanto dovuto in restituzione per somme indebitamente corrisposte alla controparte processuale a ristoro delle spese di lite, dato che tali somme costituiscono, come ha correttamente rilevato il collegio dell’opposizione, un indebito oggettivo e non un compenso per l’opera professionale prestata dall’istante.
In altri termini, il privilegio in parola intende dare tutela al lavoro personale svolto ed assiste il credito non in quanto correlato in qualche modo a spese giudiziali, ma soltanto nel caso in cui sia vantato dal professionista per proprie prestazioni.
9. In forza dei motivi sopra illustrati il ricorso deve essere respinto.
La mancata costituzione in questa sede della procedura intimata esime il collegio dal provvedere alla regolazione delle spese di lite.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1- bis dello stesso art. 13, ove dovuto.