Svolgimento del processo
1.1. Il Tribunale di Matera, con decreto del 29 luglio 2020, ha rigettato il reclamo che, a norma dell’art. 26 l.fall., l’avvocata L. M. aveva proposto avverso il provvedimento con il quale il giudice delegato al Fallimento della M. Industriali s.r.l. le aveva liquidato il compenso per l’opera professionale svolta nell’interesse della procedura, avente ad oggetto la proposizione di un giudizio nei confronti di M L. & F. Banca per i Servizi Finanziari alle Imprese s.p.a., per far dichiarare la nullità ai sensi dell’art. 2744 c.c. del trasferimento di un complesso edilizio per il prezzo di € 4.500.000,00, oltre IVA, e per ottenere il risarcimento dei relativi danni, che era poi stato definito in via transattiva.
1.2. Il tribunale - premesso che “il compenso dell’avvocato difensore del fallimento va liquidato nella misura concordata, senza applicazione dei parametri di cui al D.M. 55/2014 se non per quanto previsto dall’accordo” e che, in caso di cessazione del rapporto professionale prima del compimento dell’incarico, il compenso per i giudizi iniziati ma non compiuti dev’essere liquidato per l’opera svolta fino alla cessazione “secondo un criterio proporzionale e sulla base della prestazione professionale effettivamente espletata” - ha ritenuto, quanto al caso in esame, che: i) il giudice delegato, nell’autorizzare l’accordo transattivo, aveva dato atto che “quanto ivi stabilito in ordine alle somme previste per il rimborso delle spese legali non vincolava la curatela”, riservandosi, quindi, di procedere autonomamente alla liquidazione di tali spese “senza alcun vincolo rispetto a quanto previsto nell’atto transattivo”; ii) il giudice delegato aveva correttamente applicato i criteri di cui al d.m. n. 55/2014, in vigore all’epoca di conclusione del giudizio, considerando “il valore della controversia (€ 4.500.000,00) e non la somma transatta, considerevolmente inferiore” ed applicando “i minimi tariffari”, “in ragione della ripetitività del contenuto degli scritti difensivi e della limitata attività relativa alla fase istruttoria e decisoria, nonché l’aumento per la conciliazione”; iii) la reclamante non aveva indicato, i motivi che avrebbero dovuto indurre a discostarsi dai minimi applicati, per cui anche sotto questo profilo la decisione impugnata doveva ritenersi corretta.
1.3. L’avv. M., con ricorso notificato il 29/1/2021, ha chiesto, per tre motivi, la cassazione del decreto.
1.4. Il Fallimento ha resistito con controricorso.
1.5. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Motivi della decisione
2.1. Con il primo motivo la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 25 l.fall. e 1411 c.c., per aver il tribunale ritenuto corretto il provvedimento di liquidazione del compenso del giudice delegato senza considerare che: i) M L. & F., nell’accordo transattivo stipulato col Fallimento, si era espressamente obbligata al pagamento in suo favore del compenso maturato in qualità di difensore della procedura, nella misura di €. 102.248,00, oltre accessori; ii) tale accordo, autorizzato dal giudice delegato con l’espresso riferimento alle condizioni indicate nella proposta formulata dalla M L. & F., si configurava come un contratto con il quale la società e il Fallimento avevano convenuto, a norma dell’art. 1411 c.c., di erogarle, quale terza estranea all’accordo, l’importo pattuito a titolo di spese legali, sicché ella, dichiarando di volerne profittare con la richiesta di liquidazione delle proprie competenze, aveva acquistato il diritto a ricevere il relativo pagamento dal curatore promittente.
2.2. Il motivo è inammissibile.
2.3. La ricorrente, infatti, non si confronta col tenore dell’accordo transattivo intercorso tra Fallimento e M L. & F., il quale, per come emerge dal testo riprodotto in ricorso (p. 5), si limita, in realtà, a prevedere l’obbligo di quest’ultima (e non anche della procedura) di eseguire “il pagamento dei compensi in favore dei legali della Curatela” nella misura ivi determinata. Si tratta dunque di un contratto in base al quale ( sempre che ne venisse accertata l’effettiva efficacia esterna) l’avvocata M. avrebbe al più acquistato il diritto nei confronti del solo promittente (cioè M L. & F.) e non anche della curatela, rimasta, in difetto di un’espressa previsione in tal senso, mera stipulante.
2.4. Con il secondo motivo, proposto in via subordinata, la ricorrente, denunciando la violazione e la falsa applicazione del d.m. n. 55/2014, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., lamenta che il tribunale non abbia considerato che, a fronte del perfezionamento della transazione nei termini esposti, il giudice delegato non poteva prescindere dall’obbligo assunto dal curatore di corrisponderle le somme contrattualmente pattuite a titolo di spese legali, le quali, essendo state acquisite con tale specifica destinazione, non potevano essere destinate a soddisfare esigenze diverse da quelle per cui le parti ne avevano espressamente convenuto il versamento, pena l’ingiusta locupletazione del Fallimento in suo danno.
2.5. Il motivo è fondato nei termini che di seguito si precisano.
2.6. Come già affermato da questa Corte, quando il Fallimento è parte vittoriosa di un giudizio, il passaggio in giudicato della pronuncia con cui il giudice ha anche liquidato le spese in favore della procedura, non comporta alcun effetto preclusivo di una diversa, minore quantificazione del compenso liquidato al difensore dal giudice delegato, ai sensi dell’art. 25, comma 1 , n. 6 l. fall. Tuttavia il difensore, anche in sede di reclamo ex art. 26 l. fall. contro il decreto di liquidazione, ha diritto a pretendere, a titolo di ingiustificato arricchimento della massa, la differenza, che gli va riconosciuta con pronuncia i cui effetti sono sospensivamente condizionati all’effettivo incameramento della somma corrispondente da parte del curatore, ove non ancora avvenuto (Cass. n. 27586 del 2023).
2.7. Lo stesso principio va affermato anche nel caso, quale quello di specie, in cui le spese legali dovute al Fallimento siano state determinate in sede di accordo transattivo intervenuto fra il curatore e la controparte: il difensore avrà dunque diritto a ripetere la differenza fra la somma liquidatagli dal G.D. e quella maggiore concordata fra le parti, che gli sarà riconosciuta (dal G.D. o dal giudice del reclamo) condizionandone la corresponsione all’ effettivo incameramento da parte del curatore.
2.8. Con il terzo motivo, proposto in via ulteriormente subordinata, la ricorrente, lamentando l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, censura il decreto impugnato per aver il tribunale ritenuto che il giudice delegato avesse correttamente provveduto alla liquidazione del compenso, secondo un valore della controversia pari ad € 4.500.000,00 e sulla scorta dei minimi tariffari, senza considerare: a) che, in base alle norme codicistiche, il valore della controversia doveva essere individuato in una somma superiore ad € 8.000.000,00, dovendosi tener conto anche dell’ulteriore domanda svolta dal Fallimento nei confronti di M, di risarcimento dei danni determinati dalla dichiarazione di insolvenza; b) che le competenze per l’attività stragiudiziale espletata per la stipula della transazione, liquidate dal G.D. nella misura del 30% della voce relativa alla fase decisionale, avrebbero dovuto essere determinate ai sensi degli artt. 18 e 19 del d.m. n. 55/2014, come modificato dal d.m. n. 37/2018, secondo i valori medi ivi previsti.
2.9. Il motivo è solo parzialmente fondato, nei termini che seguono.
2.10. I parametri previsti dal d.m. n. 37/2018, cui devono essere commisurati i compensi dei professionisti, vanno applicati ogni qual volta la liquidazione giudiziale intervenga in un momento successivo alla data di entrata in vigore del predetto decreto, ma sempre che a tale data non sia stata ancora completata l’attività professionale, mentre nella specie la transazione che ha posto fine al giudizio è stata stipulata nel luglio del 2016 e autorizzata dal G.D. nel settembre successivo.
2.11. E’ invece fondata la doglianza con cui la ricorrente lamenta che il giudice non abbia tenuto conto che, ai sensi dell’art. 5, comma 2 prima parte, del d.m. n. 55/2014 applicabile ratione temporis, nella liquidazione dei compensi a carico del cliente, si ha riguardo al valore corrispondente all’entità della domanda. Ciò, peraltro, non esclude che, come si desume dalla seconda parte dello stesso comma 2 cit., oltre che dalla prima parte del successivo comma 3, il giudice debba verificare se la somma domandata sia manifestamente diversa rispetto al valore effettivo della controversia, così come determinato in ragione dell’entità economica dell’interesse sostanziale perseguito dal cliente e che, ove ravvisi una manifesta sproporzione tra detto valore effettivo e il formale petitum possa discrezionalmente adeguare la misura dell’onorario alla concreta, reale importanza della prestazione (Cass. n. 18507 del 2018; Cass. n. 1805 del 2012).
2.12. Nel caso di specie il tribunale, là dove ha determinato il valore della controversia nella somma di € 4.500.000 senza, per un verso, avere riguardo alla domanda, cumulata, di risarcimento del danno pure proposta dal Fallimento e, per l’altro, applicato i minimi tariffari in ragione della mera ripetitività del contenuto degli scritti difensivi dell’avvocata M., senza nessuna ulteriore valutazione, non si è attenuto ai principi indicati.
2.13. All’accoglimento, nei termini di cui si è detto, del secondo e del terzo motivo del ricorso, conseguono la cassazione del decreto impugnato e il rinvio della causa, per un nuovo esame, al Tribunale di Matera che, in differente composizione, provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte così provvede: accoglie, nei termini di cui in motivazione, il secondo e il terzo motivo del ricorso e rigetta il primo motivo; cassa il decreto impugnato in relazione ai motivi accolti e rinvio al Tribunale di Matera che, in differente composizione, provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.