Per stabilire se l'impugnazione per violazione delle regole di diritto sul merito della controversia sia ammissibile, la legge, cui l'art. 829, comma 3, c.p.c. rinvia, deve essere identificata in quella vigente al momento della stipulazione della convenzione di arbitrato.
Svolgimento del processo
1. Con lodo reso il 31-3-2008 il Collegio arbitrale, regolarmente costituitosi su iniziativa della A. Italia s.p.a., in accoglimento della domanda avanzata da detta parte, dichiarava O. FRESCO soc. coop. agricola tenuta al pagamento in favore della prima della somma di € 1.600.000,00, ritenendo infondate sia l'eccezione di nullità dell'art. 2 della scrittura privata stipulata tra le parti, sia l'eccezione di impossibilità sopravvenuta della condizione a cui era subordinata la corresponsione della somma prevista dalla scrittura privata da parte di O. FRESCO soc. coop. agricola in favore di A. ITALIA s.p.a.. Il Collegio Arbitrale riteneva che, sebbene fosse incontestata la natura pubblica delle somme oggetto della scrittura privata 31.07.2002, trattandosi di contributi provenienti dallo Stato e dalla Regione Emilia Romagna erogati in forza di regolamento CEE n. 1035/1972, tale natura non comportasse la necessità che la somma fosse destinata alla realizzazione di un'opera pubblica o di rilevanza pubblica, potendo la stessa anche essere erogata al fine di agevolare la realizzazione di scopi privati giudicati meritevoli di tutela, rappresentati nel caso di specie dalla costituzione di associazioni di produttori ortofrutticoli. Ad avviso del Collegio, l'accordo negoziale stipulato tra le parti ed avente ad oggetto la corresponsione da parte di O. FRESCO soc. coop. agricola in favore di A. ITALIA s.p.a. di una quota dei contributi ricevuti non poteva qualificarsi come distrazione illecita di denaro pubblico, trattandosi invece di somma dovuta a titolo di rimborso per quanto pagato in via anticipata per la costituzione dell'associazione di produttori ortofrutticoli cui si riferivano i contributi incassati da O. FRESCO soc. coop. agricola.
2. Con sentenza n. 1203/2015 pubblicata il 10-4-2015 la Corte d’appello di Bologna ha rigettato l’impugnazione avverso il suddetto lodo proposta da O. Fresco soc. coop. agricola, condannando detta parte alla rifusione delle spese di lite.
3. Avverso questa sentenza O. FRESCO soc. coop. agricola (di seguito per brevità O.) propone ricorso, affidato a due motivi, nei confronti della A. ITALIA s.p.a. (di seguito per brevità A.), che resiste con controricorso.
4. Il ricorso è stato fissato per l'adunanza in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380 bis 1, cod. proc. civ.. Le parti hanno depositato memorie illustrative.
Motivi della decisione
1. Il primo motivo è così rubricato: «art.360 comma 1 n.5 e n.3 c.p.c.- insufficienza e irrazionalità della motivazione circa fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti e violazione di legge per erronea qualificazione giuridica del fatto». La ricorrente, nel riportare ampi stralci della sentenza impugnata, dei motivi di impugnazione dalla stessa proposti e del lodo arbitrale (da pag. 9 a pag.61), lamenta, sotto un primo profilo, che né il Collegio arbitrale, né la Corte d’appello avrebbero esaminato e si sarebbero pronunziati sul quinto quesito, inerente il fatto "che, a seguito delle dimissioni della G. (ora A. Italia) dalla compagine della OP in data successiva alla stipula della scrittura privata 31.7.2002, ha perso il titolo in forza del quale l'accordo era stato sottoscritto e produceva effetti" . Deduce che la sentenza impugnata è viziata nella parte in cui la Corte di merito ha ritenuto implicito il rigetto del suddetto quinto quesito, perché la motivazione non consente di comprendere la ratio della decisione e l’iter logico seguito e chiede che sia riesaminato e reinterpretato il lodo arbitrale alla luce dei quesiti proposti, onde riscontrare il suddetto vizio motivazionale. Sotto un secondo profilo, la ricorrente censura la statuizione relativa al rigetto del secondo motivo di impugnazione, avente ad oggetto la domanda di nullità dell'art. 2 della scrittura privata del 31 7.2002. A tale riguardo la sentenza impugnata ha affermato che "il Collegio ha chiaramente illustrato l'iter logico ed argomentativo seguito ai fini della decisione, riconoscendo dapprima la natura pubblicistica delle erogazioni oggetto della scrittura privata intercorsa tra le parti e ritenendo legittimo che tali somme, essendo erogate da enti pubblici al fine di agevolare la realizzazione di scopi privati meritevoli di tutela, possano formare oggetto di accordi negoziali, qualificando poi la domanda di A. ITALIA s.p.a. come domanda di "rimborso", e giungendo così ad affermare che l'art. 2 della citata scrittura privata contenente l'obbligo di corresponsione da parte di O. FRESCO soc. coop. Agricola di parte di tali somme in favore di A. ITALIA s.p.a. non possa essere considerato nullo in quanto, neppure implicitamente, comporta una distrazione di somme dalla destinazione imposta dalla legge". Deduce che la natura pubblica del finanziamento, perché erogato dallo Stato, dalla Cee e dalle Regioni, con vincolo di destinazione (ossia con la finalità di agevolare la nascita delle organizzazioni produttori, di seguito per brevità OP), non può essere vanificata nel momento in cui le somme entrano nel patrimonio del privato destinatario, che non può destinarle alla realizzazione di scopi diversi da quelli imposti dalla legge. Ad avviso della ricorrente, l’interpretazione data dal Collegio arbitrale palesemente elude la finalità legislativa di destinazione del danaro pubblico per la creazione di una cooperativa di secondo livello (OP quale macrostruttura come persona giuridica interlocutore degli enti pubblici per il settore ortofrutticolo) e non a beneficio delle cooperative aderenti, strutture di primo livello, per scopi privati. Di conseguenza assume che sia errata la qualificazione della domanda di A. Italia s.p.a. (di seguito per brevità A.) come rimborso delle somme anticipate, in luogo di quelle che la parte pubblica avrebbe dovuto erogare al momento dell’avvio della OP, per contrasto con la suddetta finalità. Inoltre il Collegio arbitrale non aveva verificato che fosse avvenuto il concreto esborso, ovvero l’effettiva anticipazione di spese da parte del singolo aderente alla OP. Rimarca che, contrariamente a quanto affermato nel lodo, A. versò solo le somme relative ai contributi associativi, e non quelle di avviamento. Sul punto denuncia la carenza di motivazione della sentenza impugnata (pag.69 ricorso). Sotto un terzo profilo lamenta che erroneamente il Collegio arbitrale abbia disatteso l’eccezione di impossibilità sopravvenuta della condizione a cui era subordinata la corresponsione delle somme dovute da A. a G.. Ad avviso della ricorrente ricorre il difetto di motivazione perché la Corte d’appello non ha spiegato a che titolo siano stati riconosciuti i contributi, ossia se quali contributi pubblici o spese private, e non spiega perché la previsione del rimborso ex art.2 della scrittura privata non sia contra legem perché destinata a fini privati. Chiede, pertanto, che sia riesaminato il lodo da questa Corte anche su tale questione, per essere omessa la motivazione della sentenza impugnata e comunque insufficiente e contraddittoria.
2. Con il secondo motivo, illustrato da pag.74 del ricorso, la ricorrente censura la statuizione della sentenza impugnata con cui è stato dichiarato inammissibile il terzo motivo d’impugnazione, inerente l'applicazione da parte del Collegio arbitrale del criterio dell'equità di cui all'art. 1226 c.c.. Richiama la giurisprudenza di questa Corte, disattesa dalla Corte di merito, sulla questione inerente l'applicabilità della modifica all'art. 829, III comma, c.p.c. (L'impugnazione per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia e' ammessa se espressamente disposta dalle parti o dalla legge), introdotta dall'art. 24 del D.Lgs. n. 40/2006. Deduce, pertanto, che erroneamente è stato dichiarato inammissibile il terzo motivo d’impugnazione del lodo, avendo la Corte d’appello ritenuto applicabile la nuova disciplina anche alle impugnazioni dei lodi introdotte successivamente alla data di entrata in vigore del D.lgs. n. 40/2006, anche se, come nella specie, le convenzioni di arbitrato fossero state stipulate prima della nuova disciplina.
3. Il primo motivo è in parte inammissibile e in parte infondato.
3.1. Le censure sono inammissibili nella parte in cui è denunciato il vizio di motivazione insufficiente e irrazionale, ossia secondo il paradigma previgente dell’art.360 comma 1 n.5 c.p.c., non più applicabile ove, come nella specie, la pubblicazione della sentenza sia successiva all’11 settembre 2012, nonché nella parti in cui le censure investono il lodo e non la sentenza impugnata e si risolvono, mancando la specifica doglianza di violazione dei criteri ermeneutici di cui agli artt.1362 e ss. c.c., in un’impropria richiesta di nuova interpretazione del regolamento contrattuale in sede di legittimità. Va, invece, disattesa l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla controricorrente con riferimento alla tecnica di redazione del motivo mediante “copia- incolla”, poiché è dato sufficientemente comprendere l’articolato contenuto della doglianza.
3.2. Gli altri profili di censura non colgono nel segno, con riferimento a ciascuno dei tre aspetti denunciati.
3.2.1. Occorre precisare, riepilogando in estrema sintesi la ricostruzione fattuale e cronologica come illustrata dalla stessa parte ricorrente ( da pag.6 a pag.8 del ricorso), che la pretesa creditoria di A., secondo la prospettazione di quest’ultima accolta dal Collegio arbitrale, ha fondamento negoziale nella clausola 2 della scrittura privata del 31/7/2002 stipulata con A., ora O. -odierna ricorrente. Nel 1996 fu costituita l'Organizzazione dei Produttori Ortofrutticoli O. Fresco Soc. Coop. Agricola, che ottenne il formale riconoscimento di "OP" con Decreto del Ministro delle Risorse Agricole, Alimentari e Forestali (di seguito per brevità MIPAAF) del 13/12/1996. Tra i soci fondatori di detta organizzazione vi era la società cooperativa G. S.C. a r.1., ora A. Italia Società Cooperativa Agricola. Nel 1998 l'Organizzazione dei Produttori O. Fresco, già A. Soc. Coop a r.I., inoltrò al MIPAAF ed alla Regione Emilia Romagna le richieste di contributi di avviamento previsti dal DM 25/11/1993 a favore delle neo costituite OP. La OP A. era la titolare del programma operativo previsto dal Regolamento 2200/96/CEE (arti. 15 e 16) di riforma dell'organizzazione comune di mercato del settore ortofrutticolo (0CM), approvato dalla RER con delibera n. 10/2001 per l'anno 2001. Successivamente G. chiese di recedere dalla citata OP per potersi costituire come autonoma Organizzazione dei Produttori Ortofrutticoli, il recesso ebbe effetto il 31/12/2001 e, dunque, dal 1/1/2002 la OP G. iniziò la propria autonoma attività istituzionale. Nelle more, i soci fondatori della O. Soc. Coop. a r.l. e la OP G. costituivano altra Associazione di Organizzazioni di Produttori Ortofrutticoli (AOP), ossia O. Italia Società Consortile s.r.l., in forza di un “rinnovato e rafforzato rapporto associativo” (cfr. pag.7 ricorso). In data 31/7/2002, G., ora A. -odierna controricorrente-, e A., ora O. -odierna ricorrente-, perfezionavano una scrittura privata per regolare il periodo di adesione della G. alla A. e, quindi, fino alla data del 31/12/2001. In particolare G. aveva l'interesse di beneficiare dell'eventuale esito positivo della causa nel frattempo azionata contro il MIPAAF e la Regione Emilia Romagna per il riconoscimento dei contributi di avviamento previsti dal DM 25/11/1993. Nella scrittura privata del 31/7/2002, al punto 2, è previsto: "Le parti danno atto e riconoscono che attualmente è pendente un'azione legale promossa dalle tre organizzazioni di produttori ortofrutticoli, A., Granfrutta Z. e PM., tesa ad ottenere il riconoscimento della spettanza dei contributi di avviamento previsti dal D.M. 25 novembre 1993. Fin quando A. proseguirà tale azione legale e, comunque, fin quando porrà in essere tutte le ulteriori iniziative occorrenti per lo stesso fine, sostenendo direttamente le spese a ciò conseguenti, G. si obbliga a partecipare a tali spese, proporzionalmente alla quota di spettanza dei contributi di avviamento di cui sopra, determinata con riferimento alla media delle percentuali di partecipazione al finanziamento dei programmi operativi, riferita al periodo di adesione ad A.. In caso di incasso, a titolo definitivo, dei contributi di avviamento da parte A., quest'ultima si obbliga a versare a G., una somma a titolo di sgravio dei contributi associativi versati durante il periodo di appartenenza ad A., di importo corrispondente alla percentuale di partecipazione al finanziamento del programma operativo relativa al periodo di riferimento dei contributi di avviamento". Successivamente alla firma della scrittura privata del 31/7/2002, ossia in data 19/5/2003, G. recedeva anche dalla AOP O. Italia, costituita, come infra specificato, dopo il recesso di G. dalla OP A., con effetto dal 31-12-2001. Il MIPAAF riconosceva a O. Fresco Soc. Coop. Agricola, con atto transattivo del 5/12/2006 prot. n. 493, una quota parte, pari al 49%, dei contributi di avviamento previsti dall'art. 14 del Regolamento 1035/72/CEE, pari ad Euro 5.963.083,00, mentre la Regione Emilia Romagna riconosceva ad O. Fresco Soc. Coop. Agricola la somma di Euro 1.611.912,59 con delibera n. 2017/2006. Dopo la sottoscrizione della transazione tra la OP O. Fresco, già A., e il MIPAAF, A. chiedeva, con lettera del 9/1/2007, l'ammontare della somma liquidata dal Ministero al fine di "quantificare la quota parte a noi dovuta, così come previsto negli accordi tra noi" a O. Fresco, che contestava la fondatezza della pretesa creditoria, accertata, nei termini suindicati, con il lodo arbitrale.
3.3. Alla stregua di detta ricostruzione, così come effettuata, si ribadisce, dalla stessa ricorrente, all’evidenza risulta del tutto priva di fondamento la doglianza riferita al quinto quesito, in ordine al quale si deduce il vizio di omessa pronuncia. Contrariamente a quanto assume la ricorrente, correttamente la Corte di merito ha implicitamente ritenuto rigettato dal Collegio arbitrale il suddetto quesito di O., perché è radicalmente incompatibile con le statuizioni del lodo arbitrale ed è finanche estraneo alla materia del contendere di quel giudizio. Il quinto quesito, infatti, si riferisce al recesso di A. avvenuto in periodo successivo alla scrittura privata del 31/7/2002, mentre quest’ultima riguarda il periodo anteriore, fino al 31-12-2001. Infatti, in base a quanto esposto nella sentenza impugnata, il Collegio arbitrale ha tenuto conto del primo recesso del 22-6-2001 (così anche alle pag. 7 e 20 del ricorso) ed ha accertato il credito sorto a seguito della transazione con il Ministero di cui infra e riferito ai contributi spettanti fino al 31-12-2001, essendo esclusivamente quello l’oggetto del contendere, su cui il lodo ha statuito. E’ incontroverso che il recesso di G. dalla OP A. sia avvenuto prima della stipula della scrittura privata in data 31.7.2002, la quale aveva la finalità di disciplinare i rapporti intercorsi sino al 31.12.2001, come espressamente riconosciuto dalla ricorrente O. Fresco ( cfr. pag.7 ricorso).
Tale dirimente considerazione non è confutata dalla ricorrente, che pure molto diffusamente e in modo non lineare, si sofferma sulla questione, ma senza compiutamente spiegare la giuridica ragione del proprio assunto, ossia senza spiegare quale sia, rispetto alle chiare e inequivocabili pattuizioni di cui sopra, il rilievo giuridico del fatto che in data 19.5.2003 la OP G., ora A., recedeva dalla diversa AOP (Organizzazione di Produttori Ortofrutticoli) O. Italia, trattandosi di soggetti giuridici diversi e di periodo differente da quello indicato nella clausola della scrittura privata del 2002 (1997- 2001).
3.4. Inammissibile è il profilo di censura circa la qualificazione effettuata dal Collegio arbitrale della pretesa negoziale azionata da A. come domanda di rimborso. La Corte d’appello ha ritenuto il lodo impugnato congruamente motivato a riguardo, poiché il Collegio arbitrale aveva chiaramente illustrato l'iter logico ed argomentativo seguito ai fini della decisione, riconoscendo la natura pubblicistica delle erogazioni oggetto della scrittura privata intercorsa tra le parti e ritenendo legittimo che tali somme, essendo erogate da enti pubblici al fine di agevolare la realizzazione di scopi privati meritevoli di tutela,
potessero formare oggetto di accordi negoziali, disciplinandone il rimborso all’associata A., che, in base al tenore della clausola 2 della citata scrittura, aveva anche partecipato alle spese legali per l’azione verso il Ministero proporzionalmente alla quota di spettanza dei contributi di avviamento (vedi pag. 7 ricorso), determinata con riferimento alla media delle percentuali di partecipazione al finanzianziamento dei programmi operativi.
Va aggiunto che la stessa ricorrente afferma che il vincolo di destinazione era finalizzato ad agevolare la nascita delle organizzazioni produttori, in concreto realizzatasi, per quanto accertato dal Collegio arbitrale. Posto che la qualificazione in diritto dei fatti deve avvenire sulla base dei suddetti fatti per come accertati nei giudizi di merito (cfr. Cass. 27704/2020) e che, nella specie, la stessa ricorrente afferma che il Collegio arbitrale aveva accertato che i singoli associati avevano anticipato tutte le spese di funzionamento dell’organizzazione collettiva (pag.47 ricorso), pur contestando in fatto la relativa valutazione probatoria, la censura si risolve in una diffusa riproposizione dei motivi di impugnazione del lodo sulla questione, in considerazioni prive di reale e concreta critica al decisum, con il quale non si confronta, e in un’impropria richiesta di riesame di risultanze probatorie in sede di legittimità.
3.5. Ugualmente inammissibile è la doglianza relativa alla dedotta impossibilità sopravvenuta della condizione a cui era subordinata la corresponsione delle somme dovute da A., ora O., a G., ora A..
Anche detta doglianza è formulata obliterando la dirimente considerazione che l’unico controllo consentito alla Corte d’appello era quello sulla motivazione del lodo. La Corte di merito dà conto, argomentando sul punto, di aver effettuato quel controllo, avendo il Collegio arbitrale evidenziato che l'art. 2 della scrittura privata inter partes subordinava la corresponsione delle somme ad A. unicamente all'incasso a titolo definitivo da parte di O. delle stesse (circostanza pacifica e non controversa), con conseguente irrilevanza dello strumento processuale con cui tali contributi sono stati in concreto ottenuti.
4. Il secondo motivo è fondato.
4.1. Le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito che in tema di arbitrato, l'art. 829, comma 3, c.p.c., come riformulato dall'art. 24 del d.lgs. n. 40 del 2006, si applica, ai sensi della disposizione transitoria di cui all'art. 27 del d.lgs. n. 40 cit., a tutti i giudizi arbitrali promossi dopo l'entrata in vigore della novella, ma, per stabilire se sia ammissibile l'impugnazione per violazione delle regole di diritto sul merito della controversia, la legge - cui l'art. 829, comma 3, c.p.c., rinvia - va identificata in quella vigente al momento della stipulazione della convenzione di arbitrato, sicché, in caso di convenzione cd. di diritto comune stipulata anteriormente all'entrata in vigore della nuova disciplina, nel silenzio delle parti deve intendersi ammissibile l'impugnazione del lodo, così disponendo l'art. 829, comma 2, c.p.c., nel testo previgente, salvo che le parti stesse avessero autorizzato gli arbitri a giudicare secondo equità o avessero dichiarato il lodo non impugnabile (Cass. S.U. 9284/2016; Cass. 17339/2017). Dunque, per stabilire se sia ammissibile tale impugnazione, la legge, cui l’art. 829, comma 3, c.p.c. rinvia, deve essere identificata in quella vigente al momento della stipulazione della convenzione di arbitrato, sicché, in caso di procedimento arbitrale attivato dopo l’entrata in vigore della nuova disciplina (2 marzo 2006) - ma in forza di convenzione stipulata anteriormente - nel silenzio delle parti è applicabile l’art. 829, comma 2, c.p.c. nel testo previgente, che ammette l’impugnazione del lodo per violazione delle norme inerenti al merito, salvo che le parti stesse avessero autorizzato gli arbitri a giudicare secondo equità o avessero dichiarato il lodo non impugnabile.
4.2. La Corte d’appello ha dichiarato inammissibile il terzo motivo d’impugnazione del lodo, che avrebbe, invece, dovuto esaminare, perché la convenzione di arbitrato è anteriore all’entrata in vigore del D.lgs. n. 40/2006, pure se la domanda di arbitrato è successiva, e non risulta che le parti avessero autorizzato gli arbitri a giudicare secondo equità o avessero dichiarato il lodo non impugnabile.
La questione non è certamente eludibile in base a quanto deduce nella memoria illustrativa la controricorrente, la quale sostiene che il Collegio arbitrale non abbia fatto applicazione del criterio equitativo, poiché non è consentito a questa Corte l’esame del lodo onde verificare se e come sia stata fatta applicazione del criterio equitativo.
5. In conclusione, il primo motivo va rigettato, il secondo va accolto, la sentenza impugnata va cassata, nei limiti del motivo accolto, e la causa va rinviata alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte rigetta il primo motivo, accoglie il secondo motivo, cassa la sentenza impugnata nei limiti del motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del giudizio di legittimità.