Inoltre, in assenza di una comunicazione scritta equipollente ad un atto di recesso, il doppio termine di decadenza dell'impugnazione previsto dall'art. 32 L. n. 183/2010 non si applica all'azione del lavoratore intesa ad ottenere l'accertamento del proprio rapporto di lavoro subordinato in capo al mittente.
L'attuale ricorrente proponeva gravame avverso la sentenza di primo grado che aveva respinto le sue domande volte all'accertamento dell'unicità del rapporto di lavoro subordinato tra lo stesso e due società (di cui una holding) e alla declaratoria di illegittimità del licenziamento.
La Corte territoriale rigettava...
Svolgimento del processo
1. La Corte di appello di Roma, con la sentenza n. 2818 del 2019, ha confermato la pronuncia del Tribunale di Viterbo che aveva respinto le domande proposte da M.P. volte all'accertamento dell'unicità del rapporto di lavoro subordinato tra esso ricorrente, la C.U. srl e la P.E. spa, ovvero quest'ultima quale holding, senza soluzione di continuità dall'll settembre 2012 al 28 marzo 2017, e 2111a declaratoria di illegittimità del licenziamento (per mancanza di giusta causa o giustificato motivo) con le conseguenze di cui all'art. 18 legge n. 300 del 1970 ovvero, in via subordinata, con le tutele di cui all'art. 8 legge n. 604/1966, oltre che di quelle risarcitorie, con rifusione delle spese di lite.
2. Per quello che interessa in questa sede la Corte territoriale, sul presupposto che fosse soggetta a decadenza ex art. 32 legge n. 180 del 2010 sia la domanda tendente alla "stabilizzazione" (o reintegrazione) del lavoratore presso l'ipotetico datore di lavoro effettivo, sia qualsiasi domanda a contenuto economico/risarcitorio che ipotizzi l'accertamento di un rapporto di lavoro alle dipendenze di quest'ultimo, ha condiviso la statuizione del primo giudice in ordine alla fondatezza dell'eccezione di decadenza per non essere stato rivendicato stragiudizialmente il rapporto anche nei confronti di colui che veniva ritenuto come il datore di lavoro
effettivo rispetto a quello formale e, cioè, la P.E.spa che era stata, invece, coinvolta solo in sede di ricorso giurisdizionale; ha ritenuto, inoltre, così delimitato il perimetro dell'indagine, la legittimità del licenziamento intimato dalla Commerciale Uno srl per la sussistenza delle ragioni inerenti all'attività produttiva e alla organizzazione del lavoro (sopravvenuta soppressione del posto di lavoro occupato dal P.) addette a ragione del recesso.
3. Avverso la decisione di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione M.P. affidato a due motivi cui hanno resistito con controricorso la C.U. srl e la P.E. spa.
4. Le controricorrenti hanno depositato memorie.
Motivi della decisione
1. I motivi possono essere così sintetizzati.
2. Con il primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione di norme ex art. 360 cpc, in relazione all'art. 32 legge n. 183 del 2010, per avere erroneamente ritenuto la Corte territoriale maturata la decadenza delle domande formulate nei confronti della P.E. spa, ritenuta anche essa datrice di lavoro del P., in virtù di una asserita unicità di struttura organizzativa e produttiva, sussistente tra le due società, e dello svolgimento della prestazione di lavoro in modo indifferenziato in favore delle diverse imprese, in una situazione di riferibilità del rapporto ad entrambe.
3. Con il secondo motivo si censura, ai sensi dell'art. 360 n. 5 cpc, l'omesso esame su un punto decisivo della controversia per avere, in ogni caso, errato la Corte territoriale nel ritenere legittimo il licenziamento intimato, avendo avuto riguardo alla sola situazione della Commerciale Uno destinataria della impugnativa senza ravvisare, invece, una simulazione o una preordinazione in frode alla legge del frazionamento di una unica attività fra i vari soggetti del collegamento economico-funzionale che avrebbe, invece, indotto ad una valutazione diversa sia in ordine all'effettivo riassetto organizzativo dell'azienda sia con riguardo alla possibilità di riassorbire il lavoratore all'interno dell'intera struttura aziendale.
4. Il primo motivo è fondato.
5. Questa Corte ha già rilevato che il doppio termine di decadenza dall'impugnazione (stragiudiziale e giudiziale) previsto dal combinato disposto degli artt. 6, commi 1 e 2, della l. n. 604 del 1966 e 32, comma 4, lett. d), della I. n. 183 del 2010, non si applica all'azione del lavoratore - ancora formalmente inquadrato come dipendente di un appaltatore - intesa ad ottenere, in base all'asserita illiceità dell'appalto in quanto di mera manodopera, l'accertamento del proprio rapporto di lavoro subordinato in capo al committente, in assenza di una comunicazione scritta equipollente ad un atto di recesso (Cass. n. 30490/202:L).
6. Inoltre, è stato specificato, sempre in sede di legittimità, che la decadenza di cui all'art. 32, comma 4, lett. d) della I. n. 1.83 del 2010, non trova applicazione nelle ipotesi di richiesta di costituzione o di accertamento di un rapporto di lavoro, ormai risolto, in capo a un soggetto diverso dal titolare del contratto, nelle quali manchi un provvedimento in forma scritta o un atto equipollente che neghi la titolarità del rapporto stesso (Cass. n. 40652/2021).
7. Applicando i suddetti principi alla fattispecie in esame, nel caso in cui si deduca l'esistenza di un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro, anche in presenza di più imprese appartenenti ad uno stesso gruppo societario, in mancanza di un provvedimento scritto o di atto equipollente che neghi tale situazione, l'impugnativa stragiudiziale deve essere indirizzata unicamente nei confronti del formale datore di lavoro.
8. Invero, resta irrilevante la tempestiva impugnazione anche nei confronti dell'asserito datore di lavoro, sia esso ritenuto co-datore occulto ovvero collegato sotto il profilo economico funzionale in modo da rappresentare un unico centro di imputazione - sempre in modo celato- dei rapporti di lavoro dei dipendenti, perché la vicenda è inquadrabile in un meccanismo fraudolento -articolato in una serie di condotte nella loro atomistica essenza "apparentemente lecite" che costituisce il presupposto della domanda del lavoratore, di talchè, ai fini del corretto esercizio dell'azione, è sufficiente l'impugnazione stragiudiziale nei confronti del datore di lavoro formale, quale parte da cui proviene il provvedimento l'atto del licenziamento.
9. La questione dell'istituto della decadenza ex art. 32 legge citata, non deve essere posta, infatti, solo con riguardo all'aspetto sostanziale o funzionale, come ha ritenuto la Corte territoriale, ma anche relativamente al profilo processuale, come istituto, cioè, che può limitare il diritto di difesa e, quindi, come tale, deve essere di stretta interpretazione (Cass. n. 13179/2017).
10. In questa ottica, pertanto, il destinatario della impugnativa non può che essere il datore formale, come soggetto che ha intimato il recesso, e tale impugnativa è idonea a costituire valida manifestazione di volontà di contestare il licenziamento (Cass. n. 10883/2021), a prescindere dai motivi sostanziali di illegittimità fatti valere che non possono costituire un ostacolo al diritto di azione del titolare allorquando possono coinvolgere anche altri soggetti che, in modo esplicito, non abbiano già negato l'esistenza del rapporto di lavoro.
11. Giova, infine, solo precisare che la ratio dell'art. 32 della legge n. 183 del 2010 è stata quella di estendere ad una serie di ipotesi ulteriori la previsione dell'art. 6 della legge n. 604 del 1966 (previamente modificato) sull'impugnativa stragiudiziale, originariamente limitata al licenziamento (Cass. n. 13648 del 2019) e la finalità è quella di contrastare pratiche di rallentamento dei tempi del contenzioso giudiziario che finirebbero per provocare una moltiplicazione degli effetti economici in caso di eventuale sentenza favorevole e di stabilizzare le posizioni giuridiche delle parti in situazioni in cui si ha l'esigenza di conoscere, con precisione ed entro termini ragionevoli, se e quanti lavoratori possono far parte dell'organico aziendale.
12. Lo scopo della norma è raggiunto, pertanto, anche in una fattispecie come quella di cui è processo dove non si ha una dilatazione dei tempi del giudizio che sono stati comunque osservati per il datore di lavoro formale e, conseguentemente, anche per quello ritenuto occulto.
13. La trattazione del secondo motivo resta assorbita perché, non dovendosi escludere dal relativo accertamento anche la posizione della P.E. spa, è chiaro che la sussistenza del giustificato motivo oggettivo debba essere valutata, in primo luogo, avendo riguardo alla asserita codatorialità e/o collegamento funzionale e, successivamente, relativamente alla eventuale posizione della singola società.
14. Alla stregua di quanto esposto, il primo motivo del ricorso deve essere accolto, assorbito il secondo. L'impugnata sentenza va, quindi, cassata con rinvio alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, che procederà ad un nuovo esame attenendosi ai principi sopra menzionati e provvedendo, altresì, sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del presente giudizio.