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3 novembre 2022
Emersione del lavoratore straniero: come si valuta la capacità reddituale dell’impresa?

Con la sentenza in commento, il TAR Toscana risponde al quesito.

La Redazione
Due cittadini pakistani impugnavano separatamente i decreti del Prefetto che avevano respinto le istanze di emersione dal lavoro irregolare presentate in loro favore dal legale rappresentante di un’azienda agricola. Il rigetto di entrambe le istanze era motivato sulla base della ritenuta non congruità della capacità economica della persona giuridica, e in particolare sulla base del parere negativo reso dall’Ispettorato del lavoro territorialmente competente, il quale aveva rilevato come il volume degli affari al netto degli acquisti e il reddito dichiarato dall’impresa non consentissero di ritenere congrua la capacità economica del datore di lavoro.
 
Contro tali statuizioni, gli interessati adiscono il TAR Toscana deducendo la violazione dell’art. 9 del Decreto Interministeriale del 27 maggio 2020. Secondo i ricorrenti, il rigetto della richiesta di emersione si fonderebbe su una valutazione meramente quantitativa e non qualitativa dei dati economici dell’impresa, dovendo invece essere valutata in concreto la complessiva solidità economica dell’azienda.
 
Con sentenza n. 1197 del 25 ottobre, la sezione Seconda accoglie i ricorsi ed annulla gli atti impugnati.
 
La regolarizzazione degli stranieri privi di permesso di soggiorno, che svolgono prestazione d’opera in favore di un’impresa secondo le forme del lavoro subordinato, ma senza un regolare contratto, postula una verifica della solidità aziendale della medesima impresa, al fine di poter stipulare un contratto di lavoro nel rispetto delle norme di categoria applicabili. Ed in base al D.M. sopra citato possono essere espressivi di tale solidità aziendale, in alternativa, il reddito o il fatturato.
 
Ciò posto, in caso di dichiarazione di emersione presentata dallo stesso datore per più lavoratori, viene demandata all’Ispettorato territoriale del lavoro la valutazione della congruità della capacità economica «sulla base dei contratti collettivi di lavoro indicati dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali e delle tabelle del costo medio orario del lavoro emanate dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali»; inoltre, con specifico riguardo agli imprenditori agricoli si aggiunge che «possono essere valutati anche gli indici di capacità economica di tipo analitico risultanti dalla dichiarazione IVA, prendendo in considerazione il volume d'affari al netto degli acquisti, o dalla dichiarazione Irap e i contributi comunitari documentati dagli organismi erogatori».
 
La valutazione tecnico-discrezionale da parte dell’Ente sulla capacità reddituale dell’impresa datore di lavoro, quindi, non può risolversi in una semplice operazione aritmetica costituita dalla sottrazione del totale degli acquisti al volume d’affari. A differenza dell’ipotesi in cui ad assumere lavoratori sia una persona fisica, per la quale rileva unicamente il reddito, la relativa valutazione della capacità economica - che dal tenore della legge dovrebbe essere peraltro di particolare favore rispetto alle altre tipologie d’imprese ammesse alla regolarizzazione - può incentrarsi, in via ausiliaria, anche su “indici di capacità economica di tipo analitico” maggiormente significativi e comunque diversi rispetto a quelli di cui al primo comma dell’art. 9 del suddetto Decreto Interministeriale, quali l’esistenza di costi per investimenti fissi, beni ammortizzabili, o la fruizione di benefici fiscali o contributi unionali. 
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