Il dies a quo per la riassunzione del processo nel termine di tre mesi decorre dal successivo provvedimento del giudice di merito che, dopo le opportune valutazioni, dichiara l'interruzione del processo.
L'attore agiva in giudizio contro il padre e gli acquirenti dell'immobile di proprietà del medesimo chiedendo l'accertamento della responsabilità del padre per la violazione dell'obbligo di mantenimento, oltre che degli obblighi derivanti dalla separazione coniugale e dalla pronuncia di divorzio. Inoltre, l'attore chiedeva altresì la dichiarazione di nullità della compravendita...
Svolgimento del processo
1. R. B. ha agito in giudizio nei confronti del padre C. B., oltre che di C. M. e L. A., acquirenti dell’immobile di proprietà del padre, chiedendo l’accertamento della responsabilità del padre per la violazione dell’obbligo di mantenere, istruire ed educare i figli, oltre che degli obblighi derivanti dalla separazione personale e dalla sentenza di divorzio. Ha chiesto anche la dichiarazione di nullità della compravendita stipulata tra C. B. e G. P., in favore dei convenuti, per simulazione o, comunque, l’inefficacia della stessa ai sensi dell’art. 2901 c.c.
2. Il Tribunale di Roma ha rigettato tutte le domande dell’attore, che ha quindi proposto appello.
3. Nel corso del giudizio di appello, all’udienza del 1° giugno 2017, il difensore dell’attore appellante ha chiesto di produrre il provvedimento del giudice tutelare del Tribunale di Terni in data 9 maggio 2017, di nomina di un amministratore di sostegno per R. B., chiedendo un rinvio «per consentire all’amministratore di sostegno di valutare l’opportunità della prosecuzione del giudizio». A seguito di riserva della decisione, con ordinanza del 26 aprile 2018, depositata il 22 maggio 2018, la Corte d’appello, essendo intervenuta la nomina di un amministratore di sostegno a tutela del beneficiario, «con ampi poteri anche inerenti alla gestione ordinaria, considerate le patologie da cui è affetto che non gli consentono di svolgere i normali atti della vita quotidiana», ha dichiarato l’interruzione del processo ex art. 299 c.p.c. Successivamente, con atto depositato il 14 settembre 2018 il difensore di R. B., previa autorizzazione del giudice tutelare in data 12 settembre 2018 all’amministratore di sostegno per la prosecuzione del giudizio, ha riassunto il procedimento. La Corte territoriale, con sentenza depositata il 12 luglio 2019, ha dichiarato estinto il giudizio, accogliendo l’eccezione di tardività della riassunzione sollevata dagli appellati, in quanto l’effetto interruttivo automatico del processo originava dal momento della dichiarazione o notificazione della perdita della capacità processuale della parte costituita, ossia dal 1° giugno 2017, sicché da tale data decorreva il termine per la riassunzione, e non dalla data del provvedimento della Corte di appello che aveva dichiarato l’interruzione del giudizio il 22 maggio 2018.
4. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione R. B., depositando anche memoria scritta.
5. Hanno resistito con controricorso sia C.B. che C. M. e L. A., depositando anche memoria scritta.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo di impugnazione il ricorrente deduce la «violazione degli articoli 303 e 305 c.p.c.: errata individuazione del giorno di decorrenza del termine di tre mesi per la riassunzione del giudizio ex art. 305 c.p.c., con riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.». La Corte d’appello avrebbe individuato erroneamente il termine per la riassunzione del giudizio nella data del 1° giugno 2017, quando il procuratore dell’appellante ha prodotto il decreto di nomina dell’amministratore di sostegno, chiedendo rinvio per consentire al medesimo di valutare l’opportunità o meno di proseguire la causa. Tale produzione sarebbe stata erroneamente interpretata dal giudice d’appello quale dichiarazione dell’evento interruttivo. In realtà, però, la misura dell’amministrazione di sostegno costituisce un «presidio mobile nel tempo e nella struttura, ablativo della capacità nei soli limiti specificamente e di volta in volta indicati dal giudice tutelare». Sarebbe, quindi, necessario, nel caso in cui non sia stata disciplinata la posizione processuale del soggetto sottoposto all’amministrazione di sostegno, verificare di volta in volta se, in virtù dell’estensione dei poteri rappresentativi attribuiti all’amministratore, l’adozione di tale misura imponga al giudice di interrompere il processo, quando tale circostanza era stata comunicata in udienza o notificata alle altre parti. Nel caso in esame, il decreto del giudice tutelare del Tribunale di Terni non aveva conferito all’amministratore di sostegno, nella persona dell’Avv. M. P., un potere rappresentativo generale, ma esclusivamente poteri rappresentativi relativi a singoli atti. Pertanto, solo a seguito dell’ordinanza della Corte d’appello di Roma del 22 maggio 2018, che ha dichiarato l’interruzione del giudizio per la perdita della capacità processuale della parte, poteva decorrere il termine per la riassunzione. Tale provvedimento giudiziale non ha avuto, dunque, natura meramente ricognitiva, ma costitutiva, trattandosi di una verifica nel merito in ordine alla sussistenza in concreto della capacità processuale del beneficiario.
2. Con il secondo motivo di impugnazione il ricorrente deduce la «violazione degli articoli 303 e 305 c.p.c. e 24 Cost.; violazione del diritto di difesa dell’infermo, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.». Il termine per la riassunzione del giudizio non può dipendere dalla dichiarazione dell’evento interruttivo da parte del difensore dell’amministrato in udienza, ma solo dal successivo provvedimento giudiziale dichiarativo dell’interruzione, in quanto, nel caso della nomina dell’amministratore di sostegno, non si è in presenza dell’evento morte, ma di una valutazione, di carattere sostanziale, e non meramente ricognitiva-formale, dell’eventuale perdita della capacità processuale. Del resto, l’amministratore di sostegno nominato, Avv.M. P., che ha chiesto al giudice tutelare del Tribunale di Terni l’autorizzazione a riassumere il giudizio, non poteva a ciò provvedere fino al momento in cui tale autorizzazione fosse intervenuta, come accaduto poi con decreto del 12 settembre 2018. In ogni caso, la Corte d’appello, a seguito del ricorso per la riassunzione dell’appellante, ove lo avesse ritenuto tardivo, avrebbe dovuto dichiarare subito l’estinzione del giudizio.
3. I motivi primo e secondo, che vanno trattati congiuntamente per ragioni di stretta connessione, sono fondati.
3.1. Invero, è pacifico tra le parti, e risulta dalla sentenza impugnata, che l’Avv. M. P., difensore di R. B., beneficiario dell’amministrazione di sostegno, all’udienza del 1° giugno 2017 ha depositato il provvedimento del giudice tutelare del Tribunale di Terni del 9 maggio 2017, con cui era stato nominato al suo assistito un amministratore di sostegno, chiedendo rinvio «per consentire all’amministratore di sostegno di valutare l’opportunità della prosecuzione del giudizio».
La Corte d’appello di Roma, dopo aver trattenuto la causa in decisione all’udienza di precisazione delle conclusioni del 9 novembre 2017, con ordinanza depositata il 22 maggio 2018, ha dichiarato l’interruzione del giudizio («essendo intervenuta la nomina di un amministratore di sostegno a tutela del beneficiario, con ampi poteri anche inerenti alla gestione ordinaria, considerate le patologie da cui è affetto che non gli consentono di svolgere i normali atti della vita quotidiana, dichiara, ex art. 299 c.p.c., interruzione del processo»). L’atto di riassunzione è stato depositato il 14 settembre 2018, sicché la controversia è incentrata sulla tempestività o meno della intervenuta riassunzione, dovendo valutarsi, in primo luogo, se vi sia stata la perdita di capacità processuale dell’attore, a seguito della nomina dell’amministratore di sostegno. Va, poi, anche accertato se, in caso di effettiva perdita della capacità processuale dell’attore, il dies a quo per la riassunzione del giudizio decorra dalla dichiarazione del difensore in udienza oppure dalla successiva data in cui il giudice d’appello, dopo aver effettuato i necessari accertamenti in fatto, ha dichiarato l’intervenuta interruzione del giudizio, per la peculiare condizione dell’amministrato che non era in grado di svolgere i normali atti della vita quotidiana.
4. Costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità quello per cui l’evento della morte o della perdita della capacità processuale della parte costituita che sia dichiarato in udienza (come avvenuto nella specie) o notificato alle altre parti dal procuratore della stessa parte colpita da uno di detti eventi produce, ai sensi dell’art. 300, secondo comma, c.p.c., l’effetto automatico dell’interruzione del processo dal momento di tale dichiarazione o notificazione e il conseguente termine per la riassunzione, in tale ipotesi, come previsto in generale dall’art. 305 c.p.c., decorre dal momento in cui interviene la dichiarazione del procuratore o la notificazione dell’evento, ad opera dello stesso, nei confronti delle altre parti, senza che abbia alcuna efficacia, a tal fine, il momento nel quale venga adottato e conosciuto il provvedimento giudiziale dichiarativo dell’intervenuta interruzione (avente natura meramente ricognitiva) pronunziato successivamente e senza che tale disciplina incida negativamente sul diritto di difesa delle parti (Cass., sez. 6-2, 24 maggio 2022, n. 16797; Cass., sez. 3, 15 gennaio 2013, n. 773; Cass., sez.un, 20 marzo 2008, n. 7443).
4.1. Tale principio, però, come correttamente evidenziato dal ricorrente, applicabile in caso di interdizione e di inabilitazione, ai sensi dell’art. 75 c.p.c. (Cass., sez. 2, 20 agosto 2019, n. 21507), non può trovare applicazione in caso di perdita della capacità processuale da parte del soggetto cui viene nominato l’amministratore di sostegno, con la conseguenza che il dies a quo per il computo del termine per la riassunzione, di cui all’art. 305 c.p.c., non decorre dalla data dell’udienza del 1° giugno 2017, in cui il difensore dell’attore ha comunicato alle altre parti l’intervenuta nomina dell’amministratore di sostegno, con la produzione del relativo provvedimento giurisdizionale del giudice tutelare 9 maggio 2017, ma soltanto a seguito del provvedimento della Corte di appello che, dopo l’accertamento in fatto della portata delle limitazioni alla capacità di agire dell’amministrato, ha ritenuto sussistere l’incapacità processuale dello stesso, ed ha dichiarato l’interruzione del processo, a tutela del suo diritto di difesa.
5. Infatti, si è affermato (Cass., sez. 1, 14 marzo 2022, n. 8247; Cass., sez. L, 22 giugno 2002, n. 9146) che l’amministrazione di sostegno è un istituto a tutela e protezione del beneficiario, ed ha un contenuto meno afflittivo dell’interdizione, in quanto è volto a preservare, per quanto è possibile, l’autonomia e la libera autodeterminazione del beneficiario, ex art. 409 c.c. (effetti dell’amministrazione di sostegno).
5.1. Per tale ragione, il decreto di nomina emesso dal giudice tutelare deve essere specifico ed individualizzato, sia mediante l’indicazione dell’oggetto dell’incarico e degli atti che l’amministratore di sostegno può compiere in nome e per conto del beneficiario (art. 405, quarto comma, n. 3 c.c.), sia degli atti che il beneficiario può compiere solo con l’assistenza dell’amministratore di sostegno (art. 405, quarto comma, n. 4 c.c.).
5.2. L’art. 411 c.c., poi, prevede che «si applicano all’amministratore di sostegno, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli da 349 e 353 e da 374 a 388. I provvedimenti di cui agli articoli 375 e 376 sono emessi dal giudice tutelare»). Diviene, quindi, applicabile l’art. 374 c.c. che elenca gli atti per il compimento dei quali il tutore necessita dell’autorizzazione del giudice tutelare e, tra questi, è indicato, al n. 5, il promovimento di giudizi, tranne che per poche eccezioni (art. 374, primo comma, n. 5 c.c. «promuovere giudizi, salvo che si tratti di denunzia di nuova opera o di danno temuto, di azioni possessorie o di sfratto e di azioni per riscuotere frutti o per ottenere provvedimenti conservativi»).
5.3. L’esistenza di una clausola di «compatibilità» evidenzia, dunque, in modo chiaro le profonde differenze che intercorrono tra gli istituti della interdizione e dell’amministrazione di sostegno. Infatti, l’amministrazione di sostegno si distingue dall’interdizione (ed è questa la ratio del nuovo istituto) per non produrre come «effetto automatico» la perdita della capacità di agire e per conservare e preservare, nei limiti del deficit psico-fisico riscontrato, la capacità di autodeterminarsi dell’amministrato. Tanto è vero che l’art. 404, primo comma, c.c., prevede che la persona sottoposta ad amministrazione di sostegno «può» essere assistita, mentre non c’è la previsione di un potere-dovere sostitutivo dell’amministratore di sostegno.
5.4. Il giudice tutelare, quindi, ha un ampio potere «conformativo» dei poteri dell’amministratore di sostegno, quasi «sartoriale», come emerge anche dalla fattispecie in esame: può espandersi alle decisioni sulla salute (o ad alcune) oppure all’amministrazione del patrimonio, ma il provvedimento «si modella» e «si plasma» sulle esigenze dell’amministrato. La giurisprudenza di questa Corte ha affermato costantemente che la «flessibilità» e la «modellazione» sulle esigenze dell’amministrato e sulla sua capacità di autodeterminarsi, rappresentano il tratto caratteristico e distintivo dell’amministrazione di sostegno, rispetto all’interdizione (Cass., sez. 1, 21 maggio 2018, n. 12460; Cass., sez. 1, 25 ottobre 2012, n. 18320).
6. Pertanto, questa Corte ha ritenuto che l’assistenza dell’amministratore di sostegno non esclude che il beneficiario possa promuovere personalmente un giudizio, se ciò non è espressamente escluso dal decreto di nomina; tuttavia, quando ciò sia escluso oppure quando l’amministratore di sostegno ritenga necessario promuovere un giudizio, anche in dissenso dal beneficiario, l’amministratore non può procedervi a meno che non sia autorizzato dal giudice tutelare ex art. 374 c.c. e art. 410 c.c., perché il decreto di nomina non può prevedere un’autorizzazione generale a promuovere giudizi in favore dell’amministratore di sostegno; di qui, la conclusione che per «promuovere» procedimenti giudiziari ex novo, successivi all’apertura dell’amministrazione di sostegno, ove il beneficiario non possa procedere in proprio per le specifiche limitazioni impostegli, l’amministratore deve munirsi dell’autorizzazione rivolgendosi al giudice tutelare.
6.1. Tuttavia, come già è stato affermato per la tutela dell’interdetto, con un principio applicabile anche alla fattispecie in esame, in ragione del rinvio alla disciplina sul punto, al tutore è fatto divieto - senza autorizzazione del giudice tutelare - di iniziare "ex novo" giudizi a nome della persona tutelata, ma non di «proseguire» quelli che la stessa abbia personalmente promosso in epoca antecedente al provvedimento di interdizione, non ricorrendo in tale ipotesi la necessità di compiere la preventiva valutazione in ordine all'interesse e al rischio economico per il tutelato, in quanto già compiuta dall'interessato prima della perdita della capacità. Pertanto, poiché l'appello si atteggia come prosecuzione del giudizio per la realizzazione dello stesso interesse perseguito dal tutelato con l'atto introduttivo del giudizio, il tutore è legittimato a proporre la relativa impugnazione senza autorizzazione (Cass., sez. 1, 14 marzo 2022, n. 8247; Cass., 21 dicembre 2004, n. 23647; Cass., 24 marzo 2009, n. 7068; Cass., 30 settembre 2015, n. 19499).
7. Pertanto, da tali premesse consegue che deve escludersi: a) che la mera nomina dell’amministratore di sostegno determini l’interruzione del giudizio; b) che vi sia un automatismo tale per cui la conoscenza della disposta amministrazione di sostegno determini l’interruzione del processo, anche in assenza di un provvedimento del giudice che disponga tale interruzione, facendo decorrere il termine di tre mesi di cui all’art. 305 c.p.c. dalla mera dichiarazione in udienza dell’evento da parte del difensore.
8. In tal senso si è orientata anche la dottrina, per cui l'amministrazione di sostegno può essere utilizzata, non solo in caso di impossibilità parziale o temporanea di provvedere propri interessi, ma anche in caso di «impossibilità totale di provvedervi», come si desume dall'art. 404, primo comma c.c..
8.1. Si ritiene, dunque, che in caso di impossibilità totale di provvedere ai propri interessi, può conseguire la perdita della capacità processuale in capo al soggetto beneficiario, con la necessaria applicazione dell'articolo 300 c.p.c., trattandosi di garantire l'effettività del contraddittorio, funzione assicurata proprio attraverso l'interruzione del processo. Ove si sia dinanzi ad «un'amministrazione di sostegno incapacitante», che priva del tutto la parte interessata della capacità processuale, può conseguire l’interruzione del processo»; il dies a quo per la riassunzione, anche in questa ipotesi, poiché la determinazione giudiziale consegue ad uno specifico accertamento di fatto, decorre sempre dal provvedimento del giudice che dichiara l’interruzione del giudizio.
8.2. Pertanto, nel caso in esame, ove, in base all’accertamento meritale del giudice di appello, fosse stata riscontrata impossibilità totale di provvedere ai propri interessi (cfr. sentenza Corte appello «con ampi poteri anche inerenti alla gestione ordinaria, considerate le patologie da cui è affetto che non gli consentono di svolgere i normali atti della vita quotidiana»), sussistevano i presupposti per l'interruzione del processo.
9. Tuttavia, proprio perché l'amministrazione di sostegno è istituto «plasmabile», «flessibile» e «modellabile», come emerge dalla giurisprudenza (Cass., 22311 del 2011,; 18320 del 2012; 12640 del 2018), che necessita della interpretazione del giudice per valutare la portata delle specifiche limitazioni che il beneficiario deve subire, il termine per la riassunzione del processo decorre, non dalla dichiarazione dell’evento in udienza del difensore, ma dalla conoscenza del provvedimento del giudice che dichiara l'interruzione. Potrebbero, infatti, esservi ipotesi in cui l'amministrato conserva capacità di agire e quindi anche la relativa capacità processuale ex art. 75 c.p.c.
9.1. Infatti, per la dottrina il multiforme contenuto dei decreti di nomina di amministratore di sostegno pone l'esigenza di individuare una correlazione, caso per caso, tra limitazioni poste alla capacità di agire del beneficiario e rappresentanza processuale. Se, quindi, l'amministratore di sostegno è autorizzato a rappresentare il beneficiario per la stipula di contratti di un determinato importo, il beneficiario mantiene la capacità di agire per la stipula di contratti di valore inferiore e, correlativamente, la rappresentanza processuale per i giudizi relativi a tali contratti. Se invece il decreto di nomina conferisce all'amministratore di sostegno poteri di rappresentanza molto ampi, una volta constatata la gravità delle limitazioni fisico psichiche di cui soffre il beneficiario, altrettanto ampia sarà la rappresentanza processuale conferitagli ed il compito di vigilanza del giudice tutelare verrà a concentrarsi sia sul rapporto costi-benefici dell'azione giudiziaria da intraprendere sia sull'utilità dell'azione in funzione del perseguimento dell'interesse del beneficiario
10. A ciò deve aggiungersi che, nella specie, l’amministratore per scrupolo ha chiesto un termine per concordare con il giudice tutelare la prosecuzione del processo, che avrebbe potuto anche riassumere da solo, probabilmente per ragioni di opportunità, ma non di obbligo, avendo il giudizio «natura conservativa» del patrimonio dell’amministrato che agiva in appello per ottenere la corresponsione di somme dal padre.
11. La riassunzione comporta la prosecuzione dell’attività giudiziaria promossa personalmente dal beneficiario nel giudizio di prime cure e con il successivo atto di impugnazione, sicché il processo non inizia ex novo (Cass., 71/3126), tanto è vero che tutti gli effetti processuali e sostanziali dell’originario rapporto permangono (Cass., 2016/4907).
11.1. Tuttavia, per le ragioni sopra esposte, il dies a quo del termine per la riassunzione del giudizio ex art. 305 c.p.c. decorre, nel caso di nomina dell’amministratore di sostegno, non dalla data in cui il difensore della parte, beneficiaria dell’amministrazione, ha dichiarato in udienza l’intervenuta pronuncia del decreto di nomina da parte del giudice tutelare, ma dal successivo provvedimento giurisdizionale, di natura dichiarativa e ricognitiva, che valuta l’effettiva capacità di agire residua dell’amministrato e la corrispondente capacità processuale ex art. 75 c.p.c. e provvede, ove ne sussistano i presupposti, alla interruzione del giudizio; ciò proprio per tenere conto dell’ampia tutela che l’ordinamento appresta al beneficiario della amministrazione di sostegno.
12. Inoltre, deve aggiungersi che questa Corte ha già affermato che non vi è alcun automatismo tra la nomina dell’amministratore di sostegno e l’interruzione del processo, ribadendosi la «flessibilità» delle limitazioni alla autodeterminazione (Cass., sez. 3, 9 marzo 2012, n. 3712).
8. La sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata, con rinvio alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, che si uniformerà al seguente principio di diritto «Il provvedimento di nomina dell’amministrazione di sostegno, per l’estrema flessibilità e duttilità che caratterizza l’istituto, inteso quale presidio mobile, non determina di per sé l’interruzione del giudizio di cui sia parte il beneficiario dell’amministrazione e, anche qualora il difensore dell’amministratore dichiari in udienza l’evento, non ne consegue come automatismo, l’interruzione del processo, come invece accade nelle diverse ipotesi della interdizione e della inabilitazione. Ne consegue che ove il giudice dichiari con ordinanza l’interruzione del giudizio, il dies a quo per la riassunzione del processo nel termine di tre mesi ex art. 305 c.p.c., decorre, per esigenze di tutela del beneficiario, non dalla data della dichiarazione in udienza dell’evento da parte del difensore, ma dal successivo provvedimento del giudice di merito che, dopo aver valutato, in base al tenore del provvedimento del giudice tutelare, l’effettiva capacità di agire residua dell’amministrato e la corrispondente capacità processuale ex art. 75 c.p.c., dichiara l’interruzione del processo» e provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi delle parti e degli altri soggetti in esso menzionati.