Come ricorda la Cassazione, è necessario che il destinatario della misura disponga delle stesse garanzie che assistono le procedure di interdizione o di inabilitazione, con particolare riguardo al diritto di difesa e del contraddittorio.
Gli attuali ricorrenti sono i fratelli del beneficiario di amministrazione di sostegno, i quali si erano opposti alla nomina di un amministratore terzo.
Avendo il Giudice tutelare ritenuto opportuna la nomina dell'amministratore terzo, i fratelli proponevano reclamo deducendo che il fratello potesse adeguatamente essere tutelato dalla sua rete...
Svolgimento del processo
A.A. e B.B. odierni ricorrenti, sono fratelli di D.D., beneficiario di amministrazione di sostegno aperta su istanza del Pubblico Ministero, con ricorso depositato il 15 novembre 2022, sulla base di quanto riferito dai vigili urbani e dai servizi sociali in merito allo stato di trascuratezza e di scarsa igiene in cui viveva il soggetto.
Il giudice tutelare, sentito il beneficiando e nella opposizione dei suoi fratelli, ha ritenuto opportuna la nomina quale amministratore di un terzo estraneo alla famiglia nella persona dell'avv. C.C..
I fratelli del beneficiario hanno proposto reclamo deducendo che il loro congiunto può essere adeguatamente protetto dalla rete familiare.
La Corte d'appello ha confermato il provvedimento di apertura di amministrazione di sostegno sul rilievo che lo stesso interessato ha dichiarato di avere bisogno di qualcuno che lo aiuti nelle faccende, e che, come segnalato dei vigili urbani e degli assistenti sociali, la persona viveva in una condizione di degrado e di scarsa igiene personale ed erano stati trascurati i suoi affari, quali la richiesta di pensione e la dichiarazione della successione materna; che i fratelli si erano dimostrati poco collaborativi giungendo persino a rifiutare la fornitura di pasti messa a disposizione dal servizio sociale.
Avverso il predetto provvedimento propongono ricorso per cassazione i fratelli affidandosi a quattro motivi.
Resiste con controricorso l'avv. C.C. nella qualità di amministratore di sostegno di D.D..
Motivi della decisione
Preliminarmente sulla integrità del contraddittorio e sulla regolarità della procedura:
L'odierno ricorso per cassazione, promosso dai fratelli del beneficiario, è stato notificato all'amministratore di sostegno (avv. C.C.) di D.D. ma non a quest'ultimo personalmente. Ugualmente non risulta che gli sia stato notificato il reclamo, promosso sempre dai fratelli, notificato invece all'amministratore di sostegno nella (erronea) supposizione che egli sia legittimato a rappresentare il beneficiario nel presente procedimento.
Deve qui ricordarsi che nella procedura per la istituzione di un'amministrazione di sostegno non esistono parti necessarie al di fuori del beneficiario dell'amministrazione (Cass. n. 14190 del 05/06/2013) e che l'amministratore di sostegno non può rappresentare il beneficiario nel giudizio di impugnazione (Cass. n. 451 del 08/01/2024) in particolare quando si discuta della sua capacità di autodeterminarsi.
L'art. 720 - bis nella formulazione ratione temporis vigente richiama infatti l'art. 716 c.p.c. sulla conservazione della capacità processuale dell'interessato, e negli stessi termini oggi dispone l'art. 473 bis.55 c.p.c., in relazione all'art. 473 bis.58 c.p.c.
La conservazione della capacità processuale del diretto interessato nei giudizi ablativi o limitativi della capacità di autodeterminarsi è un principio consolidato nel nostro ordinamento, già previsto in tema di interdizione ed inabilitazione dall'art. 716 c.p.c., ancora prima della entrata in vigore della legge 9 gennaio 2004 n. 6 che ha introdotto la misura della amministrazione di sostegno, e risponde ai principi costituzionali espressi dagli artt.24 e 111 Cost., in ragione dei quali deve essere assicurata al titolare di diritti e interessi legittimi la piena capacità di agire e difendersi nel processo ove questi diritti vengono in discussione, a maggior ragione se si tratta di diritti fondamentali della persona.
In termini, la giurisprudenza di questa Corte ha affermato che la "ratio" dell'art. 716 c.p.c., a norma del quale l'interdicendo non perde la capacità processuale di agire e contraddire nel giudizio di interdizione, pur dopo che gli è stato nominato un tutore provvisorio (e quindi deroga in parte qua all'art. 75 c.p.c.), è di consentirgli di difendere il diritto all'integrale conservazione della capacità di agire. Ne deriva da un lato che il predetto tutore non è parte necessaria di tale giudizio, non configurandosi un interesse della tutela all'esito del medesimo; dall'altro che il tutore provvisorio non assume la veste, nel giudizio di interdizione, di rappresentante processuale dell'interdicendo (Cass. 16/11/2000, n. 14866).
Questo principio è stato applicato dalla giurisprudenza di legittimità anche in tema di amministrazione di sostegno, pur prendendo atto che si tratta di misura che non necessariamente comporta la limitazione della capacità di agire; tuttavia ogniqualvolta si discuta, in un giudizio promosso per la apertura della amministrazione sostegno della possibilità di applicare l'art 411 c.c. che consente al giudice tutelare di estendere al beneficiario determinati effetti, limitazioni o decadenze previsti per l'interdetto o l'inabilitato, una lettura costituzionalmente orientata della normativa di riferimento esige che il destinatario della misura ablativa di diritti disponga delle medesime garanzie che assistono le procedure di interdizione o di inabilitazione, con particolare riferimento al rispetto del diritto di difesa e del contraddittorio, non potendo ragionevolmente riconoscersi garanzie differenziate in relazione a provvedimenti che spieghino pari effetti sostanziali (Cass. 29/11/2006, n.25366; Cass. n. 6861 del 20/03/2013).
Ciò non significa che il beneficiando debba necessariamente costituirsi a mezzo di un difensore, o avere un difensore d'ufficio, ma, dovendo fruire della stesse garanzie previste per l'interdicendo e per l'inabilitando deve essere informato della pendenza del procedimento e della facoltà di difendersi in esso, pur avendo la libertà di restare – consapevolmente - contumace. Per questa ragione il giudice tutelare deve, ogni caso in cui il provvedimento da emettere - sia o non corrispondente alla misura richiesta - incida in maniera diretta sui diritti inviolabili della persona, invitare la parte a nominare un difensore, e salvo il dovere di sentire personalmente l'interessato secondo quanto dispone l'art. 407 c.c. (Cass. n. 25366/2006, cit.).
Nel caso di specie, il contraddittorio non appare regolarmente instaurato, in primo luogo nel presente giudizio di legittimità, posto che il ricorso come sopra si diceva non è stato notificato all'interessato ma al suo amministratore di sostegno, che però in questo giudizio non può rappresentarlo, quali che siano i poteri conferiti dal giudice tutelare.
Una volta regolarmente instaurato il contraddittorio innanzi alla Corte di Cassazione, dovrà discutersi della regolarità ab initio della procedura posto che il difetto di contraddittorio è rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del processo ed anche per la prima volta in sede di legittimità.
Non risulta infatti, quantomeno dal tenore degli atti qui portati alla attenzione del Collegio, che il giudice tutelare, pur procedendo alla audizione del beneficiario, lo abbia avvisato della facoltà di nominare un difensore, e non risulta che al beneficiario personalmente sia stato notificato il reclamo in appello e ciò salvo che le parti, che a tal fine si invitano espressamente ad interloquire sul punto, indichino ulteriori atti cui fare riferimento.
P.Q.M.
Dispone che il ricorso per cassazione sia notificato, unitamente alla presente ordinanza, personalmente a D.D., entro il termine di 30 giorni dalla comunicazione della presente ordinanza e rinvia il processo alla udienza pubblica del 13 novembre 2024, invitando le parti ad interloquire sulle questioni evidenziate in parte motiva.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri titoli identificativi a norma dell'art. 52 D.Lgs. 196/2003.
Si comunichi.