Nel caso di specie, la passività del secondo conto non era altro che la conseguenza dell'utilizzo del primo, che era stato espressamente autorizzato.
In sede di rinvio, il Tribunale di Reggio Calabria rigettava parzialmente l'opposizione della Banca, confermando il decreto di esclusione dallo stato passivo del credito da scoperto di conto corrente avente ad oggetto l'intero patrimonio di una società assoggettato a sequestro di prevenzione.
Secondo il Tribunale, la prosecuzione del rapporto di...
Svolgimento del processo
1. La società p.a. U.- titolare di credito da scoperto di conto corrente (n. (omissis)), per l'importo preteso di 1.110.304,50 euro, nei confronti di S. G. s.r.l., avente l'intero patrimonio assoggettato in data 8 aprile 2014 a sequestro di prevenzione nell'ambito del procedimento omonimo, instaurato a carico di G.C. - ricorre per cassazione avverso il provvedimento in epigrafe, reso ai sensi dell'art. 59, commi 6 ss., d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159, nella parte in cui il competente Tribunale di Reggio Calabria, giudicando in sede di rinvio, ha parzialmente rigettato l'opposizione della Banca e per l'effetto ha confermato il decreto di esclusione del predetto credito dallo stato passivo, già adottato dal giudice delegato.
L'importo vantato a credito corrispondeva:
- quanto ad euro 85.304,50, a scritturazioni a debito operate sul conto corrente, in data successiva al sequestro di prevenzione, nell'ambito della concessa elasticità di cassa;
- quanto ad euro 925.000,00, all'escussione di una polizza fideiussoria prestata, sempre in data successiva al sequestro di prevenzione, nell'interesse della società correntista, controgarantita da pegno.
2. Secondo il Tribunale, la prosecuzione del rapporto di conto corrente da parte dell'amministrazione giudiziaria, dopo il sequestro, non valeva a sanare né la deficitaria istruttoria bancaria relativa alle indicate aperture il credito, né la mancata dimostrazione della buona fede dell'Istituto, in quanto non risultava dagli atti che il giudice delegato avesse formalmente autorizzato la prosecuzione stessa (formale autorizzazione viceversa intervenuta rispetto ad altro rapporto di conto corrente, il n. (omissis), in relazione al quale il giudice del rinvio, in applicazione del principio di diritto formulato nella pronuncia rescindente di legittimità, aveva ammesso il credito della Banca).
Quanto alla fideiussione, poi, l'esclusione del credito dalle verifiche di cui all'art. 52 d.lgs. n. 159 del 2011, decisa dal giudice delegato, non sarebbe stata avversata con l'atto di opposizione e sul punto si sarebbe formato giudicato negativo. Dell'escussione della fideiussione non vi sarebbe inoltre prova.
Quanto al pegno, la mancata pronuncia del giudice delegato non sarebbe stata, neppure essa, avversata con l'atto di opposizione e la cognizione sul punto sarebbe preclusa.
3. Il ricorso è articolato in quattro motivi, illustrati da successiva memoria.
3.1. Con il primo motivo la società ricorrente deduce violazione di legge.
La prosecuzione di fatto del rapporto di conto corrente, da parte dell'amministrazione giudiziaria, importerebbe che l'amministrazione debba assumersi la responsabilità per gli impegni assunti nei confronti dei terzi, indispensabili per garantire la più generale prosecuzione dell'attività d'impresa (di certo non strumentale alla pregressa attività illecita del proposto). L'autorizzazione giudiziale doveva ritenersi, in tal senso, implicita.
Il saldo negativo del conto corrente era inoltre costituito, come giudizialmente accertato, da addebiti destinati a coprire spese e interessi maturati a seguito della scopertura del diverso conto corrente formalmente assentito (quello n. (omissis)), e per cui il giudice a quo aveva ammesso la Banca al passivo. L'esposizione debitoria era conseguenza del lecito utilizzo di tale secondo conto ed era stata separatamente regolata per mera comodità contabile, sicché il credito corrispondente non poteva essere lasciato privo di tutela.
3.2. Con il secondo motivo la società ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione.
Quanto alla fideiussione, il giudice delegato aveva ritenuto che il relativo rapporto fosse insorto in costanza del procedimento di prevenzione e fosse addirittura prededucibile. Per tale ragione quel giudice aveva ritenuto non necessario il riscontro della buona fede creditoria. La pronuncia non aveva portata sfavorevole per la Banca, che non aveva interesse ad impugnarla. Si era dunque formato sul punto il giudicato, ma in senso esattamente contrario a quanto ritenuto dal Tribunale.
La garanzia fideiussoria era stata ovviamente escussa, come risultante dagli atti.
3.3. Con il terzo motivo la società ricorrente deduce violazione di legge. Quanto al pegno, l'opposizione proposta dalla Banca investiva tutti i capi e i punti del decreto impugnato definiti in senso contrario agli interessi della Banca. Non vi era stata alcuna acquiescenza.
3.4. Con il quarto motivo la società ricorrente deduce violazione di legge e vizio di motivazione.
Avendo ritenuto che il riconoscimento del credito non potesse essere di per sé ancorata alla mera circostanza della prosecuzione del rapporto di conto corrente, perché non formalmente autorizzata, il Tribunale - prima di respingere, di nuovo, l'opposizione in parte qua - avrebbe dovuto riesaminare le questioni inerenti la buona fede della Banca e l'incolpevole affidamento (che avevano formato oggetto del primo ricorso per cassazione ed erano state ritenute assorbite dalla sentenza rescindente di legittimità), che il motivo riprende e sviluppa.
Motivi della decisione
1. Il primo motivo di ricorso è fondato, per l'assorbente ragione esposta nella seconda parte del motivo stesso.
Il giudice a quo ha ammesso al passivo l'intero credito da scopertura del conto corrente n. (omissis), sul presupposto che si trattasse di credito direttamente correlato alla prosecuzione, giudizialmente assentita, dell'attività d'impresa, alimentata dal mantenimento (e ulteriore impiego) del fido su quel conto concesso. Il medesimo giudice ha poi espressamente riconosciuto che la somma di euro 85.304,50, a debito del conto corrente n. (omissis), si riferisce esclusivamente a spese ed interessi maturati, a sequestro già disposto, per i prelievi registrati sul primo conto, dunque pienamente legittimi e soltanto separatamente regolati dal lato degli accessori contabili.
La passività del secondo conto non è altro, in questa parte, che la conseguenza dell'utilizzo dell'altro, espressamente autorizzato.
La diversificata tutela accordata al creditore, rispetto all'uno e all'altro dei due rapporti bancari sotto questo aspetto connessi, è dunque irragionevole, essendo evidente che la consentita operatività del primo conto corrente estenda i suoi effetti alle scritturazioni apposte, in via meramente consequenziale, sul conto abbinato.
2. Il secondo motivo è fondato.
Sono prededucibili, a norma dell'art. 61, comma 3, d. lgs. n. 159 del 2011, n. 159, i crediti «sorti in occasione o in funzione del procedimento di prevenzione».
Già il giudice delegato aveva accertato la posteriorità della fideiussione rispetto al sequestro, essendo la garanzia stata accesa nel corso della prosecuzione, giudizialmente assentita, dell'attività d'impresa. L'esclusione della posta creditoria dal previo accertamento della buona fede del suo titolare, da quel giudice decretata, suonava dunque non come diniego di tutela della posta stessa, ma come riconoscimento di una tutela rafforzata, posto che il credito prededucibile tendenzialmente si sottrae a falcidia da incapienza dell'attivo.
La pronuncia del giudice delegato rispondeva all'interesse della Banca, che non avrebbe avuto titolo per impugnarla.
Risultando l'escussione della fideiussione dal doc. 62, già allegato all'istanza di verifica (e nuovamente allegato al presente ricorso), non appare allo stato congruo il diniego di ammissione dell'importo di euro 925.000,00 al passivo della procedura, con il relativo titolo di preferenza.
3. Il terzo motivo è fondato, giacché la Banca aveva effettivamente chiesto, in sede di opposizione, la riforma integrale della decisione gravata nella parte sfavorevole, in cui andava ricompreso il silenzio serbato dal giudice delegato a proposito del pegno.
4. Il proposto ricorso deve essere pertanto accolto, previo assorbimento del quarto motivo.
Il provvedimento impugnato deve essere nuovamente annullato con rinvio, relativamente alla statuizione di rigetto parziale dell'opposizione, per nuova deliberazione che recepisca le superiori indicazioni.
P.Q.M.
Annulla l'ordinanza impugnata, relativamente alla statuizione di rigetto parziale dell'opposizione, con rinvio per nuovo giudizio sul punto al Tribunale di Reggio Calabria.