Svolgimento del processo
1. ¿ Con sentenza nr 2414/2021 la Corte di appello di Bologna rigettava l’appello principale proposto da A.L. nei confronti del Monte dei Paschi di Siena avverso la decisione nr 274/2018 del Tribunale di Parma con cui era stata accertata la responsabilità della Banca per l’escussione, in data anteriore a quella in cui il debito del debitore principale era divenuto esigibile, della fideiussione ominibus del 31.5.1993 e s.m.i. prestata dal A.L.a favore della società (omissis) di A.L. s.a.s., poi diventata (omissis) s.s. per l’allora Banca Agricola Mantovana, condannando l’istituto di credito al pagamento, a titolo di risarcimento del danno patito dal fideiussore, non già dell’importo da questi domandato, pari all’importo di € 340.861,00, incamerato dalla banca, bensì della minor somma di € 5.579,85, pari agli interesse legali calcolati sulla somma oggetto di escussione dalla data in cui essa era stata effettuata alla data in cui il credito della stessa banca nei confronti della società debitrice principale era divenuto esigibile .
2. ¿ Il giudice del gravame riteneva con riguardo all’unico motivo dedotto dall’appellante principale, il quale criticava il mancato riconoscimento del danno emergente, nella misura indicata, malgrado l’accertata illegittimità del comportamento della Banca, la mancanza dei relativi presupposti. A tal fine osservava:
a) che il piano di rientro prevedeva comunque che il debito avrebbe dovuto essere pagato integralmente, se anche il fideiussore avesse opposto che il credito non era ancora esigibile entro il 31.7.2007, sicché la perdita del fideiussore dovuta all’illegittima e prematura escussione era pari agli interessi legali sulla somma pagata dal fideiussore sino alla naturale scadenza;
b) che, poiché il fideiussore era comunque tenuto in solido con il debitore principale senza il beneficio della preventiva escussione, una volta «pagato» il debito senza aver opposto l’eccezione di temporanea inesigibilità, non ricorreva il caso dell’art 1952 primo comma c.c. sia perché vi era stata la denuncia dell’avvenuto pagamento, sia perché non risultava che il debitore avesse pagato anche la parte onorata dal fideiussore;
c) che, con riguardo al secondo comma dell’art 1952 c.c., il debitore non aveva sollevato alcuna eccezione nei confronti del fideiussore sottolineando che entrambi i soggetti non avevano obbiettato alcunché alle risposte della banca, che dava atto del saldo con la somma incamerata facendo ricorso al garante, nei primi mesi del 2007 sino alla proposizione della causa nell’anno 2013 da parte del L.;
d) che la somma avrebbe dovuto essere pagata entro il giro di pochi mesi, sicché il fideiussore avrebbe potuto ritardare ma non evitare il pagamento;
e) che analogo discorso valeva per l’azione surrogatoria ex art 1949 c.c., nel senso che l’eccezione era da considerarsi temporanea, e quindi non più opponibile una volta che il termine fosse spirato, sicché l’unico danno risarcibile era rappresentato dalla mancata disponibilità del denaro sino alla scadenza.
3. ¿ Avverso tale sentenza A.L.A.L. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi illustrati da memoria, cui ha resistito con controricorso il Monte dei paschi di Siena.
Motivi della decisione
4. ¿ Il ricorso contiene due motivi.
4.1. ¿ Col primo mezzo si denuncia ai sensi dell’articolo 360, primo comma, n. 3, c.p.c., nullità della sentenza per violazione o falsa applicazione di norme di diritto, in relazione agli articoli 1184, 1185, 1186, 1241, 1242, 1243, 1246, 1218, 1223, 1226 c.c., nella parte in cui la corte territoriale, pur avendo accertato che «mai (...) BAM-MPS invocò alcuna decadenza dal beneficio del termine, né è stata evidenziata alcuna altra clausola contrattuale che le consentisse allora di trattenere le somme in questione; sicché rimane accertato che al momento della compensazione il residuo credito non era esigibile da parte della banca nei confronti del debitore principale», afferma però che: «il piano di rientro prevedeva comunque che il debito si sarebbe dovuto pagare integralmente, quindi se anche il fideiussore avesse opposto che il credito non era (ancora) esigibile, lo stesso si sarebbe dovuto comunque adempiere nei tempi previsti (almeno euro 100.000 mensili) ossia entro il 31.7.2007», stabilendo inoltre che «perdita del fideiussore (e in ipotesi del debitore principale se avesse pagato nei medesimi tempi) dovuta all’illegittima prematura escussione è dunque pari agli interessi legali sulla somma pagata dal fideiussore sino alla naturale scadenza».
Si lamenta in breve che la Corte di appello, una volta accertata l’illegittima escussione del debito e l’abusiva compensazione unilaterale operata dalla Banca tra controcrediti non compensabili in assenza dei presupposti di legge e la conseguente la violazione degli art 1185 e dell’art 1242 c.c. avrebbe dovuto riconoscere il danno emergente costituito dall’intera somma illegittimamente trattenuta in compensazione pari ad oltre € 340.000,0D0atappuubrblicianzione 05/12/2024 assenza dei relativi presupposti.
4.2. ¿ Il secondo mezzo denuncia ai sensi dell’articolo 360, primo comma, n. 3, c.p.c., nullità della sentenza per violazione o falsa applicazione di norme di diritto, in relazione agli articoli 1950 e 1952 c.c.
La sentenza della Corte d’Appello sarebbe illegittima per violazione degli articoli 1950 e 1952, II comma c.c., nella parte in cui ha ritenuto che «non colgono nel segno le censure dell’appellante A.L.in relazione all’azione di regresso», sul rilievo che «in generale nell’azione di regresso al garante che agisce non possono essere opposte le eccezioni che possono opporsi al creditore, come invece nella surrogazione ex art. 1949 e 1203 n. 3 c.c., attesa la sua natura di successione nel credito».
In breve la tesi sostenuta si riassume in ciò, che l’escussione della fideiussione effettuata quando il debito della debitrice principale, sebbene certo e liquido, non era ancora esigibile, avrebbe precluso al A.L.l’azione di regresso nei confronti di detta debitrice, con ulteriore conseguenza che la sua perdita, non suscettibile di essere rimediata in via di regresso, avrebbe dovuto essere rapportata all’intera somma esborsata e non ai soli interessi legali su di essi.
Si critica, qui, l’interpretazione data dalla Corte al disposto dell’art 1952 c.c. sostenendo che al fideiussore che agisce in regresso sono opponibili le eccezioni che il debitore avrebbe potuto opporre al creditore principale ivi compresa quella relativa alla mancata esigibilità del credito. Si rileva inoltre nuovamente che il pagamento del debito di garanzia era avvenuto mediante una compensazione indebita che aveva precluso la trasmissione di qualsiasi informazione preventiva. Si afferma che sulla base di quanto accertato dal giudice di merito il fideiussore non avrebbe potuto esercitare l’azione di regresso nei confronti del debitore principale per ottenere la restituzione della somma escussa, atteso che l’azione di regresso presuppone l’inadempimento del debitore principale e la legittima escussione della fideiussione che secondo la stessa Corte di appello non si erano verificati.
Si sostiene poi che il mancato esercizio dell’azione di regresso da parte del Lina, nell’ipotesi in cui l’azione fosse stata esperibile, non avrebbe comunque fatto venir meno il diritto del fideiussore al risarcimento del danno nei confronti della Banca quantificata nella somma illegittimamente escussa. Si lamenta ancora che, contrariamente a quanto affermato dalla Corte di appello, l’escussione della garanzia prima della scadenza del termine non sarebbe circostanza priva di rilievo giacché il debito ancorché successivamente avrebbe potuto essere onorato. Si precisa al riguardo che la decisione impugnata avrebbe omesso di considerare che in sede di regresso il debitore avrebbe potuto opporre l’exceptio doli, che avrebbe potuto essere sollevata anche in caso di escussione abusiva della garanzia.
L’impossibilità del garante di agire vittoriosamente in regresso nei confronti del debitore, secondo il ricorrente, avrebbe legittimato l’azione del fideiussore al risarcimento dell’intero danno dallo stesso patito costituito dal danno emergente e lucro cessante.
5. ¿ Il ricorso è inammissibile.
5.1. ¿ Il primo mezzo è inammissibile.
5.1.1. ¿ Quanto alla denuncia dell’errore commesso dalla corte territoriale nel non rilevare la pretesa illegittimità della compensazione operata dalla Banca fra poste creditorie fra loro non compensabili, l’inammissibilità discende dalla novità della questione, in ossequio al ribadito principio secondo cui (cfr. nelle rispettive motivazioni, tra le più recenti, Cass. n. 5131 del 2023 e Cass. n. 25909 del 2021), qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il (motivo di) ricorso deve, a pena di inammissibilità, non solo allegare l'avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto in virtù del principio di autosufficienza del ricorso. Infatti, i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d'inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio a quo, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito né rilevabili d'ufficio (cfr. Cass. n. 32804 del 2019; Cass. n. 2038 del 2019; Cass. Cass. n. 20694 del 2018; Cass. n. 15430 del 2018; Cass. n. 23675 del 2013; 7981/07; Cass. 16632/2010). In quest'ottica, la parte ricorrente ha l'onere ¿ qui rimasto inadempiuto ¿ di riportare, a pena d'inammissibilità, dettagliatamente in ricorso gli esatti termini della questione posta in primo e secondo grado (cfr. Cass. n. 9765 del 2005; Cass. n. 12025 del 2000).
Principio, quello sopra riassunto, che certo non vacilla in forza della considerazione offerta dal ricorrente in memoria illustrativa, laddove si osserva, a fronte dell’eccezione di inammissibilità di parte controricorrente, che quest’ultima «non spiega quale sarebbe il principio di diritto in virtù del quale la violazione o falsa applicazione di legge invocate in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360, n. 3, per essere esaminata dovrebbe esser stata prima sottoposta al Giudice dell’appello», tanto più che nella specie la censura attinge non già una questione di mero diritto, ma mista di fatto-diritto, quale quella concernente la compensabilità oggetto del contendere.
5.1.2. ¿ Nel corpo del primo mezzo il ricorrente denuncia inoltre, ed anzitutto, la violazione degli articoli 1184, 1185 e 1186 c.c., giacché il termine previsto per l’adempimento si presume in favore del debitore ed il creditore non può esigere la prestazione prima della scadenza, salva l’applicazione dell’art. 1186 c.c., che prevede che ove il termine sia stabilito a favore del debitore, il creditore può esigere la prestazione prima della scadenza del termine solo se il debitore sia divenuto insolvente o abbia diminuito la propria garanzia patrimoniale.
Anche qui il mezzo è inammissibile, perché in realtà del tutto eccentrico rispetto alla ratio decidendi che sostiene la decisione impugnata.
E cioè, la sentenza impugnata non mette affatto in dubbio che la discipA.L.del termine sia nel complesso, ed in linea di principio, dettata in favore del debitore: ed anzi proprio detta discipA.L.concorre semmai a giustificare la statuizione adottata dal giudice di merito, il quale ha ritenuto inadempiente la banca per aver riscosso un pagamento prima del tempo.
Orbene, il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, l'esposizione dei motivi per i quali si richiede la cassazione della sentenza impugnata, aventi i requisiti della specificità, completezza e ¿ questo aspetto che qui interessa ¿ riferibilità alla decisione impugnata (Cass. 25 febbraio 2004, n. 3741; Cass. 23 marzo 2005, n. 6219; Cass. 17 luglio 2007, n. 15952; Cass. 19 agosto 2009, n. 18421). In particolare è necessario che venga contestata specificamente la ratio decidendi posta a fondamento della pronuncia oggetto di impugnazione (Cass. 10 agosto 2017, n. 19989), di guisa che la proposizione, con il ricorso per cassazione, di censure prive di specifiche attinenze al decisum della sentenza impugnata è assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi richiesti dall'art. 366 n. 4) c.p.c., con conseguente inammissibilità del ricorso, rilevabile anche d'ufficio (Cass. 7 settembre 2017, n. 20910).
5.1.3. ¿ Ciò che residua, sulla base del motivo ora in esame, è una censura che si colloca dal versante della determinazione del quantum debeatur, nel quadro di applicazione dell’articolo 1223 c.c., disposizione pure richiamata dal ricorrente tra quelle che la corte d’appello avrebbe asseritamente violato: e cioè il A.L.altro non ha fatto che porre in discussione la riconducibilità all’accertato inadempimento, consistito nella escussione anzitempo della fideiussione, sul piano della causalità giuridica, della sola perdita (non certo del lucro cessante, come erroneamente si afferma in ricorso, laddove si sostiene, in buona sostanza, che il giudice di merito avrebbe liquidato quest’ultimo, ma non il danno emergente) quantificata negli interessi legali che il capitale anticipatamente riscosso avrebbe medio tempore prodotto, e non invece dell’intera somma riscossa a mezzo dell’escussione della garanzia, intera somma che, si osserva nella sentenza impugnata, il A.L.avrebbe dovuto comunque corrispondere, una volta spirato il termine, trattandosi di credito certo e liquido della banca nei confronti della debitrice principale.
Così stando le cose, una volta constatato che il motivo pone in discussione la verifica di sussistenza del nesso eziologico tra inadempimento e danno, in tesi erroneamente effettuata, non resta se non rammentare che, in tema di responsabilità contrattuale, l'accertamento del nesso di causalità giuridica, che lega l'evento alle conseguenze dannose risarcibili e che va compiuto in applicazione della regola eziologica posta dall'art. 1223 c.c., costituisce, al pari di quello relativo al nesso di causalità materiale tra l'inadempimento e il danno, nonché dell'accertamento circa la prevedibilità del danno medesimo, un apprezzamento di fatto, insindacabile in sede di legittimità, ove sorretto da motivazione adeguata ed immune da errori (Cass. 30 giugno 2021, n. 18509).
È del resto lo stesso ricorrente ad ammettere, a pagina 4 del ricorso, che la censura è volta a lamentare che la corte d’appello avrebbe «motivato erroneamente la ragione per la quale dalla violazione delle predette norme» non avrebbe «cagionato al fideiussore anche un danno emergente corrispondente alla somma escussa di Euro 340.861,00»: ma, ciò stabilito, è agevole rammentare che il vizio motivazionale, senza considerare che si versa in un caso di «doppia conforme», è confinato alle note quattro ipotesi enumerate dalla giurisprudenza di questa Corte («mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico», nella «motivazione apparente», nel «contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili» e nella «motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile», esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di «sufficienza» della motivazione: Cass., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053), ipotesi che nella specie all’evidenza non ricorrono, attesa la chiara plausibilità dell’assunto secondo cui il danno non poteva essere rapportato all’intero importo della somma escussa, dal momento che essa avrebbe dovuto essere comunque pagata dal fideiussore, sia pure qualche mese dopo, indubbio essendo che non era stata pagata dalla debitrice principale.
I giudici di merito hanno insomma ritenuto, come si è già detto, che l’unico danno risarcibile fosse quello derivante dalla mancata disponibilità del denaro sino alla scadenza naturale del piano di rientro concordato con l’istituto di credito ed hanno invece escluso che la posta risarcitoria dovesse essere parametrata alla somma escussa. Sotto quest’ultimo profilo i predetti giudici hanno evidenziato che il debito avrebbe dovuto essere pagato integralmente entro il 31 luglio 2007 e che quindi si trattava di una inesigibilità temporanea e che il fideiussore era tenuto in solido con il debitore principale senza il beneficio della preventiva escussione.
5.2. ¿ Anche il secondo mezzo è inammissibile.
Nella parte in cui il motivo si fonda su considerazioni concernenti il difetto dei presupposti per la compensazione esso è inammissibile per le ragioni già menzionate al § 5.1.1.
Dopodiché, è assorbente la considerazione che vi è, nella sentenza impugnata, una ratio decidendi non censurata, laddove la corte d’appello, a pagina 6 della sentenza, ha affermato che, a tutto voler concedere, l’azione di regresso era comunque esperibile da parte del Lina, a far data dal 1° agosto del 2007: nel motivo non v’è nulla, cioè, che valga a contrastare l’affermazione secondo cui, anche ad ammettere che l’anticipata escussione della fideiussione avrebbe precluso al A.L.un’immediata azione di regresso che altrimenti egli avrebbe potuto intraprendere, detta azione bene avrebbe potuto essere intrapresa una volta divenuto esigibile il pagamento nei confronti della debitrice principale, essendo per conseguenza non riconducibile al pregiudizio patito l’esborso della somma capitale di cui si è detto.
Orbene, secondo il costante orientamento di questa Corte, ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l'omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l'autonoma motivazione non impugnata, non potrebbe produrre in nessun caso l'annullamento della sentenza (tra le tante, Cass. 27 luglio 2017, n. 18641; Cass. 18 aprile 2017, n. 9752; Cass. 3 novembre 2011, n. 22753).
Per completezza si osserva che nella memoria illustrativa viene affermato che: «Se la Banca non avesse escusso la fideiussione prima della scadenza, il debitore principale Magic Agricola avrebbe continuato (come ha fatto) ad ottemperare agli obblighi di pagamento stabiliti dal piano di rientro e al fideiussore dott. A.L.non sarebbe stata prelevata la somma di Euro 340.861,00».
Si tratta di una considerazione di pieno merito, come tale inammissibile, tanto più che essa è totalmente carente dal versante dell’autosufficienza, giacché non spiega affatto da cosa risulterebbe il pagamento («come ha fatto») da parte della società di quanto stabilito nel piano di rientro, mentre siffatto pagamento è escluso sia a pagina 2 della sentenza impugnata, ove la corte d’appello richiama l’affermazione del tribunale secondo cui non risultava che la debitrice principale avesse pagato le rate in scadenza del piano di rientro dopo quella del 30 novembre 2006, sia a pagina 6 ove la stessa corte d’appello afferma che «non risulta che il debitore abbia poi pagato anche la parte onorata dal fideiussore».
Alla stregua delle considerazioni sopra esposte il ricorso va dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso;
Condanna il ricorrente al pagamento in favore del Monte dei paschi di Siena le spese di questa fase liquidate in € 10.000,00 oltre € 200,00 per spese ed al 15 % per spese generali.
Dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.