Non è detto: la Corte d'Appello di Torino, infatti, ha scelto di valorizzare le informazioni specifiche trasmesse dall'Autorità giudiziaria ucraina che evidenziano come la colonia penale alla quale l'interessato sarebbe destinato non sia attualmente coinvolta direttamente nel conflitto bellico tra Ucraina e Federazione Russa.
La Corte d'Appello di Torino dichiarava la sussistenza delle condizioni ai fini dell'accoglimento della domanda di estradizione presentata dalla Repubblica dell'Ucraina nei confronti dell'attuale ricorrente, cittadino ucraino arrestato in Italia per via dell'ordine di cattura emesso dal Tribunale ucraino in relazione ai reati di omicidio aggravato, possesso illegale di...
Svolgimento del processo
1. Con la sentenza sopra indicata la Corte di appello di Torino dichiarava la sussistenza delle condizioni per l'accoglimento della domanda di estradizione presentata dalla Repubblica dell'Ucraina nei confronti del cittadino ucraino A.N. in relazione all'ordine di arresto emesso il 2 aprile 2020 dal Tribunale
distrettuale di Pecherskyi nell'ambito del procedimento nel quale il prevenuto è sottoposto ad indagini in relazione ai reati di omicidio aggravato, possesso illegale di armi da fuoco e falsificazione di un passaporto: ordine di cattura in esecuzione del quale lo N. era stato tratto in arresto in Italia il 28 marzo 2022, sottoposto alla misura della custodia cautelare e poi rimesso in libertà per effetto della sentenza emessa il 16 settembre 2022, in sede cautelare, da questa Corte di cassazione.
Rilevava la Corte territoriale come sussistessero le condizioni previste dalla Convenzione europea di estradizione del 1957 e dai successivi Protocolli addizionali per accogliere quella richiesta di estradizione passiva processuale; sottolineava come fossero riconoscibili i gravi indizi di colpevolezza a carico del N. in ordine ai reati contestatigli e fossero assenti ragioni ostative all'accoglimento dell'istanza, posto che l'autorità straniera aveva fornito adeguate informazioni in ordine al carcere ove il predetto sarebbe stato destinato e al regime detentivo al quale sarebbe stato sottoposto in Ucraina; aggiungeva la Corte di merito come il provvedimento cautelare, in base al quale era stata domandata la estradizione, non avesse perso efficacia a seguito dell'adozione di altra successiva sentenza dello stesso Tribunale ucraino di Pecherskyi, e come il contesto della guerra in corso tra l'Ucraina e la Federazione Russa non fosse tale da giustificare un rigetto della richiesta di estradizione.
2. Avverso tale sentenza ha presentato ricorso il N., con due distinti atti di impugnazione rispettivamente sottoscritti dai suoi difensori.
2.1. Con il ricorso a firma dell'avv. F.C., con unico punto sono state denunciate la violazione di legge, in relazione agli artt. 698 e 705 cod. proc. pen., e il vizio di motivazione, per mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità, per avere la Corte distrettuale disatteso le doglianze formulate dalla difesa: i motivi sono stati sviluppati su quattro aspetti, con riferimento:
2.1.1. ai gravi indizi di colpevolezza, tenuto conto che la Corte di merito aveva valorizzato elementi di prova generici e priva di una reale capacità dimostrativa;
2.1.2. alla esistenza di una sentenza emessa il 29 agosto 2020, con la quale il Tribunale di Pecherskyi aveva annullato la chiusura delle indagini e l'inserimento del N. nella lista dei ricercati;
2.1.3. alle notizie confuse e incerte che l'autorità giudiziaria ucraina aveva fornito, in risposta alle richieste di informazioni formulate dalla stessa Corte di appello, circa l'istituto dove l'estradando sarebbe stato recluso, le condizioni di detenzione a lui riservate e la compatibilità di tale stato detentivo con lo stato di guerra in corso tra l'Ucraina e la Russia;
2.1.4. alla ubicazione della colonia penale di Menska, cui lo N. dovrebbe essere assegnato, in una zona interessata dal conflitto bellico e all’applicazione a tale istituto della legge marziale militare.
2.1.5. Con memoria trasmessa il 9 novembre 2022 l'avv. C. ha depositato documentazione relativa all'avvenuta presentazione in Italia, da parte del proprio assistito, di una richiesta di protezione internazionale quale rifugiato politico.
2.2. Con un secondo ricorso a firma dell'avv. T.A.R., sono stati dedotti due motivi.
2.2.1. Mancanza di motivazione, per avere la Corte di appello omesso di illustrare le ragioni per le quali l'ordine di cattura emesso dall'autorità ucraina per il delitto di omicidio, l'unico per il quale l'estradizione è consentita, non debba considerarsi oramai inefficace in ragione dell'intervenuta sentenza di annullamento pronunciata il 29 agosto 2020 dal Tribunale di Pecherskyi.
2.2.2. Vizio di motivazione, per avere la Corte di merito illogicamente escluso l'esistenza che l'estradando possa essere sottoposto a trattamenti disumani o degradanti in ragione degli eventi bellici cui l'intero territorio dell'Ucraina è interessato, con la conseguenza che i soggetti detenuti anche nell'istituto al quale lo N. dovrebbe essere destinato sarebbero impossibilitati a porre la propria vita in salvo in caso di attacchi da parte delle forze armate russe.
2.3. Con memoria trasmessa il 31 ottobre 2022 l'avv. A.R. ha dedotto tre motivi nuovi.
2.3.1. Mancanza di motivazione, per avere la Corte territoriale omesso di rispondere in maniera adeguata alla censura difensiva circa l'esistenza della citata sentenza del Tribunale di Pecherskyi del 29 agosto 2020, la cui valenza risulta confermata dall'adozione, da parte del medesimo Tribunale, di un nuovo provvedimento datato 4 ottobre 2022 con il quale è stata rigettata la richiesta dell'autorità di investigazione ucraina di proseguire le indagini nei riguardi del N..
2.3.2. Mancanza di motivazione, per avere la Corte distrettuale omesso di considerare che l'estradizione non poteva essere riconosciuta con riferimento al reato di cui all'art. 263 del codice penale ucraino che risulta prescritto e al reato di cui all'art. 358 dello stesso codice per il quale non è prevista la irrogazione della pena della reclusione.
2.3.3. Vizio di motivazione, per avere la Corte di appello escluso che anche la zona dove si trova l'istituto dove il N. dovrebbe essere recluso sia interessata dalle vicende belliche tra l'Ucraina e la Russia, guerra che oramai riguarda l'intero territorio del primo Stato.
Motivi della decisone
1. Ritiene la Corte che il ricorso presentato nell'interesse di A.N. vada accolto, sia pur nei limiti e con gli effetti di seguito precisati.
2. Il primo motivo dell'atto a firma dell'avv. C. è infondato.
Costituisce espressione di un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità il principio secondo il quale, in tema di estradizione processuale per l'estero, secondo il regime di consegna disciplinato dalla Convenzione europea del 13 dicembre 1957, l'autorità giudiziaria italiana è tenuta ad accertare, con una sommaria delibazione, che la documentazione allegata alla domanda sia in concreto idonea ad evocare, nella prospettiva del sistema processuale dello Stato richiedente, l'esistenza di elementi a carico dell'estradando (così, tra le molte, Sez. 6, n. 9758 del 30/01/2014, Bulgaru, Rv. 258810; Sez. 6, n. 16287 del 19/04/2011, Xhatolli, Rv. 249648): ciò ferma restando la possibilità per il giudice italiano di valutare prove a discarico che possono rilevare purché risultino chiare ed incontrovertibili della innocenza dell'incolpato (Sez. 6, n. 40552 del 25/09/2019, Trinciade, Rv. 277560).
Di tali regulae iuris la Corte di merito ha fatto corretta applicazione evidenziando, con motivazione congrua e priva di vizi di manifesta illogicità, basata sull'esame del contenuto del materiale informativo trasmesso dallo Stato richiedente l'estradizione, come nel caso di specie, l'autorità giudiziaria ucraina avesse reputato l'esistenza nei riguardi del N. di gravi indizi di colpevolezza in ordine ai reati addebitatigli: posto che ben quattro testimoni avevano riferito dei contrasti tra il prevenuto e la vittima dell'omicidio sorti in ragione della distribuzione dei proventi di altri delitti; che i tabulati telefonici avevano comprovato come l'indagato e la persona offesa si trovassero, in occasione della consumazione dell'omicidio, in prossimità del luogo del reato commesso con l'impiego di una arma da fuoco; che una videoregistrazione aveva confermato che, al momento della realizzazione del proposito criminoso, nelle vicinanze del luogo di consumazione si trovava una vettura di modello e con caratteristiche analoghe a quelle dell'auto di un amico del N.; ed ancora, che un ulteriore teste aveva riferito che il prevenuto aveva in seguito viaggiato all'estero, utilizzando un passaporto falsificato sulla quale era stata apposta la sua fotografia.
Le doglianze al riguardo formulate dal ricorrente si traducono nella sostanza in censure in fatto, in quanto tendenti a offrire una mera ricostruzione alternativa a quella privilegiata dall'autorità giudiziaria, senza essere stati segnalati dati o elementi di conoscenza idonei a travolgere la tenuta logica della motivazione della sentenza impugnata.
3. Infondate appaiono anche le doglianze formulate dal ricorrente con il terzo e con la prima parte del quarto motivo dell'atto di impugnazione a firma dell'avv. C., con l'analogo secondo motivo del ricorso a firma dell'avv. A.R. e con il terzo motivo nuovo dedotto da tale difensore.
Dai documenti redatti da varie organizzazioni non governative e indipendenti si evince che nelle carceri ucraine esiste una situazione di sovraffollamento e vi sono precarie condizioni igieniche e sanitarie, in contesti indicati a rischio la tutela dei diritti umani fondamentali.
Sotto questo punto di vista bisogna, però, prendere atto come i motivi relativi ad un'asserita violazione dell'art. 705 cod., proc. pen. siano stati rappresentati nell'atto di impugnazione, con riferimento agli aspetti innanzi indicati, in termini generici, non essendo stato allegati elementi oggettivi, precisi e aggiornati idonei a fondare il timore che la estradizione del N. in Ucraina potrebbe preludere a una sua sottoposizione ad un trattamento incompatibile con i diritti fondamentali della persona. Al contrario, appare confacente la motivazione contenuta nella sentenza gravata con la quale i giudici di merito, valorizzando le informazioni specifiche e individuali inviate dall'autorità giudiziaria ucraina, hanno evidenziato come, in caso di estradizione, il N. - che risponde di un reato comune, senza alcun riflesso di natura politica - sarà destinato ad una colonia penale sita a Menska, che si trova in una regione attualmente non direttamente interessata dai combattimenti tra le forze armate ucraine e quelle russe, che attualmente ospita solo quattro detenuti in due celle di grandi dimensioni, con tutti i servizi e in condizioni generali più che adeguate.
In una siffatta situazione non pare, dunque, ravvisabile quella violazione dell'art. 3 CEDU che, secondo quanto specificato dalla Corte di Strasburgo, impone allo Stato l'obbligo positivo di assicurarsi che tutte le persone ristrette siano detenute in condizioni compatibili con il rispetto della dignità umana, che le modalità di esecuzione della misura non sottopongano l'interessato a uno stress o a una prova la cui intensità superi il livello inevitabile di sofferenza inerente alla detenzione e che, considerate le esigenze pratiche della carcerazione, la salute e il benessere del detenuto siano assicurati in maniera adeguata (così, da ultimo nella sentenza Ciobanu c. Romania e Italia, n. 4509/08, §§ 44, 9 luglio 2013).
A fronte di tali affermazioni, le doglianze del ricorrente appaiono alquanto indeterminate e meramente ripetitive di quelle disattese dal giudice genovese. E' ben vero che l'Ucraina, in questo periodo, subisce, anche in territori non direttamente interessate dai combattimenti di terra, bombardamenti e attacchi missilistici da parte delle forze armate della Federazione Russa: ma si tratta di circostanze che riguardano la situazione generale esistente nello Stato richiedente l'estradizione che non paiono incidere sulla posizione dell'odierno ricorrente, in ragione delle garanzie che l'autorità giudiziaria di quello Stato richiedente ha fornito circa il trattamento detentivo individualizzante che sarà assicurato all'estradando in un istituto che attualmente si trova in una zona non direttamente interessata dagli eventi bellici.
4. Sono, invece, fondate tutte le altre censure formulate con il secondo motivo e con il quarto motivo, seconda parte, del ricorso a firma dell'avv. C., con l'analogo primo motivo del ricorso sottoscritto dall'avv. A.R. e con primi due nuovi motivi dedotti con la memoria a firma di tale ultimo difensore.
4.1. Dalla documentazione in atti risulta pacificamente che la richiesta di estradizione del N. è stata avanzata per dare esecuzione ad un ordine di cattura emesso, con riferimento agli indicati delitti, il 2 aprile 2020 dal Tribunale di Pecherskyi, ordine basato su una risoluzione della polizia giudiziaria del 23 marzo 2020, che sembrerebbe stata invalidata da un successivo provvedimento del 29 agosto 2020, con il quale il medesimo Tribunale ha "annullato la decisione dell'investigatore capo dell'amministrazione generale delle investigazioni" della polizia ucraina "sulla chiusura delle indagini e sull'inserimento del sospettato N. nella liste dei ricercati" nel procedimento de quo.
Con riferimento a tale circostanza, la motivazione della sentenza della Corte di appello di Torino, che ha ritenuto di accreditare le informazioni supplementari trasmesse dall'autorità giudiziaria ucraina nel luglio 2022, non è affatto convincente e appare viziata da un evidente profilo di manifesta illogicità: avendo i giudici di merito sostenuto come quel provvedimento del Tribunale di Pecherskyi è stato considerato "inesistente" ovvero "privo di conseguenze legali", tanto da essere "irrilevante nella risoluzione delle questioni relative all'estradizione" del N..
Come già sottolineato da questa Corte regolatrice nell'esame della medesima questione nel contesto della valutazione della posizione cautelare dell'estradando, "tali ulteriori sviluppi procedimentali non (solo stati) adeguatamente approfonditi (...) non avendo (la Corte di appello) compiutamente risposto alle deduzioni difensive sul punto formulate avuto riguardo alla circostanza di fatto, pur essa dedotta dalla difesa nella richiamata memoria, che un documento di verifica della Polizia nazionale ucraina (Dipartimento dell'informazione e del supporto analitico) datato 4 aprile 2022 fa riferimento all'inserimento dell'estradando nell'elenco dei ricercati sulla base di un atto recante la data del 27 (o 23) marzo 2020, dunque emesso in epoca antecedente rispetto alla richiamata sentenza del 29 agosto 2020" (così in Sez. 6, n. 35577 del 16/09/2022, N., non mass.).
Tali incertezze permanga tutt’ora, perché se è vero che una richiesta di estradizione è stata 'coltivata' dall'autorità giudiziaria ucraina ancora nel 2021, quando il N. era stato scoperto in Bulgaria (paese dal quale l'interessato si è poi allontanato), non risulta affatto chiarito il significato e la portata degli effetti della citata sentenza del 29 agosto 2020 del Tribunale ucraino di Pecherskyi, il cui dispositivo sembra avere un tenore incompatibile con la persistente efficacia del precedente ordine di cattura emesso il 2 aprile 2020 da quello stesso Tribunale nei riguardi del N.. E ciò tanto più ove si rilevi come il ricorrente aveva messo in luce che quella sentenza del 29 agosto 2020 era stata adottata in accoglimento di una specifica richiesta della difesa: mentre non è dato comprendere se tale sentenza abbia conservato i suoi effetti, benché nella nota del procuratore generale dell'Ucraina dell'11 luglio 2022, con cui sono state trasmesse le informazioni integrative sollecitate dalla Corte di appello di Torino, si parli - in termini alquanto apodittici e, comunque, molto confusi - di una sua "mancata emissione" ovvero di una sorta di sua inefficacia per la mancata indicazione della "data della decisione dell'organo inquirente che è stata annullata".
Tali aspetti necessitano di una nuova rivalutazione da parte della Corte di appello che, se del caso formalizzando una nuova richiesta di informazioni integrative, chiariranno altresì se persista l'efficacia del provvedimento cautelare adottato nei confronti del N., posto a base della richiesta di estradizione, anche tenuto conto dell'ulteriore provvedimento favorevole alle ragioni difensive che - secondo quanto documentato dalla difesa - sarebbe stato adottato dal Tribunale di Pecherskyi il 4 ottobre 2022; e se la richiesta di consegna continui ad essere valida per tutti e tre i reati per i quali era stata originariamente avanzata, considerato che, con nota del 4 novembre 2022, il Procuratore generale parrebbe aver ritirato la domanda con riferimento ad una delle tre imputazioni per la quale sarebbe intervenuta nelle more la prescrizione del relativo reato.
4.2. In sede di rinvio la Corte di appello di Torino sarà tenuta anche a riconsiderare la sopravvenuta comprovata circostanza della presentazione in Italia da parte del N. della domanda di protezione internazionale, elemento di cui nella sentenza impugnata si era esclusa la sussistenza.
E ciò non perché la definizione della pratica relativa a tale istanza abbia una efficacia diretta e, per così dire, 'automatica' sulla richiesta di estradizione, essendo pacifico nella giurisprudenza di legittimità che, in tema di estradizione per l'estero, non costituisce di per sé causa ostativa la pendenza della richiesta di protezione internazionale avanzata dall'estradando, non essendovi rapporto di pregiudizialità tra le due procedure (così, tra le tante, Sez. 6, n. 29910 del 12/06/2019, Touji, Rv. 276465); ma perché, nel compiere l'autonoma valutazione ai sensi dell'art. 705 cod. proc. pen. in ordine al rischio che l'estradando possa essere sottoposto agli atti di cui all'art. 698 cod. proc. pen. possono essere valorizzate le determinazioni che saranno adottate su quella istanza di protezione internazionale. Ed infatti, seguendo le più recenti linee di orientamento esegetico tracciate da questa Corte regolatrice, va ricordato come la Corte d'appello ben potrebbe fondare le proprie decisioni sulle ragioni del provvedimento della competente Commissione territoriale del Ministero degli interni sulla domanda di attribuzione dello "status" di protezione internazionale sussidiaria, per il pericolo di esposizione a trattamenti disumani e degradanti in caso di rientro nello Stato richiedente l'estradizione, ove quest'ultimo provvedimento sia riconosciuto dal giudice completo, certo e affidabile (in questo senso Sez. 6, n. 19392 del 25/06/2020, Hoxhaj, Rv. 279263).
Seguendo tale impostazione, il giudice di rinvio non potrà eventualmente omettere di riconsiderare altri significativi elementi già segnalati nel caso portato all'odierna attenzione della Cassazione: in particolare, il fatto che il N. dovrebbe essere assegnato ad una colonia penale destinata a reclusi appartenenti alle forze militari e dell'ordine, evenienza rispetto alla quale occorrerà acquisire adeguate garanzie circa l'inapplicabilità al prevenuto della legge marziale militare attualmente vigente in Ucraina, nonché della disciplina che prevede in quel Paese forme di mobilitazione e reclutamento forzato per soddisfare le esigenze delle forze armate e delle strutture logistiche e di sostegno; situazioni che, in assenza di adeguate forme di tutela del diritto all'obiezione di coscienza, potrebbero finire per comportare, secondo il criterio della "ragionevole plausibilità", l'arruolamento e il coinvolgimento dell'interessato nel compimento di atti idonei ad integrare crimini di guerra o contro l'umanità, e, dunque, il concreto rischio di una compromissione nel Paese richiedente la consegna dei diritti fondamentali dell'estradato (cfr. Sez. 1 civ., n. 102 del 08/01/2021, Oliva, Rv. 660525, con specifico riferimento al conflitto esistente in Ucraina; e C.giust.UE, sent. 26/02/2015, causa C-472/13, Shepered c. Germania).
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Torino.
Rigetta il ricorso nel resto.