La Consulta ha dichiarato l'incostituzionalità dell'art. 11-octies, comma 2, del Decreto Sostegni-bis, nella parte in cui limitava ad alcune tipologie di costi il diritto alla riduzione spettante al consumatore.
Con sentenza n. 263 del 2022, la Corte Costituzionale ha dichiarato l'incostituzionalità dell'art. 11-octies, comma 2, del
La violazione è stata più precisamente ravvisata in relazione all'art. 16, paragrafo 1, della direttiva comunitaria, che la CGUE, con sentenza 11 settembre 2019, C-383/19 (caso Lexitor), aveva interpretato in tal senso: «il diritto alla riduzione deve riferirsi a tutti i costi sostenuti dal consumatore, e che la riduzione deve operare in proporzione alla minore durata del contratto, conseguente alla restituzione anticipata».
Stante la dichiarazione di incostituzionalità della norma, la Consulta ha dunque concluso che
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ai consumatori spetterà il diritto alla riduzione proporzionale di tutti i costi sostenuti in relazione al contratto di credito, anche qualora abbiano concluso i loro contratti prima dell'entrata in vigore della |
Corte costituzionale, sentenza (ud. 8 novembre 2022) 22 dicembre 2022, n. 263
Svolgimento del processo
1.– Con ordinanza del 2 novembre 2021, iscritta al n. 8 del registro ordinanze dell’anno 2022, il Tribunale ordinario di Torino, sezione prima civile, ha sollevato – in riferimento agli artt. 3, 11 e 117, primo comma, della Costituzione, in relazione all’art. 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2008, relativa ai contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/CEE del Consiglio, come interpretato dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, sentenza 11 settembre 2019, in causa C-383/18, Lexitor Sp. z.o.o. (d’ora innanzi: Lexitor) – questioni di legittimità costituzionale dell’art. 11-octies, comma 2, del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73 (Misure urgenti connesse all’emergenza da COVID-19, per le imprese, il lavoro, i giovani, la salute e i servizi territoriali), convertito, con modificazioni, nella legge 23 luglio 2021, n. 106, «nelle parti in cui: - prevede che alle estinzioni anticipate dei contratti sottoscritti prima della data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto continuano ad applicarsi le disposizioni dell’articolo 125-sexies del testo unico di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993 e le norme secondarie contenute nelle disposizioni di trasparenza e di vigilanza della Banca d’Italia vigenti alla data della sottoscrizione dei contratti; [e] - limita ai contratti sottoscritti successivamente all’entrata in vigore della legge il principio, espresso nell’art. 16 par. 1 della direttiva 2008/48/Ce, come interpretata dalla sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea in data 11 settembre 2019 C-383/18 e recepito nel novellato art. 125-sexies comma 1 TUB che “il consumatore che rimborsa anticipatamente, in tutto o in parte, l’importo dovuto al finanziatore ha diritto alla riduzione, in misura proporzionale alla vita residua del contratto, degli interessi e di tutti i costi compresi nel costo totale del credito, escluse le imposte”».
2.– Il rimettente riferisce che G. M., dopo aver sottoscritto con T. spa (oggi V. spa) un contratto di prestito personale contro cessione del quinto dello stipendio, con decorrenza dal dicembre 2014 e con scadenza nel novembre 2024, rimborsava anticipatamente e integralmente il debito residuo, dopo il pagamento della rata di maggio 2019.
2.1.– L’ordinanza riporta che, nel conteggio delle restituzioni spettanti al consumatore all’esito dell’estinzione anticipata, l’intermediario non aveva calcolato la riduzione, in via proporzionale, degli oneri sostenuti al momento della conclusione del contratto di mutuo. Pertanto, in data 18 ottobre 2019, il consumatore aveva proposto reclamo, contestando che il calcolo della riduzione non rispettasse «il criterio pro rata temporis applicato dall’Arbitro Bancario Finanziario» e chiedendo, in ogni caso, che si desse applicazione alla sentenza Lexitor.
A seguito del riscontro negativo al reclamo, il consumatore ha presentato ricorso al Collegio di Milano dell’Arbitro Bancario Finanziario (ABF) che, con decisione del 5 giugno 2020, lo ha parzialmente accolto, attenendosi ai criteri dettati dalla sentenza Lexitor.
2.2.– All’esito del rifiuto da parte dell’intermediario di dare volontaria esecuzione alla decisione dell’ABF, il consumatore ha proposto ricorso ex art. 702-bis del codice di procedura civile, chiedendo la liquidazione delle maggiori somme dovute in forza della citata sentenza della Corte di giustizia.
Nel corso del giudizio, è entrato in vigore l’art. 11-octies, introdotto con la legge n. 106 del 2021 in sede di conversione del d.l. n. 73 del 2021, che ha sostituito, al comma 1, lettera c), l’art. 125-sexies del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (Testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia) e ha altresì introdotto una previsione al comma 2, che è l’oggetto della censura del rimettente.
3.– Il Tribunale di Torino ricostruisce il quadro normativo rammentando che l’art. 125-sexies, comma 1, t.u. bancario aveva dato attuazione all’art. 16, paragrafo 1, della direttiva 23 aprile 2008 n. 2008/48/CE e che, prima dell’intervento della Corte di giustizia con la sentenza Lexitor, tale disposizione era stata interpretata nel nostro ordinamento nel senso che il consumatore potesse ripetere i soli costi dipendenti dalla durata del contratto (i cosiddetti costi recurring) non maturati al momento del rimborso del capitale e che tale ricostruzione era stata condivisa dalla normativa secondaria della Banca d’Italia.
Per converso – sottolinea sempre il rimettente – la citata sentenza della Corte di giustizia ha poi interpretato l’art. 16 della direttiva 2008/48/CE in senso «più favorevole al consumatore», in quanto considera la durata residua del contratto solo ai fini del calcolo della misura della riduzione, che deve riguardare «il costo totale del credito» e non solo i costi recurring.
L’ordinanza espone di seguito che, dopo la sentenza Lexitor, «parte significativa della giurisprudenza», nonché la decisione dell’ABF, collegio di coordinamento, 11 dicembre 2019, n. 26525 hanno interpretato l’art. 125-sexies, comma 1, t.u. bancario, in senso conforme alla pronuncia della Corte di giustizia, aderendo a una ricostruzione ritenuta dal rimettente «non soltanto possibile, ma addirittura doverosa, nell’ottica della “leale collaborazione”».
Sennonché – prosegue il rimettente – il legislatore avrebbe, di seguito, «reagito» alla sentenza della Corte di giustizia «con un emendamento contenuto nella legge di conversione […] del decreto legge Sostegni-bis», che ha recepito il principio espresso dalla sentenza Lexitor, ma ne ha limitato «l’efficacia nel tempo ai soli contratti successivi all’entrata in vigore della legge (25 luglio 2021) e mantenendo al contempo fermo lo status quo ante – e quindi la ripetibilità dei soli costi [recurring] non maturati – per i contratti anteriori al 25 luglio 2021».
4.– A fronte di tale quadro normativo e giurisprudenziale, il Tribunale di Torino ritiene che la citata disciplina avrebbe reso impossibile, per i contratti conclusi prima dell’entrata in vigore della legge di conversione n. 106 del 2021, una interpretazione conforme al diritto dell’Unione europea dell’art. 125-sexies, comma 1, t.u. bancario nella sua originaria formulazione.
Infatti, l’art. 11-octies del d.l. n. 73 del 2021, introdotto dalla legge n. 106 del 2021, dopo aver riformulato, con il comma 1, lettera c), l’art. 125-sexies, comma 1, t.u. bancario, in senso strettamente fedele all’interpretazione fornita dalla sentenza Lexitor, e dopo aver altresì introdotto nuove disposizioni in tale articolo, ha poi previsto, nel comma 2, l’applicazione della nuova formulazione dell’art. 125-sexies ai soli contratti conclusi dopo l’entrata in vigore della legge di conversione. Al contempo, per i contratti conclusi prima di tale momento ha stabilito che continuassero, invece, «ad applicarsi le disposizioni dell’articolo 125-sexies del testo unico bancario di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993 e le norme secondarie contenute nelle disposizioni di trasparenza e di vigilanza della Banca d’Italia vigenti alla data della sottoscrizione dei contratti».
In tale formulazione del «secondo periodo del comma 2 dell’art. 11-octies» il rimettente ravvisa «un elemento testuale, che segna una forte discontinuità tra passato e presente», costituito dal riferimento alle «norme secondarie contenute nelle disposizioni di trasparenza e di vigilanza della Banca d’Italia vigenti alla data di sottoscrizione dei contratti». Tale previsione non avrebbe il carattere del «rinvio formale [a quando previsto dalla] Banca d’Italia come fonte secondaria del diritto», ma sarebbe un rinvio recettizio a norme «già emanate […], delle quali il contenuto è noto e viene integrato per relationem all’interno della norma primaria, proprio perché ben conosciuto».
Il riferimento – precisa il rimettente – è alle disposizioni relative alla «Trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari – Correttezza delle relazioni tra intermediari e clienti», approvate dalla Banca d’Italia il 29 luglio 2009 e riviste il 9 febbraio 2011. Queste – riporta sempre l’ordinanza – prevedono che «nei contratti di credito con cessione del quinto dello stipendio o della pensione e nelle fattispecie assimilate, le modalità di calcolo della riduzione del costo totale del credito a cui il consumatore ha diritto in caso di estinzione anticipata includono l’indicazione degli oneri che maturano nel corso del rapporto e che devono quindi essere restituiti per la parte non maturata, dal finanziatore o da terzi, al consumatore, se questi li ha corrisposti anticipatamente al finanziatore (Sezione VII, Credito ai consumatori, § 5.2.1, in nota)». Una limitazione analoga si leggerebbe – sempre secondo l’ordinanza – nella «Sezione XI, Requisiti organizzativi, § 2 in nota. “L’indicazione degli oneri che maturano nel corso del rapporto e che devono quindi essere restituiti per la parte non maturata” [implicherebbe] evidentemente l’esistenza di oneri irripetibili, perché relativi ad attività anteriori alla sottoscrizione del contratto, e di oneri astrattamente ripetibili, ma di cui non sussistono le condizioni per lo sgravio, perché già maturati alla data del rimborso anticipato».
Ad avviso del rimettente, tale rinvio a norme secondarie, che univocamente escludevano la ripetibilità, da parte del consumatore, dei costi sostenuti al momento della conclusione del contratto, renderebbe evidente la ratio dell’intervento legislativo finalizzato a «salvaguardare il legittimo affidamento degli intermediari finanziari e dei professionisti operanti nel settore (agenti, mediatori creditizi)».
Al contempo, tale inserzione andrebbe a «precludere la possibilità di un’interpretazione conforme ai principi espressi da Lexitor» dell’art. 125-sexies t.u. bancario nella sua originaria formulazione che, prima, sarebbe stato invece «permeabile» a tali principi, essendo la disposizione nazionale «“schiacciata” sulla corrispondente previsione della Direttiva».
5.– Di conseguenza, il Tribunale di Torino, esclusa la possibilità di fare ricorso all’istituto della non applicazione, non sussistendo l’efficacia diretta dell’art. 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/48/CE, ravvisa nell’art. 11-octies, comma 2, del d.l. n. 73 del 2021, come convertito, plurimi profili di illegittimità costituzionale.
5.1.– Innanzitutto, il rimettente ritiene che l’art. 11-octies, comma 2, vìoli gli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., in quanto contrasterebbe con il principio dell’efficacia retroattiva delle sentenze interpretative della Corte di giustizia.
In particolare, l’ordinanza rammenta che «non rientra nella discrezionalità del singolo stato membro la limitazione dell’efficacia nel tempo di una direttiva o, in termini equivalenti, della sentenza della Corte di giustizia che determina i limiti in cui le norme della direttiva hanno efficacia e devono essere applicate, nemmeno se la scelta dello Stato viene giustificata sotto il profilo del rispetto della certezza del diritto e della tutela dell’affidamento legittimo, poiché una tale scelta unilaterale contraddice “l’esigenza fondamentale dell’applicazione uniforme e generale del diritto comunitario”, la quale implica che sia, invece, riservato alla Corte di “decidere sulle limitazioni nel tempo da apportare all’interpretazione che essa fornisce”». Precisa, inoltre, che solo la Corte di giustizia, e nella stessa sentenza che statuisce sull’interpretazione richiesta, potrebbe prevedere una limitazione dell’efficacia temporale di tali pronunce.
5.2.– Infine, il rimettente ravvisa nell’art. 11-octies, comma 2, un contrasto anche con l’art. 3 Cost., in quanto la disposizione censurata realizzerebbe una irragionevole disparità di trattamento, non giustificata dalle fonti europee, fra contratti conclusi anteriormente e successivamente al 25 luglio 2021.
6.– Motivata nei termini sopra richiamati la non manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale prospettate, il rimettente precisa, in punto di rilevanza, che dalla decisione di tali questioni dipenderebbe la soluzione della controversia sottoposta al suo esame, «poiché il contratto oggetto di causa è stato concluso nella vigenza della direttiva 2008/48/Ce, ma anteriormente al 25 luglio 2021, ed è stato estinto anticipatamente dal consumatore con rimborso integrale del capitale». Dall’accoglimento delle questioni dipenderebbe «quindi l’esistenza del diritto alla ripetibilità pro rata temporis degli oneri upfront, che è lo specifico oggetto della domanda».
7.– In data 8 marzo 2022 si è costituita in giudizio V. spa, parte del giudizio principale, la quale ha chiesto che le questioni di legittimità costituzionale sollevate siano dichiarate inammissibili e, in ogni caso, manifestamente infondate.
7.1.– Le eccezioni di inammissibilità riguardano i seguenti profili.
7.1.1.– In primo luogo, il ricorso sarebbe carente sotto il profilo della descrizione della fattispecie oggetto di giudizio, il che ridonderebbe in un difetto di motivazione sulla rilevanza. In particolare, il rimettente avrebbe omesso di indicare il giorno in cui si sarebbe verificata l’estinzione anticipata del mutuo sottoscritto dal consumatore, parte del giudizio a quo, limitandosi a riferire che esso sarebbe avvenuto «dopo il pagamento della rata di maggio 2019».
7.1.2.– In secondo luogo, la difesa della parte ritiene che l’eventuale declaratoria di illegittimità costituzionale non consentirebbe in ogni caso al Tribunale di Torino di accogliere la domanda del consumatore, il che paleserebbe un ulteriore difetto di rilevanza.
Secondo la parte, dal momento che la disposizione censurata è solo il comma 2 dell’art. 11-octies e posto che il senso di tale norma sarebbe quello di esplicitare una regola generale di irretroattività del nuovo art. 125-sexies t.u. bancario, il Tribunale di Torino non potrebbe, anche là dove la norma di diritto intertemporale fosse dichiarata costituzionalmente illegittima, applicare al caso sottoposto al suo esame il nuovo art. 125-sexies, in quanto tornerebbe ad operare la disciplina generale.
Al contempo, in caso di accoglimento delle questioni, il giudice a quo non potrebbe pretendere di applicare il testo precedente dell’art. 125-sexies t.u. bancario reinterpretato, in quanto – sempre secondo la difesa di V. spa – sarebbe stato lo stesso giudice a quo a sostenere che la riformulazione della disposizione si sarebbe resa necessaria, poiché non sarebbe stato possibile interpretare quel testo in conformità a quanto statuito dalla sentenza Lexitor.
7.1.3.– Ancora, un terzo profilo di inammissibilità viene fatto valere con riferimento alla censura di violazione dell’art. 3 Cost.
Secondo la difesa della parte, l’ordinanza di rimessione non avrebbe assolto l’onere di motivazione in ordine alla non manifesta infondatezza del dubbio di legittimità costituzionale, essendosi limitata a lamentare una diversità di trattamento, non giustificata dalle fonti europee, fra contratti conclusi anteriormente e successivamente al 25 luglio 2021, senza tuttavia spiegare le ragioni che renderebbero tale differenza contrastante con il parametro costituzionale evocato.
7.1.4.– Infine, sempre la parte ha sollevato un’ulteriore eccezione d’inammissibilità.
La difesa di V. spa sottolinea come uno dei costi addebitati al consumatore, nel caso da cui è sorta la controversia davanti al Tribunale di Torino, sarebbe stato quello per «commissione rete esterna», che risulterebbe – a detta della parte costituita in giudizio – pacificamente al di fuori del perimetro dei costi ripetibili, anche in base alla sentenza Lexitor.
Secondo la difesa della parte, poiché il rimettente non si sarebbe soffermato su tale circostanza, ciò renderebbe «la questione – una volta di più – anche inammissibile, stavolta per difetto di motivazione, oltre che della rilevanza, della non manifesta infondatezza».
7.2.– Nel merito, la difesa di V. spa osserva, anzitutto, che la sentenza Lexitor origina da un contesto normativo diverso da quello italiano e si occupa «soltanto dei costi unilateralmente manipolabili dal finanziatore». Resterebbero pertanto fuori dal perimetro della ripetibilità i costi che, nel caso di specie, il cliente ha sostenuto a titolo di «commissione rete esterna» e di cui chiede la restituzione, in quanto gli stessi non sarebbero per definizione manipolabili unilateralmente.
Inoltre, la difesa della parte sostiene che, in nome del principio della chiarezza, precisione e prevedibilità delle disposizioni dell’Unione, ribadito da numerosi precedenti della Corte di giustizia, «la portata vincolante della sentenza Lexitor risulta oggettivamente limitata al tempo successivo alla sua pubblicazione».
Ove la Corte «dovesse ritenere che Lexitor abbia magicamente attribuito chiarezza e precisione anche per il passato a una disposizione che secondo la stessa corte di Lussemburgo chiara e precisa certamente non era, altro insormontabile ostacolo impedirebbe di attribuirle rilevanza nel diritto interno, ostacolo rappresentato dal principio di tutela del legittimo affidamento, nonché (con risultato equivalente) dal diritto al pacifico godimento dei propri beni ex art. 1 del Primo Protocollo addizionale alla CEDU, la cui applicazione è presidiata dall’art. 117, comma 1, Cost.».
Si realizzerebbe sul punto una piena consonanza fra i principi ripetutamente affermati dalla Corte EDU, in merito alla necessità di tutelare il legittimo affidamento, e gli orientamenti di questa Corte, circa il necessario rispetto del canone di ragionevolezza e proporzionalità.
Infine, la difesa di V. spa osserva che, anche a voler ritenere che la norma della direttiva sia sufficientemente chiara e che sia stata mal recepita dal legislatore italiano, essa sarebbe comunque priva di efficacia diretta nei rapporti fra privati e, dunque, non potrebbe creare obblighi a carico dei singoli.
In via ulteriormente subordinata, V. spa richiede che questa Corte tenga conto dell’impatto che la propria pronuncia di accoglimento determinerebbe su altri principi costituzionali e, facendo uso della facoltà che questa stessa Corte si è riconosciuta con la sentenza n. 10 del 2015, provveda a graduare gli effetti temporali della decisione sui rapporti pendenti, consentendo che i principi affermati dalla sentenza Lexitor investano «i soli contratti stipulati dopo un ragionevole lasso di tempo (indispensabile per l’adeguamento della condotta di ogni non piccola realtà imprenditoriale) dalla pubblicazione della sentenza Lexitor ovvero, a tutto concedere, quelli la cui estinzione sia intervenuta dopo il predetto ragionevole lasso di tempo».
8.– In data 8 marzo 2022, è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura dello Stato, il quale ha sostenuto tanto l’inammissibilità delle questioni sollevate, quanto la loro non fondatezza.
8.1.– Sotto il primo profilo, vengono sollevate eccezioni di rito per insufficiente motivazione e, comunque, per erroneità dei presupposti interpretativi.
L’Avvocatura dello Stato osserva che il rimettente, pur considerando possibile un’interpretazione dell’art. 125-sexies t.u. bancario, nella sua originaria formulazione, in senso conforme al diritto dell’Unione europea, come interpretato dalla Corte di giustizia nella sentenza Lexitor, ravviserebbe un ostacolo a tale adeguamento ermeneutico nell’introduzione nella disposizione censurata del riferimento alla normativa secondaria della Banca d’Italia.
Il rimettente, tuttavia, non spiegherebbe – secondo l’Avvocatura – le ragioni per cui tale richiamo alla normativa della Banca d’Italia sarebbe ostativo all’interpretazione conforme, né preciserebbe in che termini sarebbe avvenuta una presunta «legificazione» della normativa sulla trasparenza.
In aggiunta, la difesa dello Stato contesta al rimettente l’omessa considerazione delle linee orientative emesse dalla Banca d’Italia il 4 dicembre 2019, all’indomani della sentenza Lexitor, nelle quali si sarebbe tenuto conto di tale sentenza e sarebbe stata caldeggiata proprio l’interpretazione conforme al diritto dell’Unione europea dell’art. 125-sexies t.u. bancario.
8.2.– Nel merito, l’Avvocatura sostiene la non fondatezza delle questioni, poiché il legislatore si sarebbe indotto a intervenire per tutelare l’affidamento riposto dagli intermediari nella pregressa interpretazione dell’indicato art. 125-sexies.
La sentenza Lexitor avrebbe determinato uno stravolgimento di tale precedente lettura e avrebbe esposto le società finanziarie e gli istituti creditizi a crediti restitutori di enorme entità, del tutto imprevisti.
La scelta della non retroattività determinerebbe, secondo l’Avvocatura, un equilibrato contemperamento di tutti i contrapposti interessi, chiarendo per il futuro l’estensione del costo totale del credito, ma facendo salvi gli affidamenti precedenti.
9.– Sempre in data 8 marzo 2022, ha spiegato atto d’intervento B. B. spa.
L’interveniente, dopo aver premesso di essere una società che «eroga finanziamenti ai consumatori attraverso lo strumento dei contratti di finanziamento rimborsabili mediante cessione del quinto dello stipendio o della pensione o delegazione di pagamento», sostiene di avere interesse alla partecipazione al giudizio di legittimità costituzionale, in quanto le vicende connesse alla sentenza Lexitor e all’entrata in vigore dell’art. 11-octies del d.l. n. 73 del 2021, come convertito, hanno generato un ingente contenzioso, nel quale anch’essa è stata coinvolta.
In particolare, B. B. spa afferma di essere parte di un processo in corso davanti al Giudice di pace di Catania, nel quale deve farsi applicazione della stessa disposizione, che forma oggetto delle questioni sottoposte al vaglio di legittimità costituzionale dal Tribunale di Torino, e che il giudice ha sospeso il giudizio in attesa della decisione di questa Corte.
10.– Infine, hanno depositato opinioni scritte in qualità di amici curiae, ai sensi dell’art. 6 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, quattro associazioni private: il 4 marzo 2022, il «Centro studi Giuridici ExparteCreditoris.it», l’8 marzo 2022, la «Associazione Italiana del Credito al Consumo e Immobiliare – ASSOFIN», la «PRI.BANKS, Associazione Banche Private Italiane» e la «Associazione Unione Finanziarie Italiane – UFI».
Con decreto presidenziale del 29 settembre 2022, tutte le opinioni sono state ammesse, poiché le associazioni, alla luce del loro statuto e di quanto esposto, appaiono astrattamente in grado di offrire elementi utili a una migliore conoscenza e valutazione del caso.
11.– All’udienza pubblica dell’8 novembre 2022, l’avvocato di B. B. spa ha dichiarato di non voler intervenire in udienza.
Sono stati, dunque, uditi gli avvocati di V. spa e l’avvocato generale dello Stato per la Presidenza del Consiglio dei ministri, che hanno insistito per le conclusioni rassegnate nei rispettivi scritti difensivi. In aggiunta a quanto sostenuto nell’atto di costituzione in giudizio e nella memoria, la difesa di V. spa ha eccepito in rito l’inammissibilità delle questioni per carenza di motivazione in merito alle ricadute della norma transitoria, di cui all’art. 30 della direttiva 2008/48/Ce, in ragione della quale la stessa disciplina della direttiva non troverebbe applicazione «ai contratti di credito in corso alla data di entrata in vigore delle misure nazionali di attuazione».
Motivi della decisione
1.– Con ordinanza del 2 novembre 2021, iscritta al n. 8 del registro ordinanze dell’anno 2022, il Tribunale ordinario di Torino, sezione prima civile, ha sollevato – in riferimento agli artt. 3, 11 e 117, primo comma, Cost. in relazione all’art. 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/48/CE, come interpretato dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, nella sentenza Lexitor – questioni di legittimità costituzionale dell’art. 11-octies, comma 2, del d.l. n. 73 del 2021, come convertito, «nelle parti in cui: - prevede che alle estinzioni anticipate dei contratti sottoscritti prima della data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto continuano ad applicarsi le disposizioni dell’articolo 125-sexies del testo unico di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993 e le norme secondarie contenute nelle disposizioni di trasparenza e di vigilanza della Banca d’Italia vigenti alla data della sottoscrizione dei contratti; [e] - limita ai contratti sottoscritti successivamente all’entrata in vigore della legge il principio, espresso nell’art. 16 par. 1 della direttiva 2008/48/CE, come interpretata dalla sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea in data 11 settembre 2019 C-383/18 e recepito nel novellato art. 125-sexies comma 1 TUB che “il consumatore che rimborsa anticipatamente, in tutto o in parte, l’importo dovuto al finanziatore ha diritto alla riduzione, in misura proporzionale alla vita residua del contratto, degli interessi e di tutti i costi compresi nel costo totale del credito, escluse le imposte”».
2.– In punto di rilevanza, il rimettente osserva che le questioni di legittimità costituzionale condizionano la decisione «poiché il contratto oggetto di causa è stato concluso nella vigenza della direttiva 2008/48/Ce, ma anteriormente al 25 luglio 2021, ed estinto anticipatamente dal consumatore con rimborso integrale del capitale». Di conseguenza, dall’accoglimento delle censure prospettate dipenderebbe «l’esistenza del diritto alla ripetibilità pro rata temporis degli oneri upfront, che è lo specifico oggetto della domanda».
Sotto il profilo della non manifesta infondatezza, l’ordinanza rileva che, in contrasto con gli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., la disposizione censurata integrerebbe un inadempimento post factum della direttiva 2008/48/CE e violerebbe il principio dell’efficacia retroattiva delle sentenze interpretative della Corte di giustizia, in ragione del quale la norma, come interpretata, deve essere applicata dal giudice anche a rapporti giuridici sorti prima della sentenza interpretativa.
In aggiunta, il rimettente lamenta un vulnus all’art. 3 Cost., in quanto la disposizione censurata realizzerebbe, in contrasto con le norme europee, una irragionevole disparità di trattamento fra contratti conclusi anteriormente e successivamente al 25 luglio 2021.
3.– In data 8 marzo 2022 si è costituita in giudizio V. spa, parte del processo principale, la quale ha sollevato molteplici eccezioni di inammissibilità e ha, comunque, dedotto il carattere manifestamente infondato delle questioni sollevate.
Nella medesima data è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, il quale ha parimenti eccepito l’inammissibilità e, in ogni caso, la non fondatezza delle questioni.
4.– Sempre in data 8 marzo 2022, ha depositato atto d’intervento B. B. spa, che ha sostenuto di avere interesse alla partecipazione al giudizio di legittimità costituzionale, in quanto parte di un processo in corso dinanzi al Giudice di pace di Catania, avente a oggetto analoga fattispecie cui deve essere applicata la medesima disposizione censurata nel presente giudizio.
4.1.– L’intervento va dichiarato inammissibile.
Secondo il disposto dell’art. 4, comma 3, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale, solo «i titolari di un interesse qualificato, inerente in modo diretto e immediato» al rapporto dedotto nel processo principale, possono intervenire nei giudizi promossi in via incidentale.
Pertanto, oltre alle parti del processo a quo, al Presidente del Consiglio dei ministri, e, qualora la questione riguardi una legge regionale, al Presidente della Giunta regionale, l’intervento è consentito esclusivamente a terzi titolari di una posizione giuridica suscettibile di essere pregiudicata immediatamente e irrimediabilmente dall’esito del giudizio incidentale (sentenza n. 159 del 2019; ex multis, ordinanze n. 14 del 2022, n. 225, n. 191 e n. 24 del 2021, n. 202 e n. 111 del 2020), non potendosi, per contro, considerare sufficiente l’essere titolare di interessi analoghi a quelli dedotti nel giudizio a quo o l’essere parte in un processo similare, ma distinto da quello principale.
4.2.– Tanto appare sufficiente a escludere la sussistenza di un interesse qualificato in capo a B. B. spa, la quale, come sopra rilevato, è parte di un giudizio diverso da quello principale, ancorché vertente su analoga tematica e chiamato a dare applicazione alla medesima disposizione censurata nel presente giudizio.
5.– Passando ora all’esame dei profili di rito inerenti alle questioni di legittimità costituzionale sollevate, deve ritenersi, innanzitutto, fondata l’eccezione, formulata dalla difesa della parte, di inammissibilità per carente motivazione sulla non manifesta infondatezza della censura concernente la violazione dell’art. 3 Cost.
Il rimettente si è, in effetti, limitato a lamentare una differenza di trattamento, non giustificata dalle fonti europee, fra contratti conclusi anteriormente e successivamente al 25 luglio 2021, senza spiegare le ragioni che renderebbero tale differenza contrastante con il parametro costituzionale.
La censura si rivela, dunque, carente di una autonoma e adeguata illustrazione delle ragioni per le quali l’art. 11-octies, comma 2, del d.l. n. 73 del 2021, come convertito, integrerebbe una violazione dell’art. 3 Cost., il che determina l’inammissibilità della relativa questione di legittimità costituzionale (ex multis, sentenze n. 128 del 2022, n. 114, n. 87 e n. 39 del 2021).
6.– Devono essere, invece, respinte le ulteriori eccezioni di rito sollevate sempre dalla difesa della parte.
6.1.– Non è fondata, innanzitutto, l’eccezione che ravvisa, nell’omessa indicazione, da parte del rimettente, del giorno in cui si sarebbe verificata l’estinzione anticipata del mutuo sottoscritto dal consumatore, una insufficiente descrizione della fattispecie oggetto del giudizio, che ridonderebbe in un difetto di motivazione sulla rilevanza.
6.1.1.– Secondo la difesa di V. spa, si tratterebbe di un dato decisivo, poiché, per i contratti già in essere al momento dell’entrata in vigore della norma censurata, proprio il dies dell’estinzione anticipata sarebbe «dirimente al fine di ragionare sull’an e sul quando dell’applicabilità dei principi sanciti nella sentenza Lexitor, pubblicata in data 11 settembre 2019». L’ordinanza si sarebbe, viceversa, limitata a riferire che l’estinzione anticipata sarebbe avvenuta «dopo il pagamento della rata di maggio 2019».
6.1.2.– L’eccezione non può essere accolta, in quanto radicata su assunti che non trovano alcun riscontro né nella sentenza Lexitor né nella disposizione censurata.
La citata sentenza della Corte di giustizia prospetta una interpretazione dell’art. 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/48/CE, che trova applicazione a tutti i contratti conclusi dopo l’attuazione della direttiva (art. 30 della direttiva) e che non limita la vincolatività della sua ricostruzione solo pro futuro, né la circoscrive alle mere estinzioni anticipate intervenute dopo la pubblicazione della medesima pronuncia.
Al contempo, l’art. 11-octies, comma 2, del d.l. n. 73 del 2021, introdotto in sede di conversione in legge – della cui legittimità costituzionale dubita il rimettente – dà rilievo, nel segnare il discrimine fra la vecchia e la nuova formulazione dell’art. 125-sexies t.u. bancario, al momento in cui è stato sottoscritto il contratto e non al momento in cui è stata richiesta l’estinzione anticipata del mutuo.
Di conseguenza, ai fini della rilevanza, è certamente sufficiente che l’ordinanza di rimessione abbia indicato la data di perfezionamento del contratto (vale a dire, il 16 ottobre 2014), salvo, peraltro, aver ulteriormente precisato che l’estinzione anticipata è avvenuta dopo il pagamento della rata di maggio 2019.
6.2.– Anche l’ulteriore eccezione di inammissibilità per irrilevanza sollevata dalla parte risulta non fondata.
6.2.1.– Essa prende le mosse dalla considerazione in base alla quale la disposizione censurata espliciterebbe solo una regola generale di irretroattività del nuovo art. 125-sexies t.u. bancario, sicché il Tribunale di Torino, anche là dove la norma di diritto intertemporale fosse dichiarata costituzionalmente illegittima, non potrebbe applicare al contratto oggetto del giudizio a quo il nuovo art. 125-sexies. In virtù del generale principio tempus regit actum, tale disposizione sarebbe, infatti, riferibile ai soli contratti conclusi dopo la sua entrata in vigore, con esclusione, di riflesso, del contratto di cui si controverte nel processo a quo.
Al contempo, in caso di accoglimento delle questioni, il rimettente non potrebbe far valere il testo precedente dell’art. 125-sexies t.u. bancario, reinterpretato alla luce della sentenza Lexitor, in quanto – secondo quel che sostiene la difesa di V. spa – lo stesso giudice a quo avrebbe reputata necessaria la riformulazione del comma 1 dell’art. 125-sexies t.u. bancario, poiché quel testo avrebbe detto l’opposto di quanto statuito dalla pronuncia della Corte di giustizia.
Inoltre, il rimettente non avrebbe spiegato come sarebbe possibile applicare il vecchio art. 125-sexies t.u. bancario, ancorché reinterpretato, a una fattispecie il cui fatto generatore (sottoscrizione del contratto e sua estinzione anticipata) risalirebbe non solo a un periodo precedente la riformulazione della disposizione in parola, ma addirittura a un’epoca antecedente alla stessa sentenza Lexitor.
6.2.2.– Nemmeno questa eccezione può essere accolta poiché anch’essa basata su asserzioni che non trovano conferma.
Il primo rilievo non tiene in debito conto che, là dove l’ordinanza lamenta che il primo periodo del comma 2 dell’art. 11-octies del d.l. n. 73 del 2021, come convertito, ha limitato al futuro l’efficacia della norma con cui l’ordinamento nazionale si sarebbe adeguato alla sentenza della Corte di giustizia, il medesimo atto di promovimento ha inteso proprio prospettare la retroattività della disposizione.
In ogni caso, risulta smentita anche l’asserzione che esclude la possibilità di interpretare la precedente formulazione dell’art. 125-sexies, comma 1, t.u. bancario, in senso conforme alla ricostruzione offerta dalla Corte di giustizia, poiché tale assunto è confutato da quanto afferma la medesima ordinanza. Secondo il rimettente, prima dell’intervento legislativo del 2021, era ben possibile, e anzi doverosa, la sostituzione della «chiave di lettura della norma – dall’intangibilità dei diritti acquisiti dall’intermediario (e dagli altri professionisti) all’effettività dei diritti del consumatore – senza arrecare apparenti traumi alla coerenza e logicità dell’enunciato normativo e senza incorrere in una manifesta contrarietà a legge, che costituisce l’estremo punto di resistenza dell’ordinamento interno all’obbligo di interpretazione “in conformità”». Ciò che, invece, – secondo il rimettente – avrebbe precluso, dopo l’intervento legislativo del 2021, l’interpretazione conforme alla sentenza Lexitor è il riferimento nel censurato art. 11-octies, comma 2, alle norme secondarie, riferimento ricompreso fra le parti della disposizione di cui il rimettente chiede la rimozione.
Infine, l’ordinanza ha ben spiegato, proprio sulla scorta della naturale retroattività delle pronunce interpretative della Corte di giustizia, come, in assenza del citato rimando alle norme secondarie, sarebbe percorribile l’applicazione del precedente art. 125-sexies, comma 1, t.u. bancario, reinterpretato alla luce della pronuncia della Corte di giustizia, anche a una fattispecie il cui fatto generatore (sottoscrizione del contratto e sua estinzione anticipata) risalga a un’epoca antecedente alla medesima sentenza.
6.3.– Ancora, non può ritenersi fondata neppure l’ulteriore eccezione d’inammissibilità sollevata negli scritti difensivi dalla parte, in base alla quale il rimettente non avrebbe considerato – con conseguente difetto di motivazione sulla rilevanza, oltre che sulla non manifesta infondatezza delle questioni – che il costo per «commissione rete esterna», addebitato al consumatore nella vicenda oggetto del giudizio a quo, sarebbe sicuramente al di fuori del perimetro dei costi ripetibili.
Ebbene, innanzitutto, è dalla stessa difesa della parte che può desumersi che il costo addebitato al cliente a titolo di «commissione rete esterna» è solo uno dei costi di cui è stata richiesta la ripetizione nel giudizio a quo.
D’altro canto, l’ordinanza si sofferma in plurimi passaggi a precisare che il consumatore ha fatto valere nel giudizio principale la restituzione di costi qualificabili come up-front, rimborsabili alla luce della sentenza Lexitor, la quale valorizza l’ampia nozione di «costo totale del credito».
Di conseguenza, proprio in ragione della latitudine di tale nozione, il rimettente non era tenuto a illustrare analiticamente le caratteristiche dei singoli crediti vantati dall’attore nel giudizio a quo, salvo dover precisare che essi fossero ascrivibili alla categoria up-front. E questo – come si è appena precisato – trova ampio riscontro nell’atto introduttivo.
6.4.– Infine, anche l’eccezione di carente ricostruzione del quadro normativo sollevata dalla difesa della parte nel corso dell’udienza pubblica dell’8 novembre 2022 non è fondata.
6.4.1.– In base a tale eccezione il rimettente avrebbe dovuto argomentare in merito alla norma transitoria, di cui all’art. 30 della direttiva 2008/48/CE, che esclude l’applicabilità della direttiva ai contratti in corso al momento dell’entrata in vigore della disciplina nazionale attuativa della stessa direttiva.
6.4.2.– Sennonché tale eccezione muove da un’ipotesi ricostruttiva – quella secondo cui l’attuazione della direttiva 2008/48/CE, almeno relativamente all’art. 16, si sarebbe avuta solo con la legge di conversione n. 106 del 2021 – ben diversa da quella sulla quale si fonda l’argomentazione del rimettente.
L’ordinanza, infatti, argomenta nel senso che la direttiva avrebbe trovato attuazione con il decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 141, recante «Attuazione della direttiva 2008/48/CE relativa ai contratti di credito ai consumatori, nonché modifiche del titolo VI del testo unico bancario (decreto legislativo n. 385 del 1993) in merito alla disciplina dei soggetti operanti nel settore finanziario, degli agenti in attività finanziaria e dei mediatori creditizi», decreto che è entrato in vigore il 19 settembre 2010, vale a dire ben quattro anni prima della data di conclusione del contratto oggetto del giudizio a quo.
Non a caso, il rimettente ravvisa nella disciplina censurata un inadempimento solo post factum e concernente non l’an, bensì il quomodo dell’attuazione dell’art. 16 della direttiva da parte del censurato art. 11-octies, comma 2, il quale ha, infatti, continuato a prevedere l’applicazione per il passato dell’art. 125-sexies t.u. bancario, come introdotto dal d.lgs. n. 141 del 2010 in attuazione della direttiva.
Di conseguenza, una volta che il rimettente ha chiarito la data di perfezionamento del contratto sul quale si controverte nel processo a quo, vale a dire il 16 ottobre 2014, e una volta che l’atto introduttivo del giudizio ha fatto preciso riferimento alla disciplina attuativa della direttiva, evocando il citato d.lgs. n. 141 del 2010, sarebbe del tutto ultroneo pretendere una esplicitazione di ciò che pare di tutta evidenza: vale a dire che un contratto concluso dopo quattro anni dall’entrata in vigore della disciplina attuativa della direttiva fosse soggetto a tale normativa.
7.– Da ultimo, non sono fondate neanche le eccezioni di inammissibilità sollevate dall’Avvocatura dello Stato.
7.1.– In particolare, la difesa dello Stato contesta, innanzitutto, il mancato esperimento del tentativo di interpretazione conforme al diritto dell’Unione europea della disposizione censurata.
Sennonché, il rimettente si è ampiamente confrontato con le possibili soluzioni ermeneutiche adeguatrici al diritto dell’Unione europea e le ha consapevolmente e motivatamente escluse.
In primo luogo, assumendo una posizione condivisa da altri interpreti, il rimettente ha mostrato di avere ampia conoscenza della tesi, avanzata nella giurisprudenza di merito, secondo cui l’art. 11-octies, comma 2, del d.l. n. 73 del 2021, come convertito, consentirebbe tuttora un’interpretazione conforme a Lexitor del precedente art. 125-sexies t.u. bancario, ma l’ha disattesa, reputando impossibile svalutare la portata del rinvio che l’art. 11-octies, comma 2, del d.l. n. 73 del 2021, come convertito, opera alla normativa secondaria. A tal riguardo, il rimettente ha adeguatamente motivato lo stretto collegamento creato, dalla disposizione censurata, fra la precedente formulazione dell’art. 125-sexies t.u. bancario e specifiche norme secondarie della Banca d’Italia.
In secondo luogo, il rimettente ha ritenuto non praticabile la via di una interpretazione adeguatrice del complessivo art. 11-octies, comma 2, ai contenuti della sentenza Lexitor, che sarebbe preclusa dalla chiarezza della disposizione, non suscettibile di essere interpretata in modo compatibile con i vincoli derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea e, in particolare, con la citata pronuncia della Corte di giustizia.
Peraltro, il rimettente ha anche escluso la non applicazione dell’art. 11-octies, comma 2, sostenendo che la disposizione del diritto dell’Unione europea, contrastante con la norma censurata, è priva di efficacia diretta «regolando un rapporto esclusivamente inter-privato».
7.2.– Infine, l’ultima obiezione in rito dell’Avvocatura dello Stato è nel senso che il rimettente abbia erroneamente omesso di considerare le «linee orientative» del 4 dicembre 2019, con le quali la Banca d’Italia, all’indomani della sentenza Lexitor, avrebbe supportato una interpretazione conforme al diritto dell’Unione europea dell’art. 125-sexies t.u. bancario.
Anche questa eccezione non è fondata, in quanto il rimettente correttamente non ha richiamato tali linee guida, poiché esse – come si preciserà meglio in seguito (punto 12.1.) – da un lato, contengono disposizioni non suscettibili di recepire il rinvio di cui all’art. 11-octies, comma 2, e, da un altro lato, non consentirebbero comunque di preservare la disposizione censurata dall’illegittimità costituzionale.
8.– Nel merito, le questioni sono fondate nei termini di seguito precisati.
9.– Preliminarmente, occorre ricostruire il quadro normativo e giurisprudenziale, che ha condotto all’adozione della disposizione censurata, ossia dell’art. 11-octies, comma 2, del d.l. n. 73 del 2021, introdotto in sede di conversione nella legge n. 106 del 2021.
9.1.– Il 23 aprile 2008 è stata approvata la direttiva 2008/48/CE, che disciplina i contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/CEE del Consiglio, del 22 dicembre 1986, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri in materia di credito al consumo.
La nuova normativa, diversamente dalla precedente, adotta una tecnica di armonizzazione piena, finalizzata a garantire «a tutti i consumatori della Comunità di fruire di un livello elevato ed equivalente dei loro interessi e che crei un vero mercato interno» (considerando n. 9). A tal fine, l’art. 22, paragrafo 1, dispone che «[n]ella misura in cui la presente direttiva contiene disposizioni armonizzate, gli Stati membri non possono mantenere né introdurre nel proprio ordinamento disposizioni diverse da quelle in essa stabilite».
Fra le disposizioni armonizzate si rinviene l’art. 16, paragrafo 1, secondo cui: «[i]l consumatore ha il diritto di adempiere in qualsiasi momento, in tutto o in parte, agli obblighi che gli derivano dal contratto di credito. In tal caso, egli ha diritto ad una riduzione del costo totale del credito, che comprende gli interessi e i costi dovuti per la restante durata del contratto».
Il diritto alla riduzione viene, dunque, rapportato al paradigma del «costo totale del credito». Questo è definito all’art. 3, paragrafo 1, lettera g), con riguardo a «tutti i costi, compresi gli interessi, le commissioni, le imposte e tutte le altre spese che il consumatore deve pagare in relazione al contratto di credito e di cui il creditore è a conoscenza, escluse le spese notarili; sono inclusi anche i costi relativi a servizi accessori connessi con il contratto di credito, in particolare i premi assicurativi, se, in aggiunta, la conclusione di un contratto avente ad oggetto un servizio è obbligatoria per ottenere il credito oppure per ottenerlo alle condizioni contrattuali offerte».
A fronte di tale disciplina, posta a tutela del consumatore, i successivi paragrafi dell’art. 16 prevedono, a favore di chi ha concesso il credito, il «diritto ad un indennizzo equo ed oggettivamente giustificato per eventuali costi direttamente collegati al rimborso anticipato del credito, sempre che il rimborso anticipato abbia luogo in un periodo per il quale il tasso debitore è fisso». Quanto ai limiti – stabiliti sempre dal paragrafo 2 – per tale indennizzo, il paragrafo 4, lettera b), consente agli Stati membri di derogare alla disciplina uniforme, disponendo che il creditore possa «eccezionalmente pretendere un indennizzo maggiore se è in grado di dimostrare che la perdita subita a causa del rimborso anticipato supera l’importo determinato ai sensi del paragrafo 2».
9.2.– Nell’ordinamento italiano, la direttiva 2008/48/CE è stata attuata con il d.lgs. n. 141 del 2010, il cui art. 1 ha interamente sostituito il Capo II del Titolo VI del t.u. bancario.
In particolare, la disciplina del rimborso anticipato è stata recepita nell’art. 125-sexies t.u. bancario, il cui comma 1, prima delle recenti modifiche, recitava: «[i]l consumatore può rimborsare anticipatamente in qualsiasi momento, in tutto o in parte, l’importo dovuto al finanziatore. In tale caso il consumatore ha diritto a una riduzione del costo totale del credito, pari all’importo degli interessi e dei costi dovuti per la vita residua del contratto».
Quanto alla nozione di costo totale del credito, essa è stata riprodotta nell’art. 121, comma 1, lettera e), t.u. bancario, secondo cui il «“costo totale del credito” indica gli interessi e tutti gli altri costi, incluse le commissioni, le imposte e le altre spese, a eccezione di quelle notarili, che il consumatore deve pagare in relazione al contratto di credito e di cui il finanziatore è a conoscenza». Il comma 2 sempre dell’art. 121 precisa, inoltre, che «[n]el costo totale del credito sono inclusi anche i costi relativi a servizi accessori connessi con il contratto di credito, compresi i premi assicurativi, se la conclusione di un contratto avente ad oggetto tali servizi è un requisito per ottenere il credito, o per ottenerlo alle condizioni offerte».
9.3.– Nei primi anni di applicazione dell’art. 125-sexies, comma 1, t.u. bancario, l’interpretazione della disposizione, accolta dalla giurisprudenza di merito e dall’ABF, ha visto riferire il diritto alla riduzione dei costi, conseguente al rimborso anticipato, alle sole voci soggette a maturazione nel tempo (costi cosiddetti recurring), con esclusione di quelle relative alle attività finalizzate alla concessione del prestito, integralmente esaurite prima della eventuale estinzione anticipata (costi cosiddetti up-front). Sullo sfondo di tale prassi applicativa si rinviene anche l’argomentazione che collega il dato testuale della disposizione alla teoria della giustificazione causale delle attribuzioni, sicché si ritengono recuperabili i costi riferiti a prestazioni che conferiscono utilità collegate con la durata del contratto e, per converso, irripetibili costi relativi a prestazioni, la cui giustificazione causale abbia già trovato compimento.
A fronte della distinzione fra costi up-front, non ripetibili, e costi recurring, suscettibili di riduzione, nella realtà sono emerse condotte abusive nella qualificazione e nella imputazione dei costi; a esse l’ABF ha reagito – nelle sue decisioni – prevedendo che, a fronte di condotte poco trasparenti, in sede di predisposizione delle condizioni contrattuali, si sarebbero dovuti ritenere rimborsabili tutti i costi le cui ragioni fossero state opacamente manifestate.
La Banca d’Italia, a sua volta, è intervenuta con il provvedimento del 9 febbraio 2011, recante «Trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari – Correttezza delle relazioni tra intermediari e clienti – Recepimento della Direttiva sul credito ai consumatori» (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 16 febbraio 2011, serie generale, n. 38 – supplemento ordinario n. 40), che ha emendato il precedente provvedimento del 29 luglio 2009.
Nella Sezione VII di tali disposizioni (Credito ai consumatori, paragrafo 5.2.1, lettera q, nota 3) si legge che «[n]ei contratti di credito con cessione del quinto dello stipendio o della pensione e nelle fattispecie assimilate, le modalità di calcolo della riduzione del costo totale del credito a cui il consumatore ha diritto in caso di estinzione anticipata includono l’indicazione degli oneri che maturano nel corso del rapporto e che devono quindi essere restituiti per la parte non maturata, dal finanziatore o da terzi, al consumatore, se questi li ha corrisposti anticipatamente al finanziatore». In successive Sezioni si precisa poi che le procedure interne dell’intermediario devono quantificare «in maniera chiara, dettagliata e inequivoca gli oneri che maturano nel corso del rapporto e che, in caso di estinzione anticipata, sono restituiti per la parte non maturata, dal finanziatore o da terzi, al consumatore, se questi li ha corrisposti anticipatamente al finanziatore» (Sezione VII-bis, «Cessione di quote dello stipendio, del salario o della pensione», e Sezione XI, «Requisiti organizzativi», paragrafo 2, comma 1, terzo alinea, nota 1).
In definitiva, le norme secondarie avallano l’interpretazione in base alla quale i costi soggetti a riduzione sarebbero i costi recurring e valorizzano, correlativamente, i doveri di trasparenza.
9.4.– Mentre il contesto nazionale si assestava nei termini sopra delineati, è intervenuta, su sollecitazione di un tribunale polacco, la già citata sentenza Lexitor della Corte di giustizia, 11 settembre 2019, in causa C-383/18, che ha interpretato l’art. 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/48/CE, nel senso «che il diritto del consumatore alla riduzione del costo totale del credito in caso di rimborso anticipato del credito include tutti i costi posti a carico del consumatore» (punto 36).
La Corte di giustizia ha preso atto che il riferimento alla riduzione dei costi nella citata disposizione si prestava – nelle varie versioni linguistiche – a essere riferito tanto ai soli costi «che dipendono oggettivamente dalla durata del contratto», quanto al metodo di calcolo della riduzione del costo totale del credito, che deve operare «in proporzione alla durata residua del contratto» (sentenza Lexitor, punto 24).
A fronte di tale incertezza ermeneutica, la Corte di giustizia ha ritenuto di valorizzare, sempre nel testo della disposizione, l’espressione «riduzione del costo totale del credito», che ha sostituito il precedente richiamo alla «nozione generica di “equa riduzione”» presente nell’art. 8 della direttiva 87/102/CEE (sentenza Lexitor, punto 28). Tale dato testuale, che rimanda in via sistematica all’art. 3, paragrafo 1, lettera g), della direttiva 2008/48/CE, ove si definisce il costo totale del credito, ha attratto – nella ricostruzione della Corte – il canone dell’interpretazione teleologica ispirato all’esigenza di garantire «un’elevata protezione del consumatore» (sentenza Lexitor, punto 29).
In particolare, la Corte di giustizia ha rilevato che «limitare la possibilità di riduzione del costo totale del credito ai soli costi espressamente correlati alla durata del contratto comporterebbe il rischio che il consumatore si veda imporre pagamenti non ricorrenti più elevati al momento della conclusione del contratto di credito, poiché il soggetto concedente il credito potrebbe essere tentato di ridurre al minimo i costi dipendenti dalla durata del contratto» (sentenza Lexitor, punto 32).
Al contempo, la Corte ha precisato che l’interpretazione offerta non va a penalizzare in maniera sproporzionata i concedenti il credito, ai quali la direttiva ha riconosciuto «il diritto ad un indennizzo per gli eventuali costi direttamente collegati al rimborso anticipato del credito», lasciando oltretutto liberi, in questo caso, gli Stati membri «di provvedere affinché l’indennizzo sia adeguato alle condizioni del credito e del mercato al fine di tutelare gli interessi del mutuante» (sentenza Lexitor, punto 34).
Infine, un ulteriore vantaggio per il creditore, segnalato dalla Corte di giustizia, consiste proprio nell’acquisizione anticipata della somma prestata, ciò che gli consentirebbe di concludere un nuovo contratto di credito con ulteriori guadagni e benefici per il mercato (sentenza Lexitor, punto 35).
In definitiva, la Corte di giustizia ha interpretato l’art. 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/48/CE, partendo da un dato sicuramente testuale, ossia il riferimento alla riduzione del costo totale del credito, per addivenire a un’interpretazione orientata a una elevata tutela del consumatore – che previene il rischio di abusi, a beneficio anche della concorrenza –, in presenza di contrappesi ritenuti adeguati a favore dei creditori.
9.5.– La citata sentenza Lexitor ha ispirato, in Italia, un numero cospicuo di pronunce dell’ABF e della giurisprudenza di merito, le quali hanno applicato l’art. 125-sexies, comma 1, t.u. bancario, in senso conforme alla sentenza della Corte di giustizia.
In particolare, si è ritenuto che, pur sussistendo una differenza lessicale fra la versione italiana dell’art. 16, paragrafo 1, della direttiva e l’art. 125-sexies, comma 1, t.u. bancario, a tale differenza non potesse «ragionevolmente attribuirsi alcun significativo rilievo» (ABF, collegio di coordinamento, decisione n. 26525 del 2019).
Si è, dunque, escluso che l’interpretazione in senso conforme alla sentenza Lexitor dell’art. 125-sexies, comma 1, t.u. bancario potesse tradursi in una interpretazione contra legem, non ravvisandosi una violazione del dato testuale.
La conclusione è stata, pertanto, nel senso di una interpretazione conforme alla ricostruzione offerta dalla Corte di giustizia dell’art. 125-sexies, comma 1, t.u. bancario, senza che a ciò potesse ostare neppure l’esigenza di adattare il criterio di calcolo della riduzione alla peculiarità dei costi up-front, avendo la direttiva armonizzato solo il metodo della riduzione, ma non anche il profilo sopra richiamato.
10.– All’esito di tale complessa vicenda, il legislatore, in sede di conversione del d.l. n. 73 del 2021 nella legge n. 106 del 2021, ha introdotto l’art. 11-octies, il cui comma 2 è censurato nel presente giudizio.
In particolare, il comma 1, lettera c), del citato articolo ha sostituito l’art. 125-sexies t.u. bancario, introducendo le seguenti modifiche.
È stata riformulata la seconda parte del comma 1 con la previsione che il consumatore, in caso di rimborso anticipato, «ha diritto alla riduzione, in misura proporzionale alla vita residua del contratto, degli interessi e di tutti i costi compresi nel costo totale del credito, escluse le imposte».
Sono stati poi aggiunti un nuovo comma 2, che regola i criteri di riduzione degli interessi e dei costi, e un nuovo comma 3, che disciplina il diritto di regresso, derogabile in via convenzionale, del finanziatore nei confronti dell’intermediario del credito.
È rimasta, invece, immutata la disciplina relativa al diritto all’equo indennizzo a favore del finanziatore, in caso di rimborso anticipato del credito, che è stata semplicemente traslata nei nuovi commi 4 e 5 dell’art. 125-sexies t.u. bancario.
Inoltre, con il comma 2 dell’art. 11-octies, è stata introdotta la disciplina censurata nel presente giudizio, secondo la quale «[l’]articolo 125-sexies del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, come sostituito dal comma 1, lettera c), del presente articolo, si applica ai contratti sottoscritti successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Alle estinzioni anticipate dei contratti sottoscritti prima della data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto continuano ad applicarsi le disposizioni dell’articolo 125-sexies del testo unico di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993 e le norme secondarie contenute nelle disposizioni di trasparenza e di vigilanza della Banca d’Italia vigenti alla data della sottoscrizione dei contratti».
11.– Per poter, a questo punto, valutare se il censurato art. 11-octies, comma 2, appena richiamato, vìoli gli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., occorre soffermarsi sul significato che riveste il rispetto dell’interpretazione fornita dalla sentenza della Corte di giustizia Lexitor, nel quadro dei vincoli derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea.
11.1.– Il dovere di attenersi a tali vincoli ricomprende – secondo la giurisprudenza costante di questa Corte – le sentenze rese dalla Corte di giustizia in sede interpretativa, in conformità al ruolo che l’art. 19, paragrafo 1, del Trattato sull’Unione europea assegna alla Corte di giustizia dell’Unione europea (di recente, sentenze n. 67 e n. 54 del 2022; ex multis sentenze n. 227 del 2010, n. 285 del 1993, n. 389 del 1989 e n. 113 del 1985, nonché ordinanze n. 255 del 1999 e n. 132 del 1990; e ciò vale anche per le sentenze della Corte di giustizia che dichiarano l’invalidità di un atto dell’Unione: sul punto la sentenza n. 232 del 1989).
Se, dunque, le sentenze adottate in via pregiudiziale compongono il quadro dei parametri sovranazionali che, attraverso il filtro degli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., consentono a questa Corte di esercitare il vaglio di costituzionalità, è la stessa Corte di giustizia, nel suo ruolo di interprete qualificato del diritto dell’Unione europea, a chiarire che la «sentenza pregiudiziale ha valore non costitutivo bensì puramente dichiarativo, con la conseguenza che i suoi effetti risalgono, in linea di principio, alla data di entrata in vigore della norma interpretata» (Corte di giustizia dell’Unione europea, sentenza 16 gennaio 2014, in causa C-429/12, Pohl, punto 30 e le sentenze ivi citate, nonché, di seguito, ex multis, 10 marzo 2022, in causa C-177/20, Grossmania, punto 41; 20 dicembre 2017, in causa C-516/16, Erzeugerorganisation Tiefkuhlgemuse eGen (da ora: ETG), punto 88; 28 gennaio 2015, in causa C-417/13, Starjakob, punto 63).
Ne deriva che «[s]olo in via del tutto eccezionale la Corte, applicando il principio generale della certezza del diritto intrinseco all’ordinamento giuridico dell’Unione, può essere indotta a limitare la possibilità per gli interessati di far valere una disposizione da essa interpretata onde rimettere in discussione rapporti giuridici costituiti in buona fede» (Corte di giustizia dell’Unione europea, sentenze 20 dicembre 2017, in causa C-516/16, ETG, punto 89, 27 febbraio 2014, in causa C-82/12, Transportes Jordi Besora SL, punto 41; 12 ottobre 2000, in causa C-372/98, The Queen, punto 42; nello stesso senso sentenze 17 dicembre 2015, in causa C-25/14, Union des syndicats de l’immobilier (UNIS), punto 50; 8 aprile 1976, in causa 43/75, Defrenne, punti 71-75).
In ogni caso, «spetta solo alla Corte, alla luce dell’esigenza fondamentale dell’applicazione uniforme e generale del diritto dell’Unione, decidere sulle limitazioni nel tempo da apportare all’interpretazione che essa fornisce» (Corte di giustizia dell’Unione europea, sentenza 21 dicembre 2016, in cause riunite C-154/15, C-307/15 e C-308/15, Gutiérrez Naranjo e altri, punto 70; nello stesso senso, sentenze 6 marzo 2007, in causa C-292/04, Meilicke e altri, punto 37; 28 settembre 1994, in causa C-57/93, Vroege, punto 31; 2 febbraio 1988, in causa 309/85, Barra e altri, punto 13; 27 marzo 1980, in causa 61/79, Amministrazione delle finanze dello Stato, punto 18). E la Corte di giustizia può farlo esclusivamente «nella sentenza stessa che statuisce sull’interpretazione richiesta», a garanzia della «parità di trattamento degli Stati membri e degli altri soggetti dell’ordinamento nei confronti di tale diritto», nonché nel rispetto degli «obblighi derivanti dal principio della certezza del diritto» (Corte di giustizia dell’Unione europea, sentenza 6 marzo 2007, in causa C-292/04, Meilicke e altri, punto 37).
In definitiva, secondo la giurisprudenza della Corte di giustizia, la modulazione degli effetti temporali di una sentenza che decide su un rinvio pregiudiziale può essere disposta esclusivamente dalla medesima Corte e solo nell’ambito della stessa pronuncia.
11.2.– Poiché, dunque, la Corte di giustizia ritiene di non poter limitare a posteriori l’efficacia temporale di una propria pregressa interpretazione, a fortiori, sempre secondo la citata Corte, non è consentita una modulazione temporale dei suoi effetti da parte dei singoli Stati membri, tanto più in presenza di una direttiva che dà luogo, salvo espresse deroghe, a una armonizzazione piena.
Gli Stati membri, dunque, da un lato, possono, nel dare attuazione a una direttiva, stabilire termini di prescrizione o di decadenza per l’esercizio dei diritti riconosciuti dall’Unione, purché siano rispettati i principi di effettività e di equivalenza (Corte di giustizia dell’Unione europea, sentenze 12 dicembre 2013, in causa C-362/12, Test Claimants, punti 30-33 e 44-45; 6 ottobre 2009, in causa C-40/08, Asturcom Telecomunicaciones, punto 41; 11 luglio 2002, in causa C-62/00, Marks & Spencer, punti 35 e 36; 17 aprile 1998, in causa C-228/96, Aprile, punti 19 e 20).
Da un altro lato, in presenza di un rinvio pregiudiziale che sollecita la Corte di giustizia a fornire un chiarimento interpretativo, gli Stati membri possono far valere le ragioni a sostegno di una modulazione temporale degli effetti della pronuncia – ossia «la buona fede degli ambienti interessati» e il «rischio di gravi ripercussioni economiche» (Corte giustizia dell’Unione europea, sentenza 20 dicembre 2017, in causa C-516/16, ETG, punti 89 e 91) – con lo stesso rinvio pregiudiziale o producendo osservazioni nel corso del relativo giudizio.
12.– Chiarita la portata dei vincoli derivanti dalla sentenza Lexitor, che è stata pronunciata dalla Corte di giustizia in sede di rinvio pregiudiziale, senza che fosse disposta alcuna modulazione temporale dei suoi effetti, si può ora procedere all’esame della norma censurata.
Il legislatore – come anticipato – ha sostituito, con l’art. 11-octies, comma 1, lettera c), del d.l. n. 73 del 2021, come convertito nella legge n. 106 del 2021, il precedente art. 125-sexies t.u., bancario, riformulando il comma 1 in termini strettamente fedeli alla sentenza Lexitor. Di seguito, con il comma 2, ha limitato l’applicazione della nuova disposizione ai contratti conclusi dopo l’entrata in vigore della legge n. 106 del 2021, mentre per quelli conclusi precedentemente ha stabilito che «continuano ad applicarsi le disposizioni dell’articolo 125-sexies del testo unico di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993 e le norme secondarie contenute nelle disposizioni di trasparenza e di vigilanza della Banca d’Italia vigenti alla data della sottoscrizione dei contratti».
12.1.– Fra gli indici ermeneutici che evidenziano l’intento del legislatore e il senso della disposizione censurata, quello maggiormente rivelatore è costituito dalla scelta di associare, alla disciplina antecedente sui rimborsi anticipati, che continua a operare per i contratti conclusi prima dell’entrata in vigore della nuova legge, il richiamo alle norme secondarie vigenti alla data di sottoscrizione dei contratti, richiamo che non è, invece, previsto in relazione alla nuova formulazione della disposizione, la quale ha inteso rendere esplicita la conformità alla sentenza Lexitor.
Ebbene, il contesto oggettivo del rimando alle norme secondarie, che opera solo in rapporto al precedente art. 125-sexies t.u. bancario, e la sua delimitazione temporale, circoscritta alle norme secondarie vigenti al momento della conclusione dei contratti – quelli per i quali resta in vigore la formulazione antecedente dell’art. 125-sexies – guidano con precisione verso le norme secondarie che il legislatore del 2021 ha inteso richiamare.
Il riferimento è alle norme regolamentari di trasparenza e di vigilanza operanti fra l’entrata in vigore del d.lgs. n. 141 del 2010, che ha introdotto il pregresso art. 125-sexies t.u. bancario, e l’entrata in vigore della legge n. 106 del 2021, vale a dire le disposizioni che il 9 febbraio 2011 hanno emendato quelle approvate il 29 luglio 2009 (punto 9.3.).
All’interno di esse, si rinvengono, quali norme pertinenti rispetto all’art. 125-sexies, tali cioè da giustificare un loro richiamo nello specifico contesto, quelle che si occupano del profilo della riduzione del costo totale del credito in conseguenza del rimborso anticipato. Si tratta, dunque, da un lato, delle norme che esplicitano che il diritto alla riduzione si riferisce ai costi recurring (Sezione VII) e, da un altro lato, delle norme che si soffermano sull’esigenza che siano quantificati «in maniera chiara, dettagliata e inequivoca gli oneri che maturano nel corso del rapporto», precisandosi che debbano essere restituiti al consumatore, in caso di estinzione anticipata, solo quelli non maturati, il che costringe a fare riferimento alla mera ipotesi in cui il consumatore abbia corrisposto anticipatamente costi non maturati (Sezioni VII-bis e XI).
Né vale rilevare – come sostiene l’Avvocatura dello Stato – che la stessa Banca d’Italia, dopo la sentenza Lexitor, si sarebbe conformata alle indicazioni della Corte di giustizia con le «linee orientative» del 4 dicembre 2019.
In primo luogo, si tratta di un atto della Banca d’Italia che non contiene disposizioni precettive in materia di trasparenza e di vigilanza, suscettibili di essere evocate dall’art. 11-octies, comma 2, in quanto le sue previsioni non hanno integrato o emendato i precedenti provvedimenti pubblicati in Gazzetta Ufficiale. Lo ha chiarito, del resto, la stessa Banca d’Italia con la successiva comunicazione del 1° dicembre 2021, dove precisa «che le proprie “linee orientative” del 4 dicembre 2019 siano da considerare superate dal disposto della nuova previsione di legge (che non richiama, in alcun modo, le menzionate “linee orientative”)».
In secondo luogo, anche supponendo che tali linee guida siano implicitamente richiamate, questo non salverebbe la correttezza del rinvio, in quanto quelle stesse linee guida fanno riferimento solo «ai nuovi contratti di credito ai consumatori», mentre la sentenza Lexitor impone un adeguamento interpretativo anche per i contratti conclusi prima del 2019.
In sostanza, le norme secondarie della Banca d’Italia richiamate dall’art. 11-octies, comma 2, avallano l’interpretazione del precedente art. 125-sexies, comma 1, riferito unicamente ai costi recurring, e valorizzano la funzione dei doveri di trasparenza, vòlti a segnalare i soli costi rimborsabili. E questo, a dispetto dell’interpretazione fornita dalla Corte di giustizia, che non ha voluto lasciare alla mera trasparenza la tutela dei consumatori, ritenendo il rischio di abusi nei loro confronti tale da richiedere una protezione sostanziale ed effettiva, attraverso la riduzione proporzionale di tutti i costi del credito, strumento che opera a prescindere dal rispetto dei citati doveri.
In definitiva, attraverso il rinvio a precise norme regolamentari contenute nelle disposizioni di trasparenza e di vigilanza della Banca d’Italia, rinvio che si specifica in relazione a un duplice parametro, temporale e oggettivo, risulta univoco l’intento del legislatore di fissare per il passato un contenuto della norma circoscritto alla interpretazione antecedente alla sentenza Lexitor e che si discosta dai contenuti della citata pronuncia.
Tale risultato è conseguito con una tecnica che questa Corte – sia pure al diverso fine di ammettere la sindacabilità delle norme subprimarie – ha qualificato in termini di completamento prescrittivo della norma primaria (sentenze n. 3 del 2019, n. 200 del 2018, n. 178 del 2015 e n. 1104 del 1988).
Già in passato questa Corte ha, infatti, esaminato norme costituite dal combinato disposto della norma primaria e di quella subprimaria, nei casi in cui la prima risultasse «in concreto applicabile attraverso le specificazioni formulate nella fonte secondaria» (sentenza n. 1104 del 1988; nello stesso senso sentenze n. 200 del 2018 e n. 178 del 2015).
La norma oggetto dell’odierna censura si colloca, dunque, dentro questa cornice, con la particolarità che, nel caso in esame, è una disposizione primaria successiva a integrare il contenuto normativo di una disposizione primaria precedente mediante il rinvio a norme di rango secondario. Posto, infatti, che queste ultime – in ragione della loro delimitazione temporale e oggettiva – cristallizzano una determinata interpretazione del precedente art. 125-sexies, comma 1, t.u. bancario, il dovere di applicare, al contempo, il citato articolo e tali norme secondarie equivale ad attribuire per legge alla precedente formulazione dell’art. 125-sexies, rimasta in vigore in virtù dell’art. 11-octies, comma 2, del d.l. n. 73 del 2021, come convertito, il solo significato compatibile con il rispetto delle norme secondarie. Così facendo, la previsione censurata impone per legge un contenuto normativo riferibile alla disposizione di cui al pregresso art. 125-sexies, comma 1, t.u. bancario, difforme da quanto statuito nella sentenza Lexitor.
12.2.– La conclusione, cui si è ora pervenuti, conferma la correttezza di quanto assunto dal rimettente, vale a dire l’impossibilità – dopo l’intervento legislativo del 2021 – di accedere a una interpretazione conforme al diritto dell’Unione, come interpretato nella sentenza Lexitor, del precedente art. 125-sexies, comma 1, t.u. bancario, che resta in vigore per i contratti conclusi prima del 25 luglio 2021, in ragione dell’art. 11-octies, comma 2, del d.l. n. 73 del 2021, come convertito.
Parimenti deve condividersi la tesi del rimettente, secondo cui sarebbe impossibile interpretare l’intero art. 11-octies, comma 2, in senso conforme alla pronuncia della Corte di giustizia, – come invece hanno tentato di fare pochi tribunali di merito – riferendo la irretroattività prevista dalla disposizione censurata ai soli nuovi commi 2 e 3 del riformato art. 125-sexies t.u. bancario. Se, infatti, può sostenersi – come si dirà (punti 12.3.3. e 14.2.) – la divergenza formale ma non sostanziale fra il vecchio e il nuovo art. 125-sexies, comma 1, non si può ignorare che il comma 2 dell’art. 11-octies, con il suo peculiare riferimento alle norme secondarie, circoscrive il contenuto del precedente art. 125-sexies, comma 1, t.u. bancario a un significato incompatibile con la sentenza Lexitor (punto 12.1.).
12.3.– Si delinea, a questo punto, il senso dell’intervento operato dal legislatore in sede di conversione del d.l. n. 73 del 2021.
12.3.1.– Il legislatore ha voluto proteggere l’affidamento che ha ritenuto ingenerato, nei finanziatori e negli intermediari, dall’interpretazione, che era stata data prima della sentenza Lexitor alla precedente formulazione dell’art. 125-sexies, comma 1, t.u. bancario e che era stata avallata dalle norme secondarie adottate dalla Banca d’Italia. Peraltro, ha inteso tutelare finanche chi avesse concluso il contratto dopo la pubblicazione della sentenza Lexitor.
Non sembra, viceversa, che il legislatore abbia ritenuto che un affidamento fosse stato ingenerato solo dal dato testuale della precedente formulazione dell’art. 125-sexies, comma 1, t.u. bancario.
Se così fosse stato, se cioè tale disposizione avesse avuto un contenuto univoco, nel senso della possibile riduzione dei soli costi recurring, il legislatore non avrebbe dovuto precisare che per il passato continuava a operare la disposizione antecedente la novella, unitamente al contestuale doveroso rispetto delle norme secondarie, che cristallizzavano il riferimento alla riduzione dei soli costi recurring.
12.3.2.– In ogni caso, si deve confutare la tesi che vorrebbe affermare la netta divergenza del dato testuale del vecchio art. 125-sexies da quello dell’art. 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/48/CE, deducendone l’impossibilità di recepire il contenuto prospettato dalla sentenza Lexitor.
Innanzitutto, la distinzione fra il testo dell’art. 16, paragrafo 1, della direttiva e quello del precedente art. 125-sexies, comma 1, t.u. bancario, pur essendo non del tutto marginale, non era (e non è) tale da far escludere una loro sostanziale corrispondenza.
Se è vero, infatti, che l’espressione riduzione «che comprende gli interessi e i costi» è più lata rispetto alla formula che parla di una riduzione «pari agli interessi e ai costi», tuttavia, il perno dell’interpretazione della disposizione risiede, a ben vedere, in altri indici testuali.
Sono, a tal riguardo, decisivi, da un lato, il paradigma cui è riferita la riduzione, vale a dire «il costo totale del credito», e, da un altro lato, la nozione di «costi dovuti per la durata residua del contratto».
In particolare, la preposizione «per» può riferirsi tanto ai costi dovuti «lungo» la durata del contratto, i soli costi cosiddetti recurring, quanto ai costi dovuti «in funzione della» durata del contratto, il che evoca la misura della riduzione. Questo secondo, possibile significato della preposizione collima, del resto, con il paradigma cui si riferisce la riduzione, che è dato dal costo totale del credito, poiché in tanto si giustifica tale richiamo, in quanto tutti i costi siano riducibili e lo siano, dunque, in funzione della durata residua del contratto, che diviene la misura della riduzione proporzionale. Del resto, proprio il riferimento al costo totale del credito ha rivestito un ruolo decisivo nell’interpretazione fornita dalla sentenza Lexitor.
12.4.– Si deve allora concludere che, prima dell’intervento legislativo del 2021, l’interpretazione conforme alla sentenza Lexitor, sostenuta dall’ABF e dalla giurisprudenza di merito, non fosse contra legem e fosse, oltre che possibile, doverosa rispetto a quanto deciso dalla Corte di giustizia.
Quest’ultima, se riconosce quali limiti all’adeguamento in via ermeneutica al diritto dell’Unione europea, oltre all’interpretazione contra legem, il rispetto dei principi generali del diritto (di recente, sentenze 18 gennaio 2022, in causa C-261/20, Thelen, punto 28, e 7 agosto 2018, in causa C-122/17, David Smith, punto 40, e sentenze ivi richiamate), in pari tempo, chiarisce che il giudice nazionale non può sottrarsi al citato obbligo di interpretazione conforme «per il solo fatto di aver costantemente interpretato [una] disposizione in un senso che è incompatibile» con il diritto dell’Unione europea, come interpretato dalla Corte di giustizia» (sentenza 19 aprile 2016, in causa C-441/14, Dansk Industri, punto 34). Di conseguenza, non possono «i principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento […] rimettere in discussione tale obbligo» (sentenza 19 aprile 2016, in causa C-441/14, Dansk Industri, punto 43), né può il giudice operare una limitazione nel tempo degli effetti della pronuncia interpretativa (come precisa la sentenza 21 dicembre 2016, in cause riunite C-154/15, C-307/15 e C-308/15, Gutiérrez Naranjo e altri, punto 70, che ivi cita sentenza 2 febbraio 1988, in causa 309/85, Barra e altri, punto 13).
Ne discende che il legislatore del 2021, prevedendo una disposizione (l’art. 11-octies, comma 2) che cristallizza il contenuto normativo dell’originaria formulazione dell’art. 125-sexies, comma 1, t.u. bancario, in senso difforme rispetto al contenuto della sentenza Lexitor, così inibendo l’interpretazione conforme al diritto dell’Unione europea, ha integrato un inadempimento agli obblighi «derivanti dall’ordinamento comunitario» (art. 117, primo comma, Cost.).
13.– Acclarato il parziale inadempimento sopravvenuto in cui è incorso il legislatore statale, non vale obiettare – come si legge nelle difese di V. spa – che il solo rimedio per tale inadempimento sia costituito dalla responsabilità civile dello Stato (secondo l’insegnamento della Corte di giustizia a partire dalla sentenza 5 marzo 1996, nelle cause riunite C-46/93 e C-48/93, Brasserie du pêcheur e Factortame, punti 46 e 47; ribadito poi da numerose sentenze, da ultimo, 25 gennaio 2022, in causa C-181/20, Vysocina Wind a.s., punto 69; 8 luglio 2021, in causa C-120/20, Koleje Mazowieckie – KM sp. z o.o., punto 61; 19 dicembre 2019, in causa C-752/18, Deutsche Umwelthilfe eV, punto 54).
Vero è che, rispetto alla disposizione censurata, introdotta nel 2021, va escluso il ricorso, oltre che all’interpretazione conforme, anche al rimedio della non applicazione, in quanto l’art. 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/48/CE non ha effetto diretto in controversie orizzontali, il che impedisce al giudice di non applicare la disposizione di diritto interno da esso divergente. E non può negarsi che, se l’antinomia fra ordinamento nazionale e direttiva non può essere ricomposta mediante il ricorso all’interpretazione conforme, né ricorrendo alla non applicazione della norma nazionale – trattandosi di una controversia orizzontale –, i soggetti privati lesi non potranno che avvalersi della responsabilità civile dello Stato per inadempimento commissivo, ossia per inesatta attuazione della direttiva.
Nondimeno, si colloca su tutt’altro piano l’iniziativa del giudice che sollevi dinanzi a questa Corte questioni di legittimità costituzionale, lamentando, proprio in presenza di norme prive di efficacia diretta e stante l’impossibilità di procedere all’interpretazione conforme, la violazione dell’obbligo del legislatore di rispettare i vincoli derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea.
In virtù degli artt. 11 e 117, primo comma, Cost., questa Corte è, infatti, garante del rispetto di tali vincoli e, pertanto, deve dichiarare l’illegittimità costituzionale di una norma che contrasta con il contenuto di una direttiva, come interpretata dalla Corte di giustizia in sede di rinvio pregiudiziale, con una sentenza dotata di efficacia retroattiva. «[I]n caso di contrasto con una norma comunitaria priva di efficacia diretta […] e nell’impossibilità di risolvere il contrasto in via interpretativa» – si legge in una fra le tante analoghe pronunce di questa Corte – «il giudice comune deve sollevare la questione di legittimità costituzionale, spettando poi a questa Corte valutare l’esistenza di un contrasto insanabile in via interpretativa e, eventualmente, annullare la legge incompatibile con il diritto comunitario (nello stesso senso sentenze n. 284 del 2007, n. 28 e n. 227 del 2010 e n. 75 del 2012)» (ordinanza n. 207 del 2013; negli stessi termini sentenza n. 269 del 2017).
Questa Corte deve, dunque, assicurare il rispetto degli impegni assunti dallo Stato italiano nei confronti dell’Unione europea e deve, di conseguenza, tutelare gli interessi che la disciplina europea ha inteso proteggere: in questo caso, gli interessi del consumatore.
Né la pretesa tutela dell’affidamento dei finanziatori e degli intermediari nella versione italiana della direttiva può giustificare la violazione degli obblighi assunti dallo Stato nei riguardi dell’Unione.
Si è già sopra chiarito (punto 11.2.) che gli effetti temporali di una sentenza della Corte di giustizia possono essere modulati solo dalla stessa Corte, nella sentenza che si pronuncia sul rinvio pregiudiziale, eventualmente su sollecitazione del giudice che solleva il rinvio o degli Stati membri che ritengono di intervenire nel procedimento presentando osservazioni. E – come si è già anticipato – la Corte di giustizia non ha disposto una modulazione temporale e ha svolto una interpretazione che ha preso le mosse da un dato testuale contenuto in tutte le traduzioni del paragrafo 1 dell’art. 16, vale a dire il riferimento alla riduzione del costo totale del credito.
Se, invece, – come si è sopra ritenuto (punto 12.3.1.) – l’affidamento che il legislatore ha inteso proteggere è stato quello ingenerato dalla formulazione della norma di attuazione e, in specie, dalla sua interpretazione a livello nazionale, questo certamente non giustifica la violazione degli obblighi che lo Stato ha assunto verso l’Unione europea. Un intervento del legislatore a tutela dei titolari di tale affidamento non poteva (e non potrebbe) incidere sugli impegni assunti con l’Unione europea, né, di riflesso, pregiudicare gli interessi dei consumatori. In ogni caso, vanno anche rammentati i rilievi della Corte di giustizia, secondo la quale i concedenti il credito, da un lato, trovano una tutela nel diritto all’equo indennizzo per l’estinzione anticipata del credito, in base ai successivi paragrafi dell’art. 16 della direttiva (recepiti dal t.u. bancario all’art. 125-sexies commi 2 e 3, poi divenuti 4 e 5) e, da un altro lato, con l’incasso anticipato della somma erogata possono concludere un nuovo contratto di finanziamento.
14.– Vanno a questo punto precisati gli esatti termini dell’accoglimento delle questioni di legittimità costituzionale sollevate sull’art. 11-octies, comma 2, del d.l. n. 73 del 2021, come convertito, in riferimento agli artt. 11 e 117, primo comma, Cost.
14.1.– Il rimettente – come anticipato – prospetta in generale l’illegittimità costituzionale della citata disposizione, «nelle parti in cui: - prevede che alle estinzioni anticipate dei contratti sottoscritti prima della data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto continuano ad applicarsi le disposizioni dell’articolo 125-sexies del testo unico di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993 e le norme secondarie contenute nelle disposizioni di trasparenza e di vigilanza della Banca d’Italia vigenti alla data della sottoscrizione dei contratti; [e] - limita ai contratti sottoscritti successivamente all’entrata in vigore della legge il principio, espresso nell’art. 16 par. 1 della direttiva 2008/48/Ce, come interpretata dalla sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea in data 11 settembre 2019 C-383/18 e recepito nel novellato art. 125-sexies comma 1 TUB che “il consumatore che rimborsa anticipatamente, in tutto o in parte, l’importo dovuto al finanziatore ha diritto alla riduzione, in misura proporzionale alla vita residua del contratto, degli interessi e di tutti i costi compresi nel costo totale del credito, escluse le imposte”».
L’ampia prospettazione delle questioni sollevate rispetto alla disposizione censurata deve essere, a questo punto, letta alla luce delle motivazioni esposte nell’ordinanza che, a ben vedere, incentra le censure su un preciso «elemento testuale», presente nel «secondo periodo del comma 2 dell’art. 11-octies, dove è previsto che alle estinzioni anticipate dei contratti sottoscritti prima del 25 luglio 2021 “continuano ad applicarsi” non soltanto la disposizione previgente, ma anche “le norme secondarie contenute nelle disposizioni di trasparenza e di vigilanza della Banca d’Italia vigenti alla data della sottoscrizione dei contratti”». Secondo l’ordinanza, sarebbe proprio il collegamento creato fra l’art. 125-sexies t.u. bancario e le norme secondarie individuate dalla disposizione censurata a segnare «una forte discontinuità tra passato e presente», impedendo di interpretare il precedente art. 125-sexies, comma 1, in conformità con la sentenza Lexitor e in continuità con la giurisprudenza che, dopo la pubblicazione della pronuncia della Corte di giustizia, si era adeguata all’interpretazione da questa prospettata.
Non a caso, il giudice a quo ritiene che «con l’art. 11-octies co. 2, lo Stato italiano [si sia] reso post factum deliberatamente inadempiente alla Direttiva, creando un caso-limite, nel quale l’autorità giudiziaria, usando gli strumenti ordinari di interpretazione, riconosciuti dall’ordinamento, non è più ragionevolmente in grado di interpretare l’art. 125-sexies TUB (ex d.lgs. 141/2010), come integrato dall’art. 11-octies co. 2 del dl 73/2021, in conformità alla corrispondente previsione della Direttiva, come interpretata dalla Corte di Giustizia».
Ma allora, posto che la precedente formulazione dell’art. 125-sexies, comma 1, t.u. bancario, tuttora vigente, in virtù dell’art. 11-sexies, comma 2, per i contratti conclusi prima dell’entrata in vigore della legge n. 106 del 2021, è – secondo questa Corte (punto 12.3.3.) – compatibile sul piano letterale con una interpretazione conforme alla sentenza Lexitor, tant’è che era stata già oggetto di tale adeguamento interpretativo, e posto che, sempre secondo questa Corte (punto 12.1.), il vulnus ai principi costituzionali censurati risiede proprio nel raccordo con le specifiche norme secondarie evocate dall’art. 11-octies, comma 2, le questioni di legittimità costituzionale possono essere accolte in linea con la prospettazione del giudice rimettente.
14.2.– La disposizione censurata deve, dunque, ritenersi costituzionalmente illegittima limitatamente alle parole «e le norme secondarie contenute nelle disposizioni di trasparenza e di vigilanza della Banca d’Italia», sicché l’art. 125-sexies, comma 1, t.u. bancario, che resta vigente per i contratti conclusi prima dell’entrata in vigore della legge n. 106 del 2021, in virtù dell’art. 11-sexies, comma 2, può nuovamente accogliere il solo contenuto normativo conforme alla sentenza Lexitor.
L’eliminazione della citata parte di disposizione rimuove, pertanto, l’attrito con i vincoli imposti dall’adesione dell’Italia all’Unione europea.
Al contempo, il nuovo testo dell’art. 125-sexies, comma 1, t.u. bancario, introdotto con l’art. 11-octies, comma 1, lettera c), oltre a valere per il futuro, contribuisce a consolidare il contenuto normativo della precedente formulazione dell’art. 125-sexies, comma 1, t.u. bancario, in senso conforme alla sentenza Lexitor.
Benché, dunque, le due disposizioni non si sovrappongano sul piano testuale, le due norme corrispondono sul piano sostanziale.
Come i commi 4 e 5 del nuovo art. 125-sexies t.u. bancario presentano una diversa collocazione, ma coincidono nei contenuti con i vecchi commi 2 e 3 del medesimo articolo (mantenuto in vigore per i contratti conclusi prima dell’entrata in vigore della nuova legge dall’art. 11-octies, comma 2), parimenti il comma 1 del nuovo art. 125-sexies t.u. bancario presenta una diversa formulazione testuale, ma un contenuto normativo corrispondente al comma 1 del precedente art. 125-sexies, anch’esso rimasto in vigore per il passato.
Quanto alle disposizioni introdotte con i commi 2 e 3 dell’art. 125-sexies riformulato nel 2021, esse non trovano riscontro nel precedente testo e, dunque, risultano vigenti per il futuro, spettando, di conseguenza, agli interpreti il compito di risolvere, per il passato, i profili di disciplina in esse regolati.
Infine, resteranno chiaramente applicabili tutte le norme secondarie richiamate dai numerosi rinvii operati dal testo unico bancario, con esclusione di quelle riferite alla vecchia interpretazione del precedente art. 125-sexies, comma 1.
15.– In conclusione, l’art. 11-octies, comma 2, del d.l. n. 73 del 2021, come convertito, è costituzionalmente illegittimo limitatamente alle parole «e le norme secondarie contenute nelle disposizioni di trasparenza e di vigilanza della Banca d’Italia».
Per Questi Motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 11-octies, comma 2, del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73 (Misure urgenti connesse all’emergenza da COVID-19, per le imprese, il lavoro, i giovani, la salute e i servizi territoriali), convertito, con modificazioni, nella legge 23 luglio 2021, n. 106, limitatamente alle parole «e le norme secondarie contenute nelle disposizioni di trasparenza e di vigilanza della Banca d’Italia»;
2) dichiara inammissibile l’intervento spiegato da B. B. spa;
3) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 11-octies, comma 2, del d.l. n. 73 del 2021, come convertito, sollevata, in riferimento all’art. 3, primo comma, della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Torino, sezione prima civile, con l’ordinanza indicata in epigrafe.