Irrilevante la buona fede della società. Per la Cassazione, il contratto di appalto stipulato nel caso in esame rientra tra quelli a cui si applica la tutela predisposta per il consumatore.
Gli attuali ricorrenti proponevano opposizione al decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Perugia con il quale gli veniva ingiunto il pagamento di una somma di denaro a favore di una società. In particolare, gli opponenti sostenevano che il saldo dei lavori oggetto del contratto d'appalto non era dovuto poiché non era intervenuta la conclusione dei lavori e...
Svolgimento del processo
1. V.P. e N.M. proponevano opposizione al decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Perugia con il quale veniva loro ingiunto il pagamento della somma di euro 23.461,16 in favore della società “C.”. Gli opponenti esponevano che il saldo dei lavori oggetto del contratto d’appalto, di cui alla fattura numero 40/05 non era dovuto perché non era intervenuta la conclusione dei lavori e la perfetta esecuzione dell’appalto con conseguente consegna dell’opera da parte della società C..
2. Si costituiva in giudizio l’opposta la quale eccepiva preliminarmente l’incompetenza del giudice adito limitatamente alle domande formulate dagli opponenti per difetto di giurisdizione e l’improponibilità dell’opposizione, anche ex articolo 6 delle condizioni generali del contratto, la limitazione della proponibilità di eccezione ex articolo 1462 c.c. e nel merito l’infondatezza delle domande.
3. Il Tribunale di Terni rigettava l’opposizione, confermava il decreto ingiuntivo opposto e si dichiarava incompetente sulla domanda degli opponenti in riconvenzionale, essendo competente un collegio arbitrale in forza dell’articolo 15 del contratto d’appalto.
4. Gli opponenti proponevano appello chiedendo l’accertamento del difetto di legittimazione passiva di N.M. ed eccependo l’inammissibilità e la tardività dell’eccezione preliminare avanzata dalla controparte, la carenza di motivazione della sentenza sull’eccezione di illegittimità per mascheramento e ingannevolezza delle clausole vessatorie inserite in allegato al contratto nonché sulle eccezioni circa l’avvenuto riconoscimento dei vizi e difetti dell’opera.
5. Si costituiva l’appellato chiedendo il rigetto dell’appello.
6. La Corte d’Appello di Perugia rigettava il gravame. In particolare, evidenziava che il giudice di primo grado aveva correttamente confermato il decreto ingiuntivo, dichiarando la propria competenza circa la domanda di condanna al pagamento della somma ingiunta in virtù dell’articolo 12 del contratto d’appalto. Tale articolo prevedeva, infatti, testualmente che: «le parti manifestano una concorde volontà di derogare all’ordinaria competenza territoriale escludendo la concorrenza di qualunque altro foro previsto dalla legge in via alternativa, eventuali controversie non demandate alla decisione arbitrale di cui alla clausola 15, inerenti il pagamento del prezzo, penali, indennizzi vari a favore della C. S.p.A. e conseguentemente alle relative azione esercitata in via monitoria e nel giudizio ordinario, disegnando quale foro competente in via esclusiva quello di Assisi».
L’opposta aveva dunque legittimamente agito per il pagamento del prezzo dinanzi alla giudice ordinario con ricorso per decreto ingiuntivo anche nel rispetto dell’articolo 6 delle condizioni generali e dell’articolo 1462 c.c. Il Tribunale di Perugia aveva altresì correttamente dichiarato la propria incompetenza in ordine alle domande formulate dagli opponenti in applicazione dell’articolo 15 del medesimo contratto il quale prevedeva che ogni controversia ad esclusione di quelle elencate all’articolo 12 che dovessero insorgere relativamente alla conclusione o all’esecuzione o alla risoluzione o all’interpretazione del contratto anche di natura tecnica sarà decisa a norma degli articoli 806 e seguenti c.p.c. da un collegio arbitrale.
Le parti, dunque, avevano sottoscritto una clausola compromissoria con la quale avevano deciso di devolvere alla cognizione di arbitri le eventuali controversie aventi ad oggetto gli aspetti tecnici della fornitura, nei quali andavano ricompresi vizi e difetti dell’opera, inadempienze e ritardi come quelli contestati dagli opponenti. Doveva, dunque, essere confermata l’incompetenza del giudice adito relativamente alle domande svolte dagli opponenti.
6.1 L’eccezione di difetto di legittimazione passiva di N.M. era stata sollevata per la prima volta in appello e non era accoglibile avendo la convenuta riconosciuto la sua titolarità del rapporto controverso sia stragiudizialmente che nel corso del giudizio di primo grado. Anche l’inammissibilità o tardività dell’eccezione preliminare avanzata in primo grado alla società opposta era destituita di fondamento perché la costituzione era avvenuta il 4 maggio 2012 e, dunque, tempestivamente 20 giorni prima dell’udienza di comparizione delle parti, fissato il 24 maggio 2012. Infatti, il termine previsto articolo 166 c.p.c. non è libero e va calcolato non computando il giorno iniziale ma computando quello finale, cioè il ventesimo giorno precedente l’udienza.
7. V.P. e N.M. hanno proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza.
8. Il fallimento C. ha resistito con controricorso.
9. I ricorrenti, con memoria depositata in prossimità dell’udienza, hanno insistito nella richiesta di accoglimento del ricorso.
Motivi della decisione
1. Il primo motivo di ricorso è così formulato: violazione e falsa applicazione di diritto e del contratto in essere tra le parti per aver consentito l’utilizzazione delle condizioni generali di contratto, semplicemente allegate al contratto vero e proprio come fondamento della sentenza senza considerare l’illegalità e l’illegittimità di tali prescrizioni, in particolare quelle di cui agli articoli 12 e 15 da valutarsi come vessatorie, considerato il rapporto contrattuale tra ditta/impresa commerciale e semplice cittadino consumatore privato e con riferimento al d. lgs. n. 206 del 2005.
Risulterebbero violati anche gli articoli 1341 e 1342 c.c. perché, ancorché presente la doppia sottoscrizione, la struttura della clausola 12 sarebbe assolutamente incomprensibile per il contraente debole. Inoltre, vi sarebbe violazione dell’articolo 633
c.p.c. non potendo essere considerato liquido ed esigibile il saldo del 50 percento del prezzo in presenza delle riconosciute difformità e vizi di costruzione conseguenti gli interventi di riparazione poi considerati comunque inefficaci.
2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione di diritto e omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio.
La Corte d’Appello avrebbe omesso ogni valutazione e motivazione sull’intervenuta ammissione da parte della società C., attraverso il proprio legale, circa la presenza di vizi e difetti di costruzione per aver concordato di dover eseguire interventi di riparazione e di rifacimento che confermavano l’esistenza dei difetti e vizi e, quindi, modificavano e superavano l’insieme dei riferimenti contrattuali reclamati dalla controparte come determinanti l’incompetenza del giudice, essendo una sorta di caducazione del contratto originario e delle sue previsioni tra l’altro gravemente vessatorie. Pertanto, nessuna delle varie clausole invocate dalla controparte dovrebbe considerarsi operante, essendovi acquiescenza e riconoscimento esplicito dei difetti e vizi lamentati in conseguenza dell’accettazione da parte della C. di eseguire interventi di riparazione avvenuti tra giugno e settembre 2011. Infine, vi sarebbe una mancata considerazione della carenza di legittimazione passiva di N.M. che non aveva firmato il contratto, circostanza verificata solo in sede di ritiro del fascicolo.
3. Il primo motivo di ricorso è fondato ed il suo accoglimento determina l’assorbimento del secondo.
3.1 Il contratto di appalto intercorso tra la società C, ed i ricorrenti rientra tra quelli per i quali trova applicazione la tutela predisposta per il consumatore dagli artt. 33 e seguenti del codice del consumo, sussistendone tutti i presupposti oggettivi e soggettivi.
3.2 Ciò premesso, al fine di una maggiore chiarezza espositiva, è opportuno riportare le motivazioni con le quali la Corte d’Appello ha confermato la decisione del Tribunale di Perugia in ordine alla sussistenza della propria competenza sulla domanda di condanna al pagamento della somma ingiunta e alla declaratoria di incompetenza in favore del giudizio arbitrale sulle domande proposte in via riconvenzionale dai ricorrenti (allora opponenti) in applicazione degli artt. 12 e 15 del contratto di appalto.
La Corte d’Appello riporta il seguente testo dell’art. 12 del contratto d’appalto: le parti manifestano una concorde volontà di derogare all’ordinaria competenza territoriale escludendo la concorrenza di qualunque altro foro previsto dalla legge in via alternativa, eventuali controversie non demandate alla decisione arbitrale di cui alla clausola 15, inerente il pagamento del prezzo, penali, indennizzi vari a favore della C. S.p.A. e conseguentemente alle relative azione esercitata in via monitoria e nel giudizio ordinario, disegnando quale foro competente in via esclusiva quello di Assisi. In base a tale clausola, secondo il giudice del gravame, l’opposta ha legittimamente agito per il pagamento del prezzo dinanzi alla giudice ordinario con ricorso per decreto ingiuntivo anche nel rispetto dell’articolo 6 delle condizioni generali e dell’articolo 1462 c.c.
Nella sentenza si riporta anche il testo dell’art. 15 del medesimo contratto secondo cui: ogni controversia ad esclusione di quelle elencate all’articolo 12 che dovessero insorgere relativamente alla conclusione o all’esecuzione o alla risoluzione o all’interpretazione del contratto anche di natura tecnica sarà decisa a norma degli articoli 806 e seguenti c.p.c. da un collegio arbitrale. In virtù di tale clausola, sempre secondo la Corte d’Appello, le parti hanno sottoscritto una clausola compromissoria con la quale hanno deciso di devolvere alla cognizione di arbitri le eventuali controversie aventi ad oggetto gli aspetti tecnici della fornitura, nei quali andrebbero ricompresi vizi e difetti dell’opera, inadempienze e ritardi come quelli contestati.
3.3 La sentenza della Corte d’appello è incorsa in una manifesta violazione degli artt. 33 e 34 del codice del consumo che prevedono la vessatorietà delle clausole del contratto concluso tra il consumatore ed il professionista che, «malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto». Peraltro, il carattere vessatorio si presume fino a prova contraria quando, come nel caso di specie, siano previste a carico del consumatore «decadenze, limitazioni della facoltà di opporre eccezioni, deroghe alla competenza dell'autorità giudiziaria, limitazioni all'adduzione di prove, inversioni o modificazioni dell'onere della prova, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti con i terzi».
Questa Corte in relazione al carattere vessatorio delle clausole dei contratti intercorsi tra professionista e consumatore ha statuito che: «nel contratto predisposto unilateralmente dal professionista l'efficacia della deroga alla competenza dell'autorità giudiziaria, in favore di quella degli arbitri ex art. 33, comma 2, lett. t), del d.lgs. n. 206/2005, al pari della deroga della competenza del foro del consumatore, è subordinata non solo alla specifica approvazione per iscritto prevista dall'art. 1341 c.c., ma anche - a norma dell'art. 34, comma 4, d.lgs. n. 206 del 2005 - allo svolgimento di una trattativa individuale con il consumatore sulla clausola stessa, la cui prova è posta a carico del medesimo professionista dal comma 5 del citato art. 34» (Sez. 6-3, Ord. n. 8268 del 2020).
In particolare, si è detto che «la prova di tale circostanza "costituisce onere preliminare a carico del professionista che intenda avvalersi della clausola", ponendosi l'esistenza della trattativa come un antecedente logico rispetto alla dimostrazione della natura non vessatoria di siffatta clausola» (Sez. 6- 1 Ord. n. 3744 del 2017).
4. La Corte d’Appello di Perugia nel confermare la sentenza di primo grado che, a sua volta, ha confermato il decreto ingiuntivo opposto e affermato la competenza arbitrale in ordine alle domande proposte dai ricorrenti - allora opponenti - ha fatto erronea applicazione dei suddetti principi, in violazione degli artt. 33 e 34 del d.lgs. n.206 del 2005.
In particolare, la Corte d'Appello ha omesso del tutto di esaminare la potenziale natura vessatoria, ex art. 33 e 34 del codice del consumo, delle clausole di cui agli artt. 12 e 15 del contratto e non ha verificato se le suddette clausole siano state oggetto di una specifica trattativa tra le parti nonostante la rilevabilità di ufficio di tali aspetti, peraltro oggetto anche di motivo di appello da parte dei ricorrenti e nonostante lo specifico onere probatorio ex art. 2697 c.c. posto a carico della società “C.” circa la sussistenza della specifica trattativa tra le parti.
5. Si impone pertanto, in accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla Corte d'Appello di Perugia in diversa composizione che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'Appello di Perugia in diversa composizione che provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio.