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9 febbraio 2023
La Consulta ancora una volta sull’obbligo vaccinale per gli operatori sanitari

Con tre sentenze depositate oggi, la Corte costituzionale ha respinto le questioni di legittimità sollevate su l'obbligo vaccinale, la mancata previsione del tampone come alternativa al trattamento e la sospensione dall'esercizio della professione sanitaria.

di La Redazione
La Corte costituzionale ha depositato oggi tre nuove pronunce in tema di obbligo vaccinale per il personale sanitario, decisioni anticipate con comunicato nei mesi scorsi.

 
  • Sentenza n.14/2023
È stata ritenuta non fondata la questione di legittimità costituzionale, sollevata dal CGA Sicilia, concernente l'obbligo vaccinale per la prevenzione dell'infezione da SARS-Cov-2 per il personale sanitario.
 
La scelta fatta dal legislatore non può ritenersi né irragionevole né sproporzionale, anche alla luce della situazione epidemiologica e delle risultanze scientifiche disponibili sui vaccini, avendo come fine quello di prevenire la diffusione del virus. 
 
Il rischio remoto che si possano verificare eventi avversi anche gravi sulla salute del singolo, non rende di per sé costituzionalmente illegittima la previsione di un trattamento sanitario obbligatorio, ma costituisce semmai titolo all'indennizzo. Né tantomeno vi sono dubbi circa un eventuale contraddittorietà di una disciplina che impone il consenso a fronte di un obbligo vaccinale, poiché è stata comunque lasciata all'individuo la facoltà di scegliere se adempiere o meno all'obbligo, assumendosi le conseguenza previste per legge.

 
La previsione per gli operatori sanitari, impiegati in strutture residenziali, socio-assistenziali e socio-sanitarie, dell'obbligo vaccinale, in luogo di quello di sottoporsi ai relativi test diagnostici (c.d. tampone), non ha costituito una soluzione irragionevole o proporzionata rispetto ai dati scientifici disponibili.
 
È stato infatti operato un corretto bilanciamento del diritto alla libertà di cura del singolo con il coesistente e reciproco diritto degli altri e con l'interesse della collettività. Alla categoria non è stato imposto un sacrificio sproporzionato rispetto agli obiettivi, ma costantemente modulato in base all'andamento della situazione sanitaria.
 
Non è poi contraria ai principi di uguaglianza e di ragionevolezza la scelta legislativa di non prevedere un obbligo del datore di lavoro di assegnazione a mansioni diverse, così come invece stabilito per coloro che non possano sottoporsi a vaccinazione per motivi di salute o per il personale docente ed educativo della scuola. Tale scelta è giustificata dal maggior rischio di contagio correlato all'esercizio delle professioni sanitarie. Giustificata è anche la non erogazione al dipendente sospeso di un assegno alimentare in misura non superiore alla metà dello stipendio.

 
  • Sentenza n.16/2023
È inammissibile la questione di legittimità dell'art. 4, comma 4, del D.L. 44/2021, come modificato dal D.L. n. 172/2021, nella parte in cui, in caso di inadempimento dell'obbligo vaccinale, non si limita a sospendere il professionista sanitario dalle sole prestazioni o mansioni che implicano contatti personali, e che comportano, quindi, il rischio di diffusione del Covid-19.
 
La motivazione è ricollegabile ad un profilo processuale preliminare, che ha impedito una valutazione nel merito della questione, ovvero il difetto di giurisdizione del tribunale amministrativo regionale che le ha sollevate.
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