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28 luglio 2023
La Consulta sul differimento della vaccinazione Covid-19 per gli operatori sanitari
È consentito al Legislatore demandare alle circolari del Ministero della Salute l'individuazione del termine di differimento della vaccinazione per gli operatori sanitari contagiati e guariti.
La Redazione
Nella vicenda in esame, l'infermiera Tizia era stata sospesa dal lavoro e dalla retribuzione per non aver adempiuto all'obbligo vaccinale di cui all'art. 4, comma 1, del D.L. n. 44 del 2021. La medesima, dopo aver contratto il virus SARS-CoV-2 e, acquisita la certificazione di avvenuta guarigione, era rientrata a lavoro (art. 4, comma 5, D.L. n. 44/2021).  Successivamente, il datore di lavoro le aveva comunicato di dover produrre il certificato vaccinale entro tre giorni dalla scadenza del termine di novanta giorni decorrenti dal giorno in cui era risultata positiva al test diagnostico. Per questi motivi, Tizia adiva il Tribunale evidenziando che alla luce della Circolare del 21.07.2021 del Ministero della salute, ella era esente dall'obbligo vaccinale per 12 mesi, decorrenti dalla data di guarigione, oppure, in subordine, per almeno 6 mesi. Il datore di lavoro, invece, riteneva che, secondo quanto indicato nelle circolari del Ministero della Salute del 3 marzo 2021 e del 21 luglio 2021, la vaccinazione tornavano a essere obbligatoria trascorsi tre mesi dalla documentata infezione.
Le questioni sollevate dal Tribunale
Ciò premesso, il Tribunale rimettente dubitava in radice della legittimità costituzionale dell'art. 4, commi 1 e 5, del D.L. n. 44 del 2021 per contrasto con la riserva di legge posta dagli artt. 23 e 32 Cost.  Invero, tra i vari aspetti, secondo il rimettente, le circolari ministeriali e la successiva nota ministeriale dovevano essere disapplicate e la controversia decisa senza tenerne conto. In sintesi, le contestazioni riguardavano:
Termini di vaccinazione le predette disposizioni del D.L. n. 44/2021 avrebbero «delegato» alle circolari del Ministero della salute la disciplina delle indicazioni e dei termini della vaccinazione cui sono obbligati gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario nel caso di intervenuta guarigione;
Atti amministrativi con efficacia interna ciò non era consentito in àmbiti coperti da riserva di legge, in quanto la parte di disciplina non regolata con l'atto primario non potrebbe essere recata da circolari ministeriali. Queste, infatti, sarebbero tradizionalmente atti amministrativi aventi efficacia meramente interna all'ente pubblico, mentre le disposizioni censurate le considererebbero vere e proprie fonti del diritto, con efficacia diretta nell'ordinamento generale;
Prescrizioni in bianco le disposizioni censurate sarebbero, inoltre, prescrizioni normative “in bianco”, che non definiscono alcun criterio volto a orientare la discrezionalità dell'amministrazione. In tal modo, esse consentirebbero, in violazione di quanto gli artt. 23 e 32 Cost., una situazione tale da attribuire alla circolare di «stabilire» il momento entro il quale il sanitario non vaccinato, ad libitum ma guarito dal Covid-19, debba sottoporsi alla vaccinazione. 
Le osservazioni della Corte costituzionale
Premesso ciò, secondo i giudici della Corte costituzionale, il Legislatore si era limitato a demandare alle «circolari del Ministero della salute» l'individuazione del termine di differimento della vaccinazione per gli operatori sanitari contagiati e guariti, ovverosia dell'arco di tempo nell'àmbito del quale la carica anticorpale derivante dall'avvenuto contagio rendeva non necessaria la vaccinazione. Ed è proprio in ragione della necessità di adeguare la disciplina in base all'evoluzione della situazione sanitaria che la norma censurata, anziché fissare legislativamente il termine in questione, aveva ritenuto di demandarne l'individuazione a un atto amministrativo che doveva essere adottato, non a caso, dall'amministrazione istituzionalmente in possesso delle competenze tecnico-scientifiche per farlo:  «il tutto per tenere in conto le particolari esigenze di flessibilità connesse allo specifico contesto nel quale l'obbligo vaccinale era stato introdotto». Dunque, come precisato dai giudici nel provvedimento, nel contesto delineato non rilevava definire la natura giuridica dell'atto dell'amministrazione ma una mera valutazione di ordine tecnico da condurre alla stregua del dato scientifico e della sua rapida evoluzione; e ciò, tenendo in considerazione che l'obbligo vaccinale era stato imposto «a fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell'erogazione delle prestazioni di cura e assistenza» (art. 4, comma 1, D.L. n. 44 del 2021).

precisazione

L'eventuale scorretto esercizio del potere attribuito all'amministrazione, laddove si ritenesse non attendibile la valutazione tecnico-scientifica che ne è necessariamente alla base, non si riverbera in un vizio della norma di legge – che, nei limiti di quanto consentito dalla riserva relativa di cui all'art. 32 Cost., ha demandato all'amministrazione detta valutazione – ma determina, semmai, l'illegittimità della circolare amministrativa, che potrà essere conosciuta dai giudici comuni, cui pure ne è rimessa l'interpretazione.

In conclusione, a parere dei giudici, la scelta del Legislatore era legittima, in quanto, a tal fine, era stata delegata l'amministrazione istituzionalmente in possesso delle competenze tecnico- scientifiche per farlo. Per le ragioni esposte è stata dichiarata inammissibile la questione della legittimità costituzionale dell'art. dichiara 4, commi 1 e 5, del Decreto-Legge 1° aprile 2021, n. 44.
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