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La società beta aveva proposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo, con il quale le era stato ingiunto il pagamento in favore di Tizia a titolo di differenze retributive scaturenti dal rapporto di lavoro intercorso tra le parti. A sostegno del ricorso, parte opponente ha dedotto l'illegittimità del decreto ingiuntivo, in primo luogo, perché basato su buste paga mai sottoscritte dal datore di lavoro e non idonee a costituire prova scritta del credito. Inoltre, ha eccepito la mancanza di liquidità ed esigibilità del credito perché dal 2015 in poi, per crisi di liquidità, era stato pattuito tra il consiglio di amministrazione e i soci lavoratori di dare priorità al pagamento degli stipendi arretrati. In conseguenza di ciò ha chiesto in via principale la revoca del decreto ingiuntivo. Costituendosi in giudizio, Tizia eccepiva che le buste paga erano autentiche, essendo state acquisite in virtù del LUL (libretti unico del lavoro) presentato dal datore di lavoro. |
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Il giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo si risolve in un ordinario giudizio di cognizione, finalizzato ad accertare la sussistenza del credito azionato dalla parte opposta, attore in senso sostanziale, e dunque a conoscere, in tutta la loro estensione e consistenza, i fatti costitutivi posti a fondamento della domanda monitoria. Occorre, in pratica, accertare il fondamento della pretesa fatta valere con il ricorso per ingiunzione, per il cui riscontro valgono le regole ordinarie in tema di onere probatorio, gravando sull'opposto l'onere di provare l'esistenza dei fatti costitutivi del proprio credito. Premesso ciò, le buste paga, riconducibili nell'àmbito applicativo dell' |
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Secondo il Tribunale di Trani, con la presente opposizione, la società non aveva contestato il rapporto lavorativo con la controparte, né aveva contestato l'esecuzione della prestazione lavorativa per la quale era stato chiesto il pagamento. Dunque, le contestazioni formulate con il ricorso in opposizione attenevano, quindi, alla fonte della prova del credito e dalla sussistenza di patti parasociali che avrebbero autorizzato il datore di lavoro a differire il pagamento delle retribuzioni. Tuttavia, quanto all'efficacia probatoria delle buste paga, esse erano senz'altro sufficienti a provare il credito ai fini dell'emissione del decreto ingiuntivo, quale prova scritta ai sensi dell' In definitiva, il d.i. opposto è stato confermato. |
Tribunale di Trani, sez. Lavoro, sentenza 13 febbraio 2022, n. 266
Svolgimento del processo
Con ricorso depositato il 19. 06. 2020, la C. s.r.l. ha proposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 222/ 2020, emesso da questo Tribunale il 14.04.2020 e notificato il 18.04.2020, con il quale le era ingiunto il pagamento di € 32.614, 00 in favore di C. N. a titolo di differenze retributive scaturenti dal rapporto di lavoro intercorso tra le parti. A sostegno del ricorso ha dedotto l’ illegittimità del decreto ingiuntivo, in primo luogo, perché basato su buste paga che sarebbero state trafugate dalla lavoratrice dall’ azienda e comunque mai sottoscritte dal datore di lavoro e non idonee a costituire prova scritta del credito. Inoltre, ha eccepito la mancanza di liquidità ed esigibilità del credito perché dal 2015 in poi, per crisi di liquidità, era stato pattuito tra il consiglio di amministrazione e i soci lavoratori di dare priorità al pagamento degli stipendi arretrati, come conferma il fatto che tra il 12 e il 19 luglio del 2019 la C. riceveva quattro stipendi arretrati per l’ importo di € 3. 483, 00. Ancora, ha eccepito che gli stipendi relativi alle mensilità di gennaio, febbraio marzo e aprile 2017 erano già corrisposti, mentre quello di gennaio 2020 era già stata oggetto di provvedimento di rigetto da parte del Tribunale di Trani. Infine, ha evidenziato che quanto dedotto trova riscontro nel provvedimento del 28.05.2020 con cui la Sezione Lavoro del Tribunale di Trani ha respinto la richiesta della lavoratrice di pagamento degli arretrati anche in virtù dei patti parasociali.
In conseguenza di ciò ha chiesto in via principale la revoca del decreto ingiuntivo e in subordine la condanna al pagamento di quanto dovuto e accertato nel corso del giudizio; con vittoria di spese.
A seguito di rinnovazione della notifica del ricorso in opposizione, si è costituita in giudizio C. N. che ha eccepito l’ infondatezza dell’opposizione. In particolare, ha eccepito: che le buste paga sono autentiche, essendo state acquisite in virtù del LUL presentato dal datore di lavoro e non sono state trafugate, tant’ è che alla denuncia di furto non ha fatto seguito nulla; che non sussiste l’ invocato patto parasociale; che i pagamenti eccepiti sono avvenuti ma dopo il decreto ingiuntivo e che, quanto al provvedimento del Tribunale per la retribuzione di gennaio 2020, esso si basa sulla mancanza del requisito del periculum in mora, stante la richiesta formulata ex art. 700 c.p.c.
In conseguenza di ciò ha chiesto il rigetto dell’opposizione con vittoria di spese.
Nel corso del giudizio non era concessa la provvisoria esecuzione ed era disposta ed espletata una c. t. u. contabile, tesa a ricostruire gli esatti rapporti di dare- avere tra le parti.
Motivi della decisione
Preliminarmente va osservato che la causa dall’udienza del 23.05.2022 in cui è stato conferito incarico al c.t. u. era già rinviata all’odierna udienza per la decisione e con concessione di apposito termine per il deposito di note conclusive, con la conseguenza che la richiesta di rinvio di parte resistente non può essere accolta.
1. L’opposizione è infondata e va rigettata.
In primo luogo deve osservarsi che, se è vero che nei giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo il convenuto riveste il ruolo di attore in senso sostanziale, è altrettanto vero che anche in questo tipo di giudizio non possono non ritenersi operanti i principi generali espressi dalla Suprema Corte in tema di onere della prova dell’inadempimento.
Invero, secondo i suddetti principi, al creditore che agisce per la risoluzione contrattuale, il risarcimento dei danni o l’inadempimento incombe solo l’ onere di provare la fonte del proprio diritto (contratto o disposizione di legge) ed allegare la circostanza dell’inadempimento della controparte (e il nesso causale tra la violazione del contratto e i danni), mentre grava sul debitore convenuto l’onere di provare la non imputabilità dell’inadempimento, o dell’inesatto adempimento (cfr. Cass. SS.UU. n. 13533/01, confermata, tra le altre, da Cass. n. 2387/04 e n. 3373/10). Dall’ applicazione di tali principi discende che è onere dell’ opponente - attore solo in senso formale e convenuto in senso sostanziale - eccepire l’inesistenza del credito azionato, ovvero l’avvenuto adempimento dell’obbligazione.
Inoltre, i principi appena richiamati vanno ulteriormente coordinati con il principio di non contestazione, che impone al convenuto - in questo caso gli opponenti quali convenuti in senso sostanziale - di prendere posizione sulle singole circostanze e contestarle specificamente al fine di evitare che, altrimenti, i fatti si ritengano ammessi e provati. Com’ è noto, il principio di non contestazione, prima ancora di essere codificato dal legislatore nel 2009 con la modifica dell’art. 115 c. p.c., era stato già considerato dalla Corte di Cassazione come principio generale insito nel nostro ordinamento processuale. Così la Suprema Corte, tra l ’altro, nella sentenza n. 5356/ 2009: “ L' art. 167 c. p.c., imponendo al convenuto l'onere di prendere posizione sui fatti costitutivi del diritto preteso dalla controparte, considera la non contestazione un comportamento univocamente rilevante ai f ini della determinazione dell' oggetto del giudizio, con effetti vincolanti per il giudice, che dovrà astenersi da qualsivoglia controllo probatorio del fatto non contestato e dovrà ritenerlo sussistente, in quanto l' atteggiamento difensivo delle parti espunge il fatto stesso dall' ambito degli accertamenti richiesti” (cfr. anche Cass. n. 10031/04; n. 13079/ 08; n. 5191/08). In una recente pronuncia la Suprema Corte è giunta finanche ad estendere il principio della non contestazione anche ai fatti impliciti in una data allegazione: “ L’esigenza di provarlo ( il fatto implicito allegato) insorge se sia contestato (…) Se tanto non sia avvenuto, l’esigenza probatoria non sorge, non essendovi bisogno di provare il fatto non contestato” (Cass. n. 22837/10). Tale principio è stato affermato dalla Cassazione con riferimento ad un giudizio di risarcimento danni per mancata informazione da parte dei sanitari circa i rischi connessi ad una gravidanza. Non vi è dubbio alcuno, pertanto, che il principio di non contestazione possa operare in giudizi, come il presente, che hanno ad oggetto diritti di contenuto prettamente patrimoniale.
2.1 Applicando tali principi al caso di specie, deve osservarsi che, nel proporre l’opposizione, parte opponente:
- non ha contestato il rapporto lavorativo con la controparte;
- non ha contestato l’ esecuzione della prestazione lavorativa per la quale è stato chiesto il pagamento.
Le contestazioni formulate con il ricorso in opposizione attengono, quindi, alla fonte della prova del credito, rappresentata da buste paga che sarebbero state trafugate e comunque non sarebbero idonee a provare il credito, dalla sussistenza di patti parasociali che autorizzerebbero il datore di lavoro a differire il pagamento delle retribuzioni ai soci e dal fatto che le retribuzioni relative ad alcune mensilità sarebbero state pagate.
Con riferimento al primo profilo, deve osservarsi che, a parte la presentazione di una denuncia di furto da parte della società opponente, come tale irrilevante ai fini probatori risolvendosi in una mera dichiarazione di parte, quest’ultima non ha fornito alcuna prova della provenienza illecita delle buste paga.
Quanto all’efficacia probatoria di queste ultime, esse so no senz’altro sufficienti a provare il credito ai fini dell’ emissione del decreto ingiuntivo, quale prova scritta ai sensi dell’art. 633 c.p. c.; in ogni caso, anche nel presente giudizio a cognizione piena, considerata la mancanza di contestazioni sia sull’esecuzione della prestazione lavorativa che sulle modalità della stessa e del fatto che, in definitiva, l’opponente non ha negato di non aver corrisposto quanto dovuto alla lavoratrice – se non con riferimento ad alcune mensilità per le quali ha eccepito e documentato alcuni pagamenti avvenuti -, deve ritenersi che il credito della lavoratrice risulti provato. Ciò anche alla luce di quanto emerso dalla consulenza contabile espletata su cui si soffermerà nel prosieguo della motivazione.
2.2 Per quanto concerne, poi, i presunti patti parasociali che avrebbero giustificato il mancato pagamento delle retribuzioni, deve osservarsi, in primo luogo, che non è stata fornita alcuna prova della sussistenza di un accordo scritto di questo tipo.
Peraltro lo stesso opponente, invocando tale presunto patto, ha dedotto che esso sarebbe consistito nel prevedere che “a partire dal 2015 pattuivano di comune accordo di conferire priorità al pagamento degli stipendi arretrati rispetto a quelli del mese corrente, sino ad annullare il differenziale temporale”. È evidente che un accordo di questo tipo, oltre a non essere documentato, è talmente generico e vago da non consentire di ritenere che da esso possa scorgere alcun obbligo per la lavoratrice di non pretendere il pagamento d elle retribuzioni a essa dovute e comunque, in ogni caso, deve escludersi che possa essere fonte di un obbligo assunto a tempo indeterminato dalla lavoratrice di astenersi dal chiedere il pagamento di quanto dovuto.
Né consente di ritenere provato quanto eccepito col fatto che la ricorrente nel ricorso monitorio abbia premesso di non avere interesse a consentire più alla società opponente di trattenere quanto a lei dovuto, perché anzi ciò conferma che non vi era alcun obbligo in questo senso, ma solo una situazione di tolleranza, nel senso che la creditrice, ex socia, tollerava il tardivo pagamento delle retribuzioni; tolleranza che, quindi, ben può essere venuta meno nel momento in cui si è interrotto il rapporto lavorativo.
Né tale circostanza poteva essere provata mediante testimoni essendo la capitolazione sul punto generica in primo luogo sotto il profilo spazio temporale e ciò tenuto conto anche dei limiti che incontra la prova testimoniale ai sensi degli articoli 2721 e seguenti del codice civile.
2.3 Quanto poi ai presunti pagamenti effettuati dalla società opponente, è stata espletata una consulenza tecnica d’ufficio all’ esito della quale la consulente d’ufficio, dott.ssa Valentina Bruno, ha stimato in € 33.154,83 gli importi dovuti a C. N., tenendo conto di tutti gli importi corrisposti come risultanti dalla documentazione in atti, compresi quelli eccepiti relativi alle mensilità di gennaio e febbraio 2017, che sono in realtà meri acconti e non pagamenti integrali.
L’importo dovuto risulta correttamente stimato dal c.t.u. tenendo conto del CCNL Metalmeccanici PMI applicato nel rapporto e raffrontando anche i pagamenti avvenuti in precedenza rispetto a quello oggetto di causa (che attiene a retribuzioni non percepite dall’1.02. 2017 al 30 . 01.2020), che risultano regolarmente effettuati proprio in applicazione del suddetto Contratto collettivo.
Le conclusioni raggiunte dal consulente d’ ufficio, peraltro non oggetto di contestazione delle parti, sono condivisibili perché motivate sulla scorta della documentazione in atti e del CCNL applicabile.
Poiché l’importo stimato dal c.t. u. è risultato comunque inferiore a quello preteso in sede monitoria (pari ad € 32.614,00), il credito azionato con il decreto ingiuntivo opposto deve ritenersi comunque provato.
Alla luce di ciò, l ’opposizione va rigettata e il decreto ingiuntivo n. il decreto ingiuntivo n. 222/2020, emesso da questo Tribunale il 14.04.2020 e notificato il 18. 04.2020, va confermato.
Spese processuali
Le spese processuali seguono la soccombenza e sono liquidate d’ufficio ai sensi del D. M. 55/14, come modificato dal D. M. n. 147/ 22, applicando i valori non inferiori ai minimi dello scaglione di riferimento (fino ad € 52.000, 00), tenuto conto della natura della controversia, delle ragioni della decisione, e della limitata attività processuale svolta, con riduzione del 50% della voce relativa alla fase istruttoria.
Le spese di c.t. u. sono poste definitivamente a carico di parte opponente.
P.Q.M.
Il Tribunale di Trani, Sezione Lavoro, definitivamente pronunciando sulla controversia r. g.n. 3522/2020 come innanzi proposta, così provvede:
1. rigetta l’opposizione e, per l ’effetto, conferma il decreto ingiuntivo opposto;
2. condanna la C.s. r.l. al pagamento delle spese processuali in favore di C. N., che liquida in € 4. 100,00 per compenso professionale, oltre IVA, CPA e rimborso spese generali del 15% come per legge;
3. pone le spese di c.t.u. definitivamente a carico della C. s.r.l.