La Società beta aveva stipulato con Tizio contratto avente ad oggetto la fornitura e posa in opera di serramenti, concordando che la metà della somma dovuta sarebbe stata corrisposta alla firma dell'accordo, mentre il residuo alla consegna. Ebbene, Tizio, asserendo l'inadempimento della Società, otteneva decreto ingiuntivo. Avverso questo, la Società si era opposta evidenziando che i serramenti era conformi a quelli ordinati e, quindi, erano infondate e pretestuose le eccezioni concernenti l'errore della colorazione bicolore dei beni realizzati e consegnati. Indipendentemente dalla fondatezza della pretesa creditoria contestata, il decreto ingiuntivo (secondo parte opponente) doveva essere dichiarato nullo dal momento il contratto stabiliva di devolvere la questione al Collegio arbitrale da eseguirsi presso il Tribunale di San Marino. Costituendosi in giudizio, Tizio chiedeva la conferma del decreto ingiuntivo. |
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Nei contratti conclusi tra un consumatore ed un professionista si considerano vessatorie quelle clausole che - malgrado la buona fede (ovvero indipendentemente dall'intenzione) - determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto. Queste clausole sono state disciplinate in una direttiva comunitaria (la L. n. 13/1993) e inseriti in Italia agli artt. 33-38 del nostro Codice del Consumo ( |
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Quando l'opposto è un consumatore, la clausola derogatoria della competenza/giurisdizione del Tribunale ordinario adito, ove il medesimo ha la residenza, in sede monitoria è sicuramente vessatoria in quanto rientrante nella previsione di vessatorietà dell'art. 33, comma 2, D.Lgs. n. 206/2005 (“Codice del consumo”), la cui elencazione non è tassativa ma esemplificativa, salvo prova contraria consistente, nella apposita negoziazione della medesima, per la quale non basta la specifica sottoscrizione ex art. 1341 e artt. 1342 c.c. Deve evidenziarsi che la circostanza che la citata disposizione non faccia espresso riferimento alle clausole arbitrali è irrilevante, posto, da un lato, che l'elencazione non è tassativa ma esemplificativa, dall'altro, che la norma colpisce l'effetto più che la tipologia di clausola ossia appunto l'introduzione di una deroga ad opera del professionista del foro del consumatore ossia il luogo ove questi ha la residenza o il domicilio. |
Secondo il Tribunale, le contestazioni di parte opponente in ordine alla necessità di tempestiva deduzione della clausola arbitrale ad opera del convenuto, non si attagliava al presente procedimento per la semplice considerazione che l’eccezione di difetto di giurisdizione e/o competenza non è stata sollevata dalla parte convenuta in senso formale; nè la pretesa decadenza era riferibile al caso dell’eccepita violazione della predetta clausola del foro inderogabile del consumatore, posto che secondo giurisprudenza unanime essa è questione addirittura rilevabile d’ufficio (Cass. civ., sez. VI, 20 aprile 2022, n. 12541). Premesso ciò, nella vicenda in commento, il contratto stipulato tra le parti era sicuramente stato predisposto unilateralmente dalla parte opponente, posto che esso riguardava una offerta redatta dalla Società su sua carta intestata corredata da “condizioni generali di vendita” parimenti unilateralmente formate dall’opponente e dal secondo semplicemente sottoscritte. Non valeva a ritenere superata l’unilaterale predisposizione e la mancanza di specifica negoziazione della clausola in parola la circostanza che a penna siano state indicate le modalità di versamento del prezzo appunto in due tranche, posto che, si ripete, ciò vale a dimostrare la negoziazione delle modalità di pagamento del totale convenuto, ma non certo delle singole clausole ed in particolare di quella per cui è contesa. A ciò infine va aggiunto che parte opponente neppure ha formulato istanze istruttorie volte a dimostrare la specifica negoziazione della clausola in esame, limitandosi a inferire di avere la propria sede legale in San Marino e che il contratto fosse stato ivi concluso (ed a voler dimostrare tali fatti); circostanze che attenevano, però, alla parte professionale del rapporto in esame e che non valevano a superare quanto innanzi rappresentato. Ne consegue che la clausola contrattuale era violativa della disciplina del consumatore e va quindi dichiarata nulla, in guisa che l’eccezione di difetto di giurisdizione/competenza è stata respinta. In definitiva, il d.i. opposto è stato confermato. |
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
Con atto di citazione ritualmente notificato Omissis s.r.l., in persona del l.r.p.t. (d’ora in poi OMISSIS) ha convenuto dinnanzi al Tribunale di Pistoia, G.C., proponendo opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 644/2018 (R.G. 1494/2018) emesso dal Tribunale di Pistoia in data 06.06.2018 e depositato il 07.06.2018 con il quale le era stato ingiunto il pagamento, in favore dell’opposto, della somma di euro 4.850,00 oltre interessi legali dalla messa in mora al saldo ed alle spese della procedura di ingiunzione, chiedendo “Piaccia all’Ill.mo Tribunale di Pistoia, contrariis reiectis, previo ogni opportuno accertamento, per i motivi indicati in narrativa, dichiarare nullo, inefficace e comunque revocare il decreto ingiuntivo n. 644/2018 (R.G. 1494/2018) emesso dal Tribunale di Pistoia. Con vittoria di spese e compensi professionali, oltre spese generali, CPA e IVA come per legge”.
A fondamento dell’opposizione parte opponente ha dedotto che 1. in data 18.11.2009 la OMISSIS. stipulava con G.C. un contratto avente ad oggetto la fornitura e posa in opera di serramenti, di importo complessivo pari ad € 9.700,00, concordando che la metà della somma dovuta, pari ad euro 4.850,00, sarebbe stata corrisposta alla firma dell’accordo, mentre il residuo alla consegna; 2. conformemente alle pattuizioni contrattuali, G.C. ha corrisposto l’acconto di euro 4.850,00 e la OMISSIS ha fornito e posato serramenti conformi a quelli ordinati; 3. nonostante la corretta esecuzione da parte di OMISSIS l’odierno convenuto opposto ha richiesto l’emissione, da parte del Tribunale di Pistoia, di decreto ingiuntivo al fine di ottenere la restituzione di quanto corrisposto a titolo di acconto asserendo che la OMISSIS non ha adempiuto agli obblighi contrattualmente assunti; 4. OMISSIS ha fornito serramenti conformi a quelli ordinati da G.C. e infondate e pretestuose sono state le eccezioni concernenti l’errore della colorazione bicolore dei beni realizzati e consegnati; 5. tale peculiarità non è un vizio, ma una caratteristica del serramento, che viene totalmente immerso nel colore solo al momento della prima colorazione, mentre nelle fasi successive viene tinteggiato unicamente nelle parti visibili e questa divergenza cromatica era presente anche negli infissi in esposizione presso il magazzino della OMISSIS, e mostrati direttamente a G.C.; 6. indipendentemente dalla fondatezza della pretesa creditoria contestata, il decreto ingiuntivo n. 644/2018 emesso dal Tribunale di Pistoia deve essere dichiarato nullo dal momento che l’art. 12 del contratto ha stabilito che “per qualsiasi controversia dovesse insorgere in ordine all’interpretazione, esecuzione, risoluzione del presente accordo, le parti stabiliscono di devolvere la questione ad un Collegio di tre arbitri nominati uno per parte; il terzo verrà nominato ai sensi degli artt. 809 e 810 del c.p.c. L’arbitrato sarà eseguito presso il Tribunale della Repubblica di San Marino” (sub. doc. 1 pag.3 atto di citazione); 7. la sottoscrizione di tale clausola da entrambe le parti ha comportato una deroga convenzionale alla giurisdizione ordinaria, deroga che può venire meno solo per concorde rinuncia delle parti che, peraltro, non c’è stata.
Con comparsa di risposta depositata in data 06.05.2019 si è costituito G.C. che ha chiesto “Voglia l’Ill.mo Tribunale adito, contrariis reiectis, rigettare l’opposizione, confermando il decreto ingiuntivo, e quindi: in via pregiudiziale: - accertare e dichiarare l’inefficacia della clausola n.12 del contratto di vendita; riconoscere quindi la giurisdizione del Tribunale adito; - dichiarare la provvisoria esecuzione del decreto ai sensi dell’art.648 c.p.c. in via principale:
- condannare la Omissis s.r.l. a restituire al G.C. l’acconto versato di € 4.850,00 (quattromilaottocentocinquanta/00, oltre a rivalutazione monetaria e interessi legali come per legge dalla mora (6/5/10 data di ricezione della prima racc.ta), pari ad € 969.07 fino ad oggi, oltre agli ulteriori maturandi sino all'effettivo saldo, e così un TOTALE DI € 5819,07 (cinquemila ottocento diciannove //07); - condannare la Omissis a rifondere le spese legali sia del monitorio sia della fase di opposizione”.
Autorizzato il deposito delle memorie ex art. 183 c 6 c.p.c., su richiesta delle parti, all’esito è stata concessa la provvisoria esecuzione del d.i. opposto e la causa è stata istruita mediante prove orali richieste dalle parti. All’esito la causa è stata da ultimo trattenuta in decisione all’udienza del 15.11.2022 con assegnazione dei termini di legge per il deposito di comparse conclusionali e repliche.
L’opposizione è infondata e va rigetta per quanto di seguito si esporrà.
In via preliminare va esaminata e respinta l’eccezione di difetto di giurisdizione del giudice ordinario adito per la presenza di una clausola arbitrale nel contratto di compravendita intercorso tra le parti. Deve sul punto rilevarsi in primis che destituita di pregio è l’eccepita tardività della difesa della parte opposta avendo questa instato per la sua declaratoria di nullità e/o inefficacia trattandosi di clausola vessatoria in contratto concluso con un consumatore con comparsa di costituzione e risposta depositata al di fuori del rispetto del termine di 20 giorni antecedente l’udienza. Deve infatti rammentarsi che, come noto, l’opposizione a decreto ingiuntivo dà luogo ad un ordinario giudizio di cognizione, nel quale il giudice deve accertare la fondatezza della pretesa fatta valere dall’opposto, che si atteggia quale attore da un punto di vista sostanziale. Ne consegue che la regola di ripartizione dell’onere della prova, in applicazione del principio generale di cui all’art. 2967 c.c., si atteggia in modo tale per cui la prova del fatto costitutivo del credito incombe sul creditore opposto che fa valere un diritto in giudizio ed ha quindi il compito di fornire gli elementi probatori a sostegno della propria pretesa mentre il debitore opponente da parte sua dovrà fornire la prova degli eventuali fatti impeditivi, modificativi o estintivi del diritto del credito (cfr. ex multiis, Cassazione civile, sez. I, 31 maggio 2007, n. 12765; Cassazione civile, sez. III, 24 novembre 2005 n. 24815; Cassazione civile, sez. I, 3 febbraio 2006, n. 2421): se solleva delle eccezioni volte a paralizzare la pretesa creditoria dell’opposto dovrà fornire la prova delle eccezioni sollevate.
La recente giurisprudenza di merito ha ribadito che “In caso di opposizione a decreto ingiuntivo, l’onere di provare la fondatezza di tale domanda incombe sul convenuto nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, in quanto attore sostanziale (nel caso in esame la società opposta non ha fornito la prova della sussistenza del diritto di credito vantato)” (cfr. Tribunale Roma, sez. X, 22/01/2015, n. 1434) e che “In tema di giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, in tema di onere della prova grava a chi fa valere un diritto in giudizio il compito di fornire gli elementi probatori a sostegno della propria pretesa, parte opposta deve dimostrare gli elementi costitutivi del credito azionata in sede sommaria, mentre l’opponente ha l’onere di contestarlo allegando circostanze estintive o modificative del medesimo o l’inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda” (cfr. Tribunale Arezzo, 11/01/2017, n. 34).
Ciò posto quindi appare evidente che la giurisprudenza citata dalla parte opponente in ordine alla necessità di tempestiva deduzione della clausola arbitrale ad opera del convenuto, non si attaglia al presente procedimento per la semplice considerazione che l’eccezione di difetto di giurisdizione e/o competenza non è sollevata dalla parte convenuta in senso formale che quindi tale onere non poteva avere. Nè la pretesa decadenza è riferibile al caso dell’eccepita violazione della predetta clausola del foro inderogabile del consumatore, posto che secondo giurisprudenza unanime essa è questione addirittura rilevabile d’ufficio (cfr. da ultimo Cass., 20 aprile 2022, n. 12541). Orbene, poiché neppure è contestato, nel caso in esame, che l’opposto sia un consumatore, deve rilevarsi che la clausola derogatoria della competenza/giurisdizione del tribunale ordinario adito, ove il medesimo ha la residenza, in sede monitoria è sicuramente vessatoria in quanto rientrante nella previsione di vessatorietà dell’art. 33 c. 2 del d.lgs. 206/05 (“cod. del consumo”), la cui elencazione non è tassativa ma esemplificativa, salvo prova contraria consistente, nella apposita negoziazione della medesima, per la quale non basta la specifica sottoscrizione ex art. 1341 e artt. 1342 c.c. (come nel caso in specie; v. Cass. N. 8628/2020).
Deve evidenziarsi che la circostanza che la citata disposizione non faccia espresso riferimento alle clausole arbitrali è irrilevante, posto, da un lato, che l’elencazione non è tassativa ma esemplificativa, dall’altro, che la norma colpisce l’effetto più che la tipologia di clausola ossia appunto l’introduzione di una deroga ad opera del professionista del foro del consumatore ossia il luogo ove questi ha la residenza o il domicilio. Deve poi rilevarsi che il contratto stipulato tra le parti è sicuramente stato predisposto unilateralmente dalla parte opponente, posto che esso consta di una offerta redatta dalla OMISSIS su sua carta intestata in favore del C. (v. doc. sub 1 opponente) corredata da “condizioni generali di vendita” parimenti unilateralmente formate dall’opponente e dal secondo semplicemente sottoscritte. Non vale a ritenere superata l’unilaterale predisposizione e la mancanza di specifica negoziazione della clausola in parola la circostanza che a penna siano state indicate le modalità di versamento del prezzo appunto in due tranche, posto che, si ripete, ciò vale a dimostrare la negoziazione delle modalità di pagamento del totale convenuto, ma non certo delle singole clausole ed in particolare di quella per cui è contesa. A ciò infine va aggiunto che parte opponente neppure ha formulato istanze istruttorie volte a dimostrare la specifica negoziazione della clausola in esame, limitandosi a inferire di avere la propria sede legale in San Marino e che il contratto fosse stato ivi concluso (ed a voler dimostrare tali fatti); circostanze che attengono, però, alla parte professionale del rapporto in esame e che non valgono a superare quanto innanzi rappresentato. Ne consegue che la clausola di cui all’art. 12 è violativa della disciplina del consumatore e va quindi dichiarata nulla, in guisa che l’eccezione di difetto di giurisdizione/competenza va respinta.
Passando al merito, deve rilevarsi che incontestato tra le parti è che esse hanno concluso un contratto di vendita (v. anche contratto ove tale è definito doc. 1 fasc. opponente) di serramenti, da posizionare nella abitazione del C., dal medesimo visionati in esposizione e che la consegna è stata rifiutata dall’acquirente, attesa una pretesa difformità tra quanto consegnato e quanto ordinato, posto che gli infissi forniti presentavano una parte di un ulteriore diverso colore (bianca) nella cornice interna, quindi apparendo tricolore e non bicolore. Lo stesso C. sentito in sede di interrogatorio formale ha dichiarato di non aver visionato la parte interna degli infissi essendosi limitato a osservare il colore esterno di quelli in esposizione (v. ud. Del 3.2.2020 ove testualmente riferisce “Cap. 3: Non è vero: vedemmo i campioni degli infissi solo nella parte esterna; non vedemmo la parte interna di colore diverso. Cap. 4: Non ero al corrente di queste caratteristiche che sono tecniche. Cap. 5: Noi avevamo visto solo gli infissi su campione di legno e abbiamo chiesto infissi di due colori”). Risulta poi incontestato tra le parti che il rifiuto della consegna sia dipeso dalla contestazione operata dall’opposto di una difformità tra quanto ordinato e quanto consegnato appunto perché i serramenti non erano bicolore ma tricolore.
Deve poi rilevarsi che nessuna delle parti ha domandato la risoluzione del contratto tra le medesime intercorso, dal momento che il C. ha dichiarato di agire ex art. 2033 c.c. per la restituzione dell’acconto versato sull’assunto della mancata esecuzione del contratto (v. p.3 comparsa di costituzione, mentre con la memoria ex art. 183 c 6 n. 1 c.p.c. parte opposta ha così concluso modificando le proprie precedenti richieste: “riconoscere quindi la giurisdizione del Tribunale adito; - accertare l’inadempimento della Omissis al contratto stipulato; - dichiarare la provvisoria esecuzione del decreto ai sensi dell’art.648 c.p.c. in via principale: - condannare la Omissis s.r.l. a restituire al sig.G.C. l’acconto versato di € 4.850,00 (quattromilaottocentocinquanta/00), al suo domicilio in Pistoia, via La Pira n.26, oltre a rivalutazione monetaria e interessi legali come per legge dalla mora (6/5/10 data di ricezione della prima racc.ta), oltre agli ulteriori maturandi sino all'effettivo saldo. - condannare la Omissis a rifondere le spese legali sia del monitorio sia della fase di opposizione”; senza quindi trarre la conseguenza della domanda di risoluzione del richiesto accertamento di inadempimento della OMISSIS) e la parte opponente ha dichiarato di agire sull’assunto del proprio esatto adempimento (neppure ha depositato la memoria ex art. 183 c 6 n. 1 c.p.c.). Ne consegue che in difetto della domanda di risoluzione del contratto in esame, dovendosi reputare che allo stato non sussistano condizioni di risoluzione automatica dello stesso neppure paventate, si sia configurato solo una consensuale volontà delle parti di non dare esecuzione al medesimo ulteriormente. Se così è – e non vi è dubbio per quanto sopra - non sussiste quindi più alcun titolo affinché la parte odierna opponente trattenga l’importo a titolo di acconto sul prezzo dei serramenti per cui è contesa, essendo tenuta alla sua restituzione. Sul punto va rimarcato che è irrilevante l’accertamento dell’inadempimento o della sua imputabilità posto che nessuna delle parti ha instato e per la risoluzione del contratto e per il risarcimento del danno connesso a tale inadempimento.
Alla stregua di tali considerazioni, l’opposizione è destituita di fondamento e va rigettata con integrale conferma del d.i. opposto che va dichiarato definitivamente esecutivo.
Le spese di lite seguono la soccombenza dell’opponente e vanno liquidiate, in presenza di notula, come in dispositivo in favore dell’opposto.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone:
1. Respinge l’opposizione e conferma il d.i. opposto che dichiara definitivamente esecutivo;
2. Condanna l’opponente alla refusione delle spese di lite dell’opposto liquidate in euro 5.969,00 per compensi professionali oltre rimborso forfettario al 15% ed accessori di legge.