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30 marzo 2023
Aggiudicazione dell'appalto: il meccanismo premiale fondato sulla parità di genere è legittimo
Lo ha chiarito il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio con sentenza 3873 dell'8 marzo 2023.
La Redazione
Il TAR Lazio rigettava il ricorso della società avverso gli atti riferiti alla gara d'appalto a cui aveva partecipato, di cui al bando pubblicato in G.U.R.I. in data 15 ottobre 2021.
In particolare, la società ricorrente aveva lamentato l'illegittimità dell'atto di aggiudicazione dell'appalto e della composizione della commissione aggiudicatrice per violazione di legge nella scelta dei criteri di valutazione, poiché fondati su meccanismi premiali volti a garantire la parità di genere. Tali criteri, secondo la ricorrente, non erano applicabili al caso di specie, in quanto si trattava di una gara non finanziata da fondi europei.
Sempre la società ricorrente sosteneva l'illegittimità della richiesta di sussistenzanel bandodi gara di un certo numero di donne in ruoli apicali e dell'assenza di verbali di discriminazione di genere, quale novità introdotta per la prima volta solo con l'art. 47, comma 4 del D.L. n. 77/2021 e solo nei confronti di gare relative a contratti pubblici PNRR e PNC. 
Secondo il TAR Lazio il ricorso è privo di fondamento, posto che ai sensi dell'art. 30, comma 1, D.Lgs. n. 50/2016 il principio di economicità può essere subordinato, nei limiti consentiti dalle norme vigenti e dal codice stesso, ai criteri previsti nel bando e ispirati a esigenze sociale. È poi lo stesso art. 95, comma 6 lettera a) del Codice dei Contratti a prevedere che, fra i criteri di valutazione di un'offerta, possa rientrare «la qualità, che comprende pregio tecnico, caratteristiche estetiche e funzionali, accessibilità per le persone con disabilità, progettazione adeguata per tutti gli utenti, certificazioni e attestazioni in materia di sicurezza e salute dei lavoratori, quali OSHAS 18001, caratteristiche sociali».
Pertanto, secondo il TAR, la scelta operata in sede di redazione del bando di gara di premiare i concorrenti che abbiano scelto di investire in misure volte ad eliminare discriminazioni fondate su ragioni di genere è assolutamente legittima ed esente da censure.
 
Per quanto concerne, poi, le procedure di selezione atte ad attribuire fondi europei, oltre allo stesso ordinamento comunitario, anche il nostro ordinamento vi ha di recente investito equivalenti strumenti di tutela. A tal proposito, il Tribunale Amministrativo per il Lazio ricorda che l'art. 34 del D.L. n. 36/2022 (conv. con modificazioni nella L. n. 79/2022), nell'estendere tale tutela anche alle gare diverse da quelle finanziate con risorse PNRR o PNC ex art. 47 del D.L. n. 77/2021, (conv. con modificazioni L. n. 108/2021), prevede quanto segue: «Compatibilmente con il diritto dell'Unione europea e con i princìpi di parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza e proporzionalità, le amministrazioni aggiudicatrici indicano nel bando di gara, nell'avviso o nell'invito i criteri premiali che intendono applicare alla valutazione dell'offerta in relazione al maggiore rating di legalità e di impresa, alla valutazione dell'impatto generato di cui all'articolo 1, comma 382, lettera b), della legge 28 dicembre 2015, n. 208, anche qualora l'offerente sia un soggetto diverso dalle società benefit, nonché per agevolare la partecipazione delle micro, piccole e medie imprese, dei giovani professionisti e delle imprese di nuova costituzione alle procedure di affidamento. Indicano altresì il maggiore punteggio relativo all'offerta concernente beni, lavori o servizi che presentano un minore impatto sulla salute e sull'ambiente, ivi compresi i beni o i prodotti da filiera corta o a chilometro zero, e l'adozione di politiche tese al raggiungimento della parità di genere comprovata dal possesso di certificazione della parità di genere di cui all'articolo 46-bis del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198». 
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