Sempre la società ricorrente sosteneva l'illegittimità della richiesta di sussistenzanel bandodi gara di un certo numero di donne in ruoli apicali e dell'assenza di verbali di discriminazione di genere, quale novità introdotta per la prima volta solo con l'
TAR Lazio, sez. V, sentenza (ud. 25 gennaio 2023) 8 marzo 2023, n. 3873
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
Con ricorso depositato il 5 luglio 2022 e ritualmente notificato, l’odierna ricorrente ha impugnato l’atto indicato in epigrafe domandandone l’annullamento, previa sospensione dell’efficacia.
Si sono costituite in giudizio la controinteressata e l’Amministrazione intimata, controdeducendo a quanto sostenuto nell’atto introduttivo e chiedendo il rigetto del ricorso.
Con ordinanza nr. 5153 del 3 agosto 2022 è stata rigettata la domanda cautelare avuto riguardo alla “disciplina di derivazione eurounitaria in materia di parità di genere; alle previsioni di cui agli artt. 30 e 95 D.lgs. 50/2016 quanto al perseguimento di obiettivi di natura sociale; nonché alla prassi già diffusa a livello regionale, come testimonia la decisione n.7 del 6 marzo 2020”.
All’udienza del 25 gennaio 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.
Il ricorso è infondato e deve essere respinto.
L’odierna ricorrente ha partecipato alla gara d’appalto di cui al bando pubblicato in G.U.R.I. in data 15 ottobre 2021, suddivisa in 4 lotti, concernente - con riferimento al presente giudizio – l’affidamento dei “Servizi di Vigilanza Armata e Guardiania Policlinico Umberto I” per la durata di 12 mesi, del valore complessivo a base d’asta pari a € 11.883.867,00.
Nel caso in esame la ricorrente ha lamentato la violazione di legge nella scelta dei criteri di valutazione, nonché la violazione di legge nella composizione della commissione.
In particolare, la ricorrente ha sostenuto che i criteri utilizzati dalla stazione appaltante per l’attribuzione del relativo punteggio - con particolare riferimento alla previsione di meccanismi atti ad assicurare al c.d. parità di genere-, non dovrebbero trovare applicazione nel caso in esame, trattandosi di gara non finanziata con fondi europei (non dovrebbe quindi trovare applicazione, a detta della ricorrente, la disciplina corrispondente sovranazionale).
Inoltre, la società ha dedotto l’illegittimità della nomima della commissione aggiudicatrice, in quanto non formata da soggetti sorteggiati, bensì soggetti candidatisi spontaneamente.
Con riferimento al primo motivo di ricorso deve essere osservato quanto segue.
Il ricorrente ha sostenuto che la richiesta sussistenza nel bando di gara di percentuali di donne in ruoli apicali e l’assenza di verbali di discriminazione di genere sarebbero illegittimi, poiché la facoltà di inserire requisiti di tal genere all’interno di bandi volti all’affidamento di contratti pubblici è stata introdotta – per la prima volta – con l’art. 47, comma 4 (“Pari opportunità e inclusione lavorativa nei contratti pubblici, nel PNRR e nel PNC”) del d.l. n. 77/2021 (c.d. “Decreto Semplificazioni Bis”, convertito con modificazioni in legge 29 luglio 2021, n. 108) e quindi solo in relazione a gare relative a contratti pubblici PNRR e PNC: poiché, quindi, la procedura di gara non era finanziata da fondi europei, la stazione appaltante non avrebbe potuto inserire i suddetti criteri premiali.
Tale assunto è privo di fondamento.
Invero, ai sensi dell’art. 30 comma 1 del d.lgs. n. 50/2016 il principio di economicità può essere subordinato, nei limiti in cui è espressamente consentito dalle norme vigenti e dal presente codice, ai criteri, previsti nel bando, ispirati a esigenze sociali.
Inoltre, è lo stesso articolo 95, comma 6 lettera a) del Codice dei Contratti ad aver previsto che, fra i criteri di valutazione di un’offerta, possa rientrare “la qualità, che comprende pregio tecnico, caratteristiche estetiche e funzionali, accessibilità per le persone con disabilità, progettazione adeguata per tutti gli utenti, certificazioni e attestazioni in materia di sicurezza e salute dei lavoratori, quali OSHAS 18001, caratteristiche sociali”.
La scelta compiuta in sede di redazione del bando di gara di premiare i concorrenti che abbiano investito sulle misure atte a scongiurare discriminazioni fondate su ragioni di genere è quindi senz’altro legittima ed esente da censure.
Se, come ricordato dalla stessa ricorrente, nel caso di procedure di selezione atte all’attribuzione di fondi europei è lo stesso ordinamento comunitario a prevedere tali meccanismi premiali, è pur vero che l’ordinamento interno ha di recente investito in equivalenti strumenti di tutela.
In questo senso, deve essere menzionata la previsione di cui all’art. 34 del d.l. n. 36 del 30 aprile 2022, convertito con modificazioni dalla legge 29 giugno 2022, n. 79, che ha modificato gli articoli 93 e 95 del d.lgs. n. 50/2016, estendendo detta tutela anche alle gare diverse da quelle finanziate con risorse PNRR o PNC ex art. 47 del d.l. 31 maggio 2021, n. 77, convertito con modificazioni dalla legge 29 luglio 2021, n. 108 (“Compatibilmente con il diritto dell’Unione europea e con i princìpi di parità di trattamento, non discriminazione, trasparenza e proporzionalità, le amministrazioni aggiudicatrici indicano nel bando di gara, nell’avviso o nell’invito i criteri premiali che intendono applicare alla valutazione dell’offerta in relazione al maggiore rating di legalità e di impresa, alla valutazione dell’impatto generato di cui all’articolo 1, comma 382, lettera b), della legge 28 dicembre 2015, n. 208, anche qualora l’offerente sia un soggetto diverso dalle società benefit, nonché per agevolare la partecipazione delle micro, piccole e medie imprese, dei giovani professionisti e delle imprese di nuova costituzione alle procedure di affidamento. Indicano altresì il maggiore punteggio relativo all’offerta concernente beni, lavori o servizi che presentano un minore impatto sulla salute e sull’ambiente, ivi compresi i beni o i prodotti da filiera corta o a chilometro zero, e l'adozione di politiche tese al raggiungimento della parità di genere comprovata dal possesso di certificazione della parità di genere di cui all'articolo 46-bis del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198”).
Alla luce della richiamata disciplina l’impugnato provvedimento è legittimo.
Quanto alla lamentata illegittimità della nomina della commissione di gara, risulta che con nota prot. 927203 del 12 novembre 2021, è stato chiesto alle Direzioni regionali di voler individuare, tra il personale a propria disposizione, uno o più soggetti ritenuti esperti nel settore della contrattualistica pubblica in possesso dei requisiti e delle competenze richieste per ricoprire il ruolo di membro della Commissione giudicatrice.
Sono stati individuati due nominativi a cui la stessa Direzione Centrale Acquisti ha quindi aggiunto un terzo funzionario esperto nel settore, con conseguente provvedimento di nomina della commissione.
Tale provvedimento pubblicato regolarmente nella apposita sezione e corredato dai curricula dei membri, è conforme ai canoni di competenza e trasparenza, di cui agli artt. 77 e 216 co. 12 del d.lgs. n. 50/2016.
Per le ragioni che precedono il ricorso deve essere rigettato in quanto infondato.
Le spese processuali seguono il criterio di soccombenza e liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese processuali in misura pari a € 2.000 oltre interessi in favore di ciascuna parte costituita.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.