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28 aprile 2023
Può essere riconosciuto l’assegno di natalità all’extracomunitario che è solo di passaggio in Italia?
Alla luce della recente sentenza della Corte costituzionale n. 54/2022, la risposta al quesito deve dirsi affermativa, poiché altrimenti si andrebbe a sacrificare la finalità propria della misura, oltre che a violare il principio della parità di trattamento.
La Redazione

La Corte d'Appello di Roma respingeva il gravame proposto dall'INPS e confermava la pronuncia con la quale il Tribunale aveva dichiarato il carattere discriminatorio del diniego dell'assegno di natalità alla richiedente poiché priva del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo.
Contro tale decisione, l'INPS propone ricorso per cassazione, asserendo di non aver posto in essere alcuna condotta antigiuridica per avere applicato la normativa nazionale. In tale contesto, secondo l'INPS non sarebbe coerente l'attribuzione dell'assegno anche a chi si trovi transitoriamente sul territorio della Repubblica.

Con l'ordinanza n. 9305 del 4 aprile 2023, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso, richiamando la recente sentenza n. 54/2022 con la quale la Corte costituzionale ha affermato che la disciplina sull'assegno di natalità nella formulazione applicabile ratione temporis violava gli artt. 3, 31 e 117, comma 1, in relazione all'art. 34 Carta di Nizza, Cost., nella parte in cui escludeva la concessione del beneficio ai cittadini di Paesi terzi che siano stati ammessi nello Stato per fini lavorativi nonché coloro che siano stati ammessi per fini diversi dall'attività lavorativa a norma del diritto europeo o nazionale, ai quali sia consentito lavorare e che siano in possesso di un permesso di soggiorno ai sensi del regolamento (CE) n. 1030 del 2002.
L'assegno di natalità, infatti, fronteggia una situazione di bisogno particolare perché è volto a rimuovere gli ostacoli economici e sociali che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza tra i cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona.
Secondo la Consulta, dunque, è irragionevole, oltre che discriminatoria, la scelta di imporre, per fruire della misura, la titolarità del permesso di soggiorno in corso di validità da almeno 5 anni, il possesso di un reddito non inferiore all'importo annuo dell'assegno sociale e la disponibilità di un alloggio idoneo, perché privi di attinenza con la finalità del beneficio.

In ossequio a tale decisione, la limitazione cui l'INPS fa riferimento nel ricorso (la titolarità di un permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo) è stata ormai rimossa dall'ordinamento, pertanto è priva di efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza n. 54/2022.
Di conseguenza, il ricorso è rigettato.

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