Secondo il nuovo principio affermato dalla Cassazione, tale soggetto non può chiedere all'assuntore del concordato il pagamento della differenza tra l'intero credito e la quota residua ridotta in percentuale per effetto dei pregressi riparti che il proponente si era obbligato a corrispondere a tutti i creditori chirografari.
L'assuntrice del concordato omologato fallimentare di una società notificava ad una banca un atto di precetto precisando che la stessa, risultata soccombente nel giudizio di revocatoria fallimentare, era tenuta alla restituzione in favore dell'assuntore del concordato di una somma «pari alla percentuale riconosciuta agli atri creditori...
Svolgimento del processo
1. B. spa in liquidazione (di seguito denominata per brevità «B.»), assuntrice del concordato fallimentare di F. spa in Amministrazione Straordinaria, omologato in data 12/3/2010, notificava l’11/1/2012 a UniCredit Credit Managment Bank spa, (che aveva incorporato Banco di Roma spa e che successivamente diverrà Unicredit spa) atto di precetto per l’importo di € 21.188,45 precisando: a) che la Banca era risultata soccombente nel giudizio di revocatoria fallimentare della rimessa di lire 53.975.013 affluita sul conto corrente in essere presso la Banca di Roma spa promosso dall’Amministrazione Straordinaria e conclusosi con la pronuncia della Corte di Cassazione che, annullando la sentenza della Corte di Appello di Torino, aveva fatto rivivere la sentenza della Tribunale di Biella di revoca della rimessa bancaria e di condanna l’istituto di credito al pagamento in favore della procedura della somma di € 27.875,77; b) che, quindi, la Banca era tenuta alla restituzione, in favore dell’assuntore del concordato, del suindicato importo maggiorato degli interessi e delle spese legali e detratta la somma, pari ad € 8.215,13, che costituiva il credito di rivalsa ex art. 71 l.fall. (nella versione ratione temporis applicabile), pari alla percentuale riconosciuta agli altri creditori chirografari (99,9%) calcolata sul residuo non ancora soddisfatto del 29,50%, atteso che i creditori chirografari erano già stati pagati in misura del 70,50% per effettuo di tre riparti intervenuti anteriormente alla proposta di concordato fallimentare.
1.1 La Banca proponeva opposizione al precetto assumendo che l’importo da dedurre al credito dell’assuntore ammontava alla maggior somma € 27.847,89 risultante dall’applicazione della percentuale concordataria del 99,9% da applicarsi sull’intero intero credito di rivalsa.
2 Il Tribunale di Biella accoglieva l’opposizione condividendo il criterio di calcolo prospettato dall’opponete; sull’impugnazione di B., la Corte di Appello di Torino ha accolto l’appello ed, in riforma della sentenza di primo grado, ha rigettato l’opposizione proposta dall’istituto di credito.
2.1 La Corte ha rilevato, per quanto di interesse in questa sede, che la Banca soccombente nel giudizio di revocatoria fallimentare, una volta restituito quanto ricevuto, poteva insinuarsi tardivamente nel passivo della procedura per il recupero di quanto versato ex art. 71 l fall. scontando la regola generale prevista dall’art 112 l fall e, quindi, partecipando solo ai riparti successivi alla sua insinuazione.
2.2 La terza revocata, pertanto, non aveva diritto a partecipare ai tre riparti che avevano pagato i creditori chirografari per una percentuale complessiva del 70,50% dei loro crediti, ma concorreva solo per la percentuale concordataria promessa dal terzo assuntore pari al 99,9% sul residuo credito del 29,50%.
3 Unicredit spa ha proposto ricorso per Cassazione affidandosi a due motivi; B. Gestioni SGR spa ha svolto difese mediante controricorso illustrato con memoria.
Motivi della decisione
1 Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di norme di diritto (ex art. 360 comma 1 nr 3 cpc) in relazione all’art 112 cpc “principio di corrispondenza tra il chiesto e il giudicato”, con conseguenziale nullità della sentenza (art. 360 comma nr 4 cpc); si sostiene che la sentenza avrebbe travisato e travalicato i limiti dell’appello proposto da B. che con l’unico motivo di gravame, a dire della banca, aveva chiesto la revisione della sentenza di primo grado contestando in radice la sussistenza del credito di rivalsa ex art. 71 l.fall non essendosi la banca, soccombente in revocatoria, insinuata nel passivo dell’amministrazione straordinaria della società F. di cui B. si era resa assuntore.
2 Il motivo è infondato.
2.1 L’impugnata sentenza ha dato conto, in maniera esaustiva e condivisibile, delle ragioni per le quali è stato ritenuto che il motivo di appello investisse la decisione di primo grado anche nella parte in cui aveva riconosciuto il diritto della banca ad ottenere il pagamento di quanto versato in dipendenza del positivo esperimento, da parte della procedura, dell’azione revocatoria nella percentuale concordataria, da applicare non sull’intero credito ma sulla quota residua del 29,50%.
2.2 La Corte ha, infatti, affermato che l’appellante, chiedendo espressamente il rigetto dell’opposizione all’atto di precetto, dove si riconosceva il diritto della banca ad essere soddisfatta nella misura del 99,9% del 29,50%, altro non ha fatto che far valere l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha accertato la sussistenza del credito della Banca in percentuale maggiore rispetto a quella da essa applicata, «con conseguente sussistenza del motivo di impugnazione sul punto e ciò indipendentemente dal fatto che, per conseguire il risultato richiesto, B. tratti diffusamente e principalmente la questione afferente la qualità o meno di Unicredit di creditore in rivalsa ex art 71 l fall.».
2.3 Orbene, è pur vero che secondo l’orientamento di questa Corte, indicato dal ricorrente, l'interpretazione della domanda è operazione riservata al giudice del merito, il cui risultato non è censurabile in sede di legittimità (a meno che non vi sia un errore traducibile in un vizio del ragionamento logico decisivo, rilevabile dal contenuto della domanda, idoneo a determinare un vizio attinente alla individuazione del "petitum"), ma nel caso di specie di specie la Corte distrettuale ha escluso ogni violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, dedotta come vizio di nullità processuale ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 proprio sulla scorta dell’esame delle conclusioni rassegnate dalla B. nel giudizio di primo grado dove veniva chiesta la conferma del precetto che aveva quantificato il credito di rivalsa della Banca nella minore somma di € 8.215,13 rispetto all’importo da quest’ultima conteggiato in € 27.847,89) sicché, in buona sostanza, la questione controversa si riduceva «alla quantificazione del credito di rivalsa nei confronti del terzo assuntore del concordato fallimentare della Banca soccombente nell’azione revocatoria promossa dalla società F. spa in amministrazione straordinaria».
3. Con il secondo motivo la Banca deduce violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art 360 1 comma nr 3 cpc) in relazione agli artt. 70,112 e 135 l.fall. nonché all’art. 1321 cc, anche in combinato disposto tra loro, con conseguenziale nullità della sentenza o del procedimento (art. 360 1 comma nr 4 cpc); la Corte di Appello non avrebbe valutato appieno la portata dell’assunzione del concordato fallimentare che non prevedeva alcuna limitazione dell’obbligo del pagamento dell’assuntore ai creditori insinuati al momento dell’omologa; la sentenza, inoltre, avrebbe fatto una scorretta lettura dell’art. 71 l.fall. (il contenuto è stato trasfuso nel secondo comma dell’art 70 l.fall.) non considerando che il ritardo nella richiesta della banca di partecipazione ai riparti precedenti era dipeso dalla durata del procedimento di revocatoria fallimentare e, quindi, da una causa non imputabile; infine, sarebbe violato il principio, sancito dall’art 135 l.fall., dell’obbligatorietà del concordato per tutti i creditori, ivi compresi quelli non insinuati nel passivo al momento dell’omologa del concordato.
3.1 Il motivo è in parte inammissibile ed in parte infondato.
3.2 In particolare il primo e il terzo profilo della censura non si confrontano con il decisum; la Corte non ha affatto sottratto il credito di rivalsa della banca dall’ambito applicativo degli obblighi di pagamento assunti dal B. con la proposta concordataria.
3.3 Al riguardo i giudici di seconde cure hanno evidenziato, alle pagine 10 e 11 della sentenza, che il proponente si era avvalso della facoltà di cui all’art 124, 4 comma l.fall di limitare gli impegni assunti con il concordato, con il pagamento del 99%, ai soli creditori ammessi al passivo, anche provvisoriamente, per l’importo residuo, tenuto conto dei riparti, e quindi per il 29,50%; la proposta concordataria disciplinava espressamente anche la sorte dei crediti di rivalsa prevedendo l’accollo «ogni onere relativo all’eventuale pagamento nella percentuale concordataria delle banche convenute, ricollegabile all’esercizio del diritto di rivalsa ai sensi dell’art.71 l.fall., e ciò a fronte del trasferimento a favore di B. delle cause civili pendenti aventi ad oggetto le azioni revocatorie fallimentari, ivi compresa quella contro la Banca di Roma spa».
3.4 Ciò premesso e venendo alla quantificazione dell’importo del credito che la banca da diritto di compensare con il controcredito fatto valere da B., in qualità di cessionaria dell’azione di revocatoria fallimentare vittoriosamente esperita contro la banca, il nucleo della doglianza di parte ricorrente si incentra sulla sussistenza della asserita causa di non imputabilità alla banca nell’aver fatto valere il proprio credito di rivalsa dopo che erano stati effettuati tre riparti, grazie ai quali i creditori chirografari avevano ottenuto il pagamento nella percentuale complessiva del 70,50%.
3.5 Al riguardo va segnalato l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, richiamato dalla impugnata sentenza, secondo il quale «in tema di partecipazione al riparto dell'attivo fallimentare dei creditori tardivi, la l. fall., art. 71, non configura una ipotesi di accertamento ex lege della non imputabilità al creditore del ritardo nella insinuazione al passivo, atteso che ciò - risolvendosi nell'assunto della specialità dei crediti concorsuali nascenti dall'esito positivo della revocatoria e, quindi, della retroattività assoluta della loro insinuazione, con effetto dirompente sull'attività di accertamento del passivo e di riparto dell'attivo - è privo di riscontro nel sistema, il quale, se non considera illecita la prestazione del fallito soggetta a revocatoria, non apprezza, però, nella posizione del convenuto soccombente in revocatoria, ragioni meritevoli di particolare tutela» (cfr. Cass. n. 10578/2004 e 8977/2019).
3.6 A ben vedere, la questione dell’imputabilità del ritardo non riveste rilievo dirimente nella presente controversia poiché la Banca ha fatto valere la propria pretesa non già nei confronti della procedura ma dell’assuntore; quest’ultimo, come sopra si è visto, si è impegnato a fornire la provvista per il pagamento, nella misura del 99,9% dei creditori chirografari residui (pari al 29,50% del crediti) e, secondo quanto insindacabilmente accertato dalla sentenza, ha promesso la medesima percentuale di pagamento (99,9% del 29,50% del credito) anche ai terzi revocati garantendo loro lo stesso trattamento riservato ai creditori chirografari.
3.7 La differenza tra il credito soddisfatto dal terzo nella percentuale del 99,9% sul 20,50% e la residua parte del credito, a prescindere dalla sussistenza o meno della causa di imputabilità al creditore dell’insinuazione tardiva, segue la sorte dei creditori non insinuati e anteriori all’amministrazione straordinaria; di esso. quindi, ne risponde la società in amministrazione straordinaria, salvi gli effetti della esdebitazione ex art 142 l.fall.
3.8 Può essere quindi enunciato il seguente principio di diritto “in tema di procedure concorsuali, nell’ipotesi di concordato fallimentare con assunzione nel quale il proponente si sia obbligato a pagare i creditori chirografari e gli eventuali terzi revocati in misura non superiore alla percentuale residua spettante ai creditori chirografari per effetto di pregressi piani di riparto (nella specie, il 29,50%), il creditore di regresso, soccombente nel giudizio di revocatoria fallimentare, non può chiedere all’assuntore del concordato il pagamento della differenza tra l’intero credito e la quota residua ridotta in percentuale per effetto dei pregressi riparti che il proponente si era obbligato a corrispondere a tutti i creditori chirografari “.
4 Conclusivamente il ricorso va rigettato
5 Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 3.200 di cui € 200 per esborsi, oltre a spese forfettarie nella misura del 15 %, IVA e CAP.
Ai sensi dell’art.13, comma 1-quater del d.p.r. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso per cassazione, a norma del comma 1-bis dello stesso art.13