Svolgimento del processo
La Prefettura di Udine notificava al ricorrente, in data 5 luglio 2022, il decreto contraddistinto dal nr. cat. A12/2021/nr. 128, di pari data, con il quale gli intimava l'espulsione immediata dal territorio nazionale.
La istante, al fine di supportare la propria richiesta, affermava che:
- il ricorrente era entrato nel territorio nazionale sottraendosi ai controlli di frontiera e aveva presentato domanda per il riconoscimento della protezione internazionale;
- la Commissione Territoriale di Udine, il 24 aprile 2022, aveva esaminato e respinto la domanda, dichiarandola manifestamente infondata;
- avverso tale decisione il ricorrente aveva proposto impugnazione innanzi al Tribunale di Trieste, senza chiedere la sospensione dell'efficacia del provvedimento impugnato, on0e egli era privo di un titolo che legittimasse il suo soggiorno nel nostro Paese.
Il signor H proponeva opposizione avverso il provvedimento di espulsione, dando atto che corrispondeva al vero che la Commissione Territoriale di Udine, il 24 aprile 2022, avesse esaminato e respinto la domanda volta ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale, dichiarandola manifestamente infondata, tuttavia precisava di aver tempestivamente proposto opposizione, il 9 giugno 2022, avverso tale decisione, innanzi al Tribunale cli Trieste di aver formulato istanza di sospensione dell'efficacia del provvedimento impugnato.
Il ricorrente soggiungeva di aver formulato l'istanza di sospensiva con att0 separato rispetto al ricorso ex art. 737 c.p.c., ritualmente dep0sitata nel fascicolo telematico del procedimento iscritto al nr. RG 1876/2022 del Tribunale di Trieste e che, alla data in cui proponeva opposizione avverso il provvedimento prefettizio di espulsione (20 luglio 2022), il Collegio non si era ancora pronunciato sull'istanza cautelare.
Il ricorrente lamentava, poi, che il provvedimento di espulsione non era stato tradotto in una lingua da lui conosciuta e invocava, infine, l'applicabilità del principio di non refoulement, in forza della tutela riconosciuta ai e.ci. "migranti/profughi ambientali".
In data 11 agosto 2022 il Tribunale di Trieste pronunciava decreto con il quale sospendeva l'efficacia esecutiva del decreto di rigetto della Commissione Territoriale.
Il 2 settembre 2022 innanzi al Giudice di Pace di Udine, nell'udienza fissata per la comparizione delle parti, il ricorrente ha dimesso copia del sovrascritto decreto, mentre la Prefettura ha dimesso il decreto con il quale ha revocato, in autotutela, il proprio decreto è:li espulsione. L'8 settembre 2022 il Giudice di Pace, sciogliendo la riserva, pronunciava ordinanza con la quale dichiarava cessata la materia del contendere e compensava le spese di lite: «rilevato che la Prefettura UTG, nelle more ha revocato il decreto di espulsione impugnato (cfr. provvedimento dd. 29/8/22) dichiara cessata la materia del contendere compensa le spese di lite attesa la peculiarità della materia»
H ha presentato ricorso per cassazione con un motivo.
L'amministrazione intimata ha depositato soltanto "nota per partecipazione all'udienza pubblica".
Il ricorrente deduce:
1. Violazione o falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. per non aver il Giudice di pace, tenuto conto della soccombenza virtuale della prefettura, condannato l'amministrazione alla rifusione delle spese di lite e per aver il Giudice di pace compensato le spese di lite in assenza di soccombenza reciproca, di assoluta novità della questione trattata, di mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti, avendo il Giudice di pace, con mera motivazione apparente, fatto un generico richiamo alla peculiarità della materia. L'articolo 91 c.p.c. stabilisce che il pagamento delle spese processuali grava sulla parte soccombente, la quale è tenuta a rifonderle alla controparte vittoriosa.
La regola della soccombenza, quale tecnica per il riparto delle spese giudiziali, concorre a realizzare la pienezza ed effettività del diritto di azione e di difesa, costituzionalmente garantito dall'articolo 24 della Costituzione.
1.1 Il motivo è fondato. In tema di spese processuali, il sindacato della Corte di cassazione, ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le stesse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, per cui vi esula, rientrando nel potere discrezionale del giudice di merito, la valutazione dell'opportunità di compensarle in tutto o in parte, sia nell'ipotesi di soccombenza reciproca che in quella di concorso di altri giusti motivi (Cass., n. 24502/2017; Cass., n. 8421/2017). In particolare, il potere del giudice di disporre la compensazione delle stesse per soccombenza reciproca ha quale unico limite quello di non poter porne, in tutto o in parte, il carico in capo alla parte interamente vittoriosa, poiché ciò si tradurrebbe in un'indebita riduzione delle ragioni sostanziali della stessa, ritenute fondate nel merito (Cass., n. 10685/2019). Ne consegue che la compensazione, non ponendo il carico delle spese - neppure in parte - a carico della parte vittoriosa, non si traduce nella violazione dell'art. 91 c.p.c., restando nella discrezionalità del giudice dr merito, purchè la statuizione sia motivata sul punto, disporre la compensazione delle spese del giudizio. E tali principi si applicano anche nel caso - ricorrente nella specie - della cessazione della materia del contendere.
Va - per vero - osservato che la cessazione della materia del contendere, che sopravvenga nel corso del processo, non esime il giudice dal provvedere sulle spese dell'intero giudizio, anche in difetto di istanza di parte, valutando, al riguardo, se sussistano giusti motivi di totale o parziale compensazione, sui quali il giudicante deve adeguatamente motivare, ovvero addossando dette spese all'una o all'altra parte secondo il criterio della soccombenza virtuale (Cass., n. 11494/2004; Cass., n. 3148/2016). Orbene, in tema di spese giudiziali, le «gravi ed eccezionali ragioni», da indicarsi esplicitamente nella motivazione, che ne legittimano la compensazione totale o parziale (oggi reintrodotte, nel testo vigente dell'art. 92 c.p.c., da C. Cost. 77/2018) devono riguardare specifiche circostanze o aspetti della controversia decisa, non potendosi ritenere sufficiente, per derogare il principio della soccombenza, il mero riferimento alla «peculiarità della materia del contendere>> (Cass., n. 22310/2017; Cass., n. 11411/2016; Cass., n. 11217/2016; Cass., n. 14546/2015).
Nel caso di specie, la motivazione del Gdp è, per l'appunto, inammissibilmente limitata alla sola «peculiarità della materia». Per contro, l'oggettiva opinabilità delle questioni affrontate o l'oscillante soluzione ad esse data in giurisprudenza- varrebbe ad integrare la suddetta nozione, se ed in quanto sia sintomo di un atteggiamento soggettivo del soccombente, ricollegabile alla considerazione delle ragioni che lo hanno indotto ad agire o resistere in giudizio (Cass., n. 7992/2022). Ma siffatta motivazione non è in alcun modo contenuta nel provvedimento impugnato.
2. L'ordinanza impugnata va pertanto cassata, in relazione alla censura accolta, con rinvio al giudice indicato in dispositivo, il quale si atterrà al principio di diritto sopra indicato e provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa l'ordinanza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia al Giudice di Pace di Udine, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.