|
Tizio proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo con cui le era stato ingiunto di pagare la somma del procedimento monitorio. Deduceva che il credito ingiunto era errato nell'ammontare, poiché parte ingiungente non aveva tenuto conto di due pagamenti effettuati in contanti chiedendo, infine, la revoca del decreto ingiuntivo oggetto di opposizione. Costituendosi in giudizio, parte opposta aveva chiesto il rigetto della avversa opposizione poiché infondata in fatto e in diritto. Nel corso del giudizio, nella comparsa conclusionale |
|
Secondo la legge ( |
|
Nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo – che non è limitato alla verifica delle condizioni di ammissibilità e di validità del decreto, ma si estende all'accertamento dei fatti costitutivi, modificativi ed estintivi del diritto in contestazione con riferimento alla situazione esistente al momento della sentenza – la cessazione della materia del contendere verificatasi successivamente alla notifica del decreto, in conseguenza di un fatto estintivo del fondamento della pretesa azionata o che comunque comporti la carenza sopravvenuta di interesse, travolge necessariamente anche la pronunzia (di merito e suscettibile di passare in giudicato) resa nella fase monitoria, che pertanto deve essere revocata da parte del giudice dell'opposizione, senza che rilevi in contrario l'eventuale posteriorità dell'accertato fatto estintivo al momento dell'emissione della ingiunzione (Cass., Sez. II, 10 aprile 2014, n. 8428). Premesso ciò, la statuizione sulla cessazione della materia del contendere comporta l'obbligo per il giudice di provvedere sulle spese processuali del giudizio secondo il principio della soccombenza virtuale, salva la facoltà di disporne motivatamente la compensazione, totale o parziale ai sensi dell' |
|
Parte opponente eccepiva di aver effettuato due pagamenti in contanti di cui parte opposta non aveva tenuto conto nel corpo dell'ingiunzione; viceversa, se questi fossero stati debitamente tenuti da conto, secondo la prospettazione di parte opponente, il quantum ingiunto sarebbe stato sensibilmente inferiore. Ebbene, in proposito, il giudice precisa che il giudizio ordinario di opposizione a decreto ingiuntivo è un giudizio di cognizione piena. Di norma, nel giudizio di opposizione il creditore opposto deve fornire la prova del credito; il debitore, invece, dei fatti modificativi o estintivi del medesimo. Nel caso di specie, la pretesa creditoria non era contestata nell'an, quanto piuttosto nel suo ammontare: parte opponente eccepiva un avvenuto pagamento parziale in contanti, quindi un fatto modificativo dell'altrui pretesa. Tuttavia, si limitava alla mera affermazione di questo, senza riuscire a fornire alcuna prova sul punto: non risultava in atti alcuna quietanza di pagamento, e la circostanza in esame era fermamente disconosciuta da parte opposta. Pertanto, non sarebbe stato possibile accogliere l'eccezione in esame. Quindi, ove non si fosse verificata la cessazione della materia del contendere, l'opposizione sarebbe stata inesorabilmente rigettata, per le ragioni fin qui succintamente esposte. In conclusione, alla luce delle considerazioni esposte, per quanto fino ad ora affermato e sulla scorta del principio della “soccombenza virtuale”, è stato posto a carico dell'opponente il pagamento delle spese di giudizio comprensive della fase del monitorio. |
Tribunale di Catanzaro, sez. II Civile, sentenza 1° agosto 2024, n. 1586
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
1. Parte_1 ha proposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 502/2016, con cui le è stato ingiunto di pagare, in favore di Controparte_1 la somma di € 7.432,54 oltre interessi e spese del procedimento monitorio.
Ha dedotto che il credito ingiunto fosse errato nell’ammontare, poiché parte ingiungente non avrebbe tenuto conto di due pagamenti effettuati in contanti (in specie, di € 1.200,00 e di € 1.700,00) chiedendo, infine, la revoca del decreto ingiuntivo oggetto di opposizione.
Si è costituito Controparte_1 chiedendo il rigetto della avversa opposizione poiché infondata in fatto e in diritto.
Sennonché, nella comparsa conclusionale ex art. 190 c.p.c., parte opponente ha dato atto di aver corrisposto quanto dovuto in esecuzione del decreto ingiuntivo opposto, e dunque ha chiesto di dichiarare cessata la materia del contendere, con compensazione delle spese di giudizio.
Pur non disconoscendo l’avvenuto pagamento, Controparte_1 ha comunque chiesto di pronunciarsi nel merito della controversia, dichiarando la soccombenza di Parte_1 ai fini della regolazione delle spese di lite.
2. Ciò premesso, occorre pronunciare sentenza di cessata materia del contendere, con conseguente revoca del decreto ingiuntivo.
Ed invero, con specifico riferimento alla opposizione a decreto ingiuntivo, la prevalente giurisprudenza di legittimità, cui questo Giudice intende prestare adesione, non ravvisando valide ragioni per discostarsene, ha affermato che nel relativo giudizio – che non è limitato alla verifica delle condizioni di ammissibilità e di validità del decreto, ma si estende all’accertamento dei fatti costitutivi, modificativi ed estintivi del diritto in contestazione con riferimento alla situazione esistente al momento della sentenza – la cessazione della materia del contendere verificatasi successivamente alla notifica del decreto, in conseguenza di un fatto estintivo del fondamento della pretesa azionata o che comunque comporti la carenza sopravvenuta di interesse, travolge necessariamente anche la pronunzia (di merito e suscettibile di passare in giudicato) resa nella fase monitoria, che pertanto deve essere revocata da parte del giudice dell’opposizione, senza che rilevi in contrario l’eventuale posteriorità dell’accertato fatto estintivo al momento dell’emissione della ingiunzione (Cass., Sez. II, 10 aprile 2014, n. 8428).
3. Ai fini della regolazione delle spese di lite, occorre avvalersi del criterio della soccombenza virtuale, che impone di avere riguardo alla “normale” probabilità di accoglimento della pretesa di parte sulla base di criteri di verosimiglianza.
Al riguardo, va evidenziato che Parte_1 ha eccepito di aver effettuato due pagamenti in contanti di cui parte opposta non avrebbe tenuto conto nel corpo dell’ingiunzione; viceversa, se questi fossero stati debitamente tenuti da conto, secondo la prospettazione di parte opponente, il quantum ingiunto sarebbe stato sensibilmente inferiore.
Ebbene, giova rammentare che il giudizio ordinario di opposizione a decreto ingiuntivo è un giudizio di cognizione piena.
In questi termini si è espressa la giurisprudenza di merito: “L’opposizione a decreto ingiuntivo introduce un ordinario giudizio di cognizione, che non costituisce un autonomo e distinto procedimento rispetto alla fase monitoria, bensì un’ulteriore fase a cognizione piena ed in contraddittorio tra le parti. Da tale premessa derivano due corollari: sotto il profilo sostanziale, la qualità di attore è propria del creditore che ha richiesto l’ingiunzione, con la conseguenza che, in base ai principi generali in materia di prova, incombe a lui l’onere di provare l’esistenza del credito, mentre spetta invece all’opponente quello di provarne i fatti estintivi, modificativi o impeditivi; in secondo luogo, sotto il profilo processuale, il giudice dell’opposizione non sarà chiamato a valutare solo la sussistenza delle condizioni di legge per l’emanazione del d.i., ma dovrà altresì verificare la fondatezza o meno della pretesa creditoria dell’attore opposto sulla base dell’intero materiale probatorio acquisito in corso di causa” (cfr. Trib. Ravenna, sez. I, 11.05.2021, n. 357).
Di norma, nel giudizio di opposizione il creditore opposto deve fornire la prova del credito; il debitore, invece, dei fatti modificativi o estintivi del medesimo.
Nel caso di specie, la pretesa creditoria non è contestata nell’an, quanto piuttosto nel suo ammontare: parte opponente eccepisce un avvenuto pagamento parziale in contanti, quindi un fatto modificativo dell’altrui pretesa.
Tuttavia, si limita alla mera affermazione di questo, senza riuscire a fornire alcuna prova sul punto: non risulta in atti alcuna quietanza di pagamento, e la circostanza in esame è fermamente disconosciuta da parte opposta. Pertanto, non sarebbe stato possibile accogliere l’eccezione in esame.
Quindi, ove non si fosse verificata la cessazione della materia del contendere, l’opposizione sarebbe stata inesorabilmente rigettata, per le ragioni fin qui succintamente esposte.
4. Per quanto fino ad ora affermato e sulla scorta del principio della “soccombenza virtuale” va posto a carico dell’opponente il pagamento delle spese di giudizio, comprensive della fase del monitorio, liquidate come in dispositivo, in conformità ai parametri del D.M. n. 147/2022, tenuto conto del valore della causa (scaglione da € 5.200,01 a € 26.000,00), secondo i valori minimi in ragione della semplicità delle questioni di diritto e di fatto trattate, avuto anche riguardo al contegno extraprocessuale di parte opponente.
P.Q.M.
Il Tribunale di Catanzaro, definitivamente pronunciando nel contraddittorio tra le parti, ogni contraria istanza, eccezione e difesa respinte:
- dichiara la cessata materia del contendere e, per l’effetto, revoca l’opposto decreto ingiuntivo n. 502/2016;
- condanna Parte_1 alla refusione, in favore di Controparte_1 delle spese di lite, che liquida in € 429,00 per la fase monitoria, di cui € 145,50 per spese ed € 283,50 per compensi prof., ed € 2.538,50 per compensi prof. del giudizio di opposizione, oltre al rimborso delle spese generali, IVA e CPA come per legge.