Svolgimento del processo / Motivi della decisione
Con ricorso ex art. 28 St. Lav. depositato il 28.04.2023, le organizzazioni sindacali ricorrenti lamentavano l'antisindacalità della condotta della (...) S.R.L., consistente nel diniego di comunicare alle organizzazioni sindacali ricorrenti le informazioni previste dal D.Lgs. 104/2022 e richieste con la comunicazione del 22 dicembre 2022.
Si costituiva in giudizio la (...) S.R.L., chiedendo il rigetto del ricorso ed eccependo l'incompetenza per territorio del giudice adito in favore del Tribunale di Milano, l'inapplicabilità dell'art. 28 dello Statuto dei Lavoratori al lavoro autonomo (e in ogni caso, anche al lavoro etero-organizzato), la carenza di legittimazione passiva per assenza in capo alle ricorrenti del requisito di comparata maggiore rappresentatività previsto dall'art. 1 bis comma 5 del D.Lgs. 152 del 1997, la mancanza dei presupposti sostanziali idonei a fondare l'applicabilità dell'art. 28 dello Statuto dei Lavoratori.
Nel merito eccepiva l'assenza in capo alle ricorrenti del requisito di comparata maggiore rappresentatività previsto dall'art. 1 bis comma 5 del D.Lgs. 152 del 1997, che in ogni caso costituirebbe il presupposto del diritto alle informazioni; in merito al contenuto delle medesime previsto dalla norma richiamata, deduceva che la società aveva nelle more adempiuto agli obblighi informativi che su di essa incombevano (inviando le informazioni, limitatamente a quelle eventualmente dovute per legge), che doveva escludersi l'esistenza di obblighi informativi in relazione ai sistemi protetti da segreto industriale e commerciale, oltre che ai sistemi non integralmente automatizzati, l'insussistenza del danno all'immagine invocato, l'inammissibilità della richiesta di applicazione dell'astrante previsto dall'art. 614 bis c.p.c.. Chiedeva sollevarsi questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 bis del D.Lgs. 152 del 1997 per violazione dell'art. 76 della Costituzione. Chiedeva il rigetto del ricorso con vittoria di spese.
La giudice, appurato che le OO.SS. non ritenevano satisfattive le informazioni fornite con nota trasmessa con pec del 15.05.2023, tentava la conciliazione del giudizio, proponendo alla società resistente di comunicare alle OO.SS. ricorrenti le informazioni concordate tra le parti in udienza e abbandonando il procedimento, con il pagamento di un contributo spese legali alla ricorrente pari a Euro 1.000,00; a tal fine, le OO.SS. ricorrenti indicavano le informazioni che sarebbero state sufficienti all'abbandono del giudizio (la valutazione di impatto algoritmico, comprensiva della discriminazione e della metrica dei livelli di sicurezza, gli schemi esecutivi dell'algoritmo relativi alle singole voci e parametri utilizzati nei sottoinsiemi principali, che formano i macroparametri di cui soltanto è stata data comunicazione percentuale il 15.05 u.s. (punti 2, 3 e 4 della relativa comunicazione), e la loro interazione e peso; chiarificazione, comprensiva dello schema esecutivo, delle ipotesi nelle quali l'algoritmo ha la facoltà di valutare un comportamento umano, ad esempio la disconnessione tacita (che viene definita "possibile" nella comunicazione), precisando i parametri ponderati (interazione e peso); lo schema esecutivo comprensivo dei dati presi in considerazione e del relativo peso e interazione utilizzato dall'algoritmo nell'abbinamento di ordini ai e tra i riders a parità di condizioni esplicitate nella comunicazione del 15:05 cit., nonché nell'apertura dello slot per ciascuno dei riders, oltre agli altri dati previsti dall'art. 1 bis). La società resistente chiedeva rinvio del procedimento, dovendo valutare, anche con l'ausilio dei propri tecnici, la possibilità di conciliare la lite rendendo le informazioni richieste, come precisate in udienza in via transattiva.
All'udienza a seguito della quale il procedimento è stato assunto in riserva, la società comunicava che non riteneva possibile fornire in via conciliativa le informazioni richieste dal sindacato, e di essere disposta a conciliare alle seguenti condizioni: la società sarebbe disposta a conciliare la lite alle seguenti condizioni: "Senza con ciò effettuare alcuna acquiescenza alla avversa prospettazione e senza con ciò rinuncia ad alcuna eccezione, la disponibilità della Società è nei seguenti limiti:
- fornire ulteriori chiarimenti sui casi in cui i comportamenti che, facendo presumere un disinteresse all'utilizzo della piattaforma, ne determinano la disconnessione (no show, posizione fuori area, disattivazione geolocalizzazione, disconnessione durante lo slot). Nella valutazione di questi comportamenti non si comprende il significato della espressione inserita a verbale all'udienza del 17 maggio dalle parti ricorrenti "parametri ponderati (interazione peso)" a meno che si intendano i presupposti di fatto che determinano la connessione e questi sono già precisati;
- elaborare e inserire un criterio ulteriore che operi del tutto sussidiariamente rispetto a quelli già esplicitati per l'abbinamento dell'ordine ai e tra i corrieri nel caso particolare in cui due o più corrieri abbiano le medesime condizioni;
- fornire ulteriori chiarimenti sui temi di sicurezza nei limiti in cui questo non comporti la rivelazione di notizie che compromettano la sicurezza dell'intera architettura informatica, non potendosi infatti distinguere tra misure di sicurezza proprie dell'architettura o solo di una parte della stessa, come l'algoritmo.".
Parte ricorrente non riteneva satisfattiva la controproposta della società e, passati alla trattazione del procedimento, contestava le affermazioni contenute nella memoria di costituzione, ed in particolare:
- che vi fosse in corso una trattativa sindacale;
- che le informazioni richieste siano coperte da segreto o che siano legittimamente coperte da segreto, con particolare riferimento alla valutazione di impatto dei rischi (discriminazione e altro);
- la propria carenza di legittimazione attiva (deducendo che la propria rappresentatività è stata ritenuta in linea generale da molti Tribunali, ivi incluso quello di Palermo e le stesse trattative della società con il sindacato dedotte da parte della società comportano che la stessa convenuta ritenga rappresentativo il sindacato);
- che le informazioni fornite ai corrieri soddisfino il diritto del sindacato a ottenere le medesime;
- l'eccezione di incompetenza territoriale, atteso che la competenza si radica nel luogo in cui si producono gli effetti della denunciata condotta antisindacale e nel caso specifico detto luogo è Palermo ove ha sede il sindacato ricorrente cui le informazioni andavano rese;
- la carenza di legittimazione passiva della società convenuta, che è certamente legittimata, incombendo su di essa l'obbligo informativo;
- la carenza di attualità e la intervenuta cessazione della materia del contendere: l'informazione resa dopo la notifica del ricorso è del tutto incompleta e resa senza riconoscimento del diritto del sindacato di riceverla;
- che il sistema governato dall'algoritmo non sia un sistema integralmente automatizzato, come dedotto dalla convenuta (in relazione all'applicazione di normativa successiva al deposito del ricorso);
- deduceva che si tratta di un sistema che ha effetti diretti sulla regolamentazione e la esecuzione del rapporto di lavoro, che pacificamente effettua un ranking reputazionale con la creazione di un punteggio su aspetti psicologici (la volontà di effettuare il servizio) vietata, o su aspetti contrattuali, mediante valutazioni di produttività e di efficienza: si tratta di profilazione vietata o in subordine di cui rendere noti tutti i criteri esecutivi e che, in particolare, la "possibilità" di disconnessione (indicata nelle FAQ) non appare legata a dati obiettivi né può essere oggetto di segreto;
- che la comunicazione resa indica il punteggio assegnato ai singoli fattori valutativi e la possibilità che ciascun criterio interagisca con altri producendo diversi effetti, senza dire in che modo funziona sia l'assegnazione del punteggio iniziale che il peso di ciascun parametro nella interazione tra essi ed in relazione all'effetto (es disconnessione, assegnazione dell'ordine ecc.);
- che il riconoscimento facciale è una profilazione vietata;
- che nella comunicazione la società non si fa alcun cenno ai livelli si cyber-sicurezza e di accuratezza del sistema, né sulla valutazione di impatto in relazione alla discriminazione, il funzionamento dei sistemi e i loro meccanismi operativi;
- che le informazioni sono del tutto carenti, alla luce delle linee guida fornite dall'UE: riconoscimento facciale linea guida n. 17 del 4.04.2017; linea guida del 3.10.2017 (le informazioni devono essere complete puntuali accurate intelligibili e consentire al destinatario di comprendere come funziona il sistema automatizzato, pur non dovendosi fornire i codici sorgente coperti da segreto); linee guida 29 novembre 2017 sulla trasparenza (vietano di dare informazioni probabili o possibili senza indicare le ipotesi in cui si verifica un determinato effetto negativo);
- che le informazioni erano del tutto carenti, anche perché non chiariscono sulla scorta di quali criteri due riders che si trovano nello stesso punto non ottengano entrambi l'assegnazione del servizio;
- che a questo tipo di dati possa essere opposto il segreto industriale e commerciale, sia perché il sistema incide su diritti fondamentali sia perché non vi è prova che i dati richiesti, come ad esempio la valutazione di impatto sia coperta da segreto industriale o commerciale;
- che possa opporsi alle informazioni come richieste e precisate in giudizio il segreto industriale o commerciale, atteso che la Direttiva 943/2016 all'art. 3 dispone che è lecita la comunicazione di segreti industriali quando l'opposizione del segreto precluderebbe la comunicazione di informazioni dovute in conformità al diritto dell'Unione; all'art. 5 dispone che detto segreto non opera in materia di trasparenza; all'art. 6, che detta le modalità con cui le informazioni vanno date, prevede la inoperatività della opponibilità della riservatezza;
- che non fosse applicabile al procedimento ex art. 28 St. Lav., diverso dalle controversie individuali di lavoro, l'art. 614 bis c.p.c., la cui applicazione - su cui insisteva così come in ricorso - si rende necessaria anche ai fini di attuare l'art. 4 della Direttiva.
Offriva in comunicazione la documentazione cui aveva fare riferimento nel corso della discussione e ai fini delle contestazioni mosse alle difese avversarie. Parte resistente discuteva la causa, ribadendo:
- l'eccezione relativa alla insussistenza della antisindacalità della condotta, non sussistendo la negazione del diritto al conflitto (richiamando la bozza di accordo non sottoscritta da nessun soggetto ma depositata in atti, che dimostra l'esistenza di una trattativa, doc. 15, 16 e 17);
- la contestazione sulla rappresentatività della OS ricorrente che non l'ha provata non producendo alcuna delega;
- la contestazione della legittimità del d.l.vo che ha introdotto gli obblighi di trasparenza (ribadendo l'eccezione di illegittimità costituzionale alla stregua della legge delega di recepimento del Direttiva del 2019; il difetto di delega non risulta sanato dal D.L. n. 48/2023, emesso dal governo, che non riprende l'intero contenuto del d.l.vo cit.);
- l'inapplicabilità al rito del lavoro l'art. 614 bis cpc atteso che si applica il rito del lavoro di cui all'art. 409 c.p.c.;
- l'eccezione di incompetenza territoriale, atteso che la condotta non si sarebbe attuata a Palermo, bensì a Milano, dove ha sede la società che in ipotesi denegata avrebbe dovuto rendere le informazioni.
Deduceva che, nel merito, l'informativa resa è completa anche a sensi del D.L. 48/2023, in ogni caso l'informativa sulla trasparenza è dovuta solo in relazione a sistemi integralmente automatizzati, cioè quelli in cui l'intervento umano è meramente accessorio, come non è quello utilizzato dalla piattaforma e di cui si chiedono informazioni: - in relazione all'assegnazione degli ordini tramite l'app J., gli ordini cd. liberi non sono assegnati automaticamente, ma vengono liberamente accettati sull'app dai corrieri;
- in relazione al sistema del punteggio: i dati vengono impostati manualmente dalla società e possono essere modificati manualmente, l'algoritmo è congegnato in modo da fare la somma algebrica di questi parametri e di combinarne diversi; il peso dei parametri è pubblicato sul sito, è la percentuale di incidenza di ogni parametro sul punteggio che va da 1 a 5, sicché l'informativa appare esaustiva degli obblighi del d.l.vo. Eccepiva che la valutazione di impatto non rientra fra gli obblighi informativi.
Ribadiva la contestazione relativa alla incidenza delle riassegnazioni sui punteggi di eccellenza, poiché esse non fanno parte dei parametri presi in considerazione per l'assegnazione del punteggio;
Eccepiva che il riconoscimento facciale è stato deciso in accordo con le autorità per dare soluzione al problema del caporalato e che la valutazione di impatto è stata resa al garante che è l'unico soggetto che vi ha diritto.
Ribadiva che per l'assegnazione degli ordini i criteri sono quelli comunicati: la vicinanza al locale (se uguale può incidere anche il funzionamento del GPS del telefono del corriere), il mezzo utilizzato (è prevista una distanza massima), distanza dal punto di consegna, attualità di impegno con altro ordine, possibilità di terminare l'ordine entro il tempo di durata dello slot, mentre la velocità non è un parametro utilizzato. Concludeva che la società aveva comunicato tutte le informazioni rilevanti, atteso che le informazioni relative alla accuratezza, robustezza, cybersicurezza sono soggette a segreto commerciale, perché comunicazioni sulla sicurezza sono idonee a violare la protezione avverso la concorrenza; altresì le regole tecniche di funzionamento dell'algoritmo così come anche i parametri di funzionamento dell'algoritmo sono sottoposti a segreto commerciale e industriale.
Anche parte resistente offriva in comunicazione i documenti e la giurisprudenza cui aveva fatto riferimento nel corso della discussione.
A seguito delle repliche delle parti, indi, la giudice si riservava la decisione, che sarebbe stata assunta dopo la scadenza del termine che assegnava alle parti, sino a tutto il 14.06.2023, per depositare nel fascicolo telematico i documenti che avevano richiesto di depositare nel corso della discussione, e l'esame della documentazione depositata.
Osserva, anzitutto, la giudicante che non appare assolutamente necessaria l'assunzione di informazioni o l'acquisizione di documenti, richiesti dalle parti negli atti introduttivi, che, del resto, si porrebbe in contrasto con la natura particolarmente urgente del procedimento, atteso che i documenti depositati dalle parti in allegato ai rispettivi atti e a seguito dell'udienza di discussione appaiono sufficienti per la presente decisione conclusiva del procedimento sommario.
Vanno rigettate le eccezioni preliminari sollevate dalla società resistente, perché infondate. Anzitutto, va ritenuta la competenza territoriale del Tribunale adito.
Ed invero, come ritenuto anche dalla Suprema Corte con ordinanza della Sezione Lavoro n. 8938/2011 (in atti) "Costituisce insegnamento costante di questa Suprema Corte che, ai fini dell'individuazione del giudice territorialmente competente nel procedimento di repressione della condotta antisindacale, deve aversi riguardo non tanto al luogo in cui il comportamento denunciato è stato deliberato, quanto al luogo in cui si producono gli effetti di limitazione della libertà ed attività sindacale, e, quindi, viene leso il diritto delle organizzazioni rappresentative dei lavoratori al corretto svolgimento delle prerogative sindacali ad esse riconosciute dalla legge e dall'autonomia collettiva (v. ad es. Cass.n. 23895/2004; Cass. n. 616/2001; Cass. n. 13456/2000; Cass. n. 4220/1994; Cass. n. 8673/1993).
Di tali principi il giudice adito ha fatto corretta applicazione, osservando come l'obbligo di informazione nel caso rilevante dovesse essere soddisfatto nei confronti delle rappresentanze sindacali costituite presso l'unità produttiva interessata al trasferimento (sita nel circondario del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto) e che l'omissione di tale obbligo costituiva (e realizzava) il comportamento denunciato di insindacabilità.'.
Nella specie, la condotta antisindacale denunciata consiste proprio nell'omissione dell'obbligo di rendere informazioni alle OO.SS. ricorrenti, tutte aventi sede in Palermo, con conseguente competenza di questo Tribunale, atteso che, certamente, ove l'obbligo fosse sussistente (la sua contestazione non rileva ai fini della competenza territoriale), esso andava adempiuto con comunicazione recettizia, all'indirizzo delle Organizzazioni Sindacali richiedenti.
In senso conforme, in analoghe ipotesi, si sono del resto pronunciati diversi Tribunali, come emerge dai provvedimenti del Tribunale di Bologna, in causa 1332/2021 sentenza di opposizione ad art. 28 St.Lav. del 12.01.2023, in atti, che cita anche altri precedenti giurisprudenziali.
Non può che essere condiviso quanto già ritenuto, sul punto, dal Tribunale di Bologna, con la citata sentenza n. 15/2023: "L'eccezione è infondata.
Sul punto si richiamano, anche ai sensi dell'art. 118 disp att. c.p.c., le motivazioni del decreto ex art.28 SL emesso dal Tribunale di Firenze in data 9/2/2021, pronunciato in causa "gemella" proposta dalle medesime organizzazioni sindacali contro (...) per analoghe condotte, ove si osserva quanto segue: "Quanto all'eccezione preliminare di incompetenza per territorio sollevata dalla società convenuta, la cui trattazione a parere del giudicante deve precedere, sul piano logico-giuridico, quella di qualunque altra questione agitata dalle parti, deve, in primo luogo, rammentarsi che, per consolidato orientamento del giudice di legittimità, ai fini dell'individuazione del giudice territorialmente competente all'emissione del decreto di repressione della condotta antisindacale ex art. 28 della legge n. 300 del 1970, rileva il luogo di commissione del comportamento denunciato, e non quello in cui esso é deliberato, anche quando il medesimo comportamento (deciso con un'unica deliberazione) sia posto in essere in luoghi ricadenti in diverse circoscrizioni giudiziarie - dovendo, in tal caso, escludersi la possibilità di un conflitto di giudicati, in quanto i provvedimenti, eventualmente diversi, dei vari giudici avrebbero una efficacia limitata alla condotta realizzata nella circoscrizione di ciascuno di essi (v., in tal senso, fra le tante, Cass. civ., sez. lav., n. 4220/1994; n. 8673/1993).
Ciò posto in diritto, deve considerarsi in fatto che, secondo la prospettazione dei fatti contenuta nella domanda giudiziale, la condotta antisindacale della resistente sarebbe essenzialmente consistita, da un lato, nel recesso (con preavviso) dalla stessa esercitato dai contratti in essere con tutti i riders con effetto dal 2.11.2020 (doc. 95 fasc. ric.); dall'altro, nel subordinare la possibilità per detti riders di continuare a consegnare con (...) a decorrere dal 3.11.2020 alla sottoscrizione da parte loro del nuovo contratto di collaborazione (doc. 1 fasc. conv.) richiamante in più punti le disposizioni del c.d. C.C.N.L. rider, medio tempore sottoscritto da Assodelivery e Ugl Rider; il tutto omettendo di informare e consultare le OO.SS. ricorrenti (La stessa società resistente asserisce in comparsa che "La "condotta" che pare contestata in ricorso, oltre ad essere riferibile ad altri soggetti, si sostanzierebbe nel "avere imposto l'accettazione di una contrattazione collettiva" (ricorso, pag. 3) tramite una comunicazione o comunque di avere avuto una "totale carenza di flussi informativi" verso le OO.SS.). Di conseguenza, applicato il suddetto principio di diritto alla fattispecie concreta, ne discende che, essendo, tanto, il recesso dal rapporto, quanto, la proposta contrattuale atti negoziali unilaterali recettivi, il comportamento di cui é denunciata l'antisindacalità é da ritenersi posto in essere in ogni luogo nel quale i riders, aventi contratti di collaborazione in essere con (...), hanno ricevuto in modalità telematica le predette comunicazioni" e, quindi, anche in Bologna.
Tali considerazioni sono peraltro state recepite anche dalla sentenza n. 781 emessa in data 24.11.2021 dal Tribunale di Firenze, a definizione del giudizio di opposizione promosso avverso il decreto ex art. 28 SL sopra citato, nella quale il giudice adito ha ribadito la propria competenza per territorio così motivando sul punto: "Sussiste la competenza del giudice adito alla luce dell'ormai consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui ai fini della determinazione della competenza per territorio in tema di repressione di condotta antisindacale ai sensi dell'art. 28 della legge n. 300 del 1970 è rilevante il luogo di commissione del comportamento denunciato, non già il luogo in cui tale comportamento è stato deliberato. (Cfr tra le altre Cass Sez. 6 - L, Ordinanza n. 8938 del 19/04/2011, la quale ha affermato il principio, ai sensi dell'art. 360 bis, primo comma, cod. proc. civ. nonché Cass Sez. L, Ordinanza n. 23895 del 23/12/2004 e tutta la giurisprudenza ivi richiamata)".
Come già correttamente ritenuto dal giudice della fase sommaria, va pertanto disatteso l'assunto della società opponente, secondo cui la competenza a decidere la presente controversia andrebbe attribuita al Tribunale di Milano, luogo ove hanno sede gli organi direttivi della società.".
Va rigettata anche l'eccezione di inapplicabilità dell'art. 28 St. Lav. ai rapporti di lavoro autonomo (oltre che alle collaborazioni coordinate e continuative), atteso che i rapporti fra i corrieri e la società vanno qualificati - se non come di lavoro subordinato - almeno come di collaborazione ex art. 2 D.L.vo 81/2015.
Sul punto si richiama integralmente, anche ex art. 118 disp att. c.p.c., precedente pronuncia di questo Tribunale in causa analoga, n. 14491/23 del 3.04.2023, in atti, così come altra anteriore, emessa in procedimento n. 740/2021, pure in atti, come pure tutti gli altri provvedimenti depositati in atti da parte ricorrente.
In particolare, non può che ritenersi che i riders che operano per la società convenuta, almeno nella maggior parte, operano per la stessa in modo continuativo e prevalentemente personale, all'interno di rapporti che, se non di carattere subordinato ex art. 2094 c.c. - come ritenuto nella sentenza di questa giudice n. 3570/2020 emessa proprio nei confronti dell'odierna resistente, a seguito degli accertamenti effettuati nella fattispecie - vanno qualificati come rapporti di collaborazione regolati dall'art. 2 D.l.vo n. 81/2015, cui trova applicazione - come ritenuto da Cass. sentenza n. 1663/2020 -l'intera normativa prevista per il lavoro subordinato, fra cui rientra certamente anche quella relativa all'attività sindacale e alla tutela contro le condotte antisindacali, azionabile ex art. 28 St. Lav..
Deve, pertanto, condividersi, mutatis mutandis, quanto affermato nella citata ordinanza di questo Tribunale n. 14491/2023 del 3.04.2020 in relazione all'ammissibilità della tutela ex art. 28 St. Lav. nei rapporti di collaborazione ex art. 2 D.l.vo 81/2015: "Riprendendo la disposizione in esame, laddove la stessa estende la disciplina del rapporto subordinato ai rapporti di collaborazione, l'estensione non può che riguardare ogni profilo, sia di carattere sostanziale che processuale.
Riduttivo sarebbe, invero, se il legislatore avesse riconosciuto ai collaboratori un diritto privo della possibilità di tutela
A tale conclusione, si potrebbe replicare asserendo che i diritti estesi anche ai collaboratori potrebbero trovare sufficiente protezione attraverso la tutela ordinaria.
L'azione prevista dall'art. 28 st. lav. è uno strumento d'urgenza finalizzato ad offrire alle associazioni sindacali un rimedio immediato, quindi diverso da quello di cui all'art. 414 c.p.c. Ciò premesso, non si ritiene che l'espressa menzione del datore di lavoro, di cui al citato art. 28, costituisca argomento sufficiente per sottrarre alle organizzazioni, che operano nell'ambito di rapporti di collaborazione, la tutela d'urgenza.
Questo proprio in forza del disposto di cui all'art. 2 dlgs 81/15 ed alla sua estensione alle forme di collaborazione nelle quali, è pacifico, la controparte del prestatore non è denominato datore di lavoro. Sulla base di quanto detto, si ritiene di dissentire dal precedente giurisprudenziale citato dalla difesa resistente che, al contrario, circoscrive l'area di applicazione alle sole norme sostanziali, escludendo quelle processuali, quali l'art. 28 St. Lav.
Si tratta, invero, di una delimitazione che non si ritiene di poter rinvenire nella norma e che creerebbe delle distorsioni e distonie nel sistema. "(cfr. Trib. Milano decreto n. 889/2021).
possibilità di tutela.
Deve infatti rilevarsi che l'art. 2 comma 1 del D.Lgs. 81/2015 non esclude esplicitamente l'applicazione delle norme processuali e che l'art. 28 non è una norma meramente processuale, piuttosto "essa individua beni giuridici da tutelare, di rilevanza costituzionale (libertà ed attività sindacale e diritto di sciopero) e mira a reprimere, mediante uno strumento processuale di particolare efficacia (soprattutto considerata l'epoca in cui fu ideato!), qualunque comportamento, non tassativamente individuato, che leda i beni tutelati. Inoltre, i comportamenti da reprimere hanno sovente natura plurioffensiva, in quanto i beni tutelati non pertengono esclusivamente all'organizzazione sindacale, ma anche al singolo lavoratore. Appare innegabile che il diritto alla libertà e all'attività sindacale ed il diritto di sciopero siano diritti propri anche del singolo lavoratore e proprio per tale tipologia di diritti è stata individuata la fattispecie del diritto individuale ad esercizio collettivo. (...) L'interpretazione qui accolta sembra a questo giudicante avere anche il pregio di corrispondere al criterio ermeneutico di interpretazione della legge ordinaria secondo i principi costituzionali, atteso il particolare rilievo assegnato dalla Costituzione ai diritti sindacali (v.art.39 e 40 della Costituzione)" (cfr. Trib. Bologna 2021 n. 2170).
In questo stesso senso il Tribunale di Firenze ha affermato: "È principio giurisprudenziale acquisito quello secondo cui l'art. 2 comma 1 del Dlvo 81/15 ha riconosciuto alle collaborazioni organizzate dal committente "una protezione equivalente" a quella dei lavoratori subordinati con 'applicazione integrale della disciplina del lavoro subordinato' (cfr. Cass. Sez. L -, Sentenza n. 1663 del 24/01/2020), nella quale sono compresi i diritti affermati nello Statuto dei lavoratori;
b) In assenza di specifiche restrizioni (non desumibili dalla lettera né tantomeno dalla ratio della norma) la suddetta 'protezione equivalente' si estende alla dimensione collettiva dei diritti dei lavoratori stessi, dimensione che - notoriamente garantisce il rispetto e l'affermazione dei diritti individuali;
c) L'espressione 'datore di lavoro' utilizzata nell'art. 28 stat. Lav. necessita di essere interpretata alla luce della innovazione legislativa suddescritta, atteso che, secondo quanto stabilito dal citato art. 2 comma 1, nelle collaborazioni da lui organizzate il committente acquisisce tutti gli obblighi che il 'datore di lavoro' ha nei confronti del lavoratore subordinato.".
D'altro canto, la Suprema Corte, nel più volte citato arresto n.1663/2020, ha chiarito che "al verificarsi delle caratteristiche delle collaborazioni individuate dal D.Lgs. n. 81 del 2015, art. 2, comma 1, la legge ricollega imperativamente l'applicazione della disciplina della subordinazione. Si tratta, come detto, di una norma di disciplina, che non crea una nuova fattispecie. Del resto, la norma non contiene alcun criterio idoneo a selezionare la disciplina applicabile, che non potrebbe essere affidata ex post alla variabile interpretazione dei singoli giudici." (Trib. Firenze n. 781/21).
L'eccezione di inammissibilità del procedimento è dunque destituita di fondamento.".
Quanto, poi, all'inammissibilità dell'azione ex art. 28 per l'omissione di comunicazioni previste (in denegata ipotesi) dalla legge, in assenza di negazione del conflitto da parte della società resistente, che stava conducendo trattative sul piano sindacale anche con le OO.SS. ricorrenti nazionali, deve osservarsi che, al fine di ritenere antisindacale una condotta, non è necessario che essa si estrinsechi nel totale disconoscimento dell'esistenza e rappresentatività delle OO.SS. - che qui pure sembra di rinvenire nella memoria della resistente e nei documenti allegati - essendo sufficiente che venga violato un diritto attribuito dalla legge al sindacato, poiché la violazione in sé del medesimo è idonea a ledere il libero esercizio dell'attività sindacale.
Del resto, come affermato dalla Suprema Corte, in modo consolidato, tra le altre con sentenza n. 10324/1998, in atti: "Come ha già affermato questa Corte, l'art. 28 dello statuto dei lavoratori definisce la condotta antisindacale in modo teleologico e non analitico. In altri termini qualifica antisindacale non una determinata condotta in base alle sue modalità esteriori, ma qualsiasi condotta diretta a un determinato risultato, diretta, cioè, a impedire o limitare l'esercizio della libertà e della attività sindacale, ovvero del diritto di sciopero (Cass. 12 giugno 1997 n. 5295). Di conseguenza qualsiasi condotta idonea a ledere i beni indicati deve essere considerata antisindacale: e pertanto non soltanto le condotte dirette esclusivamente a ostacolare l'attività sindacale, come l'impedire lo svolgimento di una assemblea sindacale o minacciare sanzioni disciplinari a coloro che avessero scioperato, ma anche condotte che, legittime in astratto, potrebbero in concreto essere idonee oggettivamente a limitare o a impedire la libertà sindacale. Così, ad esempio, il trasferimento di un lavoratore da un reparto a un altro, nell'ambito della stessa unità produttiva, è un atto legittimo e potrebbe essere adottato da un imprenditore anche nei confronti di un rappresentante sindacale, senza il nulla osta dell'associazione sindacale di appartenenza (Cass. 3 giugno 1987 n. 4871); qualora tuttavia il trasferimento per particolari modalità di tempo e di luogo, ovvero per la sua reiterazione, abbia assunto carattere apertamente discriminatorio e persecutorio nei confronti dell'attività sindacale del lavoratore deve ritenersi che la condotta dei datore di lavoro sia antisindacale in quanto "obiettivamente" idonea a impedire o a limitare la libertà sindacale o il diritto di sciopero; e ciò anche se il datore di lavoro non aveva inteso perseguire uno scopo antisindacale (Cass. 12 giugno 1997 n. 5295).
Non può pertanto essere accolta la tesi della società ricorrente, secondo la quale "l'intenzionalità dei comportamento antisindacale del datore di lavoro, mentre è irrilevante nel caso di condotta contrastante con norme imperative, assume rilievo per qualificare come antisindacale una condotta che, lecita nella sua obiettività, presenti i caratteri dell'abuso del diritto".
Come ha già affermato questa Corte, ai fini della configurabilità di un comportamento antisindacale la sussistenza o meno di un intento del datore di lavoro di ledere i diritti sindacali non è nè necessaria né sufficiente.
Non è necessaria perché un errore di valutazione del datore di lavoro, che non si è reso conto della portata causale della sua condotta, non fa venir meno l'esigenza di una tutela della libertà sindacale e della inibizione dell'attività oggettivamente lesiva di tale libertà.
Non è sufficiente in quanto l'intento del datore di lavoro non può far considerare antisindacale un'attività che non appare obiettivamente diretta a limitare la libertà sindacale. L'esistenza di un elemento intenzionale è certamente irrilevante nelle condotte previste espressamente dalla legge come antisindacali, ossia in tutte quelle condotte del datore di lavoro che contrastano con norme imperative destinate a tutelare, in via diretta e immediata, l'esercizio della libertà e dell'attività sindacale: così, ad esempio, nel caso del diniego del datore di lavoro di consentire lo svolgimento dell'assemblea sindacale ai sensi dell'art. 20 dello statuto dei lavoratori; del rifiuto di mettere a disposizione delle rappresentanze sindacali aziendali locali idonei per l'esercizio delle loro funzioni (art. 27 dello statuto); del disconoscimento dei permessi previsti dagli artt. 23 e 24 dello statuto dei lavoratori. L'elemento intenzionale è peraltro irrilevante anche nei casi in cui l'uso di strumenti, in astratto leciti, appare, nelle circostanze concrete, diretto a limitare la libertà sindacale.
Così, ad esempio, nel caso della chiusura dello stabilimento in ore coincidenti con quelle di uno sciopero in precedenza proclamato dalle organizzazioni sindacali; nel caso come quello in esame di licenziamento o di trasferimento all'interno di un'azienda di un lavoratore particolarmente impegnato nell'attività sindacale.
Difatti già altre volte questa Corte ha affermato che anche il trasferimento del sindacalista all'interno dell'unità produttiva può costituire attività antisindacale qualora impedisca di fatto un efficace svolgimento dell'attività sindacale o sia idoneo a porre il sindacalista in stato di intimidazione (Cass. 15 giugno 1981 n. 4034; Cass. 3 giugno 1987 n. 4871).".
Orbene, fra le norme imperative dirette a tutelare l'attività e libertà sindacale rientrano certamente quelle di legge e di contratto collettivo che prevedono obblighi di comunicazione e informazione, atteso che proprio l'omissione delle informazioni previste e richieste dal sindacato è presunta dalla legge come idonea a impedire a quella O.S. l'esercizio dell'attività sindacale, che viene automaticamente impedita o limitata dalla mancata conoscenza delle informazioni medesime, determinando altresì l'impossibilità di interloquire in modo idoneo sia con i lavoratori che con i datori di lavoro.
Venendo alle eccezioni di difetto di legittimazione passiva e attiva, esse, quali eccezioni di rito non appaiono essere state sollevate - fondate come sono state sulla contestazione della maggiore rappresentatività comparativa delle OO.SS. ricorrenti -, dovendosi ritenere in ogni caso infondate.
Ed invero, è provato ed incontestato che le OO.SS. ricorrenti sono organismi locali di organizzazioni sindacali nazionali, risultando del resto evidente - al di là della fondatezza nel merito - il loro interesse alla pronuncia.
Come condivisibilmente evidenziato dalla Suprema Corte, già con la citata sentenza n. 10324/1998, "L'art. 28 dello statuto dei lavoratori attribuisce la legittimazione attiva nel procedimento di repressione della condotta antisindacale agli organismi locali delle associazioni sindacali nazionali che vi abbiano interesse.
L'interesse ad agire delle associazioni sindacali non deve peraltro essere limitato ai soli casi in cui il sindacato agisca per la tutela dei diritti sindacali dei propri membri. Come è stato giustamente osservato, l'interesse tutelato dall'art. 28 non è solo quello alla propria libertà sindacale, bensì quello alla libertà di tutti i lavoratori e di tutti i sindacati..".
D'altra parte, come già rilevato dal Tribunale di Bologna con la citata sentenza n. 15/2023, in atti, mutatis mutandis, non vi è dubbio sulla qualità della società resistente di soggetto nei confronti del quale l'azione è stata proposta e che avrebbe commesso la condotta antisindacale evidenziata, consistente nel rifiuto di comunicare alle OO.SS. ricorrenti le informazioni richieste e previste per legge.
Le eccezioni che la società convenuta ha erroneamente qualificato come di difetto di legittimazione passiva propria e difetto di legittimazione attiva delle OO.SS. ricorrenti, per difetto del requisito di queste ultime di maggiore rappresentatività comparativa, consistono piuttosto in quelle di difetto del presupposto fondante l'obbligatorietà del rilascio al sindacato delle informazioni richieste, che comporterebbe l'infondatezza nel merito della pretesa.
Orbene, proprio il Tribunale di Bologna, con la citata sentenza n. 15/2023, in atti, ha accertato la totale carenza di prova della maggiore comparativa rappresentatività di UGL Riders rispetto alle OO.SS. ricorrenti, anche sulla scorta delle recenti informazioni richieste e fornite dal Ministero del Lavoro, che, del resto, già aveva avanzato forti dubbi sulla rappresentatività di UGL Rider nella circolare del 19.11.2020, relativa al CCNL stipulato dalla stessa con Assodelivery ed alla idoneità del medesimo a derogare alla disciplina prevista dall'art. 2 del D.l.vo 81/2015, anche per la circostanza di esserne unico firmatario.
Detta circolare era stata impugnata da Assodelivery avanti al TAR Lazio, che ha integralmente rigettato il ricorso, osservando che il CCNL idoneo a regolamentare il rapporto di lavoro "si riferisce espressamente ai contratti stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative", pertanto a prescindere dal fatto che l'organizzazione sia una sola o più di una, la parte contrattuale deve essere maggiormente rappresentativa. E la ricorrente non ha fornito la prova. Peraltro la tutela dei rider è esplicitamente assunta tra i fini di tutela che le organizzazioni aderenti a Cgil. Cisl e Uil si sono dati, insieme alle rappresentanze del sindacalismo autonomo di base, nell'ambito di quella categoria merceologica secondo una scelta libera di determinazione del perimetro dell'azione rappresentativa e contrattuale art. 39, 1° Cost.)". In tale contesto, il Tribunale di Bologna aveva accertato sia la circostanza che le OO.SS. ricorrenti fossero viceversa ben note al Ministero e pertanto sempre convocate nelle diverse fasi delle trattative sindacali, ed altresì che "è ampiamente provata dalla documentazione allegata al ricorso la promozione da parte delle sigle ricorrenti nella fase sommaria di significative azioni giudiziarie a tutela degli interessi dei rider (alcune delle quali anche innanzi a questo Tribunale), come la partecipazione ai tavoli ministeriali e la promozione di azioni di autotutela nello specifico settore (vedasi, sul punto, le deposizioni della (...) e di (...) i quali hanno entrambi confermato e descritto la campagna di coinvolgimento dei lavoratori sul tavolo ministeriale, promossa da Nidil CGIL e denominata Easy Rider), nonché la conclusione di vari contratti collettivi nel settore. Ne discende che UGL Rider non risulta dotato del requisito della maggiore rappresentatività comparata." (vedi sul punto Tribunale di Bologna, sentenza cit.).
D'altra parte, ciò che rileverebbe, al fine dell'accertamento della maggiore o minore rappresentatività comparata delle OO.SS. ricorrenti, non sarebbe il numero degli iscritti riders della società convenuta alle diverse organizzazioni sindacali - unica circostanza che la resistente ha chiesto di dimostrare documentalmente e attraverso assunzione di informazioni - bensì, eventualmente, quella dei lavoratori iscritti nell'intero settore, per il quale la maggiore rappresentatività delle ricorrenti appare dimostrata anche della documentazione allegata al ricorso e relativa al CNEL ed ai rapporti con il Ministero, oltre che alle vertenze sollevate.
Deve, quindi, ritenersi che l'indubbia superiore partecipazione delle OO.SS. ricorrenti alle trattative sindacali e alle vertenze (documentata anche dalle informazioni rese dal Ministero al tribunale di Bologna e citate nella sentenza in atti), certamente rispetto a UGL Riders che la resistente assume maggiormente rappresentativa, porta a concludere, in questa fase sommaria, per la maggiore comparativa rappresentatività delle medesime, che, del resto, trova supporto altresì sia nella dedotta trattativa in corso tra la società resistente e le organizzazioni nazionali delle ricorrenti, sia nella comunicazione dalle stesse ricevuta da parte della resistente dopo il deposito del ricorso, con cui, pur senza riconoscimento del loro diritto ad ottenerle, venivano fornite alcune delle informazioni richieste a dicembre 2022 ed oggetto di causa.
La maggiore comparativa rappresentatività delle OO.SS. ricorrenti è stata altresì riconosciuta nel procedimento ex art. 28 St. Lav. concluso con il citato decreto di questo Tribunale, emesso nei confronti di (...), che questa giudice richiama sul punto anche ex art. 118 disp att. c.p.c..
Da detto decreto emerge come fosse ivi sostanzialmente pacifica la sussistenza del citato requisito, riconosciuto quindi da (...), così come da (...), come emerge dalla comunicazione relativa alle informazioni sulla trasparenza da questa rese proprio alle OO.SS. ricorrenti (in atti).
Il requisito deve ritenersi altresì pacificamente sussistente in relazione alla società (...), la quale notoriamente applica il CCNL siglato dalle OO.SS. ricorrenti, con le quali ha altresì stipulato un accordo integrativo (del 29.03.2021).
Nel settore dei riders, pertanto, appare accertato, compatibilmente con la natura sommaria del presente procedimento, il possesso da parte delle OO.SS. ricorrenti del requisito dalla maggiore rappresentatività comparativa, di cui parla l'art. 4 del D.L.vo n. 104/2022.
Nel merito, la resistente ha argomentato, tuttavia, sulla insussistenza di ulteriori presupposti che rendano obbligatorio da parte sua rendere alle OO.SS. ricorrenti le informazioni richieste, eccependo in particolare che le informazioni sono coperte da segreto commerciale e che il sistema in relazione alle quali sono richieste non è un sistema integralmente automatizzato, requisiti la cui necessità deriverebbe dall'applicazione del D.L. n. 48 del 4.05.2023.
Osserva questa giudice che, di conseguenza, occorre operare una duplice valutazione in merito all'esistenza dei requisiti che rendessero e rendano obbligatoria la comunicazione da parte della resistente alle OO.SS. ricorrenti delle informazioni richieste e alla conseguente natura antisindacale della condotta omissiva della società: una in relazione al momento di deposito del ricorso e al periodo ad esso precedente ed altra in relazione al periodo successivo all'entrata in vigore del D.L. n. 48/2023, in relazione all'attuale permanenza dell'obbligo.
Tanto premesso, quanto alla prima valutazione, relativa all'antisindacalità della condotta tenuta dalla società resistente, come già rilevato da questo Tribunale nel decreto sopra citato, l'art. 1 bis, introdotto dall'art. 4 D.Lgs. 104/2022, prevede che "Il datore di lavoro o il committente pubblico e privato è tenuto a informare il lavoratore dell'utilizzo di sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati deputati a fornire indicazioni rilevanti ai fini della assunzione o del conferimento dell'incarico, della gestione o della cessazione del rapporto di lavoro, dell'assegnazione di compiti o mansioni nonché indicazioni incidenti sulla sorveglianza, la valutazione, le prestazioni e l'adempimento delle obbligazioni contrattuali dei lavoratori ed allora, considerato che la legittimazione attiva alla richiesta di informazioni compete non soltanto al lavoratore ma anche alle RSA, RSU o alle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative, il relativo diniego limita e compromette l'attività sindacale, legittimando la richiesta di rilascio delle informazioni, integrando già lo stesso rifiuto datoriale una lesione del diritto alla informativa azionabile anche da parte sindacale, quindi in aggiunta e non in alternativa rispetto all'eventuale previo rilascio al lavoratore, ragion per cui nessuna rilevanza assume la difesa della convenuta di aver già fornito le informazioni richieste ai lavoratori.
Deve quindi richiamarsi il disposto dell'art. 1 bis, comma 2, a tenore del quale "Ai fini dell'adempimento degli obblighi di cui al comma 1, il datore di lavoro o il committente è tenuto a fornire al lavoratore, unitamente alle informazioni di cui all'articolo 1, prima dell'inizio dell'attività lavorativa, le seguenti ulteriori informazioni: a) gli aspetti del rapporto di lavoro sui quali incide l'utilizzo dei sistemi di cui al comma 1; b) gli scopi e le finalità dei sistemi di cui al comma 1; c) la logica ed il funzionamento dei sistemi di cui al comma 1; d) le categorie di dati e i parametri principali utilizzati per programmare o addestrare i sistemi di cui al comma 1, inclusi i meccanismi di valutazione delle prestazioni; e) le misure di controllo adottate per le decisioni automatizzate, gli eventuali processi di correzione e il responsabile del sistema di gestione della qualità; f il livello di accuratezza, robustezza e cybersicurezza dei sistemi di cui al comma 1 e le metriche utilizzate per misurare tali parametri, nonché gli impatti potenzialmente discriminatori delle metriche stesse".
Dalla documentazione in atti e dalle deduzioni delle parti risulta che, a fronte di una espressa richiesta di rilascio delle informazioni sopra richiamate da parte delle ricorrenti, la resistente ha tenuto sino al deposito e alla notifica del presente ricorso ex art. 28 St. Lav. una condotta del tutto silente ed omissiva, che, attesa la sussistenza del corrispondente obbligo giuridico, va valutata come di rifiuto.
Non può, quindi, che concludersi ritenendo senz'altro antisindacale la condotta tenuta dalla resistente, di rifiuto di comunicazione alle OO.SS. ricorrenti delle informazioni richieste, previste dalle norme sopra riportate, almeno sino alla data del deposito del ricorso.
Successivamente al deposito del ricorso, sono intervenuti due fatti nuovi, costituiti in ordine temporale dall'entrata in vigore del D.L. n. 48/2023, avvenuta il 5.05.2023 e dalla comunicazione da parte della resistente alle ricorrenti di informazioni con pec del 15.05.2023, informazioni che le ricorrenti hanno contestato come non esaustive dell'obbligo imposto dalle norme sopra richiamate.
Va, quindi, anzitutto esaminato e interpretato il D.L. n. 48 cit., nella parte rilevante.
Il citato decreto, in particolare, dispone: "Art. 26 Semplificazioni in materia di informazioni e di obblighi di pubblicazione in merito al rapporto di lavoro
1. All'articolo 1 del decreto legislativo 26 maggio 1997 n. 152, sono apportate le seguenti modificazioni: a) dopo il comma 5, è inserito il seguente: "5-bis. Le informazioni di cui al comma 1, lettere h), i), l), m), n), o), p) e r), possono essere comunicate al lavoratore, e il relativo onere ritenersi assolto, con l'indicazione del riferimento normativo o del contratto collettivo, anche aziendale, che ne disciplina le materie.". b) dopo il comma 6, è inserito il seguente: "6-bis. Ai fini della semplificazione degli adempimenti di cui al comma 1 del presente articolo e della uniformità delle comunicazioni, il datore di lavoro è tenuto a consegnare o a mettere a disposizione del personale, anche mediante pubblicazione sul sito web, i contratti collettivi nazionali, territoriali e aziendali, nonché gli eventuali regolamenti aziendali applicabili al rapporto di lavoro". 2. All'articolo 1-bis del decreto legislativo 26 maggio 1997 n. 152, sono apportate le seguenti modificazioni: a) il comma 1 è sostituito dal seguente: "1. Il datore di lavoro o il committente pubblico e privato è tenuto a informare il lavoratore dell'utilizzo di sistemi decisionali o di monitoraggio integralmente automatizzati deputati a fornire indicazioni rilevanti ai fini della assunzione o del conferimento dell'incarico, della gestione o della cessazione del rapporto di lavoro, dell'assegnazione di compiti o mansioni nonché indicazioni incidenti sulla sorveglianza, la valutazione, le prestazioni e l'adempimento delle obbligazioni contrattuali dei lavoratori. Resta fermo quanto disposto dall'articolo 4 della legge 20 maggio 1970, n. 300."; b) il comma 8 è sostituito dal seguente: "8. Gli obblighi informativi di cui al presente articolo non si applicano ai sistemi protetti da segreto industriale e commerciale".
Non può non rilevarsi che, sin dalla pubblicazione del decreto, si è aperto fra gli operatori del diritto un dibattito, al fine di stabilire l'esatto significato della norma, intesa, peraltro, in senso conforme alle previsioni della disciplina eurounitaria che il d.l.vo N. 104/2022 doveva attuare, oltre che a quelle del GDPR, nonché della Direttiva UE 2016/493 relativa alla protezione del segreto commerciale.
In questo contesto, il Garante della privacy, cui la società ha dichiarato di avere fornito le necessarie informazioni dovute (in relazione ad esempio al riconoscimento facciale), aveva fornito a gennaio scorso indicazioni interpretative, sugli obblighi di cui al D.l.vo 104 cit., che potrebbero fornire qualche indicazione anche al fine di attribuire il corretto significato alla limitazione prevista del D.L. n. 48/2023 degli obblighi informativi di cui all'art. 1bis cit. ai sistemi "integralmente automatizzati".
In particolare, l'Autorità di controllo ha rimarcato che le informazioni che il datore di lavoro, soggetto ai nuovi obblighi informativi, in qualità di titolare del trattamento, deve fornire al lavoratore (in qualità di interessato) rientrano:
- gli aspetti del rapporto di lavoro sui quali incide l'utilizzo dei sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati;
- il funzionamento dei sistemi;
- i parametri principali utilizzati per programmare o addestrare i sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati, inclusi i meccanismi di valutazione delle prestazioni;
- le misure di controllo adottate per le decisioni automatizzate, gli eventuali processi di correzione e il responsabile del sistema di gestione della qualità;
- il livello di accuratezza, robustezza e cybersicurezza dei sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati e le metriche utilizzate per misurare tali parametri, nonché gli impatti potenzialmente discriminatori delle metriche stesse.
Il Garante privacy ha chiarito che tali obblighi informativi non sostituiscono quelli già previsti dal General data protection regulation (GDPR) che confluiscono nell'informativa sul trattamento dei dati personali nella gestione del rapporto di lavoro ex articoli 13 e 14 GDPR, ma si aggiungono ad essi.
Tra gli elementi che, invece, specificano la portata di quanto già previsto dal GDPR rientrano la logica dei sistemi decisionali o di monitoraggio (ora, integralmente) automatizzati e l'indicazione delle categorie di dati trattati, che, in base al GDPR, è specificamente prevista solo qualora i dati oggetto di trattamento non siano ottenuti presso l'interessato. Inoltre, le specifiche informazioni riguardanti i sistemi decisionali o di monitoraggio integralmente automatizzati vanno fornite congiuntamente alle informazioni contenute nell'informativa privacy ex articoli 13 e 14 GDPR, quindi nello stesso documento, prima dell'inizio dell'attività lavorativa.
Non è dubbio che gli obblighi previsti dal GDPR - la cui inosservanza è peraltro gravemente sanzionata - si applichino a tutti i sistemi automatizzati, non solo a quelli "integralmente automatizzati", che nei confronti dal Garante non possa essere opposto il segreto sugli elementi che sono oggetto di comunicazione obbligatoria e che la normativa sulla trasparenza nei confronti dei lavoratori (nonché delle RSU, RSA o associazioni sindacali maggiormente rappresentantive) debbano essere coordinate con quelle del GDPR, cui il legislatore nazionale non può derogare, perché contenute in un Regolamento UE.
A norma dell'art. 5 del citato Regolamento prevede che i dati personali debbano, tra l'altro, essere trattati in modo trasparente nei confronti dell'interessato. L'art. 12 del Regolamento prevede che: "1. Il titolare del trattamento adotta misure appropriate per fornire all'interessato tutte le informazioni di cui agli articoli 13 e 14 e le comunicazioni di cui agli articoli da 15 a 22 e all'articolo 34 relative al trattamento in forma concisa, trasparente, intelligibile e facilmente accessibile, con un linguaggio semplice e chiaro, in particolare nel caso di informazioni destinate specificamente ai minori. Le informazioni sono fornite per iscritto o con altri mezzi, anche, se del caso, con mezzi elettronici. Se richiesto dall'interessato, le informazioni possono essere fornite oralmente, purché sia comprovata con altri mezzi".
A norma dell'art. 13 del Regolamento, il titolare del trattamento deve fornire all'interessato una serie di informazioni, ivi dettagliate, laddove il suo art. 15 dispone che "L'interessato ha il diritto di ottenere dal titolare del trattamento la conferma che sia o meno in corso un trattamento di dati personali che lo riguardano e in tal caso, di ottenere l'accesso ai dati personali e alle seguenti informazioni:...".
L'art. 22, par. 1 del Regolamento prevede il divieto di assoggettamento a una decisione basata unicamente sul trattamento automatizzato o, nel caso in cui sia ritenuta legittima una decisione automatizzata, che sia garantito il diritto di ottenere l'intervento umano da parte del titolare del trattamento, nonché il diritto del soggetto "trattato" di esprimere la propria opinione e di contestare la decisione. L'art. 1bis introdotto dal D.L.vo 104/2022, in detto contesto normativo eurounitario e in attuazione della Direttiva (UE) 2019/1152 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019, relativa a condizioni di lavoro trasparenti e prevedibili nell'Unione europea, ha disposto che i datori di lavoro e i committenti pubblici e privati sono tenuti a informare il lavoratore dell'utilizzo di sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati deputati a fornire indicazioni rilevanti ai fini della assunzione o del conferimento dell'incarico, della gestione o della cessazione del rapporto di lavoro, dell'assegnazione di compiti o mansioni nonché indicazioni incidenti sulla sorveglianza, la valutazione, le prestazioni e l'adempimento delle obbligazioni contrattuali dei lavoratori.
In altri termini, ha disposto che il lavoratore deve poter conoscere se si usano le tecniche automatizzate, se il datore di lavoro si avvale di decisioni algoritmiche e simili; inoltre, il lavoratore ha diritto di sapere come tali tecniche funzionano, quale ne sia la logica e quali gli impatti, anche in termini di rischi per la sicurezza dei dati personali. Bisogna, quindi, porsi anzitutto l'interrogativo se il D.L. 47/2023 - all'art. 26, rubricato "Semplificazioni in materia di informazioni e di obblighi di pubblicazione in merito al rapporto di lavoro", che si propone quindi di semplificare le modalità con le quali vanno rese le informazioni e non di modificare informazioni e obblighi - abbia inteso ridimensionare detti obblighi, limitandoli ai sistemi "integralmente automatizzati", oppure semplicemente chiarirne la portata, introducendo la possibilità di ricorrente a modalità più semplici di comunicazione; verificare anche a tal fine cosa debba intendersi per sistemi integralmente automatizzati e se la eventuale limitazione si ponga in contrasto con il citato Regolamento UE, eventualmente fornendo della norma un'interpretazione conforme.
Orbene, nel mondo del lavoro, vi sono ormai molte imprese industriali e commerciali, di varie dimensioni che impiegano sistemi e procedure digitalizzate, così come tecnologie o software basati su algoritmi o intelligenza artificiale (AI), al fine di migliorare i flussi produttivi o la gestione del rapporto lavorativo.
Questi sistemi e procedure devono essere soggetti alla possibilità di controllo umano e devono essere conoscibili nel loro funzionamento da parte di coloro che vi sono soggetti, come i lavoratori a carico dei quali il sistema prenda decisioni o la cui condotta o volontà venga monitorata dal sistema.
In particolare, ex art. 22 del Regolamento sopra citato, deve essere possibile il controllo umano sulle decisioni adottate dal sistema automatizzato, pena l'illegittimità del medesimo, che ne risulta vietato nei Paesi membri, sicché, ove il controllo umano delle decisioni non sia presente, dev'essere garantito il controllo sulle decisioni e la contestazione delle stesse da parte dei lavoratori che vi sono soggetti e delle loro Organizzazioni sindacali.
Pertanto, nell'ambito dei sistemi automatizzati il cui utilizzo è lecito all'interno dell'UE, quelli di cui è indispensabile fornire informazioni ai lavoratori, sulla scorta dell'art. 22 del citato Regolamento, sono quelli che non prevedono l'intervento umano contemporaneo o successivo rispetto alla decisione del sistema o al monitoraggio dei lavoratori, che, poi, di norma, è finalizzato proprio all'assunzione da parte del sistema di una decisione che li riguarda.
Sono, quindi, in quest'ambito, integralmente automatizzati i sistemi che non prevedono l'intervento umano nella fase finale della decisione o del monitoraggio, a prescindere da un eventuale intervento dell'uomo nelle fasi antecedenti, quale quella di mero inserimento di dati, comunque elaborati.
Deve, quindi, concludersi che il DL 48/2023 all'art. 26 ha inteso precisare che le pregnanti informazioni che vanno rilasciate ai lavoratori e alle loro formazioni sindacali sono quelle relative solo ai sistemi di decisione e monitoraggio "integralmente" automatizzati, cioè quelli che non prevedono alcun intervento umano nella fase finale del processo decisionale o di monitoraggio, sempre che tale sistema non sia coperto da segreto industriale o commerciale, nel senso che il segreto risulterebbe violato dal rilascio delle informazioni, a volere rendere un'interpretazione conforme alla citata Direttiva UE 2016/943 in tema di segreto commerciale.
Questa interpretazione della norma dell'art. 26 cit. risulta conforme tanto rispetto alla Direttiva attuata dalla norma del D.l.vo n. 104/2022, che il D.L. 48/2023 ha inteso precisare e circoscrivere, che al Regolamento più sopra citato, che alla citata Direttiva UE 2016/943.
Sulla scorta dell'interpretazione qui resa, i sistemi automatizzati utilizzati dalla resistente risultano sistemi integralmente automatizzati, atteso che in essi l'intervento umano dedotto (e non dimostrato) comunque non interverrebbe nella fase finale, bensì eventualmente solo in quella dell'inserimento dei dati o dell'attivazione del sistema medesimo, in cui la successiva elaborazione e trattamento dei dati ed eventuale decisione finale sono affidati integralmente ad automatismi algoritmici o informatici.
La questione di legittimità costituzionale del D.l.vo 104/2022, che parte resistente ha chiesto di sollevare, per eccesso di delega, risulta manifestamente infondata, oltre che irrilevante.
Ed invero, da un lato, la Direttiva UE 2019/1152, nello stabilire gli obblighi informativi dei datori in favore dei lavoratori su tutti gli elementi del rapporto di lavoro, dando rilievo alla partecipazione dei sindacati, prevede altresì espressamente che gli Stati membri possano stabilire condizioni di miglior favore, sicché la previsione degli obblighi informativi di cui all'art. 1bis cit., in relazione ai sistemi automatizzati, non viola la delega di attuazione della Direttiva. Ciò, anche in considerazione del fatto che, in concreto, se il sistema decisionale o di monitoraggio è affidato ad un sistema automatizzato, la possibilità di avere informazioni davvero trasparenti e complete sugli elementi del rapporto, di cui al comma 1, comporta necessariamente che vengano comunicate le logiche, le modalità di funzionamento e la misura dell'affidabilità del sistema automatizzato.
Anche l'intervento del D.L. 48/2023, che chiarisce e ridimensione nel senso sopra detto gli obblighi di informazione imposti dal D.L.vo 104/2022, del resto, porta a ritenere manifestamente infondata, oltre che irrilevante, la questione di legittimità costituzionale di detta ultima normativa, con riferimento all'introduzione dell'art. 1bis in particolare, che la parte resistente ha chiesto di sollevare, per difetto di delega. Ed invero, il fatto che gli obblighi informativi in parola siano stati ribaditi e precisati in un decreto legge, attualmente in vigore, non soggetto a limiti di delega, bensì al controllo successivo del Parlamento, rende irrilevante la questione relativa al lamentato eccesso di delega del D.l.vo 104/2022, in relazione all'introduzione dell'art. 1 bis cit.; infatti, quest'ultimo è stato superato come detto dal D.L. 48/2023, che oggi prevede quegli stessi obblighi informativi per i sistemi integralmente automatizzati e che deve trovare applicazione, nelle more del termine di 60 giorni per la conversione in legge, spiegando immediata efficacia.
In particolare, quindi, la questione, oltre che manifestamente infondata per quanto detto, deve ritenersi irrilevante, dapprima perché la società, sino alla notifica del ricorso, non ha fornito alcuna informazione alle OO.SS. ricorrenti, neppure quelle testualmente previste dalla Direttiva, successivamente perché gli obblighi informativi relativi ai sistemi, come quelli utilizzati dalla resistente, integralmente automatizzati (nel senso sopra detto) sono stati ribaditi con il D.L. n. 48/2023, non soggetto ad alcuna limitazione contenuta nell'originaria legge delega o nella Direttiva da recepire.
In conclusione, quindi, l'obbligo della resistente di fornire le informazioni previste dal citato art. 1bis, introdotto dal D.l.vo 104/2022, alle OO.SS. ricorrenti permane anche dopo l'entrata in vigore del D.L. n. 48/2023, con l'esclusione naturalmente di quelle che incidono su sistemi o parti di essi coperti da segreto industriale o commerciale, con la conseguenza che la sua violazione costituisce condotta antisindacale ancora in atto.
Infatti, le informazioni fornite dalla resistente alle ricorrenti dopo la notifica del ricorso, con pec del 15.05.2023, sono certamente insufficienti rispetto all'obbligo di legge, anche escludendo quelle relative a dati coperti da segreto, che le OO.SS. hanno precisato di non voler richiedere.
In detta "Informativa in materia di trasparenza ex Dlgs. 104/2022" la società resistente, infatti, comunicava che "L'Excellence score è un sistema che considera l'effettiva volontà dei corrieri di utilizzare la Piattaforma riconoscendo priorità di accesso al calendario (vedi infra) a coloro che di volta in volta hanno il punteggio migliore", limitandosi poi a comunicare che i parametri sulla base dei quali si determina il punteggio sono i feedback dei clienti, la prenotazione di slot ad alta domanda, il numero di ordini e la mancata registrazione in uno slot prenotato e non preventivamente disdettato, che i parametri registrati più di recente hanno "maggior valore" di quelli registrati in precedenza, che "Come ben noto i Corrieri con un Punteggio più alto accedono alla prenotazione degli slot disponibili prima dei Corrieri con un Punteggio più basso". Nessuna indicazione precisa è stata fornita, neppure tardivamente, rispetto al peso complessivo di ciascuno dei detti parametri e alla loro interazione ai fini della determinazione di un certo punteggio, che pure il datore utilizza per una profilazione della volontà del lavoratore, per attribuirgli un vantaggio nella prenotazione degli slots. E' stato comunicato, poi, che sul punteggio incide anche il no show, cioè la mancata registrazione allo slot prenotato e non disdettato (da qualsiasi motivo discendente, anche da involontaria mancanza di connessione), senza tuttavia indicare in che misura esso incida, anche in relazione agli altri parametri. La stessa tipologia di informazioni, non chiare e trasparenti, ma che paventano mere possibilità sono contenute nella citata informativa con riferimento ai criteri di assegnazione della proposta d'ordine, meramente enunciati, ma di cui non è stato comunicato un ordine di priorità o un peso o le reciproche modalità di interazione o di subordinazione (ad esempio se due corrieri liberi da ordini si trovano uno in bicicletta a due metri dal locale per un ordine da consegnare a 500 metri di distanza e un altro in moto a 200 metri dal locale per la stessa consegna a chi sarà assegnato l'ordine? Si privilegia la distanza dal locale o il mezzo? Se entrambi, come vengono messi in relazione tra loro i criteri?).
Sul riconoscimento facciale e la geolocalizzazione, poi, non si forniscono informazioni relative al funzionamento del sistema e alla sua affidabilità, ma prevalentemente sui motivi per cui detti sistemi vengono utilizzati.
Deve, quindi, ritenersi che le informazioni fornite dalla resistente alle OO.SS. ricorrenti con pec del 15.05 scorso - dopo la notifica del ricorso - fossero in ogni caso insufficienti a soddisfare gli obblighi previsti dagli artt. 1 e 1bis introdotti dal D.l.vo 104/2022 e ribaditi dal D.L. 48/2023 nel senso sopra detto.
Deve, quindi, essere dichiarata l'antisindacalità della condotta tenuta dalla società resistente, consistente nel perdurante rifiuto - derivante dall'omissione della condotta obbligatoria - di comunicare alle OO.SS. ricorrenti le informazioni di cui all'art. 1 bis del D.Lgs. 1526/1997, come novellato dal d.l.vo 104/2022, richieste con la nota delle ricorrenti del 22.12.2022, ed in particolare, con esclusione dei codici sorgente e delle formule matematiche utilizzate per la realizzazione della piattaforma informatica, unici elementi che possono essere coperti da segreto industriale o commerciale - in difetto di prova, che la società non ha fornito, dell'estensione del segreto ad altri aspetti:
a) gli aspetti del rapporto di lavoro e della sua cessazione sui quali incide l'utilizzo dei sistemi automatizzati;
b) gli scopi e le finalità dei predetti sistemi automatizzati;
c) la logica ed il funzionamento dei sistemi, con particolare riferimento alla logica e alle concrete modalità con le quali il sistema conferisce gli ordini, gestisce il sistema del punteggio dei corrieri al fine di una prioritaria apertura degli slots, procede alla disconnessione temporanea o definitiva di un corriere, nonché sorveglia l'adempimento della sua prestazione lavorativa e valuta le prestazioni da lui rese;
d) le categorie di dati e i parametri principali utilizzati per programmare i sistemi, con particolare riferimento alle modalità di valutazione dei singoli fattori adottati come parametro al fine di ottenere la massima valutazione possibile ad esso attribuibile e valutazioni inferiori, il peso di ciascun parametro nella realizzazione del risultato finale, l'eventuale prevalenza di uno o più parametri sugli altri e le altre informazioni relative alla interazione fra di essi nella produzione del risultato finale, sia in relazione alla valutazione del corriere mediante un punteggio, chiarendo come in concreto esso venga calcolato dal sistema, sia in relazione all'attribuzione di proposte d'ordine, che alla disconnessione;
e) le misure di controllo adottate per le decisioni automatizzate, gli eventuali processi di correzione e il responsabile del sistema di gestione della qualità;
f) il livello di accuratezza, robustezza e cybersicurezza dei sistemi automatizzati e le metriche utilizzate per misurare tali parametri, nonché gli impatti potenzialmente discriminatori delle metriche stesse.
Va, quindi, ordinato alla resistente di comunicare alle OO.SS. ricorrenti le suddette informazioni.
Venendo alle altre domande formulate dalle ricorrenti, anzitutto, non appare necessaria la pubblicazione del provvedimento, perché gli attuali mezzi informatici consentono alle ricorrenti di renderlo noto in modo generalizzato, e quindi anche ai riders operanti nella comunità di Palermo.
Quanto alla richiesta di risarcimento dei danni derivanti dalla lesione del ruolo e dell'immagine delle OO.SS. ricorrenti, pur in presenza di una condotta obiettivamente illecita della resistente e della lesione dell'attività sindacale, come sopra accertate, i danni lamentati non possono ritenersi presuntivamente provati, non essendo stato fornito alcun elemento ulteriore. Ciò anche in considerazione del fatto che, da una parte, non emerge dagli atti che un diverso trattamento sia stato riservato ad altre Organizzazioni sindacali, sì da produrre sfiducia dei lavoratori proprio nei sindacati ricorrenti, e che, in ogni caso, la resistente ha fornito alcune informazioni, sia pure valutate come insufficienti, dopo il deposito del ricorso, non manifestando quella posizione di totale rifiuto avverso le OO.SS., che in ricorso veniva dedotta come idonea a ledere il ruolo e l'immagine delle ricorrenti.
Venendo alla domanda formulata ex art. 614 bis c.p.c., cui le OO.SS. ricorrenti hanno certamente un attuale notevole interesse, trattandosi dell'unica modalità dissuasiva idonea a determinare l'adempimento dell'obbligo cui la resistente viene qui condannata, giova premettere alcune considerazioni interpretative della norma citata. L'art. 614 bis cit. così dispone: "Con il provvedimento di condanna all'adempimento di obblighi diversi dal pagamento di somme di denaro il giudice, salvo che ciò sia manifestamente iniquo, fissa, su richiesta di parte, la somma di denaro dovuta dall'obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva ovvero per ogni ritardo nell'esecuzione del provvedimento, determinandone la decorrenza. Il giudice può fissare un termine di durata della misura, tenendo conto della finalità della stessa e di ogni circostanza utile. ...
Il giudice determina l'ammontare della somma tenuto conto del valore della controversia, della natura della prestazione dovuta, del vantaggio per l'obbligato derivante dall'inadempimento, del danno quantificato o prevedibile e di ogni altra circostanza utile.
Il provvedimento costituisce titolo esecutivo per il pagamento delle somme dovute per ogni violazione, inosservanza o ritardo. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano alle controversie di lavoro subordinato pubblico o privato e ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di cui all'articolo 409).". Osserva questa giudice, anzitutto, in relazione all'eccezione della resistente, secondo cui il procedimento ex art. 28 St. Lav. rientrerebbe fra le controversie di cui all'art. 409 c.p.c., che quest'ultima norma regolamenta, come emerge dalla stessa rubrica, le controversie individuali di lavoro.
Il procedimento ex art. 28 St. Lav., pur prevendendo l'applicazione del rito del lavoro nella fase di opposizione a cognizione piena - al pari tuttavia di altre materie del tutto estranee a quella lavoristica (come ad esempio le locazioni) - non introduce una controversia individuale di lavoro, bensì un'azione finalizzata al perseguimento di un interesse di natura collettiva, quale quello delle OO.SS. alla tutela avverso condotte datoriali che ledano la libertà e l'esercizio dell'attività sindacale.
Qualora, infatti, una medesima condotta leda o sia idonea a ledere sia i diritti individuali del lavoratore che quelli del sindacato (ad esempio licenziamento o trasferimento di un lavoratore che nel contempo rivesta la qualità di rappresentante sindacale) sono proponibili da parte del lavoratore l'azione ex artt. 409 e ss. c.p.c. e da parte del sindacato, separatamente ed in via aggiuntiva, non alternativa, l'azione ex art. 28 St. Lav..
L'azione ex art. 28 St. Lav., quindi, non rientra fra le controversie individuali di lavoro ex art. 409 c.p.c., sicché per essa non opera l'espressa esclusione operata dall'ultimo comma dell'art. 614 bis c.p.c..
Poiché detta esclusione costituisce un'eccezione alla regola generale dettata dalla norma, del resto, essa non potrebbe essere interpretata in via analogica, essendo di stratta interpretazione.
Inoltre, sia in ragione della suddetta natura collettiva degli interessi sottesi all'azione ex art. 28, che si contrappone a quelli individuali fatti valere ex art. 409 c.p.c., che sulla scorta della considerazione che tra parte datoriale e il sindacato non esiste un rapporto contrattuale fiduciario di natura continuativa, quali quelli menzionati da quest'ultima norma, rapporto che esiste invece con i lavoratori, non si rinvengono ragioni di analogia fra le due tipologie di controversie, tali da portare a estendere al procedimento in oggetto il divieto di legge.
Parte resistente ha dedotto che per la violazione del decreto ex art. 28 St. Lav., come per i provvedimenti di reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro, è già prevista la sanzione costituita dalla contravvenzione di cui all'art. 650 c.p., ciò che dimostrerebbe che anche per l'azione di condotta antisindacale sia inapplicabile l'astreinte di cui alla norma sopra citata.
Orbene, al di là del fatto che la fattispecie penale citata sia poi in concreto applicabile per la violazione dei predetti provvedimenti, deve rilevarsi che non tutti i provvedimenti conclusivi del rito ex art. 409 c.p.c. prevedono per la loro violazione l'applicazione della sanzione penale prevista e punita dall'art. 650 c.p., sicché non può rinvenirsi in ciò la ragione dell'inapplicabilità del mezzo coercitivo in discorso alle controversie individuali di lavoro.
Del resto, non può ritenersi che l'astreinte sia paragonabile a una sanzione penale, tanto da poter essere ritenuta di natura sostanzialmente penale, con conseguente divieto di duplicazione, sulla scorta dei criteri Engers elaborati dalla Corte di Giustizia.
Conclusivamente, l'astreinte di cui all'art. 614 bis c.p.c. deve ritenersi in astratto applicabile al procedimento ex art. 28 St. Lav..
Nella fattispecie, inoltre, si rinvengono tutti i presupposti per la concreta applicazione della norma in discorso, atteso che, con il presente provvedimento la resistente viene condannata a comunicare informazioni alle OO.SS. ricorrenti, ciò che con tutta evidenza va qualificato come obbligo di facere infungibile, del quale risulterebbe del resto molto difficoltosa l'esecuzione forzata, in ipotesi di rifiuto.
Tenuto, quindi, conto della consistenza dell'obbligazione oggetto della condanna e di tutte le altre circostanze di cui all'art. 614 bis cit., va fissata in Euro 200,00 al giorno la somma che la società resistente dovrà versare alle OO.SS. ricorrenti a decorrere dal quindicesimo giorno successivo alla comunicazione del presente decreto, in caso di inadempimento a quella data e sino all'adempimento dell'obbligazione cui viene qui condannata.
Le spese del procedimento, liquidate in parte dispositiva seguono la soccombenza assolutamente prevalente della società resistente.
P.Q.M.
La giudice del Lavoro, pronunciando ex art. 28 Statuto dei Lavoratori, ogni altra domanda ed eccezione rigettata, dichiara antisindacale la condotta tenuta dalla (...) S.R.L., consistita nel perdurante rifiuto - derivante dall'omissione della condotta obbligatoria - di comunicare alle OO.SS. ricorrenti le informazioni di cui all'art. 1 bis del D.Lgs. 1526/1997, come novellato dal d.l.vo 104/2022, richieste con la nota delle ricorrenti del 22.12.2022.
Per l'effetto, ordina alla (...) S.R.L., in persona del suo legale rappresentante, di comunicare alle OO.SS. ricorrenti le predette informazioni, ed in particolare, con esclusione dei codici sorgente e delle formule matematiche utilizzate per la realizzazione della piattaforma informatica, le informazioni relative a:
a) gli aspetti del rapporto di lavoro e della sua cessazione sui quali incide l'utilizzo dei sistemi automatizzati;
b) gli scopi e le finalità dei predetti sistemi automatizzati;
c) la logica ed il funzionamento dei sistemi, con particolare riferimento alla logica e alle concrete modalità con le quali il sistema conferisce gli ordini, gestisce il sistema del punteggio dei corrieri al fine di una prioritaria apertura degli slots, procede alla disconnessione temporanea o definitiva di un corriere, nonché sorveglia l'adempimento della sua prestazione lavorativa e valuta le prestazioni da lui rese;
d) le categorie di dati e i parametri principali utilizzati per programmare i sistemi, con particolare riferimento alle modalità di valutazione dei singoli fattori adottati come parametro al fine di ottenere la massima valutazione possibile ad esso attribuibile oppure valutazioni inferiori, il peso di ciascun parametro nella realizzazione del risultato finale, l'eventuale prevalenza di uno o più parametri sugli altri e le altre informazioni relative alla interazione fra essi nella produzione del risultato finale, sia in relazione alla valutazione del corriere mediante un punteggio - chiarendo come in concreto esso venga calcolato dal sistema -, sia in relazione all'attribuzione di proposte d'ordine, che alla disconnessione;
e) le misure di controllo adottate per le decisioni automatizzate, gli eventuali processi di correzione e il responsabile del sistema di gestione della qualità;
f) il livello di accuratezza, robustezza e cybersicurezza dei sistemi automatizzati e le metriche utilizzate per misurare tali parametri, nonché gli impatti potenzialmente discriminatori delle metriche stesse.
Visto l'art. 614 bis c.p.c., fissa in Euro 200,00 giornalieri la somma che la (...) S.R.L. dovrà versare alle OO.SS. ricorrenti, a partire dal quindicesimo giorno successivo alla comunicazione del presente decreto, in ipotesi di inadempimento a detta data del superiore obbligo di informazione, sino alla data dell'adempimento.
Condanna, altresì, la (...) S.R.L. alla rifusione delle spese di lite delle OO.SS. ricorrenti, che liquida in complessivi Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese generali, CPA e IVA, se dovuti come per legge.