Il termine iniziale di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da responsabilità professionale decorre dal momento in cui la produzione del danno si manifesta all'esterno, divenendo oggettivamente percepibile e riconoscibile da chi ha interesse a farlo valere.
Una banca conveniva in giudizio un notaio per responsabilità professionale in relazione ad un'operazione di finanziamento. Nello specifico, il notaio aveva invertito i nominativi delle parti nella nota di iscrizione dell'ipoteca, così da far apparire il mutuatario beneficiario dell'ipoteca e la banca debitore. Quest'ultima, a...
Svolgimento del processo
1. Con ricorso affidato a due motivi, Intesa Sanpaolo S.p.A. ha impugnato la sentenza della Corte di appello di Catanzaro, resa pubblica in data 14 febbraio 2020, che ne respingeva il gravame avverso la decisione del Tribunale di Cosenza che, a sua volta, ne aveva rigettato la domanda di risarcimento danni proposta nei confronti del notaio R.S. per maturata prescrizione del relativo diritto.
1.1. – Intesa Sanpaolo S.p.A., con citazione del 2 luglio 2013, aveva, infatti, agito assumendo l’inadempimento del notaio convenuto quanto alla prestazione professionale resa in occasione del contratto di finanziamento fondiario concesso il 13 ottobre 2000 dal Banco di Napoli (poi fusosi per incorporazione con esso Istituto di credito attore) a F.D.N., avendo lo S. reso invalida l’originaria ipoteca per l’erronea redazione della nota di iscrizione - con inversione dei nominativi delle parti, così da elevare il D.N. a beneficiario dell’ipoteca da iscrivere e degradare il Banco di Napoli a “debitore non datore” - e avendo determinato per la banca mutuataria la perdita del beneficio fondiario e, quindi, la possibilità di recuperare la somma di euro 43.143,66, pari alla rate di mutuo non versate, a partire dall’anno 2010, da D.P, acquirente, nel novembre 2002, dell’immobile in precedenza acquistato dall’originario mutuante.
1.2. - Il Tribunale adito - “rilevando che dal contratto di mutuo emergeva che la somma mutuata, trattenuta dall’Istituto mutuante a titolo di pegno, sarebbe stata svincolata e corrisposta solo all’esito della dimostrata iscrizione ipotecaria sul bene” e che, quindi, l’istituto stesso “doveva aver preso visione dell’iscrizione di cui si contestava l’assenza e pertanto era in grado già nel 2000 di accorgersi dell’errore in cui era in corso il notaio” – con sentenza del luglio 2015 aveva, dunque, rigettato la domanda attorea per decorso del termine di prescrizione.
2. La Corte territoriale, a fondamento della decisione (per quanto ancora rileva in questa sede), osservava che: a) “il termine di prescrizione decorre dalla percepibilità come tale del fatto dannoso, percepibilità che non ha una connotazione soggettiva di effettiva ignoranza, ma che ha riferimento alla conoscibilità acquisibile con l’uso della diligenza media richiesta al soggetto danneggiato”; b) nell’ipotesi in esame, la diligenza esigibile “è ben fondata sulla disponibilità del creditore sia quanto alle competenze tecniche necessarie ad appurare la presenza o l’assenza di una iscrizione ipotecaria, sia quanta alla doverosa disamina dei documenti relativi, richiesti e prescritti ai fini dell’erogazione concreta della somma mutuata”; c) nella specie, “lo stesso contratto di mutuo prevede espressamente che il mutuatario, onde ricevere dalla banca la somma pattuita, deve produrre determinati documenti, tra cui la nota di iscrizione ipotecaria, e ciò nel termine di gg. 30 dalla sottoscrizione del contratto di mutuo”; d) sicché, “la banca, al momento di disporre l’equazione del finanziamento, era tenuta a verificare i presupposti cui la erogazione, per sua stessa disposizione, si legava, esaminando i documenti da essa stessa richiesti, e provvedendo poi a dare esecuzione al contratto” ed era “in quel momento che, con l’ordinaria diligenza esigibile dal creditore, questi avrebbe potuto accorgersi dell’errore commesso dal notaio, peraltro agevolmente emendabile”; e) l’omissione di tale doverosa attività di controllo non poteva giustificare la “ignoranza in cui è in corso l’istituto appellante”, dovendosi condividere quanto già ritenuto dal Tribunale, “ossia che il dies a quo della prescrizione decorra dall’avvenuta erogazione del mutuo, poiché questo presupponeva, secondo la stessa indicazione della banca, che le venissero forniti, per quel che qui interessa, i documenti relativi all’avvenuta iscrizione, documenti che avrebbe avuto l’onere di verificare, secondo l’ordinaria diligenza; f) era peraltro inesatta in diritto la “affermazione di un danno in ipsa in seguito al solo verificarsi dell’inadempimento; basti solo pensare al caso in cui, pur in presenza dell’errore indicato, vi sia comunque il pagamento integrale del mutuo, sì che quel comportamento risulta in concreto e improduttivo di qualsiasi conseguenza in capo al creditore”.
3. Resiste con controricorso R.S..
4. Intesa Sanpaolo S.p.A. ha depositato memoria ai sensi
dell’art. 380-bis.1 c.p.c.
Motivi della decisione
1. Con il primo mezzo è denunciata, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 2935 e 2946 c.c., per essersi la Corte territoriale discostata dai principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 3176/2016; Cass. n. 22059/2017) ed erroneamente fatto decorrere il termine di esercizio del diritto in modo svincolato dalla sussistenza di un danno, incentrandolo soltanto sulla rilevabilità dell’errore nell’espletamento della prestazione professionale, pur avendo escluso nella specie “l’integrazione del danno, costituente eventualità futura”.
2. Con il secondo mezzo è prospettata, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., falsa applicazione degli artt. 1218 e 2935 c.c., per aver la Corte territoriale errato a dare rilievo, ai fini della percepibilità del fatto dannoso da parte dell’Istituto danneggiato in base ad ordinaria diligenza, al solo profilo del “tecnicismo della prestazione” della banca stessa, “a prescindere dalla spiccata professionalità insita nella prestazione demandata al notaio resosi inadempiente”.
3. Il primo motivo è, anzitutto, ammissibile, non ricorrendo, nella specie, i vizi di inammissibilità del ricorso, dedotti dal controricorrente, per difetto di specificità e di autosufficienza delle censure, ai sensi dell’art. 366, primo comma, n. 4 e n. 6, c.p.c. Le veicolate censure si palesano, infatti, adeguatamente sorrette sia da intelligibili argomenti critici nei confronti della sentenza impugnata, sia dall’indicazione degli atti e documenti sui quali si fondano, peraltro svolgendosi esse essenzialmente in punto di diritto.
Il motivo è anche fondato, con assorbimento del secondo motivo del medesimo ricorso.
3.1. La Corte territoriale, richiamando il precedente di questa Corte di cui alla sentenza n. 16463/2009 (che a sua volta è conforme a Cass. n. 10493/2006), ha premesso di voler fare applicazione del principio di diritto secondo cui il termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da responsabilità professionale inizia a decorrere non dal momento in cui la condotta del professionista determina l’evento dannoso, bensì da quello in cui la produzione del danno si manifesta all’esterno, divenendo oggettivamente percepibile e riconoscibile da chi ha interesse a farlo valere.
Ciò posto, il giudice di appello (in continuità con quanto ritenuto dal primo giudice) ha ritenuto che, nella specie, il termine iniziale del decorso della prescrizione fosse quella della data di erogazione del mutuo, potendo in quel momento l’Istituto mutuatario verificare, con l’ordinaria diligenza, i documenti relativi all’avvenuta iscrizione ipotecaria e, dunque, rilevare agevolmente l’errore del notaio – e, dunque la relativa condotta di inadempimento alla prestazione professionale cui lo stesso era tenuto – che aveva invertito i nominativi delle parti, così da elevare il D.N. a beneficiario dell’ipoteca da iscrivere e degradare il Banco di Napoli a “debitore non datore”.
3.2. Il giudice di appello ha fatto mal governo del principio di diritto al quale, dunque, si è solo apparentemente uniformato; principio che la giurisprudenza successiva (tra cui quella richiamata dalla parte ricorrente) ha avuto modo di puntualizzare, ribadendo che la decorrenza iniziale del termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno da responsabilità professionale (che è di natura contrattuale) si ha non già dal momento in cui la condotta del professionista determina l’evento dannoso, bensì da quello in cui la produzione del danno si manifesta all’esterno, divenendo oggettivamente percepibile e riconoscibile da chi ha interesse a farlo valere (tra le altre: Cass. n. 3176/2016; Cass. n. 18606/2016; Cass. n. 22059/2017).
Come precisato dalla citata Cass. n. 3176/2016, l’inadempimento della prestazione d’opera intellettuale (e, dunque, anche quella del notaio) si configura come l’evento produttivo (o la fonte) del danno risarcibile, ma non si identifica con questo, che è invece da individuarsi nel pregiudizio (perdita subita o mancato guadagno) patito dal creditore della prestazione quale conseguenza immediata e diretta, ai sensi dell’art. 1223 c.c., della condotta inadempiente.
Pertanto, ai fini della configurazione di un diritto al risarcimento del pregiudizio patito a seguito di inadempimento occorre che la fattispecie di responsabilità contrattuale si sia perfezionata con la presenza di un danno risarcibile.
Tale danno (che può anche non prodursi affatto) può sorgere contestualmente con l’inadempimento del debitore, ovvero in un momento successivo, rimanendo, comunque, sempre ben distinta (in senso logico-giuridico) la fonte del danno dal danno stesso.
Di qui, la correlazione tra insorgenza del diritto al risarcimento del danno da responsabilità contrattuale e decorrenza della prescrizione, che, in base all’art. 2935 c.c., è ancorata al momento in cui il diritto anzidetto può farsi valere e, dunque, non prima che lo stesso venga ad esistenza con l’insorgenza del danno risarcibile.
Con l’ulteriore precisazione che, in quanto danno risarcibile, esso deve essere attuale e non solo potenziale e, alla stregua di quanto in precedenza evidenziato, oggettivamente percepibile e riconoscibile da chi intenda chiederne il ristoro; profilo, quest’ultimo, che trova rilievo, evidentemente, una volta che il danno risarcibile sia sorto.
3.3. Nella specie, il danno risarcibile, attuale e non soltanto potenziale – ossia la perdita subita (capitale) e il mancato guadagno (interessi) da parte dell’Istituto mutuatario – non si è verificato con l’erogazione del mutuo in assenza di valida iscrizione ipotecaria, ma si è venuto a determinare a seguito dell’inadempimento del debitore mutuatario circa il pagamento delle rate residue del mutuo, non avendo potuto l’Istituto di credito mutuante recuperare il credito inadempiuto tramite l’attivazione della predetta garanzia ipotecaria.
Del resto, è la stessa Corte territoriale a dare evidenza a siffatta ricostruzione in iure, contraddicendo logicamente la premessa su cui ha fondato il proprio ragionamento, poiché là dove, nella sentenza impugnata, ha messo in risalto che non avrebbe potuto darsi seguito alla tesi di “un danno in re ipsa in seguito al solo verificarsi dell’inadempimento”, ha, quindi, correttamente fatto l’esempio del “caso in cui, pure in presenza dell’errore indicato, vi sia comunque il pagamento integrale del mutuo, sì che quel comportamento risulta in concreto e improduttivo di qualsiasi conseguenza in capo al creditore”.
Al momento di erogazione del mutuo, dunque, il danno si prefigurava, semmai, solo come potenziale e non già come pregiudizio concreto ed attuale, ossia come danno risarcibile e cioè, nella specie, il danno consistente nel mancato incasso delle rate di mutuo non corrisposte dal debitore, per il cui ristoro ha agito in giudizio Intesa Sanpaolo S.p.A.
3.4. Rimane, peraltro, distinto il piano – che spetterà al giudice di merito semmai affrontare nella delibazione di fondatezza o meno della domanda risarcitoria e, se fondata, di liquidazione del quantum – della configurabilità di un’ipotesi di concorso colposo del danneggiato-creditore, ai sensi dell’art. 1227, primo comma, c.c., a fronte, però, dell’accertamento di una condotta colposa di entità tale da non potersi reputare comunque assorbita, sul piano eziologico, da quella posta in essere dal professionista in ragione della diligenza ad esso richiesta in relazione ai compiti specifici dell’attività notarile, come il perfezionamento delle procedure necessarie all'iscrizione di un'ipoteca a garanzia di un credito, che attiene al proprium specifico di detta attività.
4. Va, dunque, accolto il primo motivo di ricorso, con assorbimento del secondo motivo.
La sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto e la causa rinviata alla Corte di Appello di Catanzaro, in diversa composizione, che provvederà anche alla regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo e dichiara assorbito il secondo motivo del ricorso;
cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di Appello di Catanzaro, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.