Con la risposta n. 408/2023, l'Agenzia delle Entrate risponde all'interpello di una società di diritto svizzero che aveva sottoscritto sin dal 1999 dei contratti di distribuzione con le proprie consociate italiane secondo i quali, ai fini della corretta applicazione della politica di transfer pricing, prevedevano la possibilità per la prima di corrispondere alle seconde delle somme a titolo di aggiustamento dei prezzi di trasferimento, in aumento o in diminuzione.
Tali transazioni erano assoggettate ad IVA sul territorio italiano ma, non avendo concordato nulla a tal fine, erano stati emessi degli avvisi di accertamento per il recupero dell'imposta, avvisi di accertamento che erano stati impugnati dinanzi alla CTP competente che ne aveva ravvisato la legittimità e fondatezza. Così accadeva anche in sede di appello, dunque le società coinvolte intendono ora avvalersi della definizione agevolata delle liti oggetto della Legge di bilancio 2023.
In tal senso, chiedono all'Agenzia delle Entrate di chiarire se, una volta definito il contenzioso, sia possibile chiedere la restituzione dell'IVA.
In risposta, l'Agenzia delle Entrate riprende il quadro normativo in materia, nonché il contenuto della precedente circolare n. 2/E del 27 gennaio 2023 che chiarisce quando una lite si considera pendente ai fini della definizione agevolata.
Una volta accertata la sussistenza dei requisiti per accedere alla definizione agevolata (circostanza comunque non verificabile in sede di interpello), il Fisco chiarisce se gli istanti, in qualità di cedenti, possano recuperare l'IVA che vorrebbero restituire ai propri cessionari. In tal senso, giunge in soccorso l'art. 30-ter, comma 2, del decreto IVA che pone chiaramente tra le condizioni necessarie per presentare la domanda di restituzione dell'imposta non dovuta la circostanza che essa sia stata accertata in via definitiva dall'Amministrazione finanziaria.
Ciò significa che l'adesione alla definizione agevolata delle liti tributarie da parte del cessionario/committente o cedente/prestatore che abbia detratto l'IVA indebitamente addebitatagli a titolo di rivalsa o recuperata mediante note di variazione, legittima il cedente/prestatore o il cessionario/committente (nei limiti delle somme corrisposte alla controparte ai fini della definizione) a presentare la domanda di rimborso ai sensi del citato art. 30-terentro 2 anni dalla data di restituzione alla controparte dell'IVA pagata a titolo di rivalsa.