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25 settembre 2023
Denuncia l’amministratore per i conti in nero: stop alla condanna del socio per bancarotta documentale

È necessario provare il dolo specifico di recare pregiudizio ai creditori della società.

La Redazione

In un giudizio avente ad oggetto la condanna per bancarotta documentale, l'imputata ricorre in Cassazione censurando la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte territoriale non avrebbe provato il dolo intenzionale richiesto per l'integrazione del reato contestato. Nello specifico, la decisione impugnata avrebbe travisato il dato probatorio, sul rilievo che la ricorrente sporse denuncia solo dopo aver preso consapevolezza, ottenuta dalla documentazione extracontrattuale dal coimputato, degli artifici da questi attuati negli anni precedenti.

La vicenda può essere così sintetizzata: la società fallita aveva iniziato l'attività di gestione di bar e lido balneare nel 2005 e due anni dopo il Tribunale aveva affidato al coimputato Tizio l'amministrazione della società revocandola alla ricorrente. Quest'ultima, insospettita dal fatto che a fine stagione il conto economico si fosse chiuso con modesti guadagni nonostante il via-vai di cliente e volume d'affari sopra il milione di euro, decideva per l'anno dopo di affiancare a Tizio una persona di fiducia nella chiusura delle casse e dei conti serali. Verifica così che era stata creata una contabilità parallela e occulta rispetto a quella formalmente tenuta, non apparendo, in quest'ultima, gli incassi e i costi effettuati “al nero”. Ottenuta da Tizio la documentazione contabile, la ricorrente lo denuncia per appropriazione indebita.

In tale situazione, ciò che viene in rilievo è l'omessa tenuta di una regolare contabilità: pertanto, sotto il profilo soggettivo, non è più sufficiente il dolo generico (costituito dalla coscienza e volontà dell'irregolare tenuta delle scritture contabili con la consapevolezza che tale condotta rende impossibile la ricostruzione delle vicende patrimoniali della società), ma si richiede il dolo specifico della finalità di recare pregiudizio ai creditori.

Dunque, la Corte di merito dovrà confrontarsi nel valutare la condotta della ricorrente, individuando concreti indici di fraudolenza in grado di sorreggere l'affermazione di colpevolezza della medesima e risolvere «l'apparente contraddizione tra quella che appare come una condotta (della ricorrente) diretta a contrastare il modus operandi del suo socio, vero dominus nella gestione della società, quantomeno con riguardo all'amministrazione economica (denuncia e messa a disposizione della documentazione contabile, poi utilizzata anche in un altro processo in cui è stato accertato che la contabilità era aderente e consentiva di ricostruire l'andamento) e la responsabilità concorsuale nella bancarotta fraudolente documentale che le si attribuisce».

Alla luce di quanto detto, con sentenza n. 38747 del 22 settembre 2023, la Cassazione annulla la decisione impugnata con rinvio.

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