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6 ottobre 2023
Legittimo l’obbligo del vaccino anti-Covid anche per gli esercenti le professioni sanitarie diversi dagli operatori sanitari in senso stretto

Rigettato il ricorso di un chimico che era stato sospeso dall'esercizio della professione. Per la Consulta, la scelta del Legislatore di procedere per macro “categorie professionali” si spiega con l'esigenza di trovare un criterio certo, univoco e rapido.

La Redazione

Il Tribunale di Genova sollevava le questioni di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 32 Cost, dell'art. 4 del D.L. n. 44/2021 (come convertito e come sostituito) «nella parte in cui impone l'obbligo vaccinale – pena la sospensione dall'albo – indistintamente a tutti gli esercenti le professioni sanitarie diversi dagli operatori sanitari, ed in particolare agli iscritti nell'albo dei Chimici e dei Fisici, o comunque lo impone senza alcuna verifica rispetto alle concrete tipologie di svolgimento della professione».

La controversia trae origine dal ricorso di un chimico, direttore di un laboratorio di analisi anti-inquinamento, sospeso dall'esercizio della professione per inadempimento dell'obbligo vaccinale. Oggetto di censura è la portata dell'obbligo vaccinale, più precisamente la scelta del Legislatore di «sacrificare il diritto allo svolgimento della professione imponendo la vaccinazione anche agli iscritti nell'albo dei chimici e dei fisici, con “un'operazione fondata soltanto su una nomenclatura (“professioni sanitarie”) che è soltanto evocativa di un rapporto di cura, senza che a ciò corrisponda necessariamente alcuna sostanza”».

Investita della questione, la Corte costituzionale si è soffermata in via preliminare sulla perimetrazione dell'imposizione dell'obbligo vaccinale sostenendo che «il legislatore ha effettuato una scelta di carattere generale basata su categorie predeterminate, individuate progressivamente sulla base dell'evoluzione della pandemia».
La prima categoria è stata quella degli esercenti le professioni sanitarie e degli operatori di interesse sanitario A tale primo criterio di portata generale si è, poi, affiancato, tra gli altri, un criterio integrativo legato non alla natura dell'attività professionale, ma al luogo di svolgimento dell'attività lavorativa.

Secondo la Consulta, «l'imposizione dell'obbligo vaccinale per categorie legislativamente predeterminate, gradualmente individuate nei termini anzidetti, non può ritenersi irragionevole e lesiva degli evocati parametri costituzionali».
Una scelta, prosegue la Corte, che «non risulta ovviamente l'unica possibile» ma non può essere qualificata irragionevole essendo mossa «dall'esigenza di garantire linearità e automaticità all'individuazione dei destinatari, così da consentire un'agevole e rapida attuazione dell'obbligo e da prevenire il sorgere di dubbi e contrasti in sede applicativa».

A tali considerazioni va aggiunto che la scelta dell'imposizione dell'obbligo vaccinale per categoria risulta non sproporzionata, considerando «la portata della conseguenza dell'inadempimento dell'obbligo vaccinale – rappresentata dalla sospensione del rapporto lavorativo, peraltro priva di conseguenze disciplinari – e la natura transitoria dell'imposizione dell'obbligo vaccinale, correlata alla sua modulazione in connessione con l'andamento della situazione pandemica in corso».

Alla luce di tutte queste considerazioni, la Corte dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale con sentenza n. 185 del 5 ottobre 2023.