Svolgimento del processo
1. Con ordinanza del 19 aprile 2022 il Tribunale di Busto Arsizio ha rigettato il ricorso proposto da M.P.M.E. avverso il provvedimento con cui in data 25 novembre 2021 il giudice unico dello stesso Tribunale aveva dichiarato inammissibile una sua istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, sul presupposto della mancata indicazione del codice fiscale e del domicilio fiscale.
2. Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione M.P.M.E., a mezzo del suo difensore, deducendo tre motivi di doglianza, con il primo dei quali ha eccepito violazione degli artt. 76, 79 e 96 D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, in ordine alla verifica della sussistenza dei requisiti di ammissibilità.
Ritiene, infatti, il ricorrente che la sua istanza sarebbe stata corredata da tutti i requisiti formali richiesti dall'art. 79 D.P.R. n. 115 del 2002, atteso che al momento della presentazione della domanda era scaduto il suo permesso di soggiorno, ragion per cui non era stato allegato tale documento, comprensivo anche del codice fiscale. A suo dire, pertanto, configurandosi la sua posizione come quella di un cittadino extracomunitario irregolare, non sarebbe stata necessaria l'indicazione del codice fiscale, potendosi ovviare ad esso mediante la rappresentazione dei suoi dati anagrafici e del proprio domicilio fiscale all'estero - come da lui correttamente effettuato nel caso di specie -. In ogni modo, il primo giudice avrebbe potuto superare la ritenuta omissione accertando, attraverso i suoi poteri istruttori, il codice fiscale appartenente all'istante.
Con la seconda censura il ricorrente ha dedotto violazione degli artt. 76, 79 e 96 D.P.R. n. 115 del 2002, con riguardo al mancato esame da parte del Tribunale di Busto Arsizio della documentazione allegata all'atto di opposizione - ed in particolare della copia del permesso di soggiorno scaduto, comprensiva dell'indicazione del suo codice fiscale -, erroneamente confermando, in modo acritico, il provvedimento di inammissibilità della sua domanda.
Con l'ultima doglianza, infine, il M.P.M.E. ha eccepito violazione dell'art. 111 Cast. in ordine all'omessa motivazione del provvedimento di inammissibilità, essendo stata quest'ultima resa in maniera del tutto assertiva, priva di efficacia dimostrativa delle ragioni sottese alla decisione assunta, senza tener conto delle osservazioni difensive espresse da parte del ricorrente.
3. Il Procuratore generale ha rassegnato conclusioni scritte, con cui ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è manifestamente infondato e deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile.
2. Rispetto alle prospettate doglianze assume, infatti, troncante rilievo il principio, reiteratamente affermato da parte di questa Suprema Corte, per cui, in tema di ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, la indicazione del codice fiscale del richiedente e/o dei componenti la famiglia anagrafica costituisce condizione di ammissibilità dell'istanza, non potendo conferirsi effetto sanante alla eventuale possibilità per il giudice di ricavare il dato mancante dalla documentazione prodotta a corredo della stessa (Sez. 4, n. 7973 del 11/02/2021, Tripodi, Rv. 280548-01; Sez. 4, n. 5314 del 22/11/2016, dep. 2017, Magnolo, Rv. 269126-01; Sez. 4, n. 45 del 20/09/2007; dep. 2008, Morelli, Rv. 238245-01; Sez. 4, n. 23591 del 04/03/2004, Mejia Galarza, Rv. 228783-01).
2.1. L'indicato principio trova, all'evidenza, fondamento nella previsione dell'art. 79 D.P.R. n. 115 del 2002, che, nel disciplinare il contenuto dell'istanza per l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, espressamente prevede, al comma 1, lett. b), che siano indicate a pena di inammissibilità (tra l'altro) «le generalità dell'interessato e dei componenti la famiglia anagrafica, unitamente ai rispettivi codici fiscali».
Per come in precedenza osservato, il M.P.M.E. non ha indicato il codice fiscale nella sua istanza, così come il domicilio fiscale, per l'effetto rendendo inammissibile la sua richiesta, in ossequio a quanto congruamente ritenuto dal Tribunale di Busto Arsizio.
2.2. D'altro canto, questa Corte di legittimità ha avuto modo di precisare come l'indicata esegesi non contrasti con quanto stabilito dalla Corte Costituzionale con l'ordinanza n. 144 del 2004, la cui decisione riguarda la fattispecie dell'imputato straniero che non sia titolare di codice fiscale (cfr., in proposito, la già citata sentenza Sez. 4, n. 45 del 20/09/2007; dep. 2008, Morelli, Rv. 238245-01). Si tratta di un'interpretazione coerente con il dettato dell'art. 6, comma 2, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 605 ("Disposizioni relative all'anagrafe tributaria e al codice fiscale dei contribuenti"), citato nella suddetta ordinanza della Corte Costituzionale, per il quale «l'obbligo di indicazione del numero di codice fiscale dei soggetti non residenti nel territorio dello Stato, cui tale codice non risulti attribuito, si intende adempiuto con la sola indicazione dei dati di cui all'art. 4, con l'eccezione del domicilio fiscale, in luogo del quale va indicato il domicilio o sede legale all'estero».
E' di tutta evidenza, pertanto, come la situazione considerata dalla Corte Costituzionale sia quella dello straniero cui non risulti attribuito il codice fiscale, e non già quella dello straniero cui il codice fiscale sia stato attribuito, ma in seguito il permesso di soggiorno sia scaduto.
2.3. Nel caso di specie, pertanto, diversamente da quanto ritenuto da parte del ricorrente, non è dato ravvisare nessuna violazione delle disposizioni previste dagli artt. 76. 79 e 96 del D.P.R. n. 115 del 2002, di fatto rendendo manifestamente infondate le dedotte doglianze.
La scadenza del permesso di soggiorno non escludeva la titolarità del codice fiscale da parte del M.P.M.E., che, pertanto, ben poteva riportare tale dato nella sua istanza di ammissione al gratuito patrocinio.
La successiva produzione del permesso di soggiorno, recante l'indicazione del suo codice fiscale, depositato in allegato all'atto di opposizione, non poteva, poi, avere nessuna efficacia sanante rispetto all'intervenuto mancato rispetto della prevista condizione di ammissibilità dell'istanza, trovando applicazione il citato principio della giurisprudenza di legittimità, per cui non può conferirsi effetto sanante alla eventuale possibilità per il giudice di ricavare il dato mancante dalla documentazione prodotta a corredo della stessa (così, da ultimo, la già indicata pronuncia Sez. 4, n. 7973 del 11/02/2021, Tripodi, Rv. 280548- 01).
3. Ne consegue, in conclusione, la declaratoria di inammissibilità del ricorso, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.