Il giudice è tenuto a esaminare tutte le questioni trattate nelle pagine rientranti nel limite massimo di 70mila caratteri come previsto dal c.p.a.. Il Consiglio di Stato dichiara inammissibile il ricorso perché i motivi di appello erano contenuti nelle pagine in sovrannumero.
In un giudizio concernente l'attuazione di un piano di lottizzazione, il TAR Puglia respingeva, e in parte dichiarava inammissibile, il ricorso proposto da alcune società. Proposto appello con uno scritto di 87 pagine, in camera di consiglio il Collegio rappresentava alle appellanti il superamento dei limiti massimi di estensione del ricorso in appello, in possibile violazione degli
La controversia giunge dinanzi al Consiglio di Stato, il quale dichiara l'appello inammissibile con sentenza n. 8928 del 13 ottobre 2023.
Nelle sue argomentazioni, il Collegio ha chiarito che, al fine di consentire lo spedito svolgimento del giudizio in coerenza con i principi di sinteticità e chiarezza, le parti infatti devono redigere il ricorso e gli altri atti difensivi secondo i criteri e nei limiti dimensionali stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio di Stato.
L'art. 3, c. 1, lett. b), del decreto adottato il 22 dicembre 2016, prevede, per i ricorsi ordinari, il limite massimo di 70.000 caratteri. Un limite derogabile solo se autorizzato in via preventiva o in sanatoria.
Venendo all'esame del caso di specie, Palazzo Spada afferma che «al netto dell'epigrafe e delle ulteriori parti escluse …, il numero massimo di 70.000 caratteri consentiti…, risulta utilizzato ed esaurito a p. 52 del ricorso, prima dell'articolazione dei motivi di appello che quindi il Collegio non è tenuto ad esaminare, quale sanzione prevista dal legislatore per i casi di violazione del principio di sinteticità degli atti processuali previsto dall'
Recita infatti l'art. 13-ter, comma 5 dell'allegato II al c.p.a. che:
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«Il giudice è tenuto a esaminare tutte le questioni trattate nelle pagine rientranti nei suddetti limiti. L'omesso esame delle questioni contenute nelle pagine successive al limite massimo non è motivo di impugnazione». |
Ne consegue che il ricorso, in presenza di motivi di appello che il collegio non è tenuto ad esaminare, diviene inammissibile perché, in relazione ad una parte essenziale per l'identificazione della domanda, richiesta dall'
A tal proposito, viene ribadito il recente orientamento espresso dal Consiglio di Stato nella sentenza n. 8487/2023:
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Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza (ud. 5 ottobre 2023) 13 ottobre 2023, n. 8928
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
Il presente giudizio concerne l’attuazione del piano di lottizzazione in contrada U. alla S. di O., definitivamente approvato con delibera di consiglio comunale n. 39 in data 10 dicembre 2002 del Comune di O..
Si tratta di area non vincolata paesaggisticamente ai sensi della legge 29 giugno 1939 n. 1497 ma assoggettata alla normativa di tutela introdotta dal PUTT.
Con atto per N. C. in O., in data 17 febbraio 2006 rep.3411, veniva sottoscritta la convenzione di lottizzazione tra le odierne appellanti ed il Comune di O..
Ai sensi dell’art. 3 i lottizzanti si obbligavano, per sé e per i loro aventi causa a qualsiasi titolo, alla integrale esecuzione della lottizzazione in maniera “unitaria o anche in differita”; ai sensi dell’art. 4 i lottizzanti si obbligavano a “cedere gratuitamente, anche tramite esproprio, al Comune di O., le aree per urbanizzazione secondaria e per l’urbanizzazione primaria” mentre all’art. 5 si prevedeva che la cessione delle aree di cui all’art. 4 sarebbe stata effettuata “con atto pubblico entro tre anni dalla stipula della presente convenzione…e comunque prima del rilascio del primo certificato di agibilità relativo a qualsiasi edificio previsto nel piano di lottizzazione”; infine all’art. 6 veniva previsto che i lottizzanti si obbligavano “a realizzare a propria cura e spese tutte le opere di urbanizzazione primaria” conformemente ai progetti esecutivi approvati con delibera di Giunta n. 36 del 10 febbraio 2005.
Con ricorso al T.a.r. per la Puglia, sezione staccata di Lecce, le società Soc. E. S.r.l., Soc. R.R. e Soc. U. S.r.l., hanno lamentato che, del tutto illegittimamente, il Comune di O.:
- avrebbe messo in dubbio che il piano di lottizzazione potesse essere completato oltre il termine decennale dalla sottoscrizione della convenzione, termine successivamente prorogato di un triennio dall’art. 30, comma 3-bis, del decreto legge 21 giugno 2013 n. 69 convertito dalla legge 9 agosto 2013 n. 98;
- ha stabilito come dovesse essere interpretato il disposto contenuto nel provvedimento di approvazione della lottizzazione, nonché nella convenzione, con specifico riferimento al termine triennale previsto per le cessioni di aree e per l’esecuzione delle opere di urbanizzazione;
- ha prospettato che l’attuazione del programma negoziale di lottizzazione, successivamente alla sua scadenza, sarebbe sottoposta anche alla sopravvenuta normativa del PPTR, approvato con delibera di Giunta regionale del 16 febbraio 2015 n. 176, con necessità di acquisire l’autorizzazione paesaggistica.
A fondamento del ricorso hanno dedotto i seguenti motivi di censura:
1) Violazione di legge: art. 28, comma 4, n. 3 della legge 17/8/1942 n. 150 - Art. 28 comma 1, art. 21, comma 9, e art. 37, comma 5, l. r. 31/5/1980 n. 56. Eccesso di potere per omessa considerazione dei presupposti. Violazione di legge: art.1375 c.c. – Violazione di legge: violazione della convenzione stipulata in data 17/2/2006 rep. 3411 – Eccesso di potere per arbitrarietà e omessa ponderazione del “diritto vivente” – Violazione ed erronea interpretazione dell’art. 5.02 punto 2.4 e dell’art.106 del PPTR.
2) Violazione di legge: art. 15 del D.P.R. 6/6/2001 n. 380 – Eccesso di potere per intima contraddizione ed illogicità.
3) Violazione di legge: artt. 5 e 6 della convenzione stipulata in data 17/02/2006 rep. 3411, nonché art. 1372 c.c. – Eccesso di potere per illogicità ed intima contraddizione – Omessa considerazione dei presupposti.
4) Eccesso di potere per omessa considerazione dei presupposti – Violazione della convenzione stipulata in data 17/2/2006 rep. 3411 (artt.5 e 6).
5) Violazione di legge: violazione (ed in subordine erronea interpretazione) dell’art. 5.02 punto 2.4 del PUTT e degli artt. 106, 96 e 97 del PPTR – Art. 1372 c.c. - Art. 15, comma 4, D.P.R. 6/6/2001 n. 380 – Falsa applicazione della delibera di Consiglio n. 5 del 26/3/2013 e conseguente violazione dell’art. 18, comma 3, del D.P.R. 6/6/2001 n. 380 – Violazione di legge: art. 145 del d. lgs. 23/1/2004 n. 42.
6) Violazione di legge: art. 21 septies della legge 7/8/1990 n.241. Eccesso di potere per arbitrarietà – Incompetenza.
7) Violazione di legge: artt. 28 della legge 17/8/1942 n. 1150 – Artt. 21, 28 e 37 l. r. 31/5/1980 – Art.1375 c.c. – Convenzione stipulata in data 17/2/2006 rep. 3411 – In subordine violazione di legge: art. 106 PPTR, nonché carente applicazione di legge (art. 5.02 punto 2.4 del PUTT) – Eccesso di potere per insufficiente istruttoria – Travisamento – Contraddizione con precedenti manifestazioni.
Con sentenza n. 1840 del 2019 il T.a.r. per la Puglia, sezione staccata di Lecce, ha, in parte, respinto il ricorso, in parte lo ha dichiarato inammissibile.
Avverso la predetta sentenza le predette società, con un ricorso esteso in 87 pagine, hanno interposto appello per chiederne la riforma.
Si è costituito in giudizio il Comune di O. per resistere all’appello, chiedendone la reiezione, con conferma integrale della sentenza appellata.
Alla camera di consiglio del 30 luglio 2020 il collegio ha rappresentato alle appellanti il superamento dei limiti massimi di estensione del ricorso in appello, in possibile violazione degli articoli 3 c.p.a. e 13-ter allegato II al c.p.a..
In mancanza di scritti difensivi sul punto, alla udienza pubblica del 18 maggio 2023 il collegio ha nuovamente invitato le appellanti a trattare la questione del superamento del limite massimo di caratteri del ricorso in appello.
A richiesta di parte appellante, l’udienza di discussione è stata differita per termini a difesa, per essere nuovamente fissata al 5 ottobre 2023 quando la causa è stata trattenuta in decisione.
L’appello è inammissibile.
Come rappresentato dal Collegio al difensore di parte appellante, il ricorso introduttivo del presente grado di giudizio supera i limiti dimensionali stabiliti in applicazione dell’art. 13-ter, comma 2, dell’allegato II al codice del processo amministrativo, secondo cui al fine di consentire lo spedito svolgimento del giudizio in coerenza con i principi di sinteticità e chiarezza di cui all’articolo 3, comma 2, del codice del processo amministrativo, le parti redigono il ricorso e gli altri atti difensivi secondo i criteri e nei limiti dimensionali stabiliti con decreto del Presidente del Consiglio di Stato, da adottare entro il 31 dicembre 2016.
Il predetto decreto è stato adottato in data 22 dicembre 2016 e, all’articolo 3, comma 1, lett. b), prevede, per i ricorsi ordinari, il limite massimo di 70.000 caratteri, al netto dell’epigrafe, delle conclusioni, della premessa riassuntiva, degli spazi, e delle ulteriori parti indicate al successivo articolo 4. Tale limite è derogabile ma, nella specie, non risulta richiesta la prescritta autorizzazione né in via preventiva (cfr. art. 6) né a sanatoria (cfr. art. 7).
Nel caso di specie, al netto dell’epigrafe e delle ulteriori parti escluse ai sensi dell’art. 4, il numero massimo di 70.000 caratteri consentiti, secondo quanto previsto dall’art. 3, comma 1, lett. b) del menzionato decreto, risulta utilizzato ed esaurito a p. 52 del ricorso, prima della articolazione dei motivi di appello che quindi il Collegio non è tenuto ad esaminare, quale sanzione prevista dal legislatore per i casi di violazione del principio di sinteticità degli atti processuali previsto dall’art. 3 c.p.a.
Recita infatti l’art. 13-ter, comma 5 dell’allegato II al c.p.a. che “Il giudice è tenuto a esaminare tutte le questioni trattate nelle pagine rientranti nei suddetti limiti. L'omesso esame delle questioni contenute nelle pagine successive al limite massimo non è motivo di impugnazione.”.
Ne discende che il ricorso, in presenza di motivi di appello che il collegio non è tenuto ad esaminare diviene inammissibile perché, in relazione ad una parte essenziale per la identificazione della domanda - richiesta dall’art. 44, comma 1, lett. b) c.p.a. a pena di nullità -, viene meno l’obbligo di provvedere e con esso la stessa possibilità di esame della domanda.
Inoltre è stato chiarito che “secondo la più corretta esegesi, tale previsione non lascia al giudice la facoltà di esaminare o meno le questioni trattate nelle pagine successive al limite massimo, ma, invece, in ossequio ai principi di terzietà e imparzialità, obbliga il giudice a non esaminare le questioni che si trovano oltre il limite massimo di pagine” (Cons. Stato, sez. V, 22 settembre 2023, n. 8487).
In generale sulla violazione del principio di sinteticità degli atti processuali la giurisprudenza amministrativa ha già chiarito che “il superamento dei limiti dimensionali è questione di rito afferente all’ordine pubblico processuale, stabilito in funzione dell’interesse pubblico all’ordinato, efficiente e celere svolgimento dei giudizi, ed è rilevabile d’ufficio a prescindere da eccezioni di parte. Il rigoroso rispetto dei limiti dimensionali costituisce attuazione del fondamentale principio di sinteticità (art. 3 c.p.a.), a sua volta ispirato ai canoni di economia processuale e celerità” (Cons. Stato, sez. V, 22 settembre 2023, n. 8487 nonché Cons. Stato, sez. IV, 9 gennaio 2023, n. 280 ivi ampi riferimenti di giurisprudenza).
L’appello va pertanto dichiarato inammissibile.
Le spese del grado seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile e condanna le società appellanti, in solido tra loro, alla rifusione, in favore del Comune di O., delle spese del grado che si liquidano complessivamente in euro 6.000,00 oltre IVA, CAP e spese generali come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.