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30 ottobre 2023
Codice Rosso: incostituzionale il divieto di valutare le attenuanti nei processi per omicidi di famiglia

Secondo la Consulta, il divieto previsto dall'ultimo comma dell'art. 577 c.p., impone al giudice di applicare la stessa pena (l'ergastolo o, in alternativa, la reclusione non inferiore a ventun anni) sia ai più efferati casi di femminicidio, sia a casi caratterizzati da significativi elementi che diminuiscono la colpevolezza degli imputati, e nei quali una pena così severa risulterebbe manifestamente sproporzionata.

La Redazione
Con la sentenza n. 197 del 30 ottobre 2023, la Consulta ha dichiarato l'incostituzionalità dell'ultimo comma dell'art. 577 c.p., introdotto dalla Legge n. 69 del 2019 (cosiddetto “ Codice Rosso ”). La norma vietava eccezionalmente al giudice di dichiarare prevalenti le due attenuanti rispetto all'aggravante dei rapporti familiari tra autore e vittima dell'omicidio.

Sulla questione, la Corte costituzionale ha dichiarato quanto segue:

ildiritto

«Anche nei processi per omicidio commesso nei confronti di una persona familiare o convivente il giudice deve avere la possibilità di valutare caso per caso se diminuire la pena in presenza della circostanza attenuante della provocazione e delle attenuanti generiche».

La questione era stata sollevata da due ordinanze della Corte d'Assise d'Appello di Torino e da un'ordinanza della Corte d'Assise di Cagliari.
La prima ordinanza riguardava un giovane, diciottenne al momento del fatto, accusato di avere ucciso il padre in occasione di un ennesimo episodio aggressivo nei confronti propri, della madre e del fratello. La Corte d'Assise d'Appello di Torino, pur non ritenendo che l'imputato avesse agito in legittima difesa, gli riconosceva varie attenuanti, tra cui quelle generiche e la provocazione.
Il secondo caso per cui procedeva la Corte torinese riguardava, invece, la responsabilità penale di una donna che aveva ucciso il marito, autore di reiterati comportamenti violenti e prevaricatori nei confronti propri e del figlio. Anche in questo caso, la Corte escludeva la legittima difesa, ma riteneva che all'imputata dovessero essere riconosciute, tra l'altro, la provocazione e le attenuanti generiche.
La corte cagliaritana, infine, stava procedendo nei confronti di un uomo, sessantasettenne al momento del fatto, accusato di avere ucciso la moglie sessantenne, in un momento di esasperazione provocato dai continui comportamenti aggressivi della vittima, alcolista e affetta da patologie psichiatriche.

Investita della questione, la Corte costituzionale ha ritenuto che il divieto posto dalla norma censurata determini una violazione dei principi di parità di trattamento di fronte alla legge, di proporzionalità e individualizzazione della pena sanciti dagli artt. 3 e 27 della Costituzione.
La norma impone infatti al giudice di applicare la stessa pena (l'ergastolo o, in alternativa, la reclusione non inferiore a ventun anni) sia ai più efferati casi di femminicidio, sia a casi come quelli oggetto dei procedimenti principali, caratterizzati da significativi elementi che diminuiscono la colpevolezza degli imputati, e nei quali una pena così severa risulterebbe manifestamente sproporzionata.

La decisione odierna, ha sottolineato la Corte, «non contraddice in alcun modo la legittima, ed anzi apprezzabile, finalità del Codice Rosso di intervenire con misure incisive, di natura preventiva e repressiva, contro il drammatico fenomeno della violenza e degli abusi commessi nell'ambito delle relazioni familiari e affettive». Tuttavia, la Corte l'assolutezza del divieto «può comportare nei singoli casi risultati contraddittori rispetto a questo scopo, finendo per determinare l'applicazione di pene manifestamente eccessive in situazioni in cui è il soggetto che ha subito per anni comportamenti aggressivi a compiere l'atto omicida, per effetto di una improvvisa perdita di autocontrollo causata dalla serie innumerevole di prevaricazioni cui era stato sottoposto».

In conseguenza a tale pronuncia, le Corti d'Assise avranno nuovamente la possibilità di valutare caso per caso se applicare la pena dell'ergastolo, prevista in via generale per gli omicidi commessi nei confronti di un familiare o di un convivente, ovvero una pena più mite, adeguata alla concreta gravità della condotta dell'imputato e al grado della sua colpevolezza.

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