Svolgimento del processo
1.- F.S. propone ricorso con tre mezzi, corroborati da memoria, avverso il provvedimento della Corte di appello di Trieste pubblicata 10 maggio 2022. A.A. è rimasta intimata. La controversia concerne la richiesta avanzata da F.S. di poter aggiungere il proprio cognome a quello materno, A.A., portato dalla figlia S., nata il 30 giugno 2010, richiesta accolta dal Tribunale di Trieste.
A seguito di ricorso proposto dalla madre della minore, A.A., la Corte di appello di Trieste ha riformato il provvedimento di primo grado e rigettato la richiesta di F.S..
Motivi della decisione
2.- Preliminarmente, va rilevato che non risulta depositato alcun controricorso da parte della intimata A.A., nonostante la memoria illustrativa depositata dal ricorrente contenga un generico riferimento a tale atto.
3.1.- Con il primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art.262 cod.civ. e dell’art.6 cod.civ.
Il ricorrente si duole della decisione e sostiene che l’aggiunta del cognome paterno avrebbe meglio definito l’identità personale della figlia.
Aggiunge che la domanda aveva lo scopo di consentire alla figlia di prendere consapevolezza della paternità e che solo l’aggiunta del cognome poteva condurre a ciò; deduce di avvertire una condizione di emarginazione e di estromissione dalla vita quotidiana della figlia.
3.2.- Con il secondo motivo si deduce l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio e si sostiene che la Corte di appello abbia valorizzato le risultanze della relazione del Servizio sociale, errandone la lettura e non apprezzando con prudenza gli elementi istruttori emersi.
Secondo il ricorrente, dalla lettura della relazione non emergeva affatto che era in corso il recupero del rapporto genitoriale e anzi si evincevano i contrasti esistenti con la madre, che presiedeva quasi esclusivamente da sola alla crescita della figlia e, di contro, il Servizio aveva osservato che il rinvio sulla questione del cognome non avrebbe portato a modifiche sostanziali nelle dinamiche relazionali.
Si duole che la Corte di appello abbia affermato che la questione avrebbe potuto essere riproposta, invece di considerare che la decisione andava presa immediatamente.
3.3.- Con il terzo motivo si denuncia la nullità del provvedimento per motivazione apparente, incongrua e non idonea a soddisfare il minimo costituzionale in violazione dell’art.132, secondo comma, n.4, cod.proc.civ.
Il ricorrente rammenta che la decisione andava assunta valutando l’interesse del minore e nella prospettiva della bigenitorialità e che l’identità del minore si costruisce anche attraverso il riconoscimento del ruolo paterno di cui il cognome è paradigma.
4.1. - I motivi, da trattare congiuntamente perché avvinti da connessione, sono inammissibili.
4.2.- Come già affermato da questa Corte, l’opposizione del primo genitore non è ostativo all’attribuzione del cognome del secondo genitore in aggiunta a quello del primo ed è ammissibile l'attribuzione del cognome del secondo genitore, sulla scorta di un accertamento in concreto dell'interesse del minore nelle vicende che lo riguardano, con particolare riferimento agli effetti del provvedimento richiesto in relazione all'esigenza di un suo sviluppo armonico, dal punto di vista psicologico, affettivo, educativo e sociale, purché non arrechi pregiudizio al minore in ragione della cattiva reputazione del secondo e purché non sia lesiva della identità personale del figlio, ove questa si sia già definitivamente consolidata, con l'uso del solo primo cognome, nella trama dei rapporti personali e sociali (Cass. n. 772/2020; Cass. n. 8762/2023).
4.3.- La decisione in esame ha fatto applicazione di detti principi. In particolare, la Corte di merito, sulla scorta della nota del Servizio sociale coinvolto nella verifica della relazione genitoriale paterna, ha valutato il concreto interesse della minore e ha affermato che era in corso un’ opera di sostegno e di accompagnamento del Servizio nella frequentazione della minore con il padre, rimarcando che, nonostante l’impegno paterno, la minore aveva assunto e mantenuto una posizione di rifiuto riguardo all’aggiunta del cognome, e ne ha tratto il convincimento conclusivo secondo cui l’accoglimento della richiesta sarebbe apparsa come una forzatura agli occhi della minore che “a fatica, cerca di ricostruire il rapporto con il padre“.
Pertanto, la decisione è conforme ai precedenti di legittimità perché frutto della valutazione dell’interesse della minore, tenuto conto del disagio, che la richiesta le ha indotto, tale da comportare il suo rifiuto, e della complessa situazione relazionale esistente con il padre, ancora in evoluzione.
Di contro, le censure non si confrontano con la ratio decidendi del provvedimento impugnato e con la motivazione che è compiutamente, anche se sinteticamente, svolta mediante il richiamo alle risultanze istruttorie: invero, il ricorrente ne propone, inammissibilmente, una diversa interpretazione, senza indicare alcun fatto decisivo di cui sia stato omesso l’esame, considerato che risulta indiscussa la circostanza relativa al rifiuto della minore alla aggiunta del cognome paterno, così come la esistenza di una conflittualità tra i genitori e l’avvio di un percorso di avvicinamento tra la minore ed il padre, ancora iniziale, mentre il resto è costituito da personali considerazione del ricorrente.
4.4.- Infine, va rimarcato che la Corte di merito ha, senza dubbio, deciso della controversia – diversamente da quanto sembra avere inteso il ricorrente -, tanto è che ha respinto la domanda, e l’indicazione (pure fornita) della possibilità di riproporla – oggetto di critica - è solo esplicazione dell’applicabilità al provvedimento decisorio in esame del principio del rebus sic stantibus.
5.- In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Non si provvede sulle spese, in assenza di attività difensiva dell’intimata.
Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del d.lgs. n. 196/2003, art. 52.
Raddoppio del contributo unificato, ove dovuto.
P.Q.M.
- Dichiara inammissibile il ricorso;
- Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del d.lgs. n. 196 del 2003, art. 52;
- Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.