Home
Network ALL-IN
Quotidiano
Specializzazioni
Rubriche
Strumenti
Fonti
9 novembre 2023
Associazione ai fini di spaccio: illegittimo il divieto di prevalenza dell’attenuante della collaborazione sulla recidiva reiterata

La Corte costituzionale torna a pronunciarsi sul divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti sulla recidiva reiterata, introdotta nel 2005 dalla cd. Legge ex Cirielli.

La Redazione

Con la sentenza n. 201 del 9 novembre 2023, la Consulta ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 69, quarto comma, c.p., nella parte in cui prevede il divieto di prevalenza della circostanza attenuante di cui all'art. 74, comma 7, del d.P.R. n. 309/ 1990 (T.U. stupefacenti), sulla recidiva di cui all'art. 99, quarto comma, c.p..

La vicenda può essere così sintetizzata: il giudice rimettente doveva giudicare, in sede di giudizio abbreviato, la responsabilità di quattro imputati del delitto di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, aggravato, per essersi associati in più di dieci persone, per l'acquisto, detenzione e spaccio all'interno del carcere di Secondigliano. Tutti gli imputati hanno numerosi precedenti penali.
Ciò detto, il giudice rimettente prosegue osservando che gli imputati sono divenuti collaboratori di giustizia e hanno reso dichiarazioni etero e autoaccusatorie di decisiva importanza per lo sviluppo delle indagini. Per questi motivi, andrebbero riconosciute ai medesimi sia le attenuanti generiche (droga leggera in quantità non ingente) sia l'attenuante speciale prevista dall'art. 74, c. 7, T.U. stupefacenti, che prevede la diminuzione della pena dalla metà a due terzi «per chi si sia efficacemente adoperato per assicurare le prove del reato o per sottrarre all'associazione risorse decisive per la commissione dei delitti».
Tuttavia, la prevalenza di quest'ultima attenuante sulla recidiva reiterata (applicata anche essa agli imputati) sarebbe però preclusa dall'art. 69, quarto comma, c.p.. Secondo il giudice a quo, «ciò comporterebbe la necessità di applicare agli imputati collaboranti pene nella sostanza corrispondenti a quelle già irrogate ai coimputati non dissociatisi dall'associazione, ai quali pure sono state riconosciute le attenuanti generiche ex art. 62-bis cod. pen., con giudizio di equivalenza con la recidiva, per adeguare la pena al concreto disvalore dei fatti».

La questione viene rimessa alla Corte costituzionale, la quale ritiene fondato il contrasto della disciplina censurata con il principio di ragionevolezza ex art. 3 Cost..
Nelle sue argomentazioni, la Consulta osserva anzitutto che il divieto di prevalenza delle circostanze attenuanti sulla recidiva reiterata, previsione introdotta nel 2005 dalla cd. Legge ex Cirielli (L. n. 25/2005), è stata oggetto di molteplici pronunce di legittimità costituzionale parziale (tra le più recenti, sentenze nn. 94, 141 e 188 del 2023).
In particolare, la sentenza n. 74/2016 ha già dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 69, quarto comma, c.p. nella parte in cui prevedeva il divieto di prevalenza della parallela circostanza attenuante (art. 73, c. 7, T.U. stupefacenti) che – rispetto al delitto di traffico di sostanze stupefacenti compiuto al di fuori di un contesto associativo – prevede la diminuzione della pena dalla metà a due terzi «per chi si adopera per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, anche aiutando concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella sottrazione di risorse rilevanti per la commissione dei delitti».
In quell'occasione si è osservato che l'attenuante «è espressione di una scelta di politica criminale di tipo premiale», aggiungendo che il divieto assoluto «impedisce alla disposizione premiale di produrre pienamente i suoi effetti e così ne frustra in modo manifestamente irragionevole la ratio, perché fa venire meno quell'incentivo sul quale lo stesso legislatore aveva fatto affidamento per stimolare l'attività collaborativa».

«Tali considerazioni – prosegue la Consulta - non possono non valere anche rispetto alla circostanza attenuante di cui all'art. 74, comma 7, t.u. stupefacenti, che parimenti prevede la diminuzione della pena dalla metà a due terzi “per chi si sia efficacemente adoperato per assicurare le prove del reato o per sottrarre all'associazione risorse decisive per la commissione dei delitti”».
Posto che «il contributo dei collaboratori di giustizia intranei ai sodalizi criminosi è di grande importanza ai fini della scoperta dell'organigramma dell'associazione e delle sue attività delittuose» (come accaduto nel caso oggetto del giudizio a quo), per la Corte costituzionale appare contraddittorio che, per effetto del generale divieto introdotto nell'art. 69 c.p. dalla Legge “ex Cirielli”, «questo sostanzioso incentivo alla collaborazione venga meno laddove il potenziale collaboratore sia – come spesso accade, trattandosi di associati a delinquere – già stato più volte condannato».

Documenti correlati