
Nel caso di specie, la moglie era stata ritenuta non idonea a ricoprire la carica di amministratore di sostegno in favore del marito poiché avrebbe acquistato un'auto costosa con il suo denaro.
Il Giudice tutelare presso il Tribunale di Firenze disponeva l'amministrazione di sostegno in favore dell'interessato, ritenendo che la moglie non fosse soggetto idoneo ad essere nominato a tal fine. L'interessato proponeva reclamo, cui si associava la moglie, ma la Corte d'Appello rigettava il gravame osservando come dalla CTU espletata fosse emerso che...
Svolgimento del processo
Il giudice tutelare del Tribunale di Firenze disponeva l’amministrazione di sostegno a favore di M.D., nato nel (omissis), ritenendo che la moglie, C. D., non fosse soggetto idoneo ad essere nominato nella carica, allo stesso modo di altre persone chiamate all’Ufficio dal contesto familiare.
M. D. proponeva reclamo, cui s’associava il coniuge, al quale resisteva l’amministratore di sostegno.
Con decreto del 2022 la Corte d’appello ha rigettato il gravame, osservando che dalla c.t.u. espletata si desumeva che sulla base degli accertamenti eseguiti il reclamante era affetto da menomazione fisica e psichica abituale (morbo di Parkinson in evoluzione progressiva con grave compromissione neurologica e parziale compromissione della sfera cognitiva) che lo rendeva parzialmente incapace di provvedere ai propri interessi, ciò che rendeva necessaria la misura di sostegno.
La Corte territoriale ha altresì rilevato che la scelta dell’amministratore di sostegno in persona diversa dalla moglie del D. era giustificata dai seguenti fatti: il ricorrente era risultato in cattive condizioni di cura, nonostante due badanti e una persona di servizio (ciò che era da ascrivere ad un omesso controllo sulla loro efficienza); l’acquisto da parte della moglie, con denaro del marito, di una “costosa autovettura”, spesa eccessiva a fronte delle necessità del reclamante per il quale era avvenuta una rilevante vendita per monetizzare il patrimonio e far fronte alle spese mensili di famiglia (per circa euro 6.000,00).
E. T. ricorre in cassazione con cinque motivi, illustrati da memoria. C.D. e l’amministratore di sostegno resistono con controricorso, illustrati da memoria.
Motivi della decisione
Il primo motivo denunzia violazione dell’art. 1 della l. n. 6/04, per non aver la Corte d’appello tenuto conto della volontà espressa da M. D. il quale si era opposto alla misura di protezione dichiarando di essere adeguatamente assistito dalla moglie, E. T., persona di sua fiducia. In particolare, la ricorrente si duole sia del fatto che la Corte territoriale avrebbe considerato la sua età (oltre 70 anni), come fattore impeditivo della relativa nomina, sia del fatto che la nomina dell’amministratore di sostegno era stata disposta su domanda della figlia C. al solo fine di bloccare la vendita delle quote del padre nella società immobiliare S. G. s.r.l., vendita poi autorizzata dal giudice tutelare il 7.5.2000, essendo con ciò venuto meno il presupposto della misura.
Il secondo motivo denunzia violazione dell’art. 408 c.p.c., per aver la Corte d’appello effettuato la nomina dell’amministratore di sostegno senza aver riguardo alla cura e agli interessi della persona beneficiata poiché non era stato prescelto il coniuge del D. come da quest’ultimo indicato, non sussistendo ragioni giustificatrici della nomina di un terzo nella carica in questione.
Il terzo motivo denunzia violazione dell’art. 132, n.4, c.p.c., per aver la Corte territoriale adottato un motivazione apparente, limitandosi a respingere le domande della ricorrente sulla base del dato anagrafico, pur disponendo la stessa delle competenze per svolgere il ruolo in questione, come confermato dall’amministratore di sostegno.
Il quarto motivo denunzia violazione degli artt. 115,116, c.p.c., per aver la Corte d’appello respinto la domanda escludendo una rete familiare tale da garantire adeguata assistenza al beneficiario mentre dagli atti era emerso che il D. era circondato dalla presenza e dall’affetto del figlio della ricorrente e dai nipoti, considerando altresì che i fatti impeditivi della nomina della ricorrente erano stati contestati e non provati (le piaghe da decubito erano state collegate ad un recente ricovero del D.).
Il quinto motivo deduce omesso esame di fatto decisivo, per non aver il giudice di secondo grado tenuto conto del fatto che la nomina dell’amministratore di sostegno, quale persona esterna alla rete familiare, aveva cagionato alla persona inferma ulteriore dispiacere e stress cronico, cause di aggravamento della patologia da cui è affetto M. D., come rilevato dal c.t.p.
I vari motivi, esaminabili congiuntamente poiché tra loro connessi, sono fondati.
In tema di amministrazione di sostegno, l'accertamento della ricorrenza dei presupposti di legge, in linea con le indicazioni contenute nell'art. 12 della Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle persone con disabilità, approvata il 13 dicembre 2006 e ratificata dall'Italia con l. n. 18 del 2009, deve essere compiuto in maniera specifica e circostanziata sia rispetto alle condizioni di menomazione del beneficiario — la cui volontà contraria, ove provenga da persona lucida, non può non essere tenuta in considerazione dal giudice — sia rispetto all'incidenza della stesse sulla sua capacità di provvedere ai propri interessi personali e patrimoniali, verificando la possibilità, in concreto, che tali esigenze possano essere attuate anche con strumenti diversi come, ad esempio, avvalendosi, in tutto o in parte, di un sistema di deleghe o di un'adeguata rete familiare (Cass., n. 21887/22, che ha annullato la decisione della corte territoriale che aveva disposto l'amministrazione di sostegno in favore di una persona riconosciuta capace di svolgere autonomamente attività lavorativa e di curare gli aspetti della vita ordinaria, senza indagare se la protezione della stessa potesse essere assicurata grazie alla funzione vicariante del marito o alla predisposizione di un sistema di deleghe idoneo a supportare la ricorrente negli aspetti più complessi della gestione non ordinaria del proprio patrimonio).
Va osservato altresì che nel procedimento per la nomina dell'amministratore di sostegno, l'audizione personale del beneficiario dell'amministrazione deve essere espletata anche quando quest'ultimo sia stato già esaminato dal tribunale nel corso del procedimento d'interdizione definito con la trasmissione degli atti ex art. 418 c.c., trattandosi di un adempimento essenziale alla procedura, non solo perché rispettoso della dignità della persona che vi è sottoposta, ma anche perché funzionale allo scopo dell'istituto, che è quello di perimetrare i poteri gestori alle effettive esigenze del beneficiario dell'amministrazione (Cass., n. 1667/23; n. 25855/22).
Nella specie, anzitutto, va evidenziato che il soggetto interessato non è stato sentito, sebbene non emerga dagli atti un’incapacità assoluta ad esprimere il proprio volere, mancando ogni motivazione al riguardo; tale mancata audizione ha certo precluso al beneficiario della misura di meglio illustrare le ragioni della propria scelta, con riferimento alla persona da designare come amministratore di sostegno in funzione delle sue specifiche esigenze.
Al riguardo, va osservato che la designazione anticipata dell'amministratore di sostegno da parte dello stesso interessato, in vista della propria eventuale futura incapacità, prevista dall'art. 408, comma 1, c.c., non ha esclusivamente la funzione di scegliere il soggetto che, ove si presenti la necessità, il giudice tutelare deve nominare, ma ha altresì quella di consentire al designante, che si trovi ancora nella pienezza delle proprie facoltà cognitive e volitive, di impartire delle direttive vincolanti sulle decisioni sanitarie o terapeutiche da far assumere in futuro all'amministratore designato; tali direttive possono anche prevedere il rifiuto di determinate cure, in quanto il diritto fondamentale della persona all'autodeterminazione, in cui si realizza il valore fondamentale della dignità umana, sancito dall'art. 32 Cost., dagli art. 2, 3 e 35 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e dalle convenzioni internazionali, include il diritto di rifiutare la terapia e di decidere consapevolmente di interromperla, in tutte le fasi della vita, anche in quella terminale, senza che tale rifiuto, ove informato, autentico e attuale, incontri un limite di ordine pubblico in un inesistente dovere di curarsi (Cass., n. 12998/19).
Orbene, nel caso concreto, nella nomina dell’amministratore di sostegno non si è tenuto conto della scelta dell’interessato circa la designazione della moglie quale persona di sua fiducia, con motivazioni non plausibili.
Invero, il riferimento alle condizioni fisiche dell’interessato (piaghe da decubito) non appare significativo, in quanto anzitutto viene in rilievo il richiamo ad una attività materiale e sanitaria (la cura della persona) non oggetto di mandato (che comprende solo l’attività giuridica e la responsabilità di scelte con effetti per la persona amministrata) in relazione a una condizione fisica che, di per sé, non si sa da chi cagionata tra le persone che accudivano il D. (con la presenza di due badanti, come emerge dagli atti, e quindi di un fatto che comunque esprime la cura della ricorrente verso il marito), né emerge con chiarezza il nesso di causalità medico-legale tra l’operato delle collaboratrici domestiche e le suddette piaghe (che, come noto, sono cagionate dall’immobilità costante del malato).
Circa l’acquisto dell’automobile, si tratta di un fatto rimasto isolato, che comunque non ha inciso significativamente (in mancanza di apposito accertamento e motivazione) sulle capacità economiche del D., pur alla luce della vendita immobiliare segnalata dalla Corte d’appello, la cui pronuncia, secondo la quale tale spesa, in quanto eccessiva, sarebbe espressiva di un’inadeguatezza della moglie ad assumere il ruolo di amministratore di sostegno, non può essere condivisa, trattandosi di un fatto non motivato con riferimento al complessivo tenore di vita del nucleo e nel complesso delle sostanze familiari disponibili e che perciò non può incidere sulla valorizzazione della volontà del beneficiario in questione.
In definitiva, la Corte territoriale, da un lato, non ha sentito l’interessato, e così non ha valorizzato adeguatamente la relativa scelta di designare quel familiare quale amministratore di sostegno (la moglie del D.), dall’altro ha attribuito rilevanza a fatti ritenuti erroneamente espressione dell’inadeguatezza della ricorrente nella carica, senza un accertamento inequivocabile al riguardo (inidoneità assoluta della persona designata).
Per quanto esposto, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio della causa alla Corte d’appello a quo, per un nuovo esame della controversia alla luce dei principi richiamati, e per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte d’appello di Firenze, in diversa composizione, anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
Dispone che ai sensi dell’art. 52 del d.lgs. n. 196/03, in caso di diffusione della presente ordinanza si omettano le generalità e gli altri dati identificativi delle parti.