Nel caso di specie, la modifica riguardava l'iscrizione di ipoteca sull'immobile destinato a casa coniugale al fine di ottenere un finanziamento dalla banca per salvare l'azienda dei coniugi (unica forma di sostentamento della famiglia).
La controversia trae origine dalla richiesta dei coniugi di sentire pronunciare la nullità e/annullamento dell'atto di modifica del fondo patrimoniale con il quale si era prevista la facoltà di concedere ipoteca sull'immobile adibito a casa coniugale, senza necessità dell'autorizzazione giudiziale, pur in presenza dei minori, e...
Svolgimento del processo
La Corte d’appello di Brescia, con sentenza n. 106/2022, ha confermato la decisione del Tribunale di Cremona che - in giudizio promosso, con atto di citazione notificato del 2013, dai coniugi C.E e T.A., nei confronti del C.B.P. di C.C. soc.coop. e di C.B. spa e B.P. soc.coop., divenute Banco BPM spa, al fine di sentire pronunciare la nullità e/o l’annullamento e/o l’inefficacia dell’atto di modifica del fondo patrimoniale (costituito nel febbraio 2010 con conferimento dell’immobile adibito a casa coniugale), sottoscritto il 3/8/2011, con il quale si era prevista la facoltà di concedere ipoteca su tale immobile, senza necessità dell’autorizzazione giudiziale prevista dall’art.169 c.c., pur in presenza di figli minori, e della successiva iscrizione di ipoteca volontaria del 10/11/2011, necessaria ai fini dell’erogazione di un finanziamento da parte delle banche, necessario per un piano di risanamento della O.I. srl, le cui quote appartenevano al C. ed alla O.I. snc, in comproprietà dei coniugi in parti uguali, impresa che, tuttavia, successivamente era stata dichiarata fallita, – aveva respinto la domanda attrice.
In particolare, i giudici di appello hanno rilevato che: a) la modifica, con atto pubblico, del 2011 dell’atto di costituzione del fondo, finalizzata ad inserire la possibilità per i coniugi di concedere ipoteca sull’immobile compreso nel fondo patrimoniale, al fine di ottenere un nuovo finanziamento da parte delle banche per eliminare l’esposizione debitoria della società O.I., «unica o prevalente fonte di sostentamento della famiglia», anteriore alla costituzione del fondo patrimoniale, così anche evitando possibili azioni revocatorie, rispondeva all’interesse della famiglia, strettamente legato al risanamento dell’attività commerciale; b) se le parti possono sin dall’atto costitutivo derogare a quanto stabilito dall’art.169 c.c., lo possono legittimamente fare anche successivamente, apportando modifiche alla convenzione, senza necessità di autorizzazione del giudice tutelare.
Avverso la suddetta pronuncia, T.A. propone ricorso per cassazione, notificato il 25/3/2022, affidato a unico motivo, nei confronti di BCC NPLS 2020 srl, cessionaria dei crediti facenti capo a C.P.B. di C.C. soc.coop., e per essa la mandataria D.V.e spa (che resiste con controricorso, notificato il 29/4/22) e di Banco BPM spa (che resiste con controricorso notificato il 3/5/22).
Motivi della decisione
1. La ricorrente lamenta, con unico motivo, la violazione e/o falsa applicazione dell’art.169 c.c., per avere la Corte d’appello erroneamente interpretato il precedente di questo giudice di legittimità n. 13622/2010, ritenendo similare la fattispecie a quella in esame nella quale, invece, poiché la costituzione del fondo patrimoniale non prevedeva alcuna deroga all’intervento autorizzativo del giudice un caso di atti dispositivi sul beni del fondo in presenza di figli minori, la modifica della regolamentazione del fondo, strettamente correlata all’ottenimento del finanziamento da parte delle banche ed alla iscrizione dell’ipoteca sull’unico bene del fondo, intervenuta dopo la costituzione del fondo, doveva essere autorizzata dal giudice.
2. La censura è infondata.
La costituzione del fondo patrimoniale (art. 167 c.c.), concretizzata per effetto di una libera scelta dalle parti, determina un vincolo di destinazione per il soddisfacimento dei bisogni della famiglia (e quindi di tutti i suoi componenti, in essi compresi i figli) ed é funzionale a far fronte ai bisogni della famiglia, intesi come esigenze di vita dei suoi componenti considerate anche con una certa ampiezza, essendo la ragione ispiratrice dell’istituto individuabile nell’obiettivo di assicurare un sostegno patrimoniale alla famiglia e di realizzare una situazione di vantaggio per tutti i suoi diversi componenti.
Le Sezioni Unite (Cass. 21658/2009, ma il principio era già stato affermato da Cass. n. 8824/1987), hanno chiarito che «La costituzione del fondo patrimoniale di cui all'art. 167 c.c. - compresa tra le convenzioni matrimoniali secondo quanto ritenuto dalla corte di merito con affermazione che non può più essere posta in discussione - è soggetta alle disposizioni dell'art. 162 c.c. circa le forme delle convenzioni medesime».
Trattasi quindi di un accordo negoziale di autoregolamentazione di interessi familiari, con conseguente applicazione delle norme dettate al riguardo dagli artt.162, (forma delle convenzioni matrimoniali) e 163 (modifica delle convenzioni matrimoniali) c.c.
L’art. 169 c.c. dispone che «se non è stato espressamente consentito nell’atto di costituzione», non si possono alienare, ipotecare, dare in pegno o comunque vincolare beni del fondo patrimoniale se non con il consenso di entrambi i coniugi e, se vi sono figli minori, con l’autorizzazione concessa dal giudice, con provvedimento emesso in camera di consiglio, nei soli casi di necessità od utilità evidente. La disposizione prevede quindi che il costitutore o i costitutori del fondo patrimoniale possono riservarsi la possibilità di alienare, ipotecare o vincolare i beni costituiti in Questa Corte nel precedente n. 13622/2010 richiamato nella sentenza qui impugnata della Corte d’appello ha affermato che «In materia di fondo patrimoniale, ai sensi del combinato disposto degli artt.169 e 170 cod. civ. e dei principi costituzionali in tema di famiglia, i beni costituiti nel fondo, non potendo essere distolti dalla loro destinazione ai bisogni familiari, non possono costituire oggetto di iscrizione di ipoteca ad opera di terzi, qualunque clausola sia stata inserita nell'atto di costituzione circa le modalità di disposizione degli stessi in difformità da quanto stabilito dal citato art. 169 cod. civ.; tuttavia, nel caso in cui i coniugi o uno di essi abbiano assunto obbligazioni nell'interesse della famiglia, qualora risultino inadempienti alle stesse, il creditore può procedere all'iscrizione d'ipoteca sui beni costituiti nel fondo, attesa la funzione di garanzia che essi assolvono per il creditore, in quanto correlati al soddisfacimento delle esigenze familiari». In motivazione, si è chiarito che «la ratio della norma è evidentemente quella di porre delle limitazioni alla libera commercializzazione dei beni costituenti il fondo patrimoniale proprio per assicurare che gli stessi restino a garanzia del soddisfacimento delle esigenze familiari, senza peraltro stabilire un vincolo di indisponibilità assoluta che potrebbe essere controproducente per gli interessi della famiglia ove questa si trovasse nella necessità di liquidare alcuni beni del fondo per le proprie esigenze ovvero, la liquidazione si rivelasse particolarmente proficua e vantaggiosa»; in presenza di clausola introdotta i sede di costituzione del fondo che richiedeva per il compimento di atti dispositivi dei beni immobili conferiti nel fondo patrimoniale il solo consenso di entrambi i coniugi, si è ritenuto che si fosse concordata una parziale «liberalizzazione» rispetto ai requisiti prescritti dall'art. 169 c.c., non facendo la clausola pattuita «alcun riferimento alla necessità di autorizzazione giudiziale in presenza di minori (la cui presenza è stata accertata dalla Corte d'appello) nonché alla evidente utilità per la famiglia dell'atto di disposizione», cosicché i beni del fondo patrimoniale non erano stati immessi «in un regime di libera commerciabilità, perché in ogni caso è rimasta operativa la previsione del consenso di entrambi i coniugi», osservandosi che comunque « anche in presenza di una clausola che prevedesse il venir meno di tutte le limitazioni per i coniugi agli atti dispositivi dei beni costituiti in fondo patrimoniale, ciò non vorrebbe comunque dire che i beni stessi si sarebbero trovati in un regime di libera commerciabilità», poiché «l’eliminazione pattizia delle limitazioni di cui all'art. 169 c.c., varrebbe, infatti, solo per i coniugi ma non anche per i terzi ai quali non per questo si vedrebbero riconosciuto il diritto di imporre vincoli sui beni in questione». Peraltro, anche in presenza di tale pattuizione in deroga al disposto normativo, resta in ogni caso ferma «la disposizione contenuta nell'ultima frase dell'articolo stesso secondo cui gli atti in questione possono essere presi "nei soli casi di necessità od utilità evidente"», dovendosi prendere in considerazione anche quanto disposto dall'art. 170 c.c., che vieta l'esecuzione sui beni e sui frutti del fondo se non per debiti contratti per i bisogni della famiglia con esclusione di quelli che il creditore sapeva estranei a detti scopi, cosicché, in una necessaria lettura combinata degli artt.169 e 170 c,c., gli atti di disposizione dei beni del fondo possono essere assunti solo a vantaggio della famiglia e una iscrizione ipotecaria è possibile solo in quanto prodromica ad una esecuzione sui beni in questione in virtù di un credito acquisito per soddisfare i bisogni della famiglia del debitore. Si è quindi escluso che, per effetto della clausola pattuita dai coniugi, i beni fossero caduti in regime di libera disponibilità per cui, non essendo più sottoposti a vincolo alcuno, gli stessi fossero divenuti suscettibili di iscrizione ipotecaria da parte di terzi.
Con sentenza n. 22069/2019, si è quindi ribadito che «in tema di fondo patrimoniale, pur in presenza di figli minori, la preventiva autorizzazione del giudice al compimento di atti di disposizione, indicati nell'art. 169 c.c., è applicabile solo in mancanza di un'espressa pattuizione in deroga contenuta nell'atto di costituzione del fondo».
Ora, stante la natura di convenzione matrimoniale dell’atto costitutivo del fondo patrimoniale, con operatività conseguente dell’art.163 c.c., la libertà negoziale consente di stipulare un patto contrario a quello stabilito nella fase costitutiva del rapporto da fondo patrimoniale, sia pure non senza limiti, non essendo consentite decisioni negoziali in contrasto con l'interesse della famiglia e per il bene della famiglia, in quanto ogni scelta negoziale per essere legittima deve essere coerente con gli interessi della famiglia.
Nella fattispecie, in esame, tali esigenze di rispetto degli interessi della famiglia, sono state prese in esame nell’atto pubblico di modifica (con introduzione della deroga alla disposizione dell’art.169 c.c.), sottoscritto dai coniugi nel 2011, come riportato nella sentenza impugnata, essendosi espressamente previsto che, essendo stata la costituzione del fondo patrimoniale preceduta da prestazione di fideiussioni da parte del coniuge C. nei confronti di una banca, con potenziale inefficacia del fondo patrimoniale e «pregiudizio degli interessi patrimoniali della famiglia», vi era la «necessità di modificare la convenzione matrimoniale costitutiva…anche al fine di tutelare gli interessi patrimoniali familiari da azioni di creditori preesistenti alla costituzione del fondo, ampliando le potenzialità di credito nei riguardi dei coniugi e in particolare nei riguardi del C.E., al fine di assicurare adeguati proventi reddituali alla famiglia», cosicché la modifica, finalizzata inserire la previsione della possibilità per i coniugi di concedere ipoteca sull’immobile compreso nel fondo patrimoniale, veniva giustificata con il fine «di sostenere l’attività che costituisce la forma di sostentamento della famiglia».
La Corte d’appello ha quindi rilevato che l’esposizione debitoria della società O., unica o prevalente forma di sostentamento della famiglia, anteriore alla costituzione del fondo patrimoniale, la prestazione di garanzie fideiussorie da parte del C., la necessità di ottenere un nuovo finanziamento da parte delle banche a fronte della prestazione volontaria di ipoteca volontaria sull’immobile, «il timore espresso chiaramente che in mancanza di ciò il fondo patrimoniale sarebbe stato facilmente esposto ad azioni revocatorie» comprovavano che l’operazione in oggetto era stata compiuta nell’interesse della famiglia, legato al risanamento dell’attività commerciale.
Trattasi di valutazione conforme all’interpretazione dell’art.169 c.c. sopra esposta, esente quindi da vizi.
3. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso.
Ricorrono giusti motivi, considerate tutte le peculiarità della concreta vicenda, nonché la relativa novità della questione di diritto sottesa, per compensare integralmente tra tutte le parti le spese processuali.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso e dichiara le spese del presente giudizio di legittimità integralmente compensate tra le parti.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del DPR 115/2002, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13.