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28 novembre 2023
Riforma Cartabia: l’osservanza della struttura bifasica nella sostituzione delle pene detentive brevi
Ai sensi dell'art. 545-bis, c. 1, c.p.p., «quando è stata applicata una pena detentiva non superiore a quattro anni e non è stata ordinata la sospensione condizionale, subito dopo la lettura del dispositivo, il giudice, se ricorrono le condizioni per sostituire la pena detentiva con una delle pene sostitutive di cui all'articolo 53 della legge 24 novembre 1981, n. 689, ne dà avviso alle parti» (c.d. dispositivo a struttura "bifasica").
La Redazione
La Corte d’Appello di Campobasso, a seguito di gravame proposto dall'imputato avverso la sentenza emessa dal Tribunale, in riforma della decisione rideterminava la pena inflitta al predetto imputato in quella di anni quattro di reclusione, disponendo la sostituzione della pena con la detenzione domiciliare in relazione al reato di maltrattamenti in famiglia ai danni della moglie e dei figli minorenni e in presenza di un’altra figlia minorenne.
Avverso tale decisione, il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Campobasso ricorre per cassazione, lamentando la violazione di legge e mancanza di motivazione in relazione alla disposta sostituzione della pena detentiva con quella della detenzione domiciliare in quanto decisa senza il parere del PM e senza il necessario programma di recupero e reinserimento sociale con le correlate prescrizioni. 
 
Giunti in sede di legittimità, la Suprema Corte, con la sentenza n. 47674 del 28 novembre 2023, accoglie la doglianza del ricorrente. 
 
In sede di gravame l'imputato ha rinunciato ai motivi di appello riguardanti la affermazione di responsabilità, ribadendo quelli riguardanti la mancata concessione delle attenuanti generiche e la dosimetria della pena, chiedendo la sua rideterminazione entro i limiti di quattro anni con sostituzione in detenzione domiciliare. 
La Cassazione condivide il principio secondo il quale «in tema di pene sostitutive, ai sensi della disciplina transitoria contenuta nell'art. 95 d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 (c.d. riforma Cartabia), affinché il giudice di appello sia tenuto a pronunciarsi in merito all'applicabilità o meno delle nuove pene sostitutive delle pene detentive brevi di cui all'art. 20-bis cod. pen., è necessaria una richiesta in tal senso dell'imputato, da formulare non necessariamente con l'atto di gravame, ma che deve comunque intervenire, al più tardi, nel corso dell'udienza di discussione in appello». 
Non può infatti ritenersi che la richiesta di sostituzione, se non è formulata in sede di appello, o di motivi nuovi, sarebbe preclusa ai sensi dell'art. 597 c.p.p..
Infatti, il principio affermato dalle SS.UU, secondo cui «il giudice di appello non ha il potere di applicare d'ufficio le sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi se nell'atto di appello non risulta formulata alcuna specifica e motivata richiesta con riguardo a tale punto della decisione, dal momento che l'ambito di tale potere è circoscritto alle ipotesi tassativamente indicate dall'art. 597, comma quinto, cod. proc. pen., che costituisce una eccezione alla regola generale del principio devolutivo dell'appello e che segna anche il limite del potere discrezionale del giudice di sostituire la pena detentiva previsto dall'art. 58 della legge n. 689 del 1981».
 
L'art. 95 del D.Lgs. n. 150/2022 è applicabile ai processi pendenti in appello alla data del 30 dicembre 2022, secondo la sentenza Agostino, anche l'art. 545-bis, c.1, c.p.p. prevede che «Quando è stata applicata una pena detentiva non superiore a quattro anni e non è stata ordinata la sospensione condizionale, subito dopo la lettura del dispositivo, il giudice, se ricorrono le condizioni per sostituire la pena detentiva con una delle pene sostitutive di cui all'articolo 53 della legge 24 novembre 1981, n. 689, ne dà avviso alle parti» (c.d. dispositivo a struttura "bifasica").
Inoltre, la sostituzione delle pene detentive brevi è rimessa ad una valutazione discrezionale del giudice, il quale deve rispettare i criteri previsti dall'art. 133 c.p., considerando anche le modalità del fatto per il quale è intervenuta condanna e la personalità del condannato. 
 
La Corte di Cassazione ritiene che il Giudice di secondo grado, nel procedere alla sostituzione della pena detentiva, non osservando le regole procedurali connesse alla "scansione bifasica", non ha consentito l'interlocuzione del PM al quale non ha informato della possibilità di pervenire alla sostituzione della pena, così integrandosi la nullità d'ordine generale prevista dall’art. 178, c. 1, Lett. b), c.p.p. dedotta dal ricorrente. 
Inoltre, la Corte d’Appello ha sbagliato nel non aver svolto alcun necessario esame sulle modalità del fatto per il quale è intervenuta condanna e sulla personalità dell'imputato; inoltre non ha nemmeno giustificato la scelta del tipo di pena erogata e la sua idoneità al reinserimento sociale del condannato ed infine non ha neanche disposto alcuna prescrizione alla quale l'imputato debba essere obbligato al fine di tale reinserimento con la correlata positiva presunzione di loro adempimento.
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