La Cassazione conferma l'accertamento del superamento della soglia di tollerabilità delle immissioni sonore causate dall'utilizzo continuo di due pianoforti ed altri strumenti musicali da parte della ricorrente ordinandole di insonorizzare il suo appartamento.
Un Condominio conveniva in giudizio la condomina Caia al fine di ottenere l'accertamento del superamento della soglia di tollerabilità delle immissioni sonore causate dall'utilizzo continuo di due pianoforti ed altri strumenti musicali da parte della convenuta e, per l'effetto, l'ordine di cessazione immediata dell'attività esercitata o, in...
Svolgimento del processo
1. Il Condominio di via (omissis) in Milano e la condomina S. S.a.s. di S.R. convenivano in giudizio innanzi al Giudice di Pace di Milano la condomina A.K.G. per ottenere l'accertamento del superamento della soglia di tollerabilità delle immissioni sonore causate dall'utilizzo continuo di due pianoforti ed altri strumenti musicali da parte di quest'ultima e, per l'effetto, l'ordine di cessazione immediata dell'attività esercitata o, in alternativa, la condanna della medesima all'esecuzione delle opere per l’insonorizzazione del suo appartamento.
2. A.K.G. si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto della domanda attorea.
3. Il Giudice di Pace in accoglimento delle domande di parte attrice, accertava il superamento della soglia di tollerabilità delle immissioni sonore causate dall'utilizzo dei due pianoforti da parte di A.K.G. ordinandole di far eseguire nel suo appartamento, a sue spese, tutti i lavori necessari al fine di limitare entro la soglia di tollerabilità le immissioni in questione verso le unità immobiliari della S. s.a.s. e, comunque, verso gli altri limitrofi appartamenti del Condominio di via (omissis).
4. A.K.G. proponeva appello avverso la suddetta sentenza.
5. Il Condominio di (omissis) in Milano e la S. S.a.s. resistevano all’appello.
6. Il Tribunale di Milano accoglieva parzialmente il gravame limitatamente al primo motivo di appello circa il difetto di legittimazione attiva del Condominio di (omissis) in Milano e lo rigettava nel resto.
7. Il Tribunale, per quel che ancora rileva, riteneva l’attrice legittimata all’azione anche se solo proprietaria dell’immobile. L’azione, infatti, era stata estesa anche al conduttore, al quale l'art. 1585, comma 2, c.c. riconosce il potere di agire in nome proprio contro i terzi che, senza pretendere di avere diritti sulla cosa locata, arrechino molestie che ne diminuiscano l'uso e il godimento, stante l'identità della ragione di tutela sottesa alle due situazioni, che si differenziano soltanto per il fatto di essere rispettivamente connotate l'una dal godimento dell'immobile da parte del titolare del diritto reale e l'altra dall'uso da parte del conduttore, mentre identica appare la finalità di far cessare le immissioni intollerabili provenienti dal fondo vicino. Tuttavia, tale estensione operata dalla giurisprudenza di legittimità non valeva ad escludere a contrario la legittimazione del proprietario.
Infatti, l’azione ex art. 844 c.c. ha carattere reale, la norma fa riferimento al "proprietario" e alle ragioni della "proprietà". Il proprietario, il quale agisca per ottenere la cessazione delle propagazioni derivanti dal fondo del vicino che superino la normale tollerabilità, invero, fa valere il suo diritto di godere "in modo pieno" del proprio fondo ai sensi dell'art. 832 c.c., senza che possa affermarsi che tale diritto sia limitato dalla costituzione di un diritto personale di godimento sulla medesima proprietà a vantaggio di un terzo. Peraltro, il proprietario è l’unico legittimato a chiedere al giudice l'adozione nei confronti dell'immissore di accorgimenti tecnici comportanti la modifica della struttura dell'immobile da cui provengano.
Quanto alle doglianze relative all'interpretazione delle dichiarazioni rese dai condomini assunti come testimoni, dalla lettura della sentenza impugnata emergeva chiaramente che il Giudice di Pace - diversamente da quanto sostenuto dall'appellante - non avesse demandato ai testi il giudizio sull'eccessivo livello delle onde sonore, ma si fosse avvalso di tali deposizioni al solo fine di stabilire se la G., musicista professionista dello strumento del pianoforte, impartisse lezioni musicali nella sua abitazione in diverse ore della giornata e la percezione sensoriale delle propagazioni sonore da parte dei testimoni, che l'appellante si doleva non essere stata considerata dal giudice di primo grado, era espressione di un giudizio valutativo, precluso, come noto, al teste ed inutilizzabile da parte del giudice ai fini della decisione, anche in assenza di un'eccezione di parte.
Doveva confermarsi la decisione del Giudice di pace in quanto l'accertamento del livello di normale tollerabilità delle immissioni costituiva tipicamente un accertamento di natura tecnica da compiersi mediante apposita consulenza d'ufficio con funzione "percipiente", in quanto soltanto un esperto poteva accertare, per mezzo delle conoscenze e degli strumenti di cui dispone, l'intensità dei suoni, nonché il loro grado di sopportabilità per le persone, e di conseguenza, era necessario demandare ad un c.t.u. siffatte verifiche (cfr., al riguardo, Cass. civ., sez. II, 20 gennaio 2017, n. 1606).
Ebbene, la consulenza tecnica espletata in primo grado aveva concluso, sulla scorta dei decibel risultanti dalla sottrazione del rumore di fondo dal rumore intrusivo, che "il rumore intrusivo superava il limite della normale tollerabilità" sia nell'ufficio del condomino L., sia nella sala riunioni della S. s.a.s., indicando i lavori da effettuarsi nell'immobile della convenuta appellante affinché il limite potesse dirsi rispettato.
La decisione appellata, in altri termini, aveva considerato le abitudini dei condomini, guardando alle attività effettivamente esercitate nello stabile, nonché la "situazione locale", facendo propria una consulenza che aveva calcolato con precisione il rumore di fondo per stabilire il superamento della soglia di normale tollerabilità delle immissioni oggetto di causa.
Il giudice di primo grado, in questo modo, aveva tenuto conto della particolarità della situazione concreta, nel rispetto dei criteri fissati dalla giurisprudenza ed indicati dal consulente nella c. t. u.
A fronte delle logiche e conseguenziali conclusioni cui era giunto il c.t.u., le censure mosse dall'appellante alla consulenza non chiarivano come l'utilizzo di una differente metodologia potesse portare a conclusioni diverse, non indicando in che modo da un'eccedenza sul limite della normale tollerabilità pari, rispettivamente, a 6,7 e 9 dB, si sarebbe potuti giungere ad un valore inferiore ai 3 decibel.
8. A.K.G. ha proposto ricorso per cassazione.
9. La società S. s.a.s. di S.R. ha resistito con controricorso.
10. Entrambe le parti con memoria depositata in prossimità dell’udienza hanno insistito nelle rispettive richieste.
Motivi della decisione
1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: violazione dell'art. 1, comma 746, della legge n. 145 del 30 dicembre 2018 che ha introdotto una modifica all'art. 6 ter del decreto-legge (recte n. 208) 30 dicembre 2008, convertito nella legge n. 13/2009; obbligo di considerare la novella normativa appena introdotta, sia da parte del giudice del merito che da parte del giudice di legittimità
La ricorrente evidenzia che, prima del deposito della sentenza impugnata, il quadro normativo sarebbe drasticamente mutato, non essendo più consentito individuare una fonte diversa da quella dettata dalla legge n. 447 del 1995. Infatti, in virtù della aggiunta del nuovo art. 1 bis al vecchio testo dell'art. 6 della L. n. 296 del 2006, la normativa che il giudice dovrebbe applicare sarebbe la seguente: Nell'accertare la normale tollerabilità delle immissioni e delle emissioni acustiche, ai sensi dell'articolo 844 del codice civile, sono fatte salve in ogni caso le disposizioni di legge e di regolamento vigenti che disciplinano specifiche sorgenti e la priorità di un determinato uso. 1-bis. Ai fini dell'attuazione del comma 1, si applicano i criteri di accettabilità del livello di rumore di cui alla legge 26 ottobre 1995, n. 447, e alle relative norme di attuazione.
Peraltro, trattandosi di una proprietà adibita a studio professionale, vi sarebbero i presupposti per la applicazione della novella in discorso, che obbliga a tenere presenti i criteri di misurazione ex l. n. 447 del 1995 sicché, considerando il criterio di misurazione amministrativo, il livello di rumore rientrerebbe nei limiti consentiti.
1.2 Il primo motivo di ricorso è infondato.
La giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che: «In tema di immissioni acustiche, la differenziazione tra tutela civilistica e tutela amministrativa mantiene la sua attualità anche a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 6-ter del d.l. n. 208 del 2008, conv., con modif., dalla l. n. 13 del 2009, al quale non può aprioristicamente attribuirsi una portata derogatoria e limitativa dell'art. 844 c.c., con l'effetto di escludere l'accertamento in concreto del superamento del limite della normale tollerabilità, dovendo comunque ritenersi prevalente, alla luce di una interpretazione costituzionalmente orientata, il soddisfacimento dell'interesse ad una normale qualità della vita rispetto alle esigenze della produzione» (Sez. 3, Sent. n. 20198 del 2016; Sez. 3, Sent. n. 20927 del 2015).
La norma che la ricorrente assume violata con il motivo in esame, introdotta con la legge “finanziaria” del 2019, non modifica la disciplina citata limitandosi ad affermare che, ai fini dell'attuazione del comma 1, si applicano i criteri di accettabilità del livello di rumore di cui alla legge 26 ottobre 1995, n. 447, ed alle relative norme di attuazione. Ne consegue che, contrariamente a quanto affermato dalla ricorrente, restano validi i principi richiamati dalla giurisprudenza sopra citata con riferimento al comma 1 anche dopo l’aggiunta del comma 1 bis all’art. 6 ter del d.l. n. 208 del 2008 convertito dalla legge n 13 del 2009.
In altri termini, in materia di immissioni, mentre è senz'altro illecito il superamento dei livelli di accettabilità stabiliti dalle leggi e dai regolamenti che, disciplinando le attività produttive, fissano nell'interesse della collettività le modalità di rilevamento dei rumori e i limiti massimi di tollerabilità, l'eventuale rispetto degli stessi non può fare considerare senz'altro lecite le immissioni, dovendo il giudizio sulla loro tollerabilità formularsi alla stregua dei principi di cui all'art. 844 cod. civ., tenendo presente, fra l'altro, la vicinanza dei luoghi ed i possibili effetti dannosi per la salute delle immissioni [ex plurimis Sez. 2, Ord. n. 35856 del 2021 (non massimata); Sez. 2, Sentenza n. 939 del 17/01/2011 Rv. 615959; Sez. 3, Sentenza n. 8474 del 27/04/2015 Rv. 635208].
2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.
La ricorrente lamenta l’omesso esame di una lunga serie di circostanze di fatto che il Tribunale non avrebbe considerato, in particolare le risultanze di cui al verbale delle operazioni peritali del 2 agosto 2018 ed a quanto ivi evidenziato, addirittura su istanza del CTP di S., circa l’effettuazione di ulteriori lavori di insonorizzazione.
3. Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti; omessa pronuncia sulle istanze e sulle deduzioni della convenuta.
La censura è in parte ripetitiva della precedente e riguarda anche l’omesso esame di quanto avvenuto in sede di esecuzione forzata ex art. 612 c.p.c. oltre che del verbale del 2 agosto già richiamato con il motivo precedente. In sostanza gli interventi eseguiti dalla ricorrente avevano comportato una notevole riduzione delle immissioni.
3.1 Il secondo e il terzo motivo di ricorso sono inammissibili.
La censura di omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti in presenza di una “doppia conforme” non è ammissibile. Peraltro, in tale ipotesi, il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360, n. 5, c.p.c., deve indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. 5528/2014), adempimento non svolto.
D’altra parte secondo la giurisprudenza di questa Corte: « Ricorre l'ipotesi di «doppia conforme», ai sensi dell'art. 348 ter, commi 4 e 5, c.p.c., con conseguente inammissibilità della censura di omesso esame di fatti decisivi ex art. 360, comma 1,
n. 5, c.p.c., non solo quando la decisione di secondo grado è interamente corrispondente a quella di primo grado, ma anche quando le due statuizioni siano fondate sul medesimo iter logico- argomentativo in relazione ai fatti principali oggetto della causa, non ostandovi che il giudice di appello abbia aggiunto argomenti ulteriori per rafforzare o precisare la statuizione già assunta dal primo giudice» (Sez. 6 - 2, Ordinanza n. 7724 del 09/03/2022, Rv. 664193 - 01).
Deve osservarsi anche che il giudizio sulla necessità e utilità di far ricorso allo strumento della consulenza tecnica d'ufficio rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, la cui decisione è censurabile per cassazione unicamente ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., soggiacendo la relativa impugnazione alla preclusione derivante dalla regola della cd. "doppia conforme" di cui all'art. 348-ter, comma 5, c.p.c. (ratione temporis vigente) (Sez. L - , Sentenza n. 25281 del 25/08/2023, Rv. 669071 - 01).
4. Il quarto motivo è così rubricato: violazione degli artt. 163, 164 e 277 cpc Mancata delibazione sulle doglianze articolate per rilevare la inammissibilità delle domande volte a conseguire, a carico della Genghini, ordine di eseguire opere affatto imprecisate nell'ambito, nella entità e nella tipologia e, addirittura, la cui determinazione dovrebbe essere demandata all’ufficiale giudiziario eretto ad improprio arbitro della valutazione sulla tollerabilità di eventuali emissioni sonore e quindi di surrogarsi allo stesso Giudice.
La censura attiene ai costi per l’insonorizzazione nelle modalità indicate dal CTU.
4.1 Il quarto motivo di ricorso è inammissibile.
La censura da un lato è inammissibile nella parte in cui si rivolge a quanto indicato dal CTU in relazione alle opere da eseguire per l’insonorizzazione, in quanto si tratta di aspetti sottratti alla valutazione del giudice di legittimità e, dall’altro, si rivolge ad aspetti riguardanti il giudizio di esecuzione che sono estranei al presente giudizio.
5. Il quinto motivo di ricorso è così rubricato: violazione dell'art. 844 c.c. laddove è stata respinta l'eccezione di legittimazione attiva di S. s.a.s.
La censura ha ad oggetto la ritenuta legittimazione ad agire in capo alla Società S. che, invece, a parere della ricorrente ne era priva, in quanto solo proprietaria dell’unità immobiliare sita nell’edificio di cui è causa, invece concesso in locazione per essere utilizzato come studio professionale da un avvocato.
5.1 Il quinto motivo di ricorso è infondato.
La sentenza del Tribunale che ha riconosciuto la legittimazione attiva in capo alla Società S. è conforme alla consolidata giurisprudenza di legittimità secondo cui: l’azione volta all'accertamento dell'illegittimità delle immissioni e alla richiesta di realizzazione di modifiche strutturali necessarie al fine di far cessare le stesse ha natura reale e deve essere esperita dal proprietario (Sez. 2, Sent. n. 23245 del 15/11/2016; Sez. U, Sent. n. 4848 del 27/02/2013).
La legittimazione attiva è stata estesa anche al conduttore sulla base del disposto dell’art. 1585, 2 co. c.c., non essendovi dubbio che le immissioni stesse altro non sono che molestie, e che, in ogni caso sussiste l’identica ragione di tutela che consente l’interpretazione analogica. Tale tutela può essere estesa anche a chi esercita un diritto personale di godimento solo quando la domanda sia volta a far cessare le immissioni senza richiesta di modifiche strutturali.
Deve richiamarsi in proposito il seguente principio di diritto:
«L’'art. 844 cod. civ. - il quale riconosce al proprietario il diritto di far cessare le propagazioni derivanti dal fondo del vicino che superino la normale tollerabilità - deve essere interpretato estensivamente, nel senso di legittimare all'azione anche il titolare di un diritto reale o personale (nella specie, il conduttore) di godimento sul fondo. Tuttavia, nel caso in cui gli accorgimenti tecnici da adottare per ricondurre le immissioni nei limiti della normale tollerabilità comportino la necessità di modificazioni di strutture dell'immobile da cui le propagazioni derivano, si deve escludere che il titolare di diritto personale di godimento sia legittimato a chiedere le modificazioni medesime, così come è privo di legittimazione passiva alla stessa azione il soggetto che, non essendo eventualmente proprietario del fondo da cui provengono le immissioni, non è in grado di provvedere a quelle modifiche della propria struttura che sia condannato a effettuare» (Sez. 2, Sentenza n. 13069 del 22/12/1995, Rv. 495186 - 01).
6. Il sesto motivo di ricorso è così rubricato: violazione dell'art. 844 c.c. in tema di qualificazione e determinazione del rumore di fondo svalutazione dei passaggi con i quali il CTU ha espressamente ritenuto la accettabilità delle immissioni secondo il criterio amministrativo.
6.1 Il sesto motivo è inammissibile per le medesime ragioni esposte in relazione al primo motivo. La valutazione della normale tollerabilità delle immissioni spetta al giudice del merito e il criterio amministrativo cui si riferisce la ricorrente non può avere l'effetto di escludere l'accertamento in concreto del superamento del limite della normale tollerabilità, dovendo comunque ritenersi prevalente, alla luce di una interpretazione costituzionalmente orientata, il soddisfacimento dell'interesse ad una normale qualità della vita rispetto alle esigenze della produzione (Sez. 3, Sent. n. 20198 del 07/10/2016).
In tema di immissioni rumorose si è affermato più di recente che i parametri fissati dalle norme speciali a tutela dell'ambiente (dirette alla protezione di esigenze della collettività, di rilevanza pubblicistica), pur potendo essere considerati come criteri minimali inderogabili, al fine di stabilire l'intollerabilità delle emissioni che li superino, non sono sempre vincolanti per il giudice civile il quale, nei rapporti fra privati, può pervenire al giudizio di intollerabilità ex art. 844 c.c. delle dette emissioni anche qualora siano contenute nei summenzionati parametri, sulla scorta di un prudente apprezzamento che tenga conto della particolarità della situazione concreta e dei criteri fissati dalla norma civilistica. La relativa valutazione, ove adeguatamente motivata, nell'ambito dei principi direttivi indicati dal citato art. 844 c.c., con specifico riguardo al contemperamento delle esigenze della proprietà privata con quelle della produzione, costituisce accertamento di merito insindacabile in sede di legittimità (Sez. 2 -, Ordinanza n. 23754 del 01/10/2018 Rv. 650628). Infine, deve ribadirsi che: «Il limite di tollerabilità delle immissioni rumorose non è mai assoluto, ma relativo alla situazione ambientale, variabile da luogo a luogo, secondo le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti, e non può prescindere dalla rumorosità di fondo, ossia dalla fascia rumorosa costante, sulla quale vengono ad innestarsi i rumori denunciati come immissioni abnormi (c.d. criterio comparativo), sicché la valutazione ex art. 844 cod. civ., diretta a stabilire se i rumori restino compresi o meno nei limiti della norma, deve essere riferita, da un lato, alla sensibilità dell'uomo medio e, dall'altro, alla situazione locale. Spetta al giudice del merito accertare in concreto gli accorgimenti idonei a ricondurre tali immissioni nell'ambito della normale tollerabilità» (Sez. 2, Sent. n. 17051 del 2011).
7. Il ricorso è rigettato. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
8. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater D.P.R. n. 115/02, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità nei confronti della parte contro ricorrente che liquida in euro 2500 più 200 per esborsi, oltre al rimborso forfettario al 15% IVA e CPA come per legge;
ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall’art. 1, co. 17, I. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto;