Svolgimento del processo
1. Con sentenza del 19/09/2023, la Corte di appello di L'Aquila confermava la sentenza emessa in data 16/04/2021 dal Tribunale di Pescara, con la quale I. P. era stato dichiarato responsabile del reato di cui agli artt. 81 e 659 cod.pen. (perché quale socio accomandatario e organizzatore teneva serate danzanti presso lo stabilimento balneare I. BEACH CLUB P. P. sito in (omissis), nel corso delle quali, in orario notturno, diffondendo musica ad alto volume, disturbava il riposo e le occupazioni delle persone residenti /dimoranti nelle vicinanze, in Pescara agosto 2019) e condannato alla pena di mesi due di arresto, con concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione I. P., a mezzo del difensore di fiducia, articolando quattro motivi di seguito enunciati.
Con il primo motivo deduce violazione degli artt 659 cod.pen. e 10, comma 2, L n. 447/1995.
Lamenta che erroneamente la Corte di appello aveva ritenuto che il fatto contestato rientrasse nel disposto dell'art. 659, comma 1, cod.pen.,in quanto, trattandosi di esercizio di attività rumorosa, il fatto avrebbe dovuto essere inquadrato nella fattispecie di cui al comma 2 dell'art. 659 cod.pen. con applicabilità della norma speciale di cui all'art. 10 I n. 447/1995; inoltre, ai fini della configurabilità dell'illecito di cui al primo comma dell'art. 659 cod.pen. occorreva la prova dell'attitudine dei rumori provocati a recare disturbo a una pluralità indeterminata di persone, mentre, nella specie, le uniche due persone che sarebbero state molestate erano i due denuncianti-parti offese; neppure era stato considerato il quadro ambientale ed il relativo rumore di fondo (pluralità di stabilimenti balneari esistenti nella medesima area e teatro all'aperto di proprietà comunale).
Con il secondo motivo deduce vizio di motivazione, lamentando l'omesso scrutinio del motivo di appello concernente l'insussistenza dell'elemento soggettivo della colpa che non poteva desumersi per implicito, trattandosi di esercente debitamente autorizzato all'esercizio di attività rumorosa.
Con il terzo motivo deduce vizio di motivazione in relazione agli artt. 133 cod.pen. e 53 e 56-quater In. 689/1981.
Lamenta che l'entità della pena irrogata era prossima al massimo edittale e che la motivazione espressa sul punto dalla Corte territoriale era carente ed era stata disattesa la richiesta di applicazione dell'art 131-bis cod.pen. con argomentazione di stile; inoltre, erroneamente la Corte di appello aveva ritenuto la sostituzione della pena detentiva - richiesta con i motivi aggiunti - con la corrispondente pena pecuniaria incompatibile con la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena.
Con il quarto motivo deduce carenza della motivazione in relazione al capo di pronuncia concernente il risarcimento del danno a favore della parte civile ed alla sua determinazione ed entità, lamentando che la decisione si era basata in maniera acritica sulle allegazioni delle parti senza l'accertamento concreto del danno alla persona, che non può ritenersi in re ipsa.
Chiede, pertanto, l'annullamento con o senza rinvio della sentenza impugnata e, in subordine, la rideterminazione della pena e la sostituzione della pena detentiva con pena pecuniaria.
Motivi della decisione
1.11 primo motivo di ricorso è fondato ed assorbente delle ulteriori doglianze proposte.
2. Costituisce principio consolidato l'affermazione che l'ambito di operatività dell'art. 659 cod.pen., con riferimento ad attività o mestieri rumorosi, deve essere individuato nel senso che, qualora si verifichi esclusivamente il mero superamento dei limiti di emissione fissati secondo i criteri di cui alla L. n. 447 del 1995, mediante impiego o esercizio delle sorgenti individuate dalla legge medesima, si configura il solo illecito amministrativo di cui all'art. 10, comma 2, della legge in questione; quando, invece, la condotta si sia concretata nella violazione di disposizioni di legge o prescrizioni dell'autorità che regolano l'esercizio del mestiere o dell'attività, sarà applicabile la contravvenzione sanzionata dall'art. 659, comma 2, cod.pen. mentre, nel caso in cui l'attività ed il mestiere vengano svolti eccedendo dalle normali modalità di esercizio, ponendo così in essere una condotta idonea a turbare la pubblica quiete, sarà configurabile la violazione sanzionata dall'art. 659, comma 1, cod.pen. (cfr Sez. 3, n. 56430 del 18/07/2017, Rv. 273605 - 01; Sez. 3, n. 5735 del 21/01/2015, Rv. 261885 - 01) e si è anche affermata la classificazione come " mestiere rumoroso" dell'attività di un bar regolarmente autorizzato dall'autorità amministrativa a rimanere aperto fino a tarda notte ed all'uso di strumenti musicali e di diffusione sonora ( Sez. 3, n. 34920 del 11/06/2015, Rv. 264739 - 01).
3. Tanto osservato, deve rilevarsi che la sentenza impugnata, pur avendo correttamente richiamato il principio di diritto summenzionato, non ha fornito una motivazione adeguata alle censure difensive mosse con l'atto di appello, in quanto, dando atto che la condotta contestata si era concretata nel superamento dei limiti di legge fissati per le emissioni sonore, non ha, poi, indicato concretamente da quali elementi fattuali e per quali ragioni si dovesse ravvisare nel caso concreto un utilizzo eccedente le normali modalità di esercizio ed idoneo a turbare la pubblica quiete, integrante la contestata fattispecie di reato di cui all'art. 659, comma 1, cod.pen. (cfr pp.4 e 5 della sentenza impugnata), cosi da connotarsi la condotta come penalmente rilevante.
4. Risulta, pertanto, integrato il vizio motivazionale lamentato, avendo omesso la Corte di appello di dare effettiva risposta al motivo di appello con il quale si contestava specificamente la qualificazione giuridica del fatto e la rilevanza penale dello stesso.
5. La sentenza impugnata, pertanto, va annullata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Perugia.
6. Va, infine, rimarcato che la parte civile non può ottenere la rifusione delle spese processuali essendosi il giudizio di legittimità concluso con l'annullamento con rinvio, ma potrà far valere la propria pretesa nel corso ulteriore del processo, nel quale il giudice di merito dovrà accertare la sussistenza, a carico dell'imputato, dell'obbligo della rifusione delle spese giudiziali in base al principio della soccombenza, con riferimento all'esito del gravame (Sez.5,n.25469 del 23/04/2014, Rv.262561; Sez.2, n.32440 del 10/07/2003, Rv.226260).
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Perugia.