Il diritto della lavoratrice infatti esisteva quando il trasferimento fu attuato, essendo il familiare disabile deceduto nelle more del processo di secondo grado, per cui il successivo venir meno dei presupposti legali non va ad estinguerlo.
Il Tribunale di Agrigento accoglieva la domanda di una pubblica dipendente volta al riconoscimento del suo diritto al trasferimento per vicinanza a un familiare disabile,
Svolgimento del processo
1. A. B., dipendente del Ministero della Giustizia, ha agito in giudizio per ottenere il riconoscimento del diritto al trasferimento per vicinanza a familiare disabile, ai sensi dell’art. 33, co. 5, L. 104/1992.
La domanda è stata accolta dal Tribunale di Agrigento.
La Corte d’Appello di Palermo ha rigettato il gravame avverso tale pronuncia, affermando la fondatezza della domanda e ritenendo che le condizioni su cui far scendere la cognizione sarebbero state solo quelle “cristallizzate nella sentenza di primo grado”, sicché non aveva rilievo il fatto che nel corso del giudizio di appello il familiare disabile fosse deceduto;
2. il Ministero della Giustizia ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi, resistiti da controricorso della B.;
Motivi della decisione
1. I due motivi di ricorso denunciano entrambi la violazione e\o falsa applicazione degli artt. 100 c.p.c. e 33 L. 104/1992, rubricandola rispettivamente ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c. (primo motivo) e dell’art. 360 n. 4 c.p.c. (secondo motivo).
I motivi, tra loro speculari, sostengono che la Corte territoriale avrebbe dovuto dichiarare cessata la materia del contendere e comunque che era sopravvenuta la carenza di interesse ad agire della ricorrente e si era determinata violazione dell’art. 33 L. 104/1992, in quanto il giudice, in qualunque grado di giudizio, avrebbe dovuto decidere accertando l’attualità delle condizioni previste dalla legge per l’affermazione del diritto evocato in giudizio.
2. E’ intanto da escludere che ricorressero i presupposti per la declaratoria di cessazione della materia del contendere.
Tale evenienza si ha infatti soltanto quando le parti si diano reciprocamente atto del sopravvenuto mutamento della situazione sostanziale dedotta in giudizio e sottopongano conclusioni conformi in tal senso al giudice, potendo al più residuare un contrasto solo sulle spese di lite, che il giudice con la pronuncia deve risolvere secondo il criterio della cosiddetta soccombenza virtuale (Cass. 29 luglio 2021, n. 21757; Cass. 8 giugno 2005, n. 11962). Nel caso di specie la persistente divergenza tra le parti è in re ipsa, sostenendo l’una che la pronuncia del Tribunale dovesse essere riformata, con rigetto della domanda, e l’altra che – invece - quella pronuncia doveva restare ferma.
3. Infondato è anche il richiamo ad una presunta carenza di interesse ad agire, perché tale condizione manifestamente sussiste in capo alla B., la quale vuole ottenere la conferma delle legittimità della propria originaria pretesa e, quindi, l’esistenza delle condizioni del trasferimento quando esso è stato giudizialmente disposto e poi amministrativamente attuato: tanto basta a giustificare che a tal fine si sia insistito per una pronuncia giudiziale in tal senso.
4. Il punto più delicato è invece quello dell’interferire dell’evolversi dei fatti storici rispetto alla domanda riguardante il diritto azionato in giudizio.
Si deve in proposito premettere come sia pacifico che il decesso del familiare in ragione del quale quel trasferimento era stato chiesto e disposto si sia verificato solo in grado di appello e dopo che vi era stata condanna del MIUR ad attuare il trasferimento ed esso era stato attuato.
Il MIUR non fa neanche più questioni sull’originaria sussistenza del diritto, che solo afferma non esservi più in ragione del decesso del predetto familiare.
5. Ciò posto, deve verificarsi come operino i fatti sopravvenuti rispetto al diritto ad un certo trasferimento che si giustifica per il verificarsi di determinate circostanze concrete, come l’avvicinamento ad un disabile.
Il venire meno nel corso del processo di un fatto costitutivo anteriormente esistente e per il quale vi sia già stato accoglimento della domanda può operare secondo diverse modalità.
Infatti, esso può comportare l’immediato ripristino della situazione su cui esso incide, oppure il ripristino può avvenire solo a certe ed ulteriori condizioni.
Nella prima ipotesi, ferma la possibilità di far accertare, eventualmente, la legittimità della situazione anteriormente esistente e realizzata fino al momento del verificarsi di quel fatto, la deduzione di quest’ultimo all’interno del processo nei termini utili alla deduzione dei fatti rilevanti nel merito comporterà la pronuncia sull’inesistenza del diritto; per converso, la mancata deduzione può comportare preclusioni di giudicato rispetto alla valorizzazione di esso in altra sede.
Questo perché la situazione giuridica soggettiva è sempre la medesima.
È pur vero che in linea di massima l’esistenza del diritto oggetto di lite va sempre verificata al momento della decisione, ma tale regola generale incontra un limite quando si tratti – come nella vicenda in esame – d’un trasferimento che, una volta disposto, non può essere revocato ex abrupto per il solo venir meno delle condizioni fattuali che in origine lo giustificavano, dovendosi invece seguire le regole proprie della mobilità dei pubblici dipendenti ispirate dalla necessità di rispettare le priorità fra più aspiranti e di verifiche sulla disponibilità dei posti.
In altre parole, un nuovo trasferimento dell’odierna controricorrente in direzione opposta necessita di ulteriori valutazioni rispetto al posto da riassegnare, che in ipotesi potrebbe anche non esistere più o essere stato legittimamente assegnato ad altri.
Ciò porta a dire che il nuovo trasferimento, per quanto basato sul venir meno in corso di causa del presupposto fattuale che l’aveva legittimato, non estingue retroattivamente il preesistente diritto della lavoratrice, ma importa il sorgere di situazioni soggettive, per entrambe le parti del rapporto di lavoro, nuove e, come tali, potenzialmente deducibili in altro giudizio e non nel presente.
In breve, il diritto al trasferimento che sia stato riconosciuto ed attuato prima del sopravvenire di circostanze nuove e modificative del pregresso assetto fattuale, si cristallizza quale oggetto del giudizio che lo riguarda.
Ciò significa che tale processo ha l’effetto soltanto di definire se esisteva il diritto al trasferimento così attuato e non altro, sicché non vi è alcuna efficacia di giudicato rispetto a fattispecie diverse, riguardanti un eventuale nuovo trasferimento attuato, da attuare o potenzialmente attuabile in ragione (anche) del venir meno dei presupposti che giustificarono il primo trasferimento e comunque nel rispetto di altre concorrenti posizioni soggettive attive di altri aspiranti e di ogni altra verifica necessaria, in punto di fatto e di diritto.
6. Nel caso di specie, dunque, il diritto dell’odierna controricorrente esisteva quando il trasferimento fu attuato: il successivo venir meno dei suoi presupposti legali non lo estingue, ma eventualmente radica il presupposto (o uno dei presupposti) affinché sia disposto un nuovo trasferimento. Ma ciò riguarda una situazione soggettiva nuova e diversa, estranea alla presente cognizione.
7. Il ricorso per cassazione va dunque disatteso, con regolazione secondo soccombenza delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento in favore della controparte delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 3.000,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali in misura del 15 % ed accessori di legge.