Sbaglia la Corte territoriale a non notificare il decreto di citazione per il giudizio d'appello presso il luogo di detenzione nonostante fosse stata informata dello stato detentivo per altra causa dell'imputato.
L'imputato, detenuto in carcare per altra causa, ricorre per cassazione avverso la decisione della Corte d'Appello di Roma deducendo l'erroneità del procedimento di notificazione. A tal proposito, il ricorrente precisa che la Corte territoriale aveva notificato il decreto di citazione per il giudizio di appello all'imputato presso il difensore...
Svolgimento del processo
Con sentenza deliberata, all'esito dell'udienza camerale non partecipata del 29/11/2022, la Corte di appello di Roma, investita dall'impugnazione proposta dall'imputato confermava solo parzialmente la sentenza di primo grado, dichiarando estinti i reati di cui al capo C e rideterminando conseguentemente la sanzione per i residui reati.
Avverso tale pronuncia ricorre l'imputato a mezzo del difensore di fiducia, che deduce:
1. Inosservanza della legge processuale prevista a pena di nullità (art. 178, lett. c, 599 cod. proc. pen., 23 d.l. 149/2020), atteso che la Corte di merito aveva notificato il decreto di citazione per il giudizio di appello all'imputato (detenuto in carcere per altro titolo) presso il difensore domiciliatario; inoltre, la Corte avvisata tempestivamente dal difensore della erroneità del procedimento di notificazione all'imputato detenuto, ripeteva la notificazione allo stesso, ma ancora una volta presso il difensore domiciliatario, noncurante dello stato detentivo (per altra causa) dell'imputato appellante;
2. violazione della legge penale sostanziale (art. 606, comma 1, lett. b, cod. proc. pen.), avendo la Corte di merito confermato la responsabilità per il delitto di ricettazione, pur in assenza di prova del delitto presupposto;
3. ancora, violazione della legge penale, avendo la Corte confermato il giudizio di responsabilità per i furti contestati, pur in difetto della querela.
Motivi della decisione
1. Il primo motivo di ricorso è fondato; restano assorbiti dalla decisione processuale i successivi due argomenti di carattere sostanziale.
1.1. Nella fattispecie processuale portata all'attenzione della Corte risulta, dagli atti accessibili in ragione del vizio processuale dedotto, che l'imputato, ancorché avesse eletto domicilio presso il difensore, era detenuto per altra causa in carcere; il decreto di citazione per il giudizio di appello fu quindi notificato presso il difensore. La Corte, edotta dello stato detentivo dell'imputato disponeva nuova notifica del decreto di citazione a giudizio, ma ancora una volta presso il difensore domiciliatario.
Correva viceversa l'obbligo di procedere alla notifica del decreto di citazione per il giudizio di appello a mani dell'imputato detenuto per altra causa (v. da ultimo, anche per la complessiva ricostruzione dell'istituto e la indicazione della giurisprudenza stratificatasi Sez. U., n. 12778, del 27/2/2020, Rv. 278869, che ha affermato il seguente principio di diritto: Le notificazioni effettuate, nei confronti dell'imputato detenuto, presso il domicilio dichiarato od eletto e non nel luogo di detenzione, danno luogo a nullità a regime intermedio, soggetta alfa sanatoria prevista dall'art. 184 cod. proc. pen.. ). Incombeva sulla Corte procedente (che era stata edotta della condizione di detenzione ad altro titolo dell'imputato) l'obbligo di rinotificare il decreto di citazione a giudizio presso il luogo di detenzione.
Il legittimo impedimento a comparire e la stessa nullità del decreto di citazione erano stati quindi tempestivamente rappresentati dal difensore. Ciò nonostante, la Corte ha ripetuto la notificazione presso il domiciliatario, così realizzando una nuova nullità (Sez. U., n. 7635 del 30/9/2021, Rv. 282806), che il difensore ha eccepito nel primo atto utile (il ricorso per cassazione).
Ciò che rileva nella fattispecie, non è certamente il rito non partecipato eletto dal difensore (che non ha tempestivamente richiesto la trattazione partecipata dell'udienza camerale), quanto piuttosto la nullità della citazione dell'imputato per il giudizio di appello, giacché costui risultava (al momento della citazione) già detenuto per altro titolo e di tanto il difensore aveva anche informato la Corte.
1.2. Orbene, secondo il diritto vivente, la detenzione dell'imputato, anche per reato diverso da quello oggetto del giudizio, costituisce legittimo impedimento a comparire anche in udienza camerale, purché risultante dagli atti (Sez. U, n. 7635 del 30/9/2021, dep. 2022, Rv. 282806, in motiv. sub 9.1. e 10. Pag. 14, 15 e 16; Sez. U., n. 12778 del 27/2/2020, Rv. 278869, non rilevando la domiciliazione diversa; Sez. U., n. 35399 del 24/6/2010, Rv. 247837-01; Sez. U. Arena del 2006; negli stessi sensi: Sez. 6, n. 15139 del 11/11/2021, dep. 2022, in motiv., Rv. 283143; Sez.3, n. 3958del 12/11/2021,dep.2022, Rv.282888; Sez.6,n.36813 del 31/5/2018, n.m.; Sez. 6, n. 47594 del 14/11/2014, Rv. 261722).
Il giudice, pertanto, nel valutare la causa impeditiva dedotta nell'interesse dell'imputato anche dal difensore, deve attenersi alla natura della stessa e, ai sensi di quanto dispone l'art. 420 ter, comma 1, del codice di rito, informato dell'impedimento ha l'onere di differire l'udienza e procedere alla verifica della sussistenza dell'impedimento stesso, che nella fattispecie avrebbe anche inibito la richiesta di partecipazione (anche in forme diverse dalla presenza fisica) al giudizio.
Le Sezioni unite di questa Corte (n. 35399 del 24/06/2010, RV. 247836), proprio in relazione al giudizio di appello di un processo celebrato nelle forme del rito abbreviato, hanno affermato il diritto fondamentale dell'imputato di essere presente nel giudizio camerale in cui si decide sulla sua responsabilità. Si è in quella sede chiarito come la mancata traduzione all'udienza camerale d'appello determina la nullità assoluta e insanabile del giudizio camerale e della relativa sentenza. Al problema della tempistica della richiesta di partecipazione all'udienza camerale, la sentenza n. 35399 del 2010 dedica particolare attenzione. A differenza del giudizio ordinario, nel giudizio camerale di appello, a fortiori in quello disciplinato dalla normativa emergenziale ancor oggi in vigore «l'imputato detenuto ha l'onere di comunicare al giudice di appello la sua volontà di comparire» e il diritto alla partecipazione è correlato alla regolarità e alla tempestività dell'adempimento, ossia alla circostanza che «la comunicazione sia fatta con modalità tali da permettere la traduzione dell'imputato per l'udienza», non potendosi prescindere da un «bilanciamento tra il diritto fondamentale dell'imputato di essere presente e la necessità di rispettare le caratteristiche di snellezza e celerità del rito prescelto dal medesimo imputato e di assicurare che la durata del processo non sia irragionevolmente e senza necessità prolungata per effetto di condotte dell'imputato maliziose o non giustificate» (da ultimo, sul tema, Sez. U., n.11803 del 27/02/2020, Ramundo, Rv. 278491). Si tratta di una interpretazione che trova conforto nella sentenza della Corte costituzionale n. 45 del 1991, la quale, con riferimento al procedimento di riesame, ha chiarito l'assoluta importanza dell'instaurazione del contraddittorio di fronte al giudice che dovrà assumere la decisione ed ha riconosciuto che l'imputato detenuto è certamente titolare di un interesse ad essere presente all'udienza per contrastare, se lo voglia, le risultanze probatorie ed indicare eventualmente altre circostanze a lui favorevoli. D'altra parte, il diritto-dovere del giudice di sentire personalmente l'imputato, e il diritto di quest'ultimo di essere ascoltato dal giudice che dovrà giudicarlo, rientrano nei principi generali d'immediatezza e di oralità cui s'informa l'attuale sistema processuale (nello stesso senso, Corte cost. n. 31 del 2017). Dunque, il diritto dell'interessato di partecipare personalmente al giudizio e di essere presente, soprattutto se egli sia sottoposto a restrizioni della libertà personale, costituisce espressione qualificata del fondamentale diritto di difesa.
2. Si impone pertanto l'annullamento della sentenza impugnata, con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Roma. La Corte onerata del rinvio provvederà alla citazione a giudizio, verificandone l'effettività, al nuovo giudizio, con avviso della facoltà di chiedere la partecipazione in presenza.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Roma per nuovo giudizio.