Svolgimento del processo
1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Roma ha dichiarato sussistenti le condizioni per accordare la consegna di A.B. all'autorità giudiziaria francese, che l'aveva richiesta in forza di mandato di arresto europeo emesso per l'esecuzione della pena residua di dodici mesi di reclusione inflittagli all'esito di sentenza di condanna definitiva emessa il 21/11/2016 dalla Corte Distrettuale di Parigi per i delitti di furto aggravato e di indebito utilizzo e falsificazione di carte di credito e pagamento, commessi a Parigi tra il 30 giugno ed il 26 luglio 2014.
2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'interessato, attraverso il suo difensore, deducendo con un primo motivo di censura l'inosservanza ovvero l'erronea applicazione dell'art. 18-bis della legge n. 69 del 2005.
Il ricorrente sostiene di avere comprovato, mediante il deposito di cospicua documentazione (copia della carta d'identità italiana in suo possesso, contratti di locazione relativi ad immobili ubicati nella città di Roma, certificato anagrafico di convivenza con il figlio infra diciottenne, atti relativi a rapporto di lavoro in corso) di risiedere legittimamente in Italia dal 2011 e di essere rimasto sul territorio italiano in maniera continuativa negli ultimi cinque anni.
Ciò nondimeno, la Corte d'appello ha escluso l'inserimento nel tessuto sociale, senza minimamente specificare gli elementi oggettivi e concreti sui quali tale convincimento si fonda.
Con un secondo motivo, denuncia la nullità della sentenza impugnata per avere la Corte di appello omesso di considerare i criteri di valutazione necessari ai fini della verifica della effettiva e legittima residenza sul territorio nazionale, quali la durata, la natura e le modalità di residenza o della dimora; il tempo intercorso tra la commissione del reato in base al quale il mandato europeo è stato emesso e l'inizio del periodo di residenza o dimora; la eventuale commissione di reati ed il regolare o meno adempimento degli obblighi contributivi e fiscali durante tale periodo; il rispetto delle norme nazionali in materia di ingresso e soggiorno degli stranieri; la sussistenza di legami familiari, linguistici, culturali, sociali, economici o di altra natura che la persona intrattiene sul territorio italiano.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è fondato e merita accoglimento.
2. Dalla sentenza impugnata si ricava che la Corte di appello ha preso debitamente in considerazione gli elementi che la difesa ha allegato a riprova del legittimo radicamento del ricorrente nel quinquennio (possesso di carta d'identità a far data dal 2011; sottoscrizione di due contratti di locazione; sussistenza di un rapporto di lavoro in corso; convivenza con il figlio infra diciottenne), escludendo, tuttavia, che gli stessi siano sufficienti al fine di dimostrarne la presenza sul territorio nazionale da almeno cinque anni e statuendo che il carteggio esaminato ne comprova la presenza al massimo dal 2022.
All'odierna udienza il ricorrente ha depositato copia di una comunicazione con cui il datore di lavoro (non è noto se ancora tale) gli comunicava la trasformazione del rapporto di lavoro di barista part time a far data dal 1° novembre 2018, a dimostrazione dell'instaurazione del rapporto stesso in epoca ancora precedente; la Corte di appello non sembra avere esaminato tale documento, ma il mancato esame non riveste importanza dirimente per quanto oltre si dirà.
Tutto ciò premesso, è noto che la limitazione che l'art. 22, comma 1, legge n. 69 del 2005 attualmente vigente e come modificato dal I. lgs. 2 febbraio 2021, n. 10, pone al ricorso per cassazione, circoscrivendolo ai motivi di difetto di giurisdizione e violazione di legge, ha precluso finora al giudice di legittimità di ravvisare eventuali contraddittorietà o illogicità nelle motivazioni dalle Corti di merito addotte a sostegno del diniego di applicare il motivo facoltativo di rifiuto di cui all'art. 18-bis, comma 2, della stessa legge, riguardante lo stabile radicamento sul territorio nazionale di cittadini di Stati dell'Unione europea ed ora anche di Paesi terzi, giusta l'applicazione estensiva disposta dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 178 del 28 luglio 2023 con cui ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del citato comma 2.
E' stato, pertanto, più volte affermato il principio tema di mandato di arresto europeo, sono inammissibili le censure che involgono l'accertamento del radicamento del soggetto nel territorio dello Stato, le quali, pur dedotte quale vizio di violazione di legge, attengono in realtà alla motivazione della decisione, atteso che l'art. 22 della legge 22 aprile 2005,. n. 69, come modificato dall'art. 18 del d.lgs. 2 febbraio 2021, n. 10, non ammette avverso la sentenza resa dalla corte di appello sulla richiesta di consegna il ricorso per cassazione per vizi di motivazione (Sez. 6, n. 41074 del 10/11/2021, Huzu, Rv. 282260; Sez. 6 n. 8299 del 08/03/2022, PG in proc. Rafa, Rv. 282911 per citare solo alcune fra quelle massimate).
Trattasi di principio che deve, tuttavia, essere necessariamente riconsiderato alla luce della più recente modifica cui è stato sottoposto l'art 18-bis per effetto del decreto - legge 13 giugno 2023 n. 69 convertito con modificazioni nella legge 10 agosto 2023 n. 103, in vigore dal 11 agosto 2023.
Con la novella il legislatore ha in primo luogo disposto la modifica del comma 2 dell'art. 18-bis, che oggi contempla la possibilità per la Corte di appello di rifiutare la consegna del cittadino italiano o di persona (senza attributo alcuno di cittadinanza) che legittimamente ed effettivamente risieda o dimori in via continuativa da almeno cinque anni sul territorio italiano, sempre che la Corte stessa disponga l'esecuzione in Italia della pena o della misura di sicurezza per cui la consegna viene richiesta conformemente al diritto interno.
In secondo luogo, è stato aggiunto un comma 2-bis a quelli esistenti, il quale stabilisce che "Ai fini della verifica della legittima ed effettiva residenza o dimora sul territorio italiano della persona richiesta in consegna, la corte di appello accerta se l'esecuzione della pena o della misura di sicurezza sul territorio sia in concreto idonea ad accrescerne le opportunità di reinserimento sociale, tenendo conto della durata, della natura e delle modalità della residenza o della dimora, del tempo intercorso tra la commissione del reato in base al quale il mandato d'arresto europeo è stato emesso e l'inizio del periodo di residenza o di dimora, della commissione di reati e del regolare adempimento degli obblighi contributivi e fiscali durante tale periodo, del rispetto delle norme nazionali in materia di ingresso e soggiorno degli stranieri, dei legami familiari, linguistici, culturali, sociali, economici o di altra natura che la persona intrattiene sul territorio italiano e di ogni altro elemento rilevante. La sentenza è nulla se non contiene la specifica indicazione degli elementi di cui al primo periodo e dei relativi criteri di valutazione".
Sono stati, dunque, normativamente fissati i c.d. indici rivelatori che la giurisprudenza di questa Corte di cassazione, a legislazione previgente (art. 18, lett. r, legge n. 69 del 2005 prima delle consistenti modifiche di cui al d. lgs. n. 10 del 2021), aveva già in parte individuato al fine di delimitare il perimetro dell'accertamento spettante alla Corte di merito.
Era stato ad es. affermato che in tema di mandato di arresto europeo, la nozione di "residenza", rilevante ai fini del rifiuto della consegna, presuppone un radicamento reale e non estemporaneo della persona nello Stato, desumibile da una serie di indici rivelatori, quali la legalità della presenza in Italia, l'apprezzabile continuità temporale e stabilità della stessa, la distanza temporale tra quest'ultima e la commissione del reato e la condanna conseguita all'estero, la fissazione in Italia della sede principale e consolidata degli interessi lavorativi, familiari ed affettivi, e il pagamento eventualle di oneri contributivi e fiscali (tra molte v. Sez. 6, n. 19389 del 25/06/2020, D., Rv. 279419).
La novità introdotta dal recente intervento legislativo è rilevante.
Indicando esplicitamente il complesso degli elementi sui cui fondare le proprie determinazioni, il legislatore ha voluto rendere verificabile il processo valutativo posto alla base dell'applicazione o del diniego di un motivo di rifiuto che, essendo divenuto facoltativo (per effetto della legge e del 4 ottobre 2019, n. 117), resterebbe altrimenti affidato alla mera discrezionalità della Corte di merito, pur incidendo sovente la decisione in maniera molto rilevante sulla condizione personale e familiare dell'interessato.
Alla luce di tale prospettiva è stato non a caso stabilito che "La sentenza è nulla se non contiene la specifica indicazione degli elementi di cui al primo periodo e dei relativi criteri di valutazione", previsione che esplicita come da un lato la mancata valutazione di uno di tali indici rilevi come violazione di legge, sindacabile ai sensi dell'art. 606, lett. b), cod. proc. pen. e dall'altro come il relativo apprezzamento divenga condizione "ai fini della verifica della legittima ed effettiva residenza o dimora sul territorio italiano della persona richiesta in consegna".
3. Sulla base di tali considerazioni, pare evidente come la Corte di appello, pur avendo compiutamente assolto all'obbligo di valutare gli elementi di giudizio addotti dalla difesa per i fini rilevanti, abbia, tuttavia, omesso di apprezzare tutti quegli altri indici che la legge vigente indica come necessari componenti dell'articolato giudizio che deve precedere la decisione sul punto.
4. In accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte territoriale per nuovo giudizio secondo i criteri indicati in motivazione
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Roma. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 22, comma 5, legge n. 69 del 2005.