Home
Network ALL-IN
Quotidiano
Specializzazioni
Rubriche
Strumenti
Fonti
4 gennaio 2024
MAE: ok al rifiuto della consegna del soggetto che risiede in Italia da almeno 5 anni
Sempre che vi sia stata continuità e che la Corte territoriale disponga l'esecuzione della pena o della misura di sicurezza in Italia. È quanto emerge dalla sentenza n. 41 del 2 gennaio 2024.
La Redazione
La Corte territoriale capitolina dichiarava sussistenti le condizioni per accordare la consegna di Tizio all'autorità giudiziaria francese, che l'aveva richiesta in forza di MAE emesso per l'esecuzione della pena residua inflittagli all'esito di sentenza di condanna definitiva emessa dalla Corte Distrettuale di Parigi per i delitti di furto aggravato e di indebito utilizzo e falsificazione di carte di credito e pagamento, commessi a Parigi tra giugno e luglio 2014.
Avverso tale decisione l'imputato ricorre in Cassazione, deducendo in primo luogo l'erronea applicazione dell'art. 18-bis della L. 69/2005.
Il ricorrente sostiene di avere comprovato, mediante il deposito di documentazione di risiedere legittimamente in Italia dal 2011 e di essere rimasto sul territorio italiano in maniera continuativa negli ultimi 5 anni.
Tuttavia, il Giudie del gravame escludeva inserimento dell'imputato nel tessuto sociale, senza specificare gli elementi oggettivi e concreti sui quali tale convincimento si basa.
In secondo luogo, il ricorrente lamenta che la Corte d'Appello aveva omesso di considerare i criteri di valutazione necessari ai fini della verifica della effettiva e legittima residenza in Italia, come la durata, la natura e le modalità di residenza o della dimora; il tempo intercorso tra la commissione del reato in base al quale il MAE è stato emesso e l'inizio del periodo di residenza o dimora; la eventuale commissione di reati ed il regolare o meno adempimento degli obblighi contributivi e fiscali durante tale periodo; il rispetto delle norme nazionali in materia di ingresso e soggiorno degli stranieri; la sussistenza di legami familiari, linguistici, culturali, sociali, economici o di altra natura che la persona intrattiene sul territorio italiano.
 
Giunti in sede di legittimità, la Suprema Corte ritiene fondato il motivo di ricorso.
In particolare, dalla pronuncia impugnata emerge che la Corte territoriale ha preso in considerazione gli elementi che la difesa ha allegato a riprova del legittimo radicamento del ricorrente nel quinquennio, escludendo, però, che gli stessi siano sufficienti al fine di dimostrarne la presenza in Italia da almeno 5 anni e statuendo che il carteggio esaminato ne comprova la presenza al massimo dal 2022.
Con la recente modifica dell'art. 18-bis, c. 2, oggi si prevede la possibilità per la Corte d'Appello di rifiutare la consegna del cittadino italiano o di persona (senza attributo alcuno di cittadinanza) che legittimamente ed effettivamente risieda o dimori in via continuativa da almeno 5 anni in Italia, sempre che la Corte stessa disponga l'esecuzione in Italia della pena o della misura di sicurezza per cui la consegna viene richiesta conformemente al diritto interno.
 
In definitiva, la Sesta Sezione penale della Corte di Cassazione, con sentenza n. 41 del 2 gennaio 2024, in tema di mandato di arresto europeo, ha affermato che, alla luce delle modifiche apportate all'art. 18-bis della L. n. 69/2005 dal D.L. n. 69/2023, convertito, con modificazioni, nella L. 103 /2023, «sono ammissibili, in sede di legittimità, le censure che involgono l'accertamento del radicamento del soggetto nel territorio dello Stato in quanto il legislatore, col fissare normativamente i c.d. indici rivelatori, ha inteso rendere verificabile il processo valutativo posto a base dell'applicazione o del diniego di un motivo di rifiuto per cui la mancata valutazione di uno di tali indici rileva come violazione di legge».
Documenti correlati
Il tuo sistema integrato di aggiornamento professionale
Non sei ancora abbonato?
Non sei ancora abbonato?