Svolgimento del processo
1. Con la sentenza di cui in epigrafe la Corte di appello di Roma ha disposto la consegna di (omissis), richiesta con mandato di arresto europeo del 12 aprile 2023 dalle Autorità giudiziarie rumene, in esecuzione sia della sentenza del 14 febbraio 2022 per i reati di rissa e disturbo della quiete pubblica, commessi a Bucarest il 29 settembre 2019, con condanna alla pena di tre anni e dieci mesi di reclusione, sia della sentenza del 28 aprile 2016 per il reato di sequestro di persona, con condanna alla pena di due anni e otto mesi di reclusione, previo scomputo del presofferto (13 agosto 2015 e dal 4 ottobre al 18 novembre 2019).
La Corte di appello di Roma, inoltre, il 10 maggio 2024 ha convalidato l'arresto di (omissis) con applicazione della misura cautelare dell'obbligo di presentazione alla Polizia giudiziaria.
2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'interessato, tramite il proprio difensore, deducendo, con un unico motivo, violazione di legge in relazione all'art. 18-bis, comma 2, I. n. 69 del 2005 in quanto la Corte di appello, nonostante la prova documentale del forte legame di (omissis) con il territorio italiano da oltre sei anni, ne ha escluso il radicamento aderendo alla tesi restrittiva dell'unica sentenza della Corte di cassazione sul punto (Sez. 6, n. 10929 del 13/03/2024) per cui il quinquennio deve essere, «in via continuativa», successivo alla commissione del delitto.
Detta interpretazione contrasta non solo con la nozione di «residenza» o «dimora», da intendersi come radicamento reale e non estemporaneo, nei termini indicati dalla sentenza n. 227 del 2010 della Corte costituzionale secondo una valutazione complessiva della personalità dell'interessato, che tenga conto dei suoi legami, nei termini richiesti dall'interpretazione della Corte di giustizia dell'Unione europea, ma anche con l'art. 42, comma 2, I. n. 354 del 1975 sui trasferimenti dei detenuti - che devono avvenire in luoghi vicini alla dimora o alla famiglia -.
Peraltro, nella Decisione quadro n. 2002/584/GAI, all’art. 4, non è indicato il dato temporale che il legislatore interno ha fissato in cinque anni.
Inoltre, la sola commissione del delitto in altro Stato, in cui la persona non ha alcun rapporto stabile, frustrerebbe la finalità perseguita dall'art. 18-bis, comma 2, I. n. 69 del 2005 di consentire il reinserimento sociale del suo autore.
Il ricorrente, in via subordinata, chiede di investire della questione le Sezioni unite, ex art. 618, comma 1, cod. proc. pen. o la Corte di giustizia dell'Unione europea, con rinvio pregiudiziale, al fine di verificare se l'art. 18-bis, comma 2, I.n. 69 del 2005 sia conforme al diritto dell'Unione europea nella parte in cui: a) consente alla Corte di appello di rifiutare la consegna del cittadino italiano o legittimamente ed effettivamente residente o dimorante in via continuativa da almeno cinque anni sul territorio italiano; b) richiede che il menzionato quinquennio decorra dalla data di commessione del fatto illecito nel territorio dell'Autorità giudiziaria richiedente.
Motivi della decisione
1. II ricorso deve essere rigettato.
2. Va premesso che, secondo la Corte di giustizia gli Stati membri, nell'attuazione della Decisione quadro n. 2002/584/GAI, sono liberi di scegliere di limitare le situazioni nelle quali l'autorità giudiziaria dell'esecuzione può rifiutare di eseguire un mandato d'arresto europeo, agevolando così la consegna delle persone ricercate, conformemente al principio del riconoscimento reciproco (Corte di giustizia dell'Unione europea sentenza del 6 giugno 2023, in causa C-700/21, O. G., paragrafi da 35 a 37 e Corte di Giustizia, Grande Sezione, 6 ottobre 2009, C-123/08, Wolzenburg, paragrafi 58 e 59) e svolgere una valutazione che «non ecceda quanto necessario a garantire che la persona ricercata presenti un grado di integrazione certo nello Stato membro di esecuzione» (CGUE sentenza del 6 giugno 2023, cit., paragrafo 52). L'unico limite del legislatore nazionale è costituito dal rispetto dei diritti fondamentali e dei principi sanciti dall'art. 6 del Trattato sull'Unione europea e dalla CDFUE.
Da ciò deriva che la fissazione del termine minimo quinquennale indicato nell'art. 18-bis, comma 2, I. n. 69 del 2005 è pienamente compatibile con la menzionata Decisione quadro.
3. Il motivo contesta l'argomento, sostenuto dalla Corte di appello di Roma, secondo cui il periodo di cinque anni di legittima, effettiva e continuativa residenza (o dimora) del consegnando nel territorio italiano deve essere ininterrottamente calcolato dopo la commissione del delitto per il quale è chiesto il mandato di arresto europeo.
3.1. L'art. 18-bis, comma 2, della I. n. 69 del 2005, come successivamente modificato, riconosce l'interesse ad eseguire la pena in Italia a condizione che lo straniero risulti dimorante o residente legittimamente ed effettivamente nel territorio italiano, in via continuativa, da almeno cinque anni secondo i criteri indicati dal comma 2-bis della medesima disposizione, dimostrativi del concreto radicamento nello Stato.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, recepito dall'attuale formulazione dell'art. 18-bis della I. n. 69 del 2005, e dei criteri in esso stabiliti, in tema di mandato di arresto europeo la nozione di «residenza» (e dimora), rilevante ai fini del rifiuto della consegna, presuppone la prova di un'integrazione reale, continuativa e non estemporanea della persona nello Stato attraverso una serie di indici rivelatori che, a seguito delle modifiche apportate dall'art. 18-bis, del d.l. 13 giugno 2023, n. 69, conv. in I. n. 103 del 20 agosto 2023, all'art. 18-bis della I. n. 69 del 2005 sono stati puntualmente individuati dal legislatore al comma 2-bis (Sez. 6, n. 41 del 28/12/2023, dep. 2024, Bettini, Rv.285601; Sez. 6, n. 25561 del 27/06/2024, Rotaru).
La norma citata, in sostanza, ha esplicitato il complesso degli elementi che la Corte di merito deve accertare per procedere all'applicazione o al diniego di un motivo di rifiuto che, divenuto facoltativo con la I. n. 117 del 2019, impone un più stringente, completo e verificabile esercizio della discrezionalità che se erroneamente o parzialmente esercitato determina la sanzione della nullità della sentenza (Sez. 6, n. 25561 del 27/06/2024, Rotaru, cit.).
3.2. Nel caso di specie, dal mandato di arresto europeo risulta che A. è stato sottoposto a fermo in Romania il 13 agosto 2015, per due sequestri di persona per i quali è stato condannato con sentenza del 28 aprile 2016 alla pena di due anni e otto mesi di reclusione e, in data 29 settembre 2019, ha commesso i reati di rissa e disturbo della quiete pubblica, subendo un pre-sofferto dal 4 ottobre al 18 novembre 2019, per i quali è stato condannato, con sentenza del 14 febbraio 2022, alla pena di tre anni e dieci mesi di reclusione.
A fronte delle menzionate condotte, sintomatiche della discontinua e saltuaria presenza di A. sul territorio italiano, e della circostanza di fatto che nel quinquennio da valutare ai fini del suo radicamento egli era detenuto in Romania per il delitto oggetto della consegna, la censura difensiva, relativa al calcolo del quinquennio decorrente per intero nel solo periodo successivo alla commissione del reato, è rilevante, ma non dirimente.
Infatti, il ricorrente si è limitato a rappresentare, in termini apodittici e generici, di avere documentato "forti legami con il territorio italiano" da oltre sei anni, senza indicare quali essi siano (familiari, professionali, economici o altro), da quando siano stati instaurati, in cosa e come si siano sostanziati, così da non avere assolto all'onere di provare i concreti e gli specifici elementi espressivi, negli ultimi cinque anni, di una legittima, effettiva e continuativa residenza o dimora in Italia, utile per accertare il suo radicamento, secondo il disposto dell'art. 18-bis I. n. 69 del 2005.
Sulla base di tali argomenti non sussistono i presupposti né della richiesta rimessione alle Sezioni Unite, né del rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell'Unione europea.
4. Dal rigetto del ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc. pen. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedi mento.