La Cassazione affronta il tema nella sentenza in esame, con particolare riguardo ai procedimenti d'appello nei quali la riforma Cartabia è applicabile per la prima volta.
L'imputato propone ricorso avverso la decisione della Corte d'Appello con cui era stata confermata la condanna alla pena di anni due e mesi due di reclusione.
Il ricorso ha ad oggetto la mancata conversione della pena detentiva nella libertà controllata, della quale chiedeva l'applicazione, e l'omessa applicazione della norma transitoria...
Svolgimento del processo
1. Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Torino confermava la sentenza del Tribunale di Alessandria del 2 dicembre 2021 che aveva condannato F.I. per i reati di cui agli artt. 572, 61, n. 11-quinquies cod. pen. (capo a), 582, 585, 576, n. 5 cod. pen. (capo b) e 614, quarto comma cod. pen. (capo c) alla pena di anni due e mesi due di reclusione.
2. Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'imputato, denunciando, a mezzo di difensore, i motivi di annullamento, come sintetizzati conformemente al disposto dell'art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Violazione di legge in relazione agl:i artt. 95, 71 d.lgs. n. 150 del 2022, 53 I. n. 689 del 1981, 2 cod. pen.
Con l'appello la difesa aveva lamentato la mancata conversione della pena detentiva nella libertà controllata, della quale chiedeva la applicazione laddove fosse intervenuta la condanna soltanto per i capi b) e c).
La Corte di appello ha respinto il motivo di gravame, limitandosi a constatare che era intervenuta la conferma in appello anche per il capo a) e che la riforma aveva abrogato la libertà controllata.
Tale risposta è errata, in quanto la riforma introdotta d.l Js. n. 150 del 2022 ha esteso la possibilità di convertire le pene detentive in sanzioni sostitutive, prevedendo più ampi limiti edittali. La norma transitoria consentiva di applicare la riforma ai procedimenti di merito pendenti e, per l'appello, anche a prescindere dai motivi di gravame (nel caso in esame la richiesta di conversione era stata avanzata e non poteva essere integrata in quanto decorsi i termini per la presentazione di motivi aggiunti).
La Corte territoriale avrebbe dovuto applicare la riforma d'ufficio alla luce delle nuove sanzioni sostitutive dalla stessa previste.
Diversamente opinando si verrebbe a creare una ingiustificata disparità di trattamento rispetto a coloro i cui procedimenti pendono in cassazione, che hanno la possibilità entro 30 giorni dall'irrevocabiliti:1 della sentenza di presentare istanza al giudice dell'esecuzione.
2.2. Violazione di legge in relazione agli artt. 597 cod. proc. pen., 95, 71 d.lgs.
n. 150 del 2022, 53 I. n. 689 del 1981.
In ogni caso la Corte di appello ha violato il disposto dell'art. 597 cod. proc. pen. posto che l'appello aveva devoluto il punto della sentenza concernente la pena detentiva da sostituire (con la formulazione, quanto all'estensione della pena e tipologia di sanzione, che al momento delila impugnazione era consentita dalla legge).
Quindi la indicazione della libertà controllata nel gravame non costituiva un limite per l'accoglimento della istanza (posto che il ricorrente non poteva integrare con motivi nuovi la originaria richiesta).
3. Disposta la trattazione scritta del procedimento, ai sensi dell'art. 23, comma 8, del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, conv. dalla I. 18 dicembre 2020, e succ. modd., in mancanza di richiesta nei termini ivi previsti d1i discussione orale, il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate. La difesa del ricorrente ha depositato una memoria di replica alle suddette conclusioni, rilevando che il tema era stato devoluto alla Corte di appello, nei limiti normativi vigenti all'epoca della proposizione del gravame, che non era più consentito al ricorrente di introdurre con motivi nuovi la questione ai sensi della nuova normativa, che era priva di rilievo una eventuale richiesta in sede di conclusioni (inidonea a superare il devolutum). Pertanto, ha insistito per l'accoglimento del ricorso.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è infondato.
2. Sulle condizioni di applicabilità della disciplina introdotta in tema di pene sostitutive dal d.lgs. n. 150 del 2022 si sono registrati interpretazione diverse in ordine alla normativa transitoria dettata per il giudizio di appello.
L'art. 95, comma 1, del citato decreto ha introdotto una norma transitoria, in forza della quale le nuove disposizioni in tema di pene sostitutive, in quanto più favorevoli, trovano applicazione anche nei procedimenti pendenti in secondo grado al momento dell'entrata in vigore della riforma stessa (cioè il 30 dicembre 2022).
Alla data della pronuncia della sentenza di appello in esame era pertanto applicabile la disciplina transitoria.
La suddetta disciplina non spiega tuttavia come si coordinino i meccanismi procedurali per dar corso a tali pene sostitutive (il novello art. 545-bis cod. proc. pen.) - che sono elaborati per la normativa '''a regime" sin dal primo grado - con il giudizio di appello nel quale tale normativa sia applicabile per la prima volta.
La procedura disegnata dall'art. 545-bis cod. proc. pen. (nel rito ordinario) è funzionale, infatti, al primo grado e alla definizione della pena detentiva, consentendo, attraverso un sistema "informativo" ex officio preliminare (lettura del dispositivo e avviso alle parti), di porre l'imputato nelle condizioni di dare il suo consenso alla sostituzione ad una pena detentiva diversa da quella pecuniaria e di sentire il pubblico ministero.
Nel caso dell'appello "a regime", nel quale la pena è gi, stata definita e la questione della applicazione o meno di sanzioni sostitutive già affrontata, evidentemente tale sistema è ridondante ed inutile, essendo già le parti poste in condizione di interloquire sul punto della sostituzione della pena e avanzare specifici motivi di appello.
Nell'ipotesi di applicazione transitoria in appello, dev,e ritenersi che sia parimenti superflua la introduzione della fase informativ21 officiosa, volta a ottenere il consenso dell'imputato, dove necessario, e il parere del pubblico ministero.
Si tratta quindi di stabilire se sia necessaria o meno una iniziativa dell'imputato per l'applicazione delle nuove pene sostitutive.
Secondo un primo orientamento (Sez. 6, n. 41313 del 27/09/2023) la disposizione di cui all'art. 95 cit. va coordinata con i principi (e le limitazioni) che regolano l'applicazione delle sanzioni sostitutive in appello.
In particolare, si è valorizzato l'insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui il giudice di appello non ha il potere di applicare d'ufficio le sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi se nell'atto di appello non risulta formulata alcuna "specifica e motivata richiesta" con riguardo a tale punto della decisione, dal momento che l'ambito di tale potere è circoscritto alle ipotesi tassativamente indicate dall'art. 597, comma 5, cod. proc. pen., che costituisce una eccezione alla regola generale del principio devolutivo dell'appello e che segna anche il limite del potere discrezionale del giudice di sostituire la pena detentiva previsto dall'art. 58 della legge n. 689 del 1981 (Sez. U, n. 12872 del 19/01/2017, Punzo, Rv. 269125).
In tale arresto, le Sezioni unite hanno escluso che sia sufficiente una generica sollecitazione del giudice di appello, in quanto l'atto di impugnazione deve rispettare il tasso di specificità richiesto dall"art. 581 cod. proc. pen. che impone la specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto alla base di ogni richiesta. Indicazione che si è ritenuta non soddisfatta dalla semplice richiesta di sostituzione della pena o da una richiesta avente tutt'altro oggetto (quanto a sanzione sostitutiva richiesta).
La citata sentenza n. 41313 del 27/09/2023 ha quindi ritenuto che la richiesta di applicazione di pene sostitutive di pene detentive debba essere veicolata attraverso i tipici strumenti processuali individuati per il regime delle impugnazioni in genere e dell'appello in particolare attraverso i motivi nuovi, quando ciò, ovviamente, sia in concreto possibile.
Altro orientamento (Sez. 6, n. 33027 del 10/05/2023) ha evidenziato come la sostituzione della reclusione con una pena sostitutiva non costituisca un diritto dell'imputato, ma - così come si è pacificamente ritenuto in riferimento alle "sanzioni sostitutive" disciplinate dall'originario art. 53 I. n. 689 del 1981 - rientri nell'ambito della valutazione discrezionale del giudice, alla luce dei criteri sopra indicati. Pertanto, in assenza di una richiesta formulata in tal senso dall'appellante non vi è obbligo per il Giudice di secondo grado di motivare in ordine alla insussistenza dei presupposti per la sostituzione della reclusione con una delle nuove pene elencate nell'art. 20-bis cod. pen.
Richiesta che può essere formulata, secondo tale arresto, senza alcuna preclusione derivante dall'art. 597 cod. proc. pen., nei motivi di appello o nei motivi nuovi ex art. 585, comma 4, cod. proc. pen., ovvero anche nell'udienza di trattazione del gravame. La disciplina transitoria ha reso applicabili le nuove pene sostitutive - in quanto più favorevoli - ai giudizi di appello in corso all'entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2022, senza introdurre limitazioni attinenti alla fase - introduttiva o decisoria - del giudizio medesimo e, quindi, senza imporre che la richiesta sia contenuta nei motivi - originari o aggiunti - del gravame.
Pertanto, pure nella fase transitoria disciplinata dall'art. 95 del d.lgs. n. 150 del 2022, la richiesta di sostituzione della pena detentiva avanzata dall'imputato impone al giudice di motivare sul punto; con la conseguenza che la relativa statuizione - positiva o negativa .- laddove connotata da motivazione manifestamente illogica potrebbe essere og1:1etto di ricorso in cassazione ai sensi dell'art. 606 cod. proc. pen. (v. Sez. 1, n. 35849 del 17/05/2019, Rv. 276716).
3. Venendo al caso in esame, anche a voler accedere al più favorevole orientamento di questa Corte, vi è da registrare che nessuna richiesta "specifica" è stata avanzata dall'imputato all'udienza di trattazione dell'appello per la applicazione della nuova disciplina delle pene sostitutive, con la conseguenza che non può dolersi dell'omessa pronuncia in questa sede.
4. Ne consegue il rigetto del ricorso con le statuizioni di le9ge.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.