Home
Network ALL-IN
Quotidiano
Specializzazioni
Rubriche
Strumenti
Fonti
9 febbraio 2024
Licenziamento illegittimo: non è nullo l’invito del datore che prevede un termine inferiore a 30 giorni per ripresentarsi al lavoro

L'invito a riprendere le proprie mansioni può essere infatti avanzato dal datore di lavoro in qualsiasi momento, anche prima del limite massimo dei 30 giorni previsto dall'art. 18 dello Statuto dei lavoratori. Tuttavia, il rapporto di lavoro cessa comunque definitivamente al trentesimo giorno dalla notifica del licenziamento.

La Redazione

Il Giudice di seconde cure respingeva l'appello proposto contro la sentenza del Tribunale di Reggio Emilia con la quale era stato revocato il decreto recante l'ingiunzione all'ex datore di lavoro di pagare una somma a titolo risarcitorio per il licenziamento intimato e poi dichiarato illegittimo con sentenza dello stesso Tribunale.
Contro tale pronuncia, propone ricorso in Cassazione il lavoratore deducendo la violazione o falsa applicazione dell'art. 18 L. n. 300/1970, per avere la Corte ritenuto risolto il rapporto di lavoro per la mancata ripresa del servizio del lavoratore entro 30 giorni dall'invito del datore, evidenziando che detto invito era nullo perché conteneva un termine inferiore a quello legale per la ripresa del servizio (30 giorni).

Con l'ordinanza n. 3264 del 5 febbraio 2024, la Corte di legittimità rigetta il ricorso proposto dal lavoratore, osservando come la questione controversa riguardi proprio gli effetti giuridici della missiva del datore di lavoro contenente l'invito a riprendere immediatamente il servizio, con avviso che in caso di mancata presentazione senza giustificato motivo, il rapporto di lavoro si intendeva automaticamente risolto.
Esaminando il contenuto dell'art. 18 St. lav. applicabile ratione temporis, la Cassazione non condivide l'assunto del ricorrente secondo cui la norma andrebbe interpretata nel senso che, siccome la missiva datoriale conteneva un termine inferiore a quello ivi riportato, allora esso sarebbe nullo e di conseguenza spetterebbe il pagamento delle retribuzioni a titolo di risarcimento. Il datore di lavoro, infatti, può indicare anche una data anteriore allo scadere dei 30 giorni ai fini della ripresa del servizio, ma in tal caso il rapporto di lavoro sarà risolto di diritto solo allo scadere del 30esimo giorno dal ricevimento dell'invito, rimanendo dovuta la retribuzione fino a quel giorno.

Ciò posto, nel caso di specie non risulta ai fatti alcuna risposta da parte del lavoratore all'invito del datore, né per esercitare l'opzione per l'indennità sostitutiva della reintegra, né per giustificare un'eventuale ricezione tardiva o un rientro posticipato al lavoro, per cui correttamente il Giudice di seconde cure non ha ritenuto nullo il termine inferiore ai 30 giorni per riprendere il servizio fissato dal datore di lavoro, coerentemente con l'orientamento giurisprudenziale secondo cui 

giurisprudenza

«il termine di trenta giorni dal ricevimento dell'invito del datore di lavoro a riprendere servizio è stabilito nell'interesse del lavoratore illegittimamente licenziato, al quale la legge concede un congruo spatium deliberandi per consentirgli di adottare con la necessaria ponderazione le proprie determinazioni, con la conseguenza che l'obbligo del datore di lavoro di corrispondere, pur in mancanza della prestazione lavorativa, la retribuzione per il periodo compreso fra la data della sentenza che ordina la reintegrazione del dipendente nel posto di lavoro e quella dell'effettiva ottemperanza all'ordine giudiziario viene meno non già il giorno del ricevimento dell'invito da parte del lavoratore, bensì allo scadere del trentesimo giorno successivo, solo in quest'ultima data verificandosi l'effetto (risoluzione del rapporto di lavoro) previsto dalla legge per il caso che il lavoratore non aderisca all'invito».

Documenti correlati
Il tuo sistema integrato di aggiornamento professionale
Non sei ancora abbonato?
Non sei ancora abbonato?