
|
Svolgimento del processo
1.- La società N. è subentrata in un contratto di leasing immobiliare, concesso da Banca Popolare di Milano.
Il contratto, stipulato il 7.11.2002, è intercorso originariamente tra Banca I., oggi B., ed Immobiliare D. Sistemi srl, nelle cui vicende societarie è poi subentrata N. D. srl, l’attuale ricorrente.
Dunque, il rapporto è proseguito tra quest’ultima, concessionaria, e la B., ed ha avuto ad oggetto l’acquisto di un complesso alberghiero che B. ha comprato dal proprietario ed ha concesso in leasing alla società.
2.- Il 13.10.2016 B. ha però comunicato a N. la risoluzione anticipata per inadempimento, poiché N. si era resa inadempiente nel pagamento di alcune rate, e, poco dopo, ha agito in giudizio davanti al Tribunale di Milano, per far constatare tale inadempimento ed ottenere la restituzione del bene ed il pagamento delle rate scadute e quelle da scadere.
In quel giudizio N. si è difesa eccependo l’usura e l’illegittimità della pretesa di pagamento delle rate a scadere.
3.- Il Tribunale ha accolto la domanda del concedente B., respingendo le eccezioni fatte dalla società, e questa decisione è stata integralmente confermata dalla Corte di Appello di Milano.
4. Qui ricorre dunque la N. con sei motivi, illustrati da memoria. B. si è costituita per chiedere il rigetto del ricorso, con controricorso e memoria.
Motivi della decisione
5.- Con il primo motivo si prospetta violazione 1418, 1343 c.c. e 644 c.p.
La tesi è la seguente.
La ricorrente ha eccepito di avere corrisposto un tasso di mora superiore a quello soglia, e dunque di aver subito usura.
La Corte di Appello ha rigettato questo argomento sulla base di un semplice calcolo, avendo cioè ritenuto che il tasso soglia, nel caso di interessi moratori, non è quello proprio degli interessi corrispettivi, in quanto deve essere maggiorato rispetto a quest’ultimo, data la natura di quell’interesse. Con la conseguenza che il tasso soglia, per quel contratto, doveva ritenersi del 13,29 % mentre quello applicato è stato del 12,74 % e dunque inferiore.
La ricorrente contesta questa ratio, sostenendo che la maggiorazione non va applicata. Il motivo è fondato.
Infatti, è principio stabilito dalle Sezioni Unite di questa Corte (n. 19597/ 2020) che il tasso soglia per gli interessi moratori, come individuato dai decreti ministeriali, che si basano su una rilevazione statistica, è diverso da quello per gli interessi corrispettivi, rispetto al quale contiene una maggiorazione di punti percentuale.
Nel caso in cui i decreti ministeriali non diano alcuna indicazione della suddetta maggiorazione, cosa che è avvenuta a partire soltanto dal dm 25 marzo 2003, il termine di confronto è il TEGM (p. 17).
E dunque per il periodo antecedente il 25.3.2003, o meglio per i contratti antecedenti quella data, poiché i decreti ministeriali non hanno rilevato il tasso di mora, mediamente applicato, deve farsi riferimento al TEGM, mentre la maggiorazione del 2,1 %, supposta dal giudice di merito, si applica solo ai contratti conclusi dall’1.4.2003, ossia dalla data successiva al primo dei decreti ministeriali che ha rilevato il tasso di mora mediamente applicato ed indicato la maggiorazione.
In sostanza, il calcolo del tasso soglia degli interessi moratori, avrebbe dovuto essere effettuato secondo il seguente principio di diritto : “ La disciplina antiusura, essendo volta a sanzionare la promessa di qualsivoglia somma usuraria dovuta in relazione al contratto, si applica anche agli interessi moratori, la cui mancata ricomprensione nell'ambito del Tasso effettivo globale medio (T.e.g.m.) non preclude l'applicazione dei decreti ministeriali di cui all'art. 2, comma 1, della l. n. 108 del 1996, ove questi contengano comunque la rilevazione del tasso medio praticato dagli operatori professionali; ne consegue che, in quest'ultimo caso, il tasso-soglia sarà dato dal T.e.g.m., incrementato della maggiorazione media degli interessi moratori, moltiplicato per il coefficiente in aumento e con l'aggiunta dei punti percentuali previsti, quale ulteriore margine di tolleranza, dal quarto comma dell'art. 2 sopra citato, mentre invece, laddove i decreti ministeriali non rechino l'indicazione della suddetta maggiorazione media, la comparazione andrà effettuata tra il Tasso effettivo globale (T.e.g.) del singolo rapporto, comprensivo degli interessi moratori, e il T.e.g.m. così come rilevato nei suddetti decreti>> (Cass. sez. Un. 19597/ 2020). 6.- Il secondo motivo prospetta una violazione dell’articolo 112 c.p.c. oppure, in alternativa, un omesso esame di fatto controverso.
Sostiene la ricorrente di aver posto al giudice di merito la questione della sommatoria degli interessi, ossia di avere richiesto di considerare superato il tasso soglia per via della somma tra interesse di mora ed interesse corrispettivo.
La Corte di Appello su tale questione non si sarebbe pronunciata affatto.
Il motivo è inammissibile, comunque è infondato.
E’ inammissibile in quanto la ricorrente non dimostra di avere posto la questione in appello, e dunque non può dolersi che non sia stata esaminata.
Ma, comunque sia, è regola pacifica che <<ai fini della determinazione del tasso soglia, non è possibile procedere al cumulo materiale delle somme dovute alla banca a titolo di interessi corrispettivi e di interessi moratori, stante la diversa funzione che gli stessi perseguono in relazione alla natura corrispettiva dei primi e di penale per l'inadempimento dei secondi, sicché è necessario procedere al calcolo separato della loro relativa incidenza>> (Cass. 31615/ 2021; Cass. 14214/ 2022).
7.-Il terzo motivo prospetta violazione dell’articolo 1526 c.c.
La ricorrente aveva prospettato ai giudici di merito l’illegittimità della pretesa della Banca di trattenere le rate già corrisposte e di ottenere il pagamento inoltre di quelle da corrispondere, nonostante ciò fosse, per certi versi, previsto da una clausola del contratto (art. 14 delle condizioni generali).
La Corte di merito ha replicato che le parti hanno liberamente convenuto il pagamento delle rate scadute e che quella pattuizione è perfettamente lecita, rispondendo ad un interesse del concedente.
Obietta invece la ricorrente che la norma è imperativa e si applica anche contro la volontà delle parti.
Il motivo è fondato.
Il leasing in questione è di tipo traslativo: la banca ha acquistato l’immobile, lo ha concesso in locazione (prezzo complessivo di oltre 10 milioni) con la possibilità del concessionario di riscattarlo ad un prezzo di 1.5000.000,00 euro. Il prezzo di riscatto è nettamente inferiore al costo complessivo, e la stessa finalità del leasing è di finanziare l’acquisto dell’immobile.
Ne deriva che, essendo il leasing risolto prima della entrata in vigore della legge n. 124 del 2017, si applica in via analogica l’articolo 1526 c.c. (Cass. sez. Un . 2061 del 2021), con la conseguenza che il giudice deve valutare l’equilibrio delle posizioni in caso di inadempimento (Cass. 10249/ 2022).
In sostanza, il giudice di merito ha errato nel ritenere prevalente la pattuizione contrattuale e comunque del tutto irrilevante la previsione legislativa, dovendosi invece fare applicazione del seguente principio di diritto : << Ai contratti di leasing traslativo risolti anteriormente all'entrata in vigore della l. n. 124 del 2017, in assenza di una regolazione legislativa, si applica in via analogica la disciplina dell'art. 1526 c.c.; di conseguenza, la clausola che, in ipotesi di risoluzione per inadempimento dell'utilizzatore, attribuisce al concedente il diritto di trattenere i canoni pagati ed impone all'utilizzatore di corrispondere quelli scaduti non è, di per sé, affetta da nullità, atteso che l'utilizzatore, una volta pagato il dovuto e restituito il bene, ha diritto di vedersi restituiti i canoni versati corrispondendo l'equo compenso, fermo restando il potere officioso del giudice di ridurre l'indennità ai sensi del secondo comma dell'art. 1526 c.c. in caso di definitiva acquisizione al concedente delle rate corrisposte>> (Cass. 7367/ 2023).
8.- Il quarto motivo prospetta violazione degli articoli 116 e 117 TUB.
La società ricorrente aveva prospettato ai giudici di merito la nullità del contratto per indeterminatezza degli interessi, che non era affatto chiaro come si dovessero calcolare.
I giudici di merito hanno escluso che la normativa che impone di indicare i criteri di calcolo dell’interesse si applichi anche ai contratti di leasing.
Questa ratio è contestata dalla società, che invece assume l’applicazione delle norme anche al contratto in questione.
Il motivo è fondato.
Va fatta applicazione del seguente principio di diritto: << In tema di leasing immobiliare, la mancata indicazione, nel contratto, del "tasso leasing" non determina la violazione dell'art. 117, comma 4, T.U.B. ove lo stesso sia determinabile per relationem, con rinvio a criteri prestabiliti ed elementi estrinseci, obiettivamente individuabili, senza alcun margine di incertezza né di discrezionalità in capo alla società di leasing, dovendosi individuare la ratio della norma nell'esigenza di salvaguardia del cliente sul piano della trasparenza, declinata in senso economico, essendo trasparente il contratto che lascia intuire o prevedere il livello di rischio o di spesa del contratto di durata>> (Cass. 28824/ 2023).
9.- Il quinto motivo prospetta violazione dell’articolo 1460 c.c. Sostiene la ricorrente che la Corte di merito ha rigettato erroneamente l’eccezione di inadempimento, ossia che, a fronte della usurarietà degli interessi e dunque dell’inadempimento della banca, la società aveva diritto a non eseguire la sua controprestazione.
Il motivo è assorbito dall’accoglimento dei precedenti.
10.- Il sesto motivo prospetta violazione degli articoli 191 e ss. Ci si duole della mancata ammissione dei mezzi istruttori.
Anche questo motivo è assorbito dall’accoglimento dei precedenti.
Il ricorso va dunque accolto nei termini di cui in motivazione. La decisione cassata con rinvio, essendo necessari accertamenti in fatto. Le spese vanno rimesse al merito.
P.Q.M.
La Corte accoglie primo, terzo e quarto motivo. Rigetta il secondo, dichiara assorbiti quarto e sesto.
Cassa la decisione impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Milano, in diversa composizione anche per le spese.