Svolgimento del processo
1. E.L., in qualità di Procuratore Speciale di T.T., T.L.M., C.M. (ex T.) e T.A.G., rispettivamente padre, sorella, nonna paterna e sorella di T.R.F., deceduta nel sinistro stradale del 22 settembre 2009 sull’autostrada A4 presso il comune di Pocenia (Ud), propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, avverso la sentenza n. 199/2020 del 22 gennaio 2020, con cui la Corte d’Appello di Milano, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Milano n. 10886/17, solo di poco aumentava gli importi capitali dell’accertato risarcimento del danno dovuto a titolo di perdita del rapporto parentale, al cui pagamento era condannato l’U.C.I. – Ufficio Centrale Italiano s.c.a.r.l., che nei precedenti gradi di merito aveva resistito unicamente sotto il profilo della quantificazione del danno risarcibile.
Resiste U.C.I. con controricorso.
La (OMISSIS) s.r.l. resta intimata.
2. La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380-bis.1, cod. proc. civ.
Il resistente U.C.I. ha depositato atto definito telematicamente memoria che risulta essere una nota di deposito e non una memoria illustrativa.
Motivi della decisione
1. Rileva preliminarmente il Collegio che risulta dagli atti che il ricorso è stato notificato non solo all’UCI, che resiste con controricorso, ma anche -e ritualmente al domicilio ex lege presso UCI- all’altra intimata, cioè la (OMISSIS) s.r.l. proprietaria dell’automezzo (Cass., 31/03/2007, n. 8080; Cass., 18/05/2021, n. 7932: “I responsabili stranieri di un sinistro stradale, causato in Italia da un veicolo con targa estera, sono domiciliati ex lege presso l'Ufficio Centrale italiano (UCI) solo ai fini della loro citazione in giudizio quali litisconsorti necessari rispetto alla domanda proposta contro detto Ufficio. Ove, invece, la vittima intenda formulare domanda di condanna anche nei loro confronti ex art. 2054 cod. civ., essa ha l'onere di notificare loro la citazione presso le rispettive residenze. Stabilire se, nel caso specifico, l'attore che abbia notificato la citazione dei responsabili stranieri presso l'UCI abbia inteso o meno formulare nei loro confronti una domanda di risarcimento del danno è questione di fatto, riservata al giudice di merito, la quale va risolta anche tenendo conto del fatto che la domiciliazione ex lege dei responsabili presso l'UCI è prevista per accelerare e snellire il processo, in coerenza con il disposto dell'art. 111 Cost.”).
Risulta pertanto correttamente instaurato il contraddittorio tra le parti, senza necessità di ulteriore integrazione, ed è quindi possibile passare all’esame del merito dell’impugnazione proposta.
2. Con il primo motivo il ricorrente denuncia “Violazione di legge, riscontrabile nella motivazione addotta dalla sentenza della Corte territoriale di Milano, in relazione al punto dei criteri utilizzati per determinare il risarcimento del danno parentale da morte in favore delle danneggiate T.A.G. e T.L.M., sorelle unilaterali della vittima deceduta”
Deduce che le c.d. tabelle del Tribunale di Milano assumono rilievo, ai sensi dell’art. 1226 cod. civ., come parametri per la valutazione equitativa del danno non patrimoniale alla persona, per cui ne consegue che la loro erronea applicazione da parte del giudice dà luogo ad una violazione di legge, censurabile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360, n. 3, cod. proc. civ. per violazione dell’art. 116 cod. proc. civ., degli artt. 2043, 2059, 2056, 1126 cod. civ., degli artt. 3 e 29 Cost. nonché del principio dell’integrale risarcimento ai sensi dell’art. 132, n. 4, cod. proc. civ.
Lamenta che la corte territoriale non ha tenuto conto dell’età della vittima e, rispettivamente, delle due sorelle superstiti, nonché del fatto che, sebbene figlie di genitori diversi, avessero una frequentazione assidua, assimilabile alla convivenza, dato che abitavano vicine.
3. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia “Nullità della sentenza di secondo grado, censurabile ex art. 360, n. 4, cod. proc. civ., per violazione dell’art. 116 cod. proc. civ., degli artt. 2043, 2059, 2016, 1226 cod. civ. ed artt. 3 e 29 Cost., nonché del principio dell’integrale risarcimento ai sensi dell’art. 132, n. 4, cod. proc. civ.”
Lamenta che la corte territoriale, pur a conoscenza del fatto che all’interno della tabella milanese, alla voce risarcimento per la perdita di un fratello o di una sorella, non è prevista una differenza tra sorelle germane e sorelle unilaterali, ha quantificato il danno non patrimoniale da riconoscere in favore di T.A.G. e T.L.M., nella misura di euro 23.740,00 ciascuna, con motivazione tautologica, palesemente irrazionale ovvero insanabilmente contraddittoria, e perciò inintellegibile, per manifesta contraddittorietà tra le premesse assunte e la conclusione cui è pervenuta.
4. Con il terzo motivo il ricorrente denuncia “Violazione di legge, riscontrabile nella motivazione addotta dalla sentenza della Corte territoriale di Milano, in relazione al punto dei criteri utilizzati per determinare il risarcimento del danno parentale da morte in favore dei danneggiati T.T. e C.M.”
Deduce nuovamente che le tabelle del Tribunale di Milano assumono rilievo, ai sensi dell’art. 1226 cod. civ., come parametri per la valutazione equitativa del danno non patrimoniale alla persona, per cui ne consegue che la loro erronea applicazione da parte del giudice dà luogo ad una violazione di legge, censurabile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360, n. 3, cod. proc. civ. per violazione dell’art. 116 cod. proc. civ., degli artt. 2043, 2059, 2056, 1126 cod. civ., degli artt. 3 e 29 Cost. nonché del principio dell’integrale risarcimento ai sensi dell’art. 132, n. 4, cod. proc. civ.
Lamenta che nel caso di specie la corte territoriale ha determinato il quantum risarcitorio in favore del padre e della nonna della giovane vittima del sinistro senza tenere adeguato conto delle allegazioni e delle prove del caso concreto.
5. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia “Violazione di legge ex artt. 112 e 336 cod. proc. civ., nonché del DM 55/2014, ai sensi dell’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., laddove la corte di appello non ridetermina ex officio le spese del giudizio di primo grado”.
Lamenta che la riforma della sentenza di primo grado, sotto il profilo del quantum risarcibile, avrebbe dovuto indurre la corte d’appello a rivedere d’ufficio l’intero regolamento delle spese giudiziali ed a tenere conto del fatto che, in relazione agli aumentati importi riconosciuti, si era determinato uno spostamento allo scaglione superiore del DM 55/2014 rispetto a quello utilizzato dal giudice di prime cure.
6. Con il quinto motivo, il ricorrente denuncia “Vizio di omessa pronuncia su alcune voci componenti la domanda di riconoscimento delle spese legali richiesta ai sensi del DM 55/014, vizio che integra una violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato ex art. 112 cod. proc. civ. censurabile in questa sede”.
Lamenta che, pur essendo state tali voci (le spese per la fase stragiudiziale, le spese esenti richieste nella notula depositata per avere lo scrivente difensore quale antistatario anticipato le spese per contributo unificato e marca di iscrizione a ruolo, nonché la maggiorazione prevista dal DM 55/2014 per la contemporanea assistenza a più parti) richieste espressamente sia nell’atto di appello che alla udienza di precisazione delle conclusioni, la corte territoriale ha omesso di pronunciarsi su ognuno di questi capi di domanda.
7. Tanto premesso, ragioni di ordine logico impongono di esaminare anzitutto il secondo ed il terzo motivo, che possono essere scrutinati congiuntamente, stante la loro stretta connessione, in quanto vanno a censurare la motivazione con cui la corte territoriale, pur riconoscendo importi maggiori rispetto alla decisione di primo grado, è pervenuta a determinare, a favore dei congiunti superstiti, la misura del danno da perdita del rapporto parentale.
7.1. Entrambi i motivi sono fondati, nei limiti e con le precisazioni di cui alla seguente motivazione.
Come, fondatamente, lamentato dal ricorrente nel secondo motivo, la corte ha liquidato alle due sorelle superstiti il danno nella misura del minimo tabellare (riformando la sentenza primo grado, che aveva liquidato addirittura al di sotto del minimo), affermando “oltre il quale, prudenzialmente, non si ritiene di pervenire, trattandosi di una relazione di parentela, seppure leggermente, attenuata dal fatto di non essere sorelle germane” (v. p. 7 della sentenza impugnata).
Così argomentando la corte ha applicato il minimo della forbice, appunto tra un minimo ed un massimo, prevista dalle tabelle milanesi per la perdita di una sorella o di un fratello, per il solo fatto che le sorelle superstiti alla vittima del sinistro sono sorelle unilaterali e non germane.
Trattasi di motivazione apparente perché carente del giudizio di fatto. Essa è invero basata su un’affermazione generale e astratta, secondo cui ogni volta che c’è una sorella unilaterale le spetta il minimo tabellare, con totale obliterazione delle circostanze del caso concreto e dunque inidoneità ai fini della comprensione della ratio decidendi. Non risponde infatti al requisito del giudizio di fatto l’affermazione generale e astratta secondo cui la posizione di sorelle unilaterali debba essere sempre trattata in maniera deteriore rispetto a quella di sorelle germane. Si tratta in conclusione di motivazione non in grado di attingere la soglia del "minimo costituzionale" richiesto dall'art. 111, comma 6, Cost. (Cass., 30/06/2020, n. 13248) e che concreta una nullità processuale, deducibile in sede di legittimità ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ. (così, tra le più recenti, Cass., 17/05/2021, n. 13170; Cass., 14/11/2019, n. 29495; Cass., 24/01/2023, n. 2122).
7.2. Il terzo motivo è inammissibile nella parte in cui censura il risarcimento, ritenuto incongruo, riconosciuto al padre della vittima del sinistro: sotto tale profilo il ricorrente si limita infatti a riportare la motivazione della corte d’appello, a riproporre quelle che denomina “le allegazioni del caso concreto” ed a trascrivere il contenuto della testimonianza assunta in primo grado, senza tuttavia indicare alcun argomento critico della motivazione della sentenza, per cui finisce sostanzialmente per sollecitare un riesame del fatto e della prova, precluso in sede di legittimità.
Una censura di questo tipo cozza contro il consolidato e pluridecennale orientamento di questa Corte, secondo cui non è consentita in sede di legittimità una valutazione delle prove ulteriore e diversa rispetto a quella compiuta dal giudice di merito, a nulla rilevando che quelle prove potessero essere valutate anche in modo differente rispetto a quanto ritenuto dal giudice di merito (ex multis, Sez. L, Sentenza n. 7394 del 22/02/2006, Rv. 587214; e così via, sino a risalire a Sez. 3, Sentenza n. 1674 del 22/06/1963, Rv. 262523, la quale affermò il principio in esame, poi ritenuto per sessant'anni: e cioè che "la valutazione e la interpretazione delle prove in senso difforme da quello sostenuto dalla parte è incensurabile in Cassazione").
7.3. Il motivo è invece fondato, e va accolto, previa sua riqualificazione ai sensi dell’art. 360, n. 4, cod. proc. civ., là dove censura l’accertamento e la liquidazione del risarcimento del danno alla nonna paterna della vittima.
La corte d’appello, pur in riforma della sentenza di prime cure che l’aveva invece esclusa, dopo aver richiamato la giurisprudenza secondo cui “il rapporto tra nonno/a-nipote è suscettibile di essere preso in considerazione in sede di risarcimento del danno”, riconosce tale voce di danno sulla base della seguente motivazione: “tenuto conto dello specifico grado di parentela e, in particolare, che sotto un profilo “genealogico” ogni persona ha, quantomeno ab origine, quattro nonni”, per cui “appare adeguato determinare in un quarto di quanto come sopra riconosciuto al padre …” (v. p. 8 della sentenza impugnata).
Come già rilevato in sede di scrutinio del secondo motivo, una siffatta motivazione è apodittica ed astratta, non tiene e non dà conto delle circostanze del caso concreto, e, in maniera anche contraddittoria, dopo aver riportato le risultanze dell’espletata istruttoria testimoniale circa la convivenza della vittima con la nonna nel periodo in cui è avvenuto il sinistro, finisce per omettere il giudizio sul fatto e perviene a determinare il quantum risarcitorio sulla base di una sorta di criterio matematico- proporzionale di ripartizione di quote, che, tra l’altro, non trova alcun fondamento nella invocata ed applicata tabella milanese. Anche in questo caso la motivazione è in conclusione apparente.
8. In conclusione, il ricorso va accolto in relazione al secondo e, parzialmente, in relazione al terzo motivo, mentre gli altri motivi restano assorbiti; la sentenza va cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte d’Appello di Milano, in diversa composizione, per nuovo esame, in applicazione dei suindicati principi.
9. Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo e parzialmente il terzo motivo, con assorbimento degli altri motivi di ricorso.
Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di Appello di Milano, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.