L'affidamento del minore ai servizi sociali non sempre presuppone una limitazione della responsabilità genitoriale in capo ai genitori, ma può anche avere una funzione “additiva” rispetto ai loro compiti.
Il Tribunale di Catania disponeva l'affido esclusivo della minore alla madre, disponendo che venisse presa in carico dai Servizi sociali del Comune e che gli stessi monitorassero sui rapporti tra le parti. Quanto al padre, il Tribunale lo ammoniva affinché corrispondesse gli assegni di mantenimento in favore della figlia, oltre a raccomandargli un percorso psicoterapeutico. I Giudici avvisavano altresì le parti che qualora le suddette prescrizioni non fossero state osservate, sarebbero stati adottati dei provvedimenti di limitazione e decadenza dalla responsabilità genitoriale.
Contro tale provvedimento, il padre proponeva reclamo, il quale veniva però rigettato tenendo conto delle criticità del caso emerse dalla CTU: il rapporto conflittuale tra i genitori, la personalità del padre che reagiva violentemente anche in presenza della figlia minorenne e una serie di condotte ostative dello stesso verso la madre, motivi che rendevano necessario l'affidamento esclusivo della bambina a quest'ultima.
Il padre a questo punto propone ricorso in Cassazione, lamentando la violazione del principio di bigenitorialità.
Con l'ordinanza n. 4327 del 19 febbraio 2024, la Cassazione dichiara il ricorso inammissibile, ponendo l'accento sul ruolo dei Servizi sociali.
In tal senso, i Giudici richiamano un precedente piuttosto recente (Cass., ordinanza n. 32290/2023) che elenca le varie ipotesi che rientrano sotto la “voce” dell'affidamento ai servizi sociali, affidamento che il giudice può disporre nell'ambito dei provvedimenti tipici e atipici di tutela del minore.
In tal senso la pronuncia rammenta che quando i genitori si rivelino in tutto o in parte inadeguati, possono distinguersi due gruppi di interventi a favore del minore:
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Alla luce di quanto sopra, occorre allora distinguere due tipologie di affidamento del minore ai servizi sociali:
- Il c.d. mandato di vigilanza e di supporto, avente compiti di vigilanza, supporto e assistenza senza limitazione della responsabilità genitoriale;
- L'affidamento conseguente a un provvedimento limitativo della responsabilità genitoriale.
Ciò significa che l'affidamento ai servizi sociali non presuppone necessariamente una limitazione della responsabilità genitoriale, rientrandovi anche tutti quei provvedimenti atipici adottabili dal giudice a tutela del minore. Tuttavia, secondo i Giudici appare più corretto utilizzare il termine “affidamento” solo quando i compiti del servizio sociale sostituiscono quelli dei genitori, e non anche quando li integrano, dovendosi parlare in tal caso di mandato di vigilanza e di supporto.
Proprio questa è la fattispecie che si è verificata nel caso in esame, laddove il regime di affidamento della minore ai servizi sociali del Comune implica dei compiti meramente accertativi e di controllo.
Mirando dunque il motivo di ricorso al riesame dei fatti di causa, la Cassazione dichiara il ricorso inammissibile.
Svolgimento del processo
Con decreto del 14.1.21 il Tribunale di Catania disponeva l’affido esclusivo della minore C.C. (quattro anni) alla madre, B.B., disciplinando il calendario che regolamentava la sua permanenza presso i genitori, disponendo che la minore venisse presa in carico dal SNPI e che i Servizi sociali monitorassero i rapporti tra le parti; ammoniva il padre, A.A., perché pagasse mensilmente l’assegno per il mantenimento della figlia, e gli raccomandava di intraprendere un percorso psicoterapeutico, con avviso alle parti che in caso d’inosservanza delle prescrizioni del decreto si sarebbero potuti adottare i provvedimenti di limitazione e decadenza della responsabilità genitoriale, condannando infine il genitore al pagamento della sanzione pecuniaria di Euro 4.000,00.
Avverso tale decreto A.A. ha proposto reclamo, che è stato rigettato dalla Corte territoriale con provvedimento del 29.6.22, osservando che: era da confermare la decisione sull’affido esclusivo della minore alla madre; il c.t.u., nominato nel procedimento del 2017 (allorché con decreto fu regolamentato l’affidamento della minore e le visite del genitore non collocatario, senza che con ciò i genitori si attenessero alle prescrizioni impartite) aveva messo in evidenza le criticità relative alle condizioni della minore, con riguardo al conflitto tra i due genitori e, in particolare, alla personalità del padre che reagiva violentemente anche in presenza della bambina, ponendo in essere una serie di comportamenti oppositivi ed ostili alla madre; si rendeva dunque necessario l’ affidamento esclusivo, con i tempi di collocamento della minore presso il padre.
A.A. ricorre in cassazione con due motivi, illustrati da memoria, avverso il suddetto provvedimento della Corte d’appello.
B.B. resiste con controricorso.
Motivi della decisione
Il primo motivo denunzia violazione degli artt. 337-quater c.p.c., 2, 3, 30 Cost. 8 Cedu, per lesione del diritto alla bigenitorialità, lamentando che la Corte d’appello - confermando la pronuncia di primo grado - non abbia disposto l’affidamento condiviso, concedendo però la frequentazione della figlia con il padre in maniera contraddittoria. Al riguardo, il ricorrente assume l’insussistenza del nesso di causalità tra i comportamenti aggressivi ascrittigli nel provvedimento impugnato (come sarebbe desumibile dai giudizi pendenti nei suoi confronti), l’inosservanza dell’obbligo di mantenimento della figlia, e le statuizioni contenute nello stesso provvedimento impugnato, conseguendone la violazione del principio di bigenitorialità.
Il secondo motivo denunzia violazione degli artt. 91 c.p.c. e 337-quater c.p.c., per aver la Corte territoriale condannato il ricorrente al pagamento delle spese, senza invece compensarle data la natura della causa.
Il ricorso è inammissibile.
Va premesso che, come ha osservato, con motivazione pienamente condivisibile questa Corte con la pronuncia n. 24226 del 2023: “Si deve, in particolare, rilevare che il presente giudizio ha ad oggetto il decreto pronunciato sul reclamo proposto avverso il provvedimento che, ai sensi del combinato disposto degli artt. 337-ter e 337-quinquies c.c., ha statuito sulla richiesta di revisione delle disposizioni concernenti l’affidamento dei figli.
Si tratta, dunque, di un provvedimento del tutto distinto da quelli limitativi o ablativi della responsabilità genitoriale adottati in corso di causa, in ordine ai quali è stata rimessa alle Sezioni Unite (Cass., Sez. 1, Ordinanza interlocutoria n. 30457 del 17/10/2022), e di recente anche decisa (Cass., Sez. U, n. 22423 del 25/07/2023), la questione dell’ammissibilità del ricorso ex art. 111 Cost. avverso i detti provvedimenti provvisori e urgenti.
In ordine all’ammissibilità del ricorso straordinario per cassazione contro i provvedimenti che, all’esito dell’appello o del reclamo (a seconda del tipo di procedimento avviato), attengono all’affidamento e al mantenimento dei figli minori, questa Corte si è già pronunciata più volte in senso positivo (Cass., Sez. U, Sentenza n. 30903 del 19/10/2022; Cass., Sez. 1, Sentenza n. 3192 del 07/02/2017; Cass., Sez. 1, Sentenza n. 6132 del 26/03/2015).
Alcuni dubbi interpretativi sono, tuttavia, sorti con riferimento alle statuizioni che disciplinano, nello specifico, i tempi e i modi di visita e frequentazione dei figli da parte dei genitori esercenti la responsabilità. Superando recenti discordanze, questa Corte, con orientamento condiviso, ha affermato che i provvedimenti giudiziali che, all’esito dell’appello o del reclamo (a seconda del tipo di procedimento avviato) statuiscono sulle modalità di frequentazione e visita dei figli minori, sono ricorribili per cassazione nella misura in cui il diniego si risolve nella negazione della tutela giurisdizionale a un diritto fondamentale, quello alla vita familiare che, sancito dall’art. 8 CEDU (Corte EDU, sentenza del 09/02/2017, Solarino c. Italia), è leso da quelle statuizioni che, adottate in materia di frequentazione e visita del minore, risultino a tal punto limitative ed in contrasto con il tipo di affidamento scelto, da violare il diritto alla bigenitorialità, inteso quale presenza comune dei genitori nella vita del figlio, idonea a garantire a quest’ultimo una stabile consuetudine di vita e salde relazioni affettive con entrambi, nel dovere dei primi di cooperare nell’assistenza, educazione ed istruzione della prole il cui rispetto deve essere sempre assicurato nell’interesse superiore del minore (così Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 4796 del 14/02/2022; Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 9764 dell’08/04/2019; v. anche Cass., Sez. U, Sentenza n. 30903 del 19/10/2022).
In altre parole, le statuizioni che attengono alle modalità di frequentazione e visita del minore sono censurabili per cassazione, superando il filtro dell’inammissibilità per il difetto di decisorietà o per carattere di valutazione di merito, quando l’invalidità dedotta si risolve nella lesione del diritto alla vita familiare, che appartiene al minore ed anche a ciascuno dei genitori, e trova esplicazione nel diritto alla bigenitorialità”.
Nella specie, il ricorso, con il quale sono criticate le statuizioni del provvedimento impugnato che hanno regolamentato l’esercizio della responsabilità genitoriale, attiene proprio alla asserita violazione del diritto alla bigenitorialità, a causa della mancata previsione dell’affidamento paritario del minore. Sotto questo profilo, il ricorso è, pertanto, da ritenersi ammissibile.
Inoltre, circa il ruolo dei Servizi sociali, va richiamato quanto affermato da questa Corte con la ordinanza n. 32290/2023 (pronunciata all’esito della adunanza camerale del 15 novembre 2023) in ordine alle diverse ipotesi che possono rientrare sotto la comune “voce” dell’affidamento del minore ai Servizi sociali, che il giudice, in corso di causa o a conclusione della stessa, può disporre nell’ambito dei provvedimenti tipici e atipici a tutela del minore.
Nell’ordinanza suddetta, si è rilevato che, qualora i genitori si rivelino in tutto o in parte inadeguati, gli interventi in favore del minore possono essere distinti in due gruppi: a) interventi di sostegno e supporto alla famiglia, ampliativi di quelle che sono le risorse destinate al benessere del minore, in quanto il giudice “affianca ai genitori un soggetto terzo, con la finalità di supportarli ed assisterli nello svolgimento dei loro compiti (sia pure nel rispetto del diritto di autodeterminazione, sul punto v. Cass. n. 17903 del 22/06/2023), nonché con la finalità di supportare ed assistere il minore, e per esercitare una funzione di vigilanza”, ipotesi nella quale “nulla viene tolto a quell’insieme di poteri e doveri che costituiscono la responsabilità genitoriale, e si procede per accrescimento o addizione delle risorse dirette ad assicurare il best interest of the child”;
b) interventi in tutto o in parte ablativi, allorché, rilevata l’incapacità totale o parziale del genitore ad assolvere i suoi compiti, si dichiara la decadenza dalla responsabilità genitoriale o le si impongono limiti e, in quest’ultimo caso, alla sfera delle funzioni genitoriali (poteri e doveri) vengono sottratte alcune competenze e il compito di esercitare le funzioni tolte ai genitori (e le correlate responsabilità) viene demandato a terzi, procedendosi quindi per sottrazione e non per addizione.
Qualora sia disposto l’affidamento del minore ai servizi sociali, occorre pertanto distinguere, anche nel regime previgente alla entrata in vigore dell’art. 5-bis della legge 184/1983, “l’affidamento con compiti di vigilanza, supporto ed assistenza senza limitazione di responsabilità genitoriale (c.d. mandato di vigilanza e di supporto), dall’affidamento conseguente ad un provvedimento limitativo della responsabilità genitoriale”, in quanto: a) “nel primo caso, si tratta del conferimento da parte del giudice di un mandato con la individuazione di compiti specifici per assicurare la menzionata funzione di supporto ed assistenza ai genitori ed ai figli e per vigliare sulla corretta attuazione dell’interesse del minore”, tipologia di “affidamento” ai servizi, che “è più corretto definire mandato di vigilanza e supporto, non incidendo per sottrazione sulla responsabilità genitoriale”, né essendo richiesta, nella fase processuale che precede la sua adozione, la nomina di un curatore speciale, salvo che il giudice non ravvisi comunque, in concreto, un conflitto di interessi, e non essendo escluso che i servizi possano attuare anche altri interventi di sostegno rientranti nei loro compiti istituzionali, occorrendo tuttavia che “il provvedimento del giudice sia sufficientemente dettagliato sui compiti demandati - con esclusione di poteri decisori - e che siano definiti i tempi della loro attuazione, che devono essere il più rapidi possibili”; b) nel secondo caso, invece, “il provvedimento di affidamento consegue ad un provvedimento limitativo (anche provvisorio) della responsabilità genitoriale” e “costituisce una ingerenza nella vita privata e familiare (similmente all’affidamento familiare, sul punto v. Cass. n. 16569 del 11/06/2021)”, cosicché “deve essere giustificato dalla necessità di non potersi provvedere diversamente alla attuazione degli interessi morali e materiali del minore, non avendo sortito effetto i programmi di supporto e sostegno già svolti in favore della genitorialità”, presupponendo l’adozione di questo provvedimento “la sua discussione nel contraddittorio, esteso anche al minore, i cui interessi devono essere imparzialmente rappresentati da un curatore speciale” e dovendo i contenuti del provvedimento “essere conformati al principio di proporzionalità tra la misura adottata e l’obiettivo perseguito”, con adeguata vigilanza sull’operato dei servizi da parte del giudice e conseguente necessità, anche nel regime previgente alla entrata in vigore dell’art. 5-bis della legge 184/1983, che “i compiti dei servizi siano specificamente descritti nel provvedimento, in relazione a quelli che sono i doveri e i poteri sottratti dall’ambito della responsabilità genitoriale e distinti dai compiti che sono eventualmente demandati al soggetto collocatario se questi è persona diversa da i genitori”, oltre che di nomina, nella fase processuale che precede la sua adozione, di un curatore speciale del minore, i cui compiti vanno pure precisati.
Si è poi evidenziato che “ciò tuttavia non esclude che si possano varare, stante il potere-dovere del giudice di adottare provvedimenti atipici a tutela del minore, altre misure che, sia pure denominate di “affidamento ai servizi sociali”, non presuppongono la limitazione della responsabilità genitoriale; questo genere di provvedimenti tuttavia andrebbero distinti, non solo contenutisticamente ma anche quanto al nome, dai provvedimenti di affidamento ai servizi fondati su pronunce limitative della responsabilità genitoriale”, apparendo più corretto “utilizzare il termine affidamento solo quando i compiti del servizio sociale sono sostitutivi delle attribuzioni genitoriali e non anche integrative o additive delle stesse potendosi in questo ultimo caso più appropriatamente parlare di mandato di vigilanza e di supporto”. Orbene, nella specie, si deve ritenere che il regime di affidamento della minore ai Servizi sociali del Comune di residenza, con collocamento prevalente della stessa presso l’abitazione della madre e regolamentazione del regime di visita del padre, si configuri come un mandato di vigilanza e supporto conferito ai servizi sociali, ai quali si sono contestualmente attribuiti compiti di accertamento e compiti ausiliari ex art. 68 c.p.c..
Tanto premesso, il primo motivo è inammissibile, in quanto il ricorrente tende a chiede il riesame dei fatti vagliati dalla Corte d’appello, contestando l’analisi compiuto da quest’ultima sulla sua condotta, valutata come inidonea alla tutela dell’interesse della minore, con ampia ed esaustiva motivazione.
Il secondo motivo è del pari inammissibile anche alla luce dell’esito dello scrutinio del primo. Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida nella somma di Euro 3.200,00 di cui 200,00 per esborsi, oltre alla maggiorazione del 15% quale rimborso forfettario delle spese generali ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n.115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Dispone che ai sensi dell’art. 52 del D.Lgs. n. 196/03, in caso di diffusione della presente ordinanza si omettano le generalità e gli altri dati identificativi delle parti.