Irrilevante che le insistenti chiamate alla moglie siano il frutto dell'esasperazione del marito in conseguenza dell'atteggiamento ostruzionistico della donna. L'attenuante della provocazione e il preteso fatto ingiusto altrui non escludono la configurabilità del dolo generico del delitto ex art. 612-bis c.p..
Ribaltando il giudizio assolutorio di primo grado, la Corte d'Appello di Lecce condannava l'imputato per il reato di
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
1. Con la sentenza di cui in epigrafe la corte di appello di Lecce, in riforma della sentenza con cui il tribunale di Lecce, in data 11.12.2018, aveva assolto B. G. dal reato ex art. 612 bis, c.p., in rubrica ascrittogli, commesso in danno della costituita parte civile N.M., con la formula perché il fatto non costituisce reato, condannava il suddetto imputato alla pena ritenuta di giustizia, oltre al risarcimento dei danni derivanti da reato in favore della suddetta parte civile, rigettando, al contempo, l'appello presentato da N. R., del pari costituito parte civile
2. Avverso la sentenza della corte territoriale, di cui chiede l'annullamento, ha proposto ricorso per cassazione il B., lamentando: 1) violazione di legge e vizio di motivazione, difettando la sussistenza dell'elemento psicologico del reato, posto che le condotte poste in essere dall'imputato sono il frutto dell'esasperazione in cui si trovava il B., in conseguenza della condotta ostruzionistica della moglie, che non gli consentiva il contatto con figli; 2) vizio di motivazione in punto di mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
Con motivi nuovi pervenuti a mezzo di posta elettronica certificata il difensore di fiducia dell'imputato, avv. D.P., reiterava le proprie doglianze sul difetto dell'elemento psicologico del reato, rilevando come, nell'ambito di un rapporto di coppia logorato da tempo, il B. abbia agito al solo scopo di esercitare i propri diritti di padre, a fronte di un'ingiustizia perpetrata dalla N. la quale gli impediva l'esercizio dei diritti genitoriali, come una sorta di "vendetta" nei suoi confronti.
3. Con requisitoria scritta del 4.10.2023, il sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di cassazione, dott.ssa F.C. chiede che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
3.1. Con memoria pervenuta a mezzo di posta elettronica certificata il 19.10.2023 e conclusioni scritte del 23.10.2023, l'avv. G. P., difensore di fiducia e procuratore speciale della parte civile chiede che il ricorso venga rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese sostenute nel grado dalla costituita parte civile, come da allegata nota spese.
Con note scritte pervenute a mezzo di posta elettronica certificata il 31.10.20203, il difensore di fiducia dell'imputato, nel replicare alle conclusioni del pubblico ministero, insiste per l'accoglimento del ricorso.
4. Il ricorso non può essere accolto per le seguenti ragioni.
5. In via preliminare va osservato che la corte di appello, nel ribaltare la sentenza di assoluzione pronunciata dal giudice di primo grado, ha correttamente proceduto alla rinnovazione delle prove dichiarative assunte in precedenza, conformemente alla previsione di cui all'art. 603, comma 3 bis, c.p.p.
Ciò posto infondato appare il primo motivo di ricorso, sostanzialmente ribadito dal difensore dell'imputato nei motivi nuovi e nelle note scritte La sentenza del giudice di secondo grado, infatti, appare del tutto conforme ai principi affermati in materia da un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, condiviso dal collegio, secondo cui, in tema di giudizio di appello, la motivazione rafforzata, richiesta nel caso di riforma della sentenza assolutoria o di condanna di primo grado, consiste nella compiuta indicazione delle ragioni per cui una determinata prova assume una valenza dimostrativa completamente diversa rispetto a quella ritenuta dal giudice di primo grado, nonché in un apparato giustificativo che dia conto degli specifici passaggi logici relativi alla disamina degli istituti di diritto sostanziale o processuale, in modo da conferire alla decisione una forza persuasiva superiore (cfr. Sez. 6, n. 51898 del 11/07/2019, Rv. 278056; Sez. 6, n. 11732 del 23/11/2022, Rv. 284472).
Come è stato rilevato in altro significativo arresto, in tema di giudizio di appello, l'obbligo di motivazione rafforzata, previsto in caso di riforma della sentenza assolutoria, è concorrente, e non alternativo, con quello di rinnovazione della prova dichiarativa ritenuta decisiva, sicché la sentenza di appello che ribalti la decisione assolutoria di primo grado, con condanna dell'imputato, postula l'adozione di una motivazione rafforzata e la rinnovazione dell'istruttoria dibattimentale ai sensi dell'art. 603, comma 3-bis, c.p.p. (cfr. Sez. 3, n. 16131 del 20/12/2022, Rv. 284493), adempimento al quale, come già detto, il giudice di appello ha provveduto.
Orbene la motivazione del giudice di appello risulta immune dalle articolate censure.
Al riguardo si osserva che il ricorrente non ha svolto specifiche doglianze in ordine alla sussistenza dell'elemento oggettivo del delitto di cui si discute, per cui può dirsi incontestato, come sottolinea la corte di appello attraverso una minuziosa ricostruzione di fatti, confermando sul punto la valutazione operata dal giudice di primo grado, che la condotta posta in essere dal B. nei confronti della persona offesa (concretizzatasi in una serie continua di messaggi e di telefonate di natura offensiva e minacciosa; in indebite pressioni esercitate nei confronti della N. e dei suoi familiari; in appostamenti), abbia assunto un'obiettiva valenza persecutoria, tale da far sorgere nella N. un fondato timore per l'incolumità propria e dei suoi figli.
Le censure dell'imputato, invece, si sono concentrate sul profilo dell'elemento soggettivo del reato, in quanto la corte di appello ha ritenuto di non condividere l'argomento svolto al riguardo dal giudice di primo grado, che aveva fondato la sua pronuncia assolutoria sul presupposto che il B. avesse agito non già con intento persecutorio, ma nell'esercizio del suo diritto di recuperare il rapporto genitoriale, avendogli la N....., sottratto improvvisamente i figli, spostandoli da Bareggio a Lecce.
Sul punto si osserva che, come affermato dall'orientamento dominante nella giurisprudenza di legittimità, il delitto di atti persecutori è reato abituale di evento, per la cui sussistenza, sotto il profilo dell'elemento soggettivo, è sufficiente il dolo generico, il quale è integrato dalla volontà di porre in essere le condotte di minaccia e molestia nella consapevolezza della idoneità delle medesime alla produzione di uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice (cfr. Sez. 5, n. 20993 del 27/11/2012, Rv. 255436; Sez. 5, n. 18999 del 19/02/2014, Rv. 260411; Sez. 5, n. 18999 del 19/02/2014, Rv. 260411).
Il contenuto del dolo, dunque, richiede la volontà di porre in essere più condotte di minaccia e molestia, nella consapevolezza della loro idoneità a produrre uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice e dell'abitualità del proprio agire, ma non postula la preordinazione di tali condotte - elemento non previsto sul fronte della tipicità normativa - potendo queste ultime, invece, essere in tutto o in parte anche meramente casuali e realizzate qualora se ne presenti l'occasione (cfr. Sez. 1, n. 28682 del 25/09/2020, Rv. 279726).
Se ciò è vero, come è vero, non può che condividersi l'assunto della corte territoriale, che ha correttamente evidenziato l'errore di diritto in cui è caduto il giudice di primo grado, confondendo il movente addotto dall'imputato a giustificazione del suo agire, con l'elemento psicologico del reato, proprio perché il dolo nel delitto di cui all'art. 612 bis, c.p., non richiede altro che la coscienza e volontà di porre in essere condotte dotate di oggettiva idoneità persecutoria, in ragione del concreto svolgersi delle condotte stesse.
Si tratta in effetti di un errore di diritto, essendo da tempo consolidata nella giurisprudenza della Suprema Corte la linea interpretativa, condivisa dal Collegio, che separa nettamente il dolo generico, inteso quale coscienza e volontà del soggetto agente di porre in essere la condotta illecita, dal movente del comportamento tipico descritto dalla norma penale, ossia dalla ragione che ha spinto l'autore del reato ad agire, ragione costituente l'antecedente psichico della condotta, in quanto tale del tutto estranea alla struttura dell'illecito penale (cfr., ex plurimis, Sez. 5, n. 2220 del 24/10/2022, Rv. 284115; Sez. 5, n. 37068 del 24/05/2022, Rv. 283562; Sez. 3, n. 43093 del 30/09/2021, Rv. 282298; Sez. 5, n. 22995 del 03/03/2017, Rv. 270138).
Né va taciuto, che, ove anche volesse ritenersi qualificabile in termini di "ingiustizia", nella prospettiva del ricorrente, la condotta della N., ciò non sarebbe certo sufficiente ad escludere la sussistenza del dolo in capo al prevenuto, in quanto, come affermato da un condivisibile arresto reso in ordine al diverso tema del riconoscimento della circostanza attenuante della provocazione, tale circostanza è incompatibile con il delitto di atti persecutori, che è reato abituale, caratterizzato dalla reiterazione nel tempo di comportamenti antigiuridici di analoga natura, in quanto quella che si vorrebbe prospettare come una reazione emotiva ad un fatto ingiusto costituisce, in realtà, espressione di un proposito di rivalsa e di vendetta al quale l'ordinamento non può dare riconoscimento alcuno (cfr. Sez. 5, n. 21487 del 29/04/2021, Rv. 281313)
A maggior ragione, dunque, il preteso fatto ingiusto altrui potrebbe escludere la configurabilità del dolo generico del delitto di atti persecutori.
Va, infine, sottolineato come la sussistenza del dolo sia stata desunta dal giudice di appello, con motivazione dotata di intrinseca coerenza logica, attraverso una puntuale ricostruzione dei fatti e della condotta del B., conformemente ai principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di dolo, secondo cui la prova della volontà di commissione del reato è prevalentemente affidata, in mancanza di confessione, alla ricerca delle concrete circostanze che abbiano connotato l'azione e delle quali deve essere verificata la oggettiva idoneità a cagionare l'evento in base ad elementi di sicuro valore sintomatico, valutati sia singolarmente sia nella loro coordinazione ( cfr. Cass., sez. VI, 6.4.2011, n. 16465, rv. 250007).
6. Inammissibile, perché generico e tale da sollecitare un'inammissibile rivalutazione del merito del trattamento sanzionatorio, appare il secondo motivo di ricorso.
La corte di appello non ha ritenuto di riconoscere le circostanze attenuanti generiche, rilevando la mancanza di elementi da valutare positivamente a tal fine, ad eccezione dell'assenza di precedenti penali a carico dell'imputato, circostanza da sola insufficiente, come sancito dall'art. 62 bis, co. 3, c.p.
A tale argomentare il ricorrente si è limitato a denunciare una carenza motivazionale, senza indicare gli elementi deducibili dagli atti non presi in considerazione dal giudice di appello, che avrebbero giustificato il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
7. Al rigetto, segue la condanna del ricorrente, ai sensi dell'art. 616, c.p.p., al pagamento delle spese del procedimento, nonché alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute dalla parte civile N.M. nel presente giudizio, nella misura che sarà liquidata dalla corte di appello di Lecce, con separato decreto di pagamento, ai sensi degli art. 82 e 83, D.P.R. 115/2002, disponendo il pagamento in favore dello Stato. Va, infine, disposta l'omissione delle generalità e degli altri dati identificativi in caso di diffusione del presente provvedimento, ai sensi dell'art. 52, co. 5, d. lgs. 30/06/2003 n. 196.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Condanna, inoltre, l'imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute dalla parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato dall'imputato nel presente giudizio, nella misura che sarà liquidata dalla corte di appello di Lecce, con separato decreto di pagamento, ai sensi degli art. 82 e 83, D.P.R. 115/2002, disponendo il pagamento in favore dello Stato In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell'art. 52, d. lgs. 196/2003, in quanto imposto dalla legge.