Svolgimento del processo
Con ricorso, depositato il 14/03/2016, CS chiese al Tribunale di Torre Annunziata di pronunciare la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto il X in X con AS , dal quale erano nati due figli D V , ormai maggiorenni.
Costituitasi in giudizio, AS aderì alla domanda di scioglimento del matrimonio e resistette nel merito deducendo, in particolare, che ricorreva il suo diritto a percepire un assegno divorzile, attesa la mancanza di mezzi adeguati, essendosi sposata quando aveva appena ventidue anni ed era ancora una studentessa universitaria ed ora era docente di inglese e francese, con incarico annuale, nella scuola primaria presso un istituto paritario di X , percependo esigui guadagni, mentre le entrate del coniuge erano di consistente entità. Aggiunse che, mentre la figlia si era trasferita dal padre, il secondogenito, con lei convivente, non era economicamente autonomo.
Con sentenza non definitiva veniva dichiarata la cessazione degli effetti civili del matrimonio e, proseguito il giudizio, con sentenza del 14/01/2020, il Tribunale obbligò lo S al versamento in favore della S dell'importo di euro 200,00, da rivalutarsi annualmente secondo gli indici Istat, quale assegno divorzile, ponendo a carico di quest'ultima la corresponsione della somma di euro 100,00, rivalutabile annualmente secondo gli indici Istat, per il mantenimento della figlia D ., oltre al 30% delle spese straordinarie.
Avverso tale decisione ha proposto appello lo S censurando la decisione nella parte in cui ha previsto l'assegno di divorzio in favore della ex moglie, ma la Corte d'appello, con la sentenza in questa sede impugnata ha respinto l'impugnazione.
Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione e, affidato a quattro motivi di impugnazione.
L'intimata non si è difesa con controricorso.
Il ricorrente ha depositato memoria difensiva.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso è censurata la decisione della Corte d'appello per aver, in difetto di allegazione e (omissis) in violazione dell'art. 115 c.p.c. (ai sensi dell'art. 360, comma 1, nn. 4 e/o 5, c.p.c.), ritenuto dimostrata l'esistenza di aspettative lavorative sacrificate dalla resistente in dipendenza del matrimonio. Con il secondo motivo di ricorso è censurata la sentenza per violazione dell'art. 5 I. n. 898 del 1970 (ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.), nell'interpretazione datane dalle Sezioni Unite del 2018, nella parte in cui - muovendo dal presupposto che la resistente al momento del matrimonio era una studentessa e durante il matrimonio, attingendo le relative risorse economiche dal reddito del marito, aveva completato gli studi, laureandosi, e si era anche inserita nel mondo del lavoro, quale docente - ha ritenuto che comunque la sperequazione attualmente esistente tra le situazioni reddituali degli ex coniugi derivasse dalle scelte di vita dagli stessi concordate.
Con il terzo motivo di ricorso si assume l'illegittimità della impugnata sentenza per motivazione irriducibilmente contraddittoria e/o manifestamente illogica con violazione dell'art. 111, comma 6, Cost. oltre che dell'art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. (ai sensi dall'art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.), laddove - pur dando e atto e accertando che la S , al momento del matrimonio, era solo una studentessa, dunque priva di reddito e che durante il matrimonio la stesa si era dedicata agli studi, conseguendo la laurea, assumendo il ruolo di docente e conseguendo un reddito - contraddittoriamente ovvero illogicamente riteneva l'attuale divario reddituale degli ex coniugi fosse conseguenza delle scelte derivanti dal matrimonio.
Con il quarto motivo si censura l'operato della Corte d'appello sotto il profilo della violazione dell'art. 115 c.p.c. per totale omessa valutazione delle prove offerte dalle parti ai fini della ricostruzione delle condizioni economiche della S e segnatamente per totale omessa visualizzazione, percezione e/o prove in atti circa la titolarità da parte della resistente (omissis) immobiliari in X
2. Il ricorso è improcedibile.
Il ricorso ed anche la procura speciale alle liti, posta in calce alle stesso, sono nativi analogici e risultano essere stati notificati ai sensi della I. n. 53 del 1994 mediante il servizio postale.
A seguito della notifica, il difensore del ricorrente ha effettuato il deposito telematico del ricorso, munito di procura speciale alle liti, unitamente ad altri atti ,e documenti indicati.
Egli ha certificato la conformità agli originali analogici delle copie informatiche degli avvisi di ricevimento relativi alle notifiche effettuata (in origine analogici) trasmessi ed anche della copia informatica della sentenza impugnata, estratta dal relativo fascicolo (in origine digitale), ma non ha certificato la conformità delle copie informatiche del ricorso per cassazione e della procura alle liti, che pure ha trasmesso con modalità telematica.
Non risulta depositata ad oggi alcuna ulteriore certificazione di conformità.
2.1. Com'è noto, l'art. 16-decies d.l. n. 179 del 2012, vigente all'epoca del compimento dell'atto (il deposito è stato effettuato 1'11/07/2022) stabilisce quanto segue: «Art. 16-decies. Potere di certificazione di conformità delle copie degli atti e dei provvedimenti. 1. Il difensore, il dipendente di cui si avvale la pubblica amministrazione per stare in giudizio personalmente, il consulente tecnico, il professionista delegato, il curatore ed il commissario giudiziale, quando depositano con modalità telematiche la copia informatica, anche per immagine, di un atto processuale di parte o di un provvedimento del giudice formato su supporto analogico e detenuto in originale o in copia conforme, attestano la conformità della copia al predetto atto. La copia munita dell'attestazione di conformità equivale a (omissis) copia conforme dell'atto O del provvedimento.».
La disposizione è stata abrogata dal d.lgs. n. 149 del 2022, come modificato dalla I. n. 197 del 2022. È stato, tuttavia, introdotto l'art. 196-novies disp. att. c.p.c., il quale, al comma 1, riproduce le stesse disposizioni sopra riportate (aggiungendo tra i soggetti menzionati anche il liquidatore giudiziale), poiché stabilisce quanto segue: «196-novies. Potere di certificazione di conformità di copie di atti e di provvedimenti. 1. Il difensore, il dipendente di cui si avvale la pubblica amministrazione per stare in giudizio personalmente, il consulente tecnico, il professionista delegato, il curatore, il commissario giudiziale e il liquidatore giudiziale, quando depositano con modalità te/ematiche la copia informatica, anche per immagine, di un atto processuale di parte o di un provvedimento del giudice formato su supporto analogico e detenuto in originale o in copia conforme, attestano la conformità della copia al predetto atto. La copia munita dell'attestazione di conformità equivale a/l'originale o alla copia conforme dell'atto o del provvedimento.».
2.2. Com'è noto, con riferimento al periodo in cui non era ancora consentito il deposito del ricorso con modalità telematica, questa Corte si è interessata della ritualità del deposito cartaceo del ricorso per cassazione che sia tuttavia nativo digitale o che costituisca una copia digitale del ricorso nativo analogico, notificato telematicamente.
In particolare, le Sezioni Unite con la sentenza del 24 settembre 2018, n. 22438, hanno escluso la sanzione dell'improcedibilità del ricorso tutte le volte in cui, pur mancando la certificazione di conformità della copia analogica del ricorso digitale, il controricorrente abbia depositato copia dell'atto ricevuto debitamente autenticata ed anche nel caso in cui il controricorrente, ancorché tardivamente costituito, non abbia disconosciuto la (omissi) ricorrente, ai sensi dell'art. 23, comma 2, d.lgs. n. 82 (omissis) (C.A.D.). Il tempestivo deposito della sola copia analogica del ricorso notificato come documento informatico nativo digitale è stata reputata idonea a configurare, là dove se ne presenti l'eventualità, "una fattispecie a formazione progressiva", che si esaurisce in un lasso temporale reputato proporzionato e ragionevole, con la conseguenza che, ove il destinatario della notifica telematica del ricorso rimanga solo intimato (ovvero, nell'ipotesi di più destinatari, anche solo uno rimanga intimato), il ricorrente potrà depositare l'attestazione di conformità sino all'udienza di discussione o all'adunanza in camera di consiglio, così come il ricorrente sarà tenuto a fare anche nell'ipotesi di disconoscimento della conformità da parte del controricorrente. Nelle suddette ipotesi, il ricorrente, per evitare l'improcedibilità dovrà attivarsi e depositare l'attestazione di conformità entro i predetti termini (con riferimento al controricorso, sul rilievo della mancata contestazione da parte del ricorrente (Cass., Sez. 6-1, Ordinanza n. 32231 del 13/12/2018).
Nessuna sanatoria, invece, è ipotizzabile nel caso dell'intimato che non svolga attività difensiva (Cass., Sez. 1, 9 luglio 2019, n. 18425, Cass.. Sez. 6-3, 17 luglio 2019, n. 19119, Sez. 2, 2 settembre 2019, n. 21960, Sez. 2, 22 ottobre 2019, n. 2686963, Sez. 6 - 3, 7 settembre 2020, n. 18596) ovvero si costituisca in maniera irrituale con conseguente declaratoria di improcedibilità del ricorso (Sez. 6 - 3, 6 febbraio 2019, n. 3537). In via generale, nel processo di cassazione, trovano applicazione gli artt. 365 e 370 c.p.c., che impongono la sottoscrizione autografa del ricorso e del controricorso ed il suo deposito in originale cartaceo presso la cancelleria della Corte.
2.3. Nel caso di deposito telematico del ricorso, in assenza della menzionata certificazione, questa Corte ha già ritenuto l'inammissibilità del ricorso che, notificato a mezzo PEC (omissis) notificato, e depositato, senza la menzionata (omissis) conformità (Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 6318 del 02/03/2023).
2.4. Nel caso di specie, parte ricorrente non risulta avere depositato copia certificata conforme del ricorso per cassazione munito di procura speciale, nativo analogico e depositato in copia telematica, non potendosi dunque produrre gli effetti previsti dall'art. 16-decies ci.I. n. 179 (poi confluito nell'art. 196-novies disp. att. c.p.c.), nella parte in cui stabilisce che «La copia munita dell'attestazione di conformità equivale a/l'origina/e o alla copia conforme dell'atto o del provvedimento.».
3. Il ricorso deve pertanto essere dichiarato improcedibile per violazione dell'art. 369, comma 1, c.p.c.
4. Nessuna statuizione sulle spese deve essere adottata in assenza di costituzione dell'intimata.
5. In applicazione dell'art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115 del 2002, si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello richiesto per l'impugnazione proposta, se dovuto.
6. In caso di diffusione, devono essere omesse le generalità e delle parti e dei soggetti menzionati nella decisione, a norma dell'art. 52 d.lgs. n. 196 del 2003.
P.Q.M.
La Corte dichiara improcedibile il ricorso.
dà atto, in applicazione dell'art. 13, comma 1 quater, d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello richiesto per l'impugnazione proposta, se dovuto;