
Secondo il Tribunale di Pisa, nel silenzio della legge, il curatore del minore va compensato inquadrando la figura nel più ampio istituto degli “altri ausiliari del giudice”. Il Collegio stabilisce inoltre quali criteri sia necessario seguire in sede di quantificazione del compenso e su chi grava la spesa.
Il compenso del curatore del minore: un vuoto normativo
Con il decreto del 10 ottobre 2023, il Tribunale di Pisa fa il punto sul compenso da corrispondere al curatore del minore, osservando come, nonostante nel caso in esame la nomina del curatore sia avvenuta prima della riforma Cartabia, essa si inserisca nel solco che il Legislatore della riforma ha poi tracciato con il rafforzamento dell'istituto, reso uno strumento ancora più efficace che poggia su ampie previsioni.
Come rileva il Tribunale, la Curatela del minore è un istituto destinato ad un utilizzo sempre più ampio ed i candidati alla nomina sono, di fatto, avvocati specializzati in diritto di famiglia, dunque professionisti che utilizzano nell'esercizio dell'incarico le loro conoscenze tecnico-professionali.
Ora, il vero problema è che né le norme ante Cartabia, né la riforma stessa hanno previsto e disciplinato in alcun modo il compenso per l'attività del curatore del minore, quindi, nel silenzio del Legislatore, il Tribunale ritiene che si debba far ricorso ai principi generali e, in particolare, a quello dell'eccezionalità del carattere gratuito o meramente volontario di un'attività lato sensu professionale, e quindi pur sempre lavorativa.
L’inquadramento del curatore del minore tra gli “altri ausiliari del giudice”
Preso atto del fatto che il Legislatore, laddove abbia inteso stabilire la gratuità dell'incarico, lo avrebbe espressamente previsto, come accaduto per il tutore dell'incapace o per l'amministratore di sostegno, in assenza di una disposizione che ne prevede la gratuità, il Collegio ne ritiene l'essenziale onerosità, evidenziando come di tale vuoto normativo dovrebbe dubitarsi finanche in punto di costituzionalità.
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Giunti a questo punto, il Tribunale ritiene di inquadrare la disciplina della figura nell'alveo del più grande istituto degli “altri ausiliari del giudice” |
Così stando le cose, il compenso del curatore deve essere liquidato con decreto del giudice che lo ha nominato e per l'attività svolta, esplicitando altresì la parte tenuta a corrisponderlo.
Trattamento economico
Con ulteriore passaggio il Tribunale si interroga sulla possibile applicazione, in sede di quantificazione del compenso da corrispondere al curatore del minore, del D.M. n. 147/2022.
In tal senso, osserva come nel caso di specie il curatore non abbia svolto attività propriamente difensive, compiendo quelle più tipiche del curatore, come l'ascolto del minore, motivo per cui il Collegio non ritiene applicabile il suddetto Decreto, bensì i criteri generali stabiliti per gli ausiliari del giudice, e quindi anzitutto l'art. 49 DPR n. 115/01.
Chi è tenuto a corrispondere il compenso al curatore del minore?
L'onere del pagamento dei compensi deve gravare sui genitori esercenti la responsabilità genitoriale, poiché è il genitore che ha l'obbligo di far fronte a tale spesa che è necessaria nel superiore interesse del figlio minore.
Svolgimento del processo / Motivi della decisione
Il curatore del minore, Avv. *, ha chiesto che le sia liquidata una somma in ragione dell’attività svolta e dell’impegno profuso.
La richiesta è fondata e deve essere accolta.
Benché la nomina del curatore del minore avvenuta nel presente procedimento sia stata assunta in applicazione delle norme antecedenti a quelle introdotte prima dall’art. 1 comma 30 della Legge 26 novembre n. 206 (applicabili ai procedimenti instaurati dopo il 20 giugno 2022 e poi dal decreto legislativo 10 ottobre 2022 n. 149, applicabili ai procedimenti introdotti dopo il 28 febbraio 2023) e quindi ai sensi del disposto dell’art. 78 c.p.c. vigente ratione tempore, al fine di tutelare al meglio l’interesse del minore vista la peculiare problematicità del caso, tale nomina si inserisce nel solco che il legislatore della riforma ha poi tracciato con la rivisitazione e il rafforzamento dell’istituto che è stato reso, come noto, uno strumento ancora più efficace e ancorato a previsioni ampie.
Non v’è dubbio, dunque, che si tratta di istituto che è destinato ad essere oggetto di sempre più frequenti applicazioni e che i candidati alla nomina di curatori del minore, nel perdurante silenzio sul punto del legislatore (anche nelle nuove norme di cui all’art. 473 bis. 7 e 473 bis.8 c.p.c.), sono nella prassi, nella stragrande maggioranza dei casi, avvocati specializzati nel diritto di famiglia, quindi professionisti che fanno applicazione nell’esercizio dell’incarico, oltre che delle proprie doti umane di equilibrio e buon senso, anche e soprattutto del proprio bagaglio di conoscenze tecnico-professionali (tanto che nelle prassi di molti uffici giudiziari costituisce titolo preferenziale per la nomina l’aver svolto specifici corsi di formazione).
Si tratta poi di incarico che solitamente (e il caso di specie non fa eccezione) si articola in più incontri, colloqui e udienze e si snoda in un arco temporale anche piuttosto rilevante, comportando talvolta al nominato curatore la necessità di procedere all’ascolto del minore, dirimere possibili contrasti insorti tra i genitori, effettuare trasferte e altri impegnativi incombenti.
Come noto, né le norme ante Cartabia né le norme introdotte dalla Riforma hanno né previsto né tanto meno disciplinato in alcun modo il compenso per l’attività di curatore del minore. E pertanto, nel totale silenzio del legislatore sul punto, ritiene il Collegio che si debba far ricorso ai principi generali e in particolare al principio dell’eccezionalità del carattere gratuito o meramente volontario di un’attività lato sensu professionale e dunque pur sempre lavorativa quale quella in questione.
Ed infatti, allorché il legislatore ha voluto stabilire la gratuità di un incarico lo ha fatto espressamente come ad esempio per il tutore dell’incapace (art. 379 c.c.) o per l’amministratore di sostegno (art. 411 c.c. nella parte in cui fa rinvio anche all’art. 379 c.c.).
In assenza al contrario di un’analoga norma che preveda la gratuità dell’Ufficio di curatore del minore (anche solo in termini di mero rinvio all’art. 379 c.c. o ad altra norma simile) non è lecito inferirne la gratuità, ma è invece necessario ritenerne l’essenziale onerosità.
Del resto, sarebbe irrazionale che ad un incarico foriero di gravose ed impegnative attività (basti pensare anche solo all’ascolto del minore) e di conseguenti responsabilità (capitolo sul quale si dovrebbe aprire un’altra parentesi, non potendosi neppure immaginare che il curatore non risponda civilmente del proprio operato), sarebbe irrazionale, si diceva, che al diligente espletamento di tale incarico non consegua un corrispondente diritto ad un congruo compenso. E sarebbe talmente irrazionale che di tale vuoto normativo si dovrebbe perfino dubitare in punto di costituzionalità.
Appare quindi conforme a un’interpretazione costituzionalmente orientata in attesa di un altro opportuno intervento integrativo della disciplina dell’istituto, l’inquadramento normativo di tale figura nell’alveo del più ampio istituto degli “altri ausiliari del giudice” di cui all’art. 68 c.p.c., potendo comunque riguardarsi il curatore del minore alla stregua di “persona idonea al compimento di atti” che nei casi previsti dalla legge il giudice può nominare.
È pur vero che tale inquadramento non tiene pienamente conto delle peculiarità della figura e del ruolo del curatore del minore, specialmente come novellato dalla Riforma Cartabia: il curatore del minore, come già detto da alcuno, lungi dall’essere una longa manus del giudice, assume al contrario una funzione ed un ruolo di piena cura e tutela dell’interesse del minore e nessuno dubita che, per tutelare tale interesse, egli/ella possa persino giungere ad impugnare i provvedimenti dello stesso giudice che lo ha nominato.
Non pare comunque inquadrabile il curatore nella nozione di mandatario come ritenuto da alcuni giudici di merito, in quanto la figura del mandatario dello stesso interessato presuppone appunto il “mandato” ossia un incarico di compiere uno o più atti giuridici nell’interesse del mandante: nel caso del curatore l’incarico intanto non proviene dall’interessato ma dal giudice e ha ad oggetto non tanto e non solo atti giuridici, ma una variegata attività anche fattuale (come ad esempio i colloqui con i genitori, l’ascolto del minore…) non riconducibile quindi ad atti giuridici in senso tecnico.
Del resto, l’art. 3, lett. n del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà una definizione ampia di "ausiliario del magistrato" e vi ricomprende, tra gli altri, “qualunque altro soggetto (…) comunque idoneo al compimento di atti, che il magistrato o il funzionario addetto all'ufficio può nominare a norma di legge”.
Una definizione così ampia si attaglia al caso di specie e pertanto, anche in assenza di una normativa specifica e in forza del tenore letterale di tale ultima norma, il Collegio ritiene applicabile il Capo V del Titolo II delle Disposizione di attuazione del c.p.c.
A norma dell’art. 52 disp. Att. c.p.c., quindi, il compenso deve essere liquidato con decreto dal Giudice che ha nominato l’ausiliario “tenuto conto dell’attività svolta” e il decreto con cui i compensi sono liquidati, a norma dell’art. 53 disp. Att. c.p.c., deve contenere l’indicazione della “parte che è tenuta a corrisponderli”.
Quanto ai criteri e parametri di liquidazione, ci si chiede se debba trovare applicazione il Decreto Ministeriale 13 agosto 2022 , n. 147 (regolamento recante modifiche al decreto 10 marzo 2014, n. 55, concernente la determinazione dei parametri per la liquidazione dei compensi per la professione forense, ai sensi dell’articolo 13, comma 6, della legge 31 dicembre 2012, n. 247) al cui art. 10-septies prevede che “Per le attività difensive svolte dall’avvocato in qualità di curatore del minore, il compenso è liquidato applicando i parametri previsti dalle tabelle allegate al presente decreto relative alle procedure e ai giudizi in cui è di volta in volta nominato.”.
Dal momento però che nel caso di specie il curatore speciale del minore non ha svolto attività prettamente “difensive”, ma ha invece compiuto le attività più tipiche del curatore speciale del minore, ossia quella di rappresentare l’interesse del minore nei rapporti con i genitori e con il giudice e di procedere all’ascolto del minore, il Collegio non ritiene applicabile tale norma e ritiene invece di dover determinare il compenso in base a criteri generali stabiliti, come detto, per gli ausiliari del giudice e quindi innanzitutto dell’art. 49 LDPR 115/01 cit. (Agli ausiliari del magistrato spettano l'onorario, l’indennità di viaggio e di soggiorno, le spese di viaggio e il rimborso delle spese sostenute per l'adempimento dell'incarico.”) e dell’art. ART. 51 (L) DPR cit. (“Nel determinare gli onorari variabili il magistrato deve tener conto delle difficoltà, della completezza e del pregio della prestazione fornita”).
Parimenti, quanto alla misura degli onorari ritiene il Collegio applicabile l’art. 50 DPR 115/01 e non rientrando l’attività del curatore in alcuna delle attività per le quali sono previsti onorari a tariffa, deve conseguentemente farsi ricorso agli onorari a vacazioni.
Nella specie quindi, valutando e la difficoltà e la durata dell’incarico, si reputa congruo liquidare 290 vacazioni pari a un compenso di Euro 2.370,00 (non risultano indicate né documentate spese).
L’onere del pagamento dei compensi deve gravare sui genitori esercenti la responsabilità genitoriale, non essendovi motivo alcuno per discostarsi dal principio generale in forza del quale le spese legittimamente dovute in favore dei figli devono essere sostenute innanzitutto dai genitori (artt. 147, 148, 316, 316 bis, 320 c.c.).
Il Collegio sul punto non condivide la diffusa tesi secondo la quale, mutuando l’orientamento consolidatosi presso i tribunali per i minorenni, dovrebbe ritenersi onerato del pagamento del compenso direttamente il minore il quale quindi, in quanto di regola privo di redditi, dovrebbe sempre beneficiare dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato. Si fa leva da parte dei sostenitori di questa tesi anche sulla norma di cui all’art. 76 L DPR 115/02 cit. che consente
- in caso in cui gli interessi del richiedente siano in conflitto con quelli degli altri componenti il nucleo familiare con lui conviventi - di tener conto solo dei redditi del richiedente (in questo caso appunto del solo minore).
Non si ritiene innanzitutto estensibile l’orientamento consolidatosi presso i Tribunali per i minorenni alla generalità dei casi trattati dinanzi al Tribunale ordinario: ed invero, nella grande maggioranza dei casi dinanzi al TO si verte in situazioni in cui i genitori si trovano
ancora nella piena titolarità della responsabilità genitoriale e quindi come tali sono direttamente obbligati col proprio patrimonio a far fronte agli obblighi civili della prole minorenne.
Ma v’è di più: è la stessa nozione di conflitto di interessi che è alla base della norma di cui all’art. 76 L DPR 115/02 che non si attaglia al caso in questione.
Ed invero, tra il genitore esercente la responsabilità genitoriale ed il proprio figlio minore, se anche può sussistere un conflitto di fatto, non può invece sussistere un conflitto di interesse in senso tecnico alla stregua di quello previsto dall’art. 76 L DPR 115/01 in quanto il genitore ha l’obbligo giuridico di perseguire l’interesse vero ed ultimo del figlio minore (e quindi anche eventualmente ove diverso da quello che egli/ella ritenga tale) e, se per individuare quale sia tale vero interesse e per tutelarlo a pieno anche nei confronti del genitore, il tribunale ha nominato un curatore ed è necessario sostenerne le spese, il genitore ha l’obbligo di far fronte a tale spesa per la fondamentale ragione che si tratta comunque di spesa stabilita dal giudice e necessaria nel superiore interesse del figlio minore.
Sarebbe inoltre contrario a giustizia (e dunque probabilmente contrario alle norme costituzionali) far ricadere sull’Erario e dunque sulla collettività, notevolissimi oneri di spesa connessi ai compensi e spese del curatore (attesa l’implementazione che all’istituto ha dato la Riforma Cartabia, munendo alcune ipotesi di nomina obbligatoria addirittura della sanzione della nullità processuale in caso di omessa nomina), oneri cospicui questi spesso derivanti dalle patenti violazioni da parte dei genitori o di uno di essi ai propri basilari doveri nei confronti dei propri figli minori con il risultato che, diversamente opinando, tali genitori si vedrebbero così ingiustificatamente sollevati, magari pur in presenza di una situazione finanziaria florida, dalle conseguenze patrimoniali delle proprie condotte illecite e inadempienti ai propri doveri genitoriali.
Stabilito dunque che l’onere del compenso del curatore del minore spetta ai genitori, si deve applicare, al pari del compenso per gli altri ausiliari del giudice, la regola della soccombenza e deve essere individuato, ove possibile, quale genitore obbligato quello che col proprio comportamento illecito (perché inadempiente ai doveri di genitore, come ad es. al dovere di garantire la bigenitorialità al proprio figlio), ha dato causa alla necessità della nomina del curatore.
Nel caso di specie, per tutto quanto detto in sede di provvedimento principale, dell’onere del compenso dev’essere gravato il resistente.
P.Q.M.
liquida in favore del curatore del minore Avv. * la somma di Euro * oltre accessori di legge a titolo di compensi per l’attività espletata nell’ufficio di curatore del minore.
Pone il pagamento a carico del resistente *. Manda la Cancelleria per gli adempimenti di rito.