Essi vanno forniti sia per la prima che per la successiva domanda di protezione perché non possono ritenersi ne´ assorbiti né fungibili con quelli disposti dall'art. 10 D. Lgs n. 25/2008. Ove gli adempimenti previsti dagli artt. 4 e 5 del Regolamento Dublino III non risultino assolti, la decisione di trasferimento deve essere annullata.
Il Tribunale di Roma accoglieva il ricorso di un cittadino pakistano avverso il provvedimento il quale il Ministero dell'Interno aveva disposto il suo trasferimento in Francia, Paese in cui lo straniero risultava avere già presentato una precedente istanza di protezione internazionale e che aveva comunicato di accettare la...
Svolgimento del processo
Il Tribunale di Roma, con decreto dell’11/3/2020, ha accolto il ricorso di M.I., cittadino del Pakistan, avverso provvedimento del 7/11/2018, notificato il 14/11/2018, con il quale il Ministero dell’Interno-Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione – Direzione Centrale dei servizi Civili per l’Immigrazione e l’Asilo-Unità di Dublino ha disposto, ex art.18.1.b. del Regolamento UE n. 604/2013, Reg.Dublino III, il suo trasferimento in Francia, Paese in cui lo straniero risultava avere già presentato una precedente domanda di protezione internazionale, come risultante dal sistema Eurodac, e che aveva comunicato di accettare la richiesta di ripresa in carico, con annullamento del provvedimento in questione.
In particolare, i giudici hanno ritenuto fondata la doglianza circa l’illegittimità del trasferimento perché disposto in violazione dell’obbligo di informazione preventiva, ex art. 4 Reg. Dublino III, stante anche il mancato espletamento del colloquio personale previsto dall’art. 5 del Regolamento, considerato che, dal verbale prodotto dal Ministero, su «modulo prestampato a risposta necessaria, dal titolo “colloquio personale”,… da riempire con le crocette, che non dà conto della lingua nella quale si è svolto e risulta sottoscritto dal verbalizzante, dal richiedente e da un non identificato mediatore culturale», non emergeva né che fossero state fornite oralmente le informazioni previste dal citato art.4 né che fosse stato consegnato allo straniero l’opuscolo informativo allegato al Regolamento UE; neppure poteva ritenersi sufficiente, al riguardo, il modello C3, redatto al fine di formalizzare la domanda di protezione internazionale, «ove vengono verbalizzate le informazioni utili a tale diverso fine e fornite le informazioni a questo relative».
Avverso la suddetta pronuncia, comunicata il 26/5/2020, il Ministero dell’Interno propone ricorso per cassazione, notificato il 25/6/2020, affidato a due motivi, nei confronti di M.I. (che non svolge difese ).
Con ordinanza interlocutoria n. 30755/2022, la causa è stata rinviata a nuovo ruolo, essendosi rilevato che essa «intercetta la questione dell'interpretazione e dell'applicazione concreta del Regolamento c.d. Dublino III, che e` stata portata all'attenzione della Corte di Giustizia UE con quattro ordinanze di rinvio pregiudiziale sollevate dalla Corte di Cassazione (ordinanza n. 8668/21) e dalle sezioni specializzate in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini UE dei Tribunali di Roma (ordinanza di rimessione del 12.04.2021), Firenze (ordinanza 29.04.2021) e Trieste (ordinanza di rimessione 02.04.2021), con conseguente necessità di dover attendere la decisione la pronuncia della Corte di Giustizia investita della questione, quale giudice deputato all'interpretazione della normativa comunitaria ».
Motivi della decisione
1. Preliminarmente, deve essere disattesa l’istanza di rinvio a nuovo ruolo e di fissazione dell’udienza pubblica ex art. 375 cod. proc. civ., formulata dalla Procura Generale.
All’esito della riformulazione dell’art. 375 cod. proc. civ., operata dal d.lgs. n. 149/2022, la Corte di Cassazione pronuncia in pubblica udienza unicamente nei casi di ricorso per revocazione ex art. 391 quater cod. proc. civ. e di particolare rilevanza della questione di diritto, mentre delibera con ordinanza resa all’esito della camera di consiglio ex art. 380 bis 1 cod. proc. civ., «in ogni altro caso in cui non pronuncia in pubblica udienza» ( art. 375, comma 2, n. 4 quater).
La disposizione delinea un rapporto regola/eccezione secondo cui i ricorsi sono «normalmente» destinati ad essere definiti nel rispetto delle forme previste dall’art. 380 bis 1 cod proc. civ., ossia all’esito di adunanza camerale, salvo che non ricorrano le condizioni indicate nel primo comma dello stesso art. 375 cod. proc. civ., la cui applicabilità, quanto all’ipotesi riferibile all’esercizio del potere nomofilattico, richiede che la questione di diritto sulla quale la Corte è chiamata a pronunciare si presenti di particolare rilevanza che va esclusa, non solo nell’ipotesi in cui la questione medesima non sia nuova, perché già risolta dalla Corte, ma anche qualora il principio di diritto che la Corte è chiamata ad enunciare sia solo apparentemente connotato da novità, perché conseguenza della mera estensione di principi già affermati, sia pure in relazione a fattispecie concrete connotate da diversità rispetto a quelle già vagliate.
Quest’ultima evenienza è quella che ricorre nel caso di specie, in quanto in relazione al presente ricorso in materia di Reg.Dublino n. 604/2013, la soluzione risiede nella piana applicazione della risposta ai quesiti pregiudiziali data dalla Corte di Giustizia nella sentenza n. 228 del 30/11/2023 (Cause riunite C-228/2021, C- 254/2021, C-297/2021, C-315/2021, C-328/2021), in tema di obblighi informativi.
La pronuncia da rendere non presenta quindi i requisiti richiesti dal richiamato comma 1 dell’art. 375 cod. proc. civ.
2. Il ricorrente lamenta: a) con il primo motivo la violazione e falsa applicazione, ex at.360, comma 1, n. 3, c.p.c., degli artt.4 Reg.UE 604/2013 e 10 d.lgs. 25/2008, avendo il Tribunale nella sostanza operato una ingiustificata separazione tra la fase della procedura di determinazione dello stato competente ai fini del Reg.Dublino III e quella di formalizzazione della domanda di protezione internazionale, pur essendo unico il procedimento legato alla domanda di protezione internazionale, «che si declina in un unico opuscolo informativo rilasciato dalla Questura in fase di verbalizzazione della domanda di protezione internazionale», contenente le informazioni «veicolate anche nel caso di specie dal colloquio personale con il mediatore culturale presente»; nel motivo, si afferma poi che l’eventuale violazione delle garanzie procedimentali fissate dal Regolamento UE, per mancata consegna dell’opuscolo informativo, non potrebbe comportare l’annullamento del provvedimento di trasferimento, in quanto atto vincolato, il cui contenuto dispositivo non potrebbe essere modificato (art.21 – octies l.241/1990) ; b) con il secondo motivo, l’omesso esame, ex art.360 n. 5 c.p.c., di fatto decisivo, rappresentato dalla dichiarazione sottoscritta dallo straniero nel modulo C3, circa la ricezione dell’opuscolo informativo.
3. La prima censura è infondata.
3.1. Il quadro normativo.
Il Regolamento Dublino III, n. 604/2013, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide, stabilisce, ai considerando 8 e 9: «È opportuno organizzare un colloquio personale con il richiedente al fine di agevolare la determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale. Non appena sia presentata la domanda di protezione internazionale, il richiedente dovrebbe essere informato dell'applicazione del presente regolamento e della possibilità, nel corso del colloquio, di fornire informazioni sulla presenza negli Stati membri di familiari, parenti o persone legate da altri vincoli di parentela, al fine di agevolare il processo di determinazione dello Stato membro competente»; «Al fine di assicurare una protezione efficace dei diritti degli interessati, si dovrebbero stabilire garanzie giuridiche e il diritto a un ricorso effettivo avverso le decisioni relative ai trasferimenti verso lo Stato membro competente, ai sensi, in particolare, dell'articolo 47 della [Carta]. Al fine di garantire il rispetto del diritto internazionale è opportuno che un ricorso effettivo avverso tali decisioni verta tanto sull'esame dell'applicazione del presente regolamento quanto sull'esame della situazione giuridica e fattuale dello Stato membro in cui il richiedente è trasferito».
L'articolo 4 di detto regolamento, intitolato «Diritto di informazione», è così formulato: «1. Non appena sia presentata una domanda di protezione internazionale ai sensi dell'articolo 20, paragrafo 2, in uno Stato membro, le autorità competenti dello stesso informano il richiedente dell'applicazione del presente regolamento, specificando in particolare: a) le finalità del presente regolamento e le conseguenze dell'eventuale presentazione di un'altra domanda in uno Stato membro diverso, nonché le conseguenze dello spostarsi da uno Stato membro a un altro durante le fasi in cui si determina lo Stato membro competente ai sensi del presente regolamento e in cui è esaminata la domanda di protezione internazionale; b) i criteri di determinazione dello Stato membro competente, la gerarchia di tali criteri nelle varie fasi della procedura e la loro durata, compreso il fatto che una domanda di protezione internazionale presentata in uno Stato membro può comportare che tale Stato membro diventi competente ai sensi del presente regolamento anche se tale competenza non si basi su tali criteri; c) il colloquio personale ai sensi dell'articolo 5 e la possibilità di presentare informazioni relative alla presenza di familiari, parenti o persone legate da altri vincoli di parentela negli Stati membri, compresi i modi in cui il richiedente può presentare tali informazioni; d) la possibilità di impugnare una decisione di trasferimento e, ove applicabile, di chiedere la sospensione del trasferimento; e) il fatto che le autorità competenti degli Stati membri possono scambiarsi dati relativi al richiedente al solo scopo di rispettare i loro obblighi derivanti dal presente regolamento; f) il diritto di accesso ai propri dati e il diritto di chiedere che tali dati siano rettificati se inesatti o che siano cancellati se trattati illecitamente, nonché le procedure da seguire per esercitare tali diritti, compresi gli estremi delle autorità di cui all'articolo 35 e delle autorità nazionali garanti per la protezione dei dati personali che sono responsabili in merito alla tutela dei dati personali. 2. Le informazioni di cui al paragrafo 1 sono fornite al richiedente per iscritto in una lingua che il richiedente comprende o che ragionevolmente si suppone a lui comprensibile. A questo fine gli Stati membri si avvalgono dell'opuscolo comune redatto conformemente al paragrafo 3. Ove necessario per la corretta comprensione del richiedente, le informazioni sono fornite anche oralmente, ad esempio in relazione con il colloquio personale di cui all'articolo 5. 3. La Commissione [europea], mediante atti di esecuzione, redige un opuscolo comune, nonché un apposito opuscolo per i minori non accompagnati, contenenti quanto meno le informazioni di cui al paragrafo 1 del presente articolo. Detto opuscolo comune contiene anche informazioni riguardanti l'applicazione del [regolamento Eurodac] e, in particolare, lo scopo per il quale i dati di un richiedente possono essere trattati nell'ambito di Eurodac. L'opuscolo comune è realizzato in modo da consentire agli Stati membri di completarlo con informazioni aggiuntive specifiche per ciascuno Stato membro. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di esame di cui all'articolo 44, paragrafo 2, del presente regolamento».
Ai sensi dell'articolo 5 del medesimo regolamento, intitolato «Colloquio personale»: «1. Al fine di agevolare la procedura di determinazione dello Stato membro competente, lo Stato membro che ha avviato la procedura di determinazione effettua un colloquio personale con il richiedente. Il colloquio permette anche la corretta comprensione delle informazioni fornite al richiedente ai sensi dell'articolo 4. 2. Il colloquio personale può non essere effettuato qualora: a) il richiedente sia fuggito; o b) dopo aver ricevuto le informazioni di cui all'articolo 4, il richiedente abbia già fornito informazioni pertinenti per determinare lo Stato membro competente in altro modo. Gli Stati membri che non effettuano il colloquio offrono al richiedente l'opportunità di presentare ogni altra informazione pertinente per determinare correttamente lo Stato membro competente prima che sia adottata la decisione di trasferire il richiedente verso lo Stato membro competente ai sensi dell'articolo 26, paragrafo 1.3. Il colloquio personale si svolge in tempo utile e, in ogni caso, prima che sia adottata la decisione di trasferire il richiedente verso lo Stato membro competente ai sensi dell'articolo 26, paragrafo 1. 4. Il colloquio personale è effettuato in una lingua che il richiedente comprende o che ragionevolmente si suppone a lui comprensibile e nella quale questi è in grado di comunicare. Ove necessario, gli Stati membri si avvalgono di un interprete che sia in grado di garantire una comunicazione adeguata tra il richiedente e la persona che effettua il colloquio personale. 5. Il colloquio personale si svolge in condizioni tali da garantire un'adeguata riservatezza. Esso è condotto da una persona qualificata a norma del diritto nazionale. 6. Lo Stato membro che effettua il colloquio personale redige una sintesi scritta dello stesso che contenga almeno le principali informazioni fornite dal richiedente durante il colloquio. Tale sintesi può assumere la forma di una relazione o di un modulo standard. Lo Stato membro provvede affinché il richiedente e/o l'avvocato o altro consulente legale che rappresenta il richiedente abbiano tempestivamente accesso alla sintesi».
L'articolo 16 bis del regolamento n. 1560/2003, come modificato dal regolamento di esecuzione (UE) n. 118/2014 della Commissione del 30 gennaio 2014, intitolato «Opuscoli informativi per i richiedenti protezione internazionale», così dispone: «1. Nell'allegato X figura un opuscolo comune che informa tutti i richiedenti protezione internazionale sulle disposizioni del [regolamento Dublino III] e sull'applicazione del [regolamento Eurodac]».
L'allegato X al regolamento n. 1560/2003 contiene quindi un modello dell'opuscolo comune menzionato all'articolo 4, paragrafi 2 e 3 del regolamento Dublino III e all'articolo 29, paragrafo 3, del regolamento Eurodac, n. 603/2013. La parte A di tale allegato, intitolata «Informazioni sul regolamento Dublino per i richiedenti protezione internazionale, a norma dell'articolo 4 del [regolamento Dublino III]», raggruppa un certo numero di spiegazioni relative alla procedura di determinazione dello Stato membro competente e alla sua applicazione concreta nonché all'applicazione del regolamento Eurodac, informazioni relative ai diritti dell'interessato nonché diverse raccomandazioni e domande per l'interessato dirette al corretto svolgimento di tale procedura. La parte B di detto allegato, intitolata «La procedura Dublino - Informazioni per i richiedenti protezione internazionale soggetti alla procedura Dublino, a norma dell'articolo 4 del [regolamento Dublino III]», contiene il modello di opuscolo comune che viene consegnato all'interessato quando le autorità nazionali competenti hanno ragione di ritenere che un altro Stato membro possa essere competente per l'esame della richiesta di protezione internazionale. Essa prevede spiegazioni più specifiche relative alla procedura applicabile nella fattispecie nonché, anche in questo caso, informazioni sui diritti dell'interessato e diverse raccomandazioni e domande per l'interessato dirette al corretto svolgimento della procedura.
3.2. Questa Corte, già nella ordinanza n. 37044/2021, non massimata, in controversia in cui l’Unità di Dublino ricorrente lamentava (a fronte dell’annullamento da parte del Tribunale adito della decisione di trasferimento per violazione degli obblighi informativi) che fosse sufficiente, ai fini del rispetto dell’obbligo di cui all’art.4 del Reg. 604/2013, la consegna dell'opuscolo informativo di cui all'art. 10 del D. Lgs. n. 25 del 2008, la cui consegna allo straniero richiedente asilo era attestata dal cd. modello C3 che lo stesso sottoscrive all'atto della presentazione della domanda di protezione internazionale, ha affermato che il mancato rispetto, da parte dell'autorita` dello Stato membro, delle garanzie di cui ai richiamati artt. 4 e 5 del Nuovo Regolamento di Dublino non puo`, quindi, essere ovviato con una conoscenza acquisita aliunde dall'interessato, poiche´ in tal modo si frustrerebbe l'esigenza di uniforme trattamento dello straniero in tutto in territorio dell'Unione che e` evidentemente alla base della norma eurounitaria in esame»; in motivazione, si è osservato che l'ambito del dovere informativo previsto dal Regolamento di Dublino III è ben piu` ampio di quello delineato dall'art. 10, commi 4 e 5, del D. Lgs. n. 25 del 2008, trattandosi di una informazione «ad ampio spettro, finalizzata ad assicurare l'effettivita` e l'uniformita` della tutela del richiedente asilo e ad evitare che esso diventi l'oggetto, anziche´ il soggetto, del procedimento che lo riguarda e che e` finalizzato ad individuare lo Stato competente all'esame della sua domanda» e che l’opuscolo, da consegnare prima del colloquio, deve rispettare il contenuto predeterminato direttamente dalla norma eurounitaria, mentre il colloquio personale «si deve svolgere prima dell'adozione del provvedimento di trasferimento, in una lingua comprensibile per il richiedente, con l'assistenza di un interprete, se necessario, in modo riservato, e con verbalizzazione o altra sintesi scritta che sia resa accessibile al richiedente ed al suo difensore o consulente».
Questa Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 17963 del 2020, ha affermato che « Le garanzie informative e partecipative di cui agli artt. 4 e 5 del Reg. UE n. 604 del 2013 (cd. nuovo regolamento di Dublino o Dublino III), che vanno assicurate allo straniero sottoposto a procedimento di trasferimento presso altro Stato dell'Unione Europea, che sia competente ad esaminare la sua domanda di protezione internazionale, sono finalizzate a garantire l'effettività ed uniformità dell'informazione, nonché del trattamento del procedimento di trasferimento, in tutto il territorio dell'Unione.
Ne consegue che la loro inosservanza determina la nullità del provvedimento di trasferimento, senza che rilevi, in senso contrario, l'eventuale loro conoscenza acquisita "aliunde" da parte dello straniero, né la mancata allegazione o dimostrazione, da parte dell'interessato, di uno specifico "vulnus" al suo diritto di azione e difesa, giacché il rispetto della della citata normativa eurounitaria, finalizzata ad assicurare il trattamento uniforme della procedura di trasferimento in tutto il territorio dell'Unione, non può essere condizionata dalle modalità con cui, in concreto, i singoli interessati reagiscono alla sua eventuale violazione» (conf. Cass. 24493/2021).
3.3. La Corte di Giustizia, nella recente sentenza n. 228 del 30/11/2023, nel pronunciarsi su di una serie di questioni pregiudiziali sollevate dalla Corte di Cassazione (causa C- 228/2021) e da vari giudici di merito nazionali (Cause C-254/2021, C-297/2021, C-315/2021, C-328/2021), nell’ambito di controversie vertenti sulla legittimità delle decisioni di trasferimento emesse, in forza del Regolamento Dublino III, art.18, lett. b) (ipotesi che concerne la ripresa in carico di persona che ha presentato in precedenza una domanda di protezione internazionale in un altro Stato membro in cui essa è in corso d'esame) o d) (ipotesi relativa alla ripresa in carico di persona che ha presentato in precedenza una domanda di protezione internazionale in un altro Stato membro in cui essa è stata respinta), dal Ministro dell’Interno, al fine della ripresa in carico degli interessati da parte dello Stato membro richiesto, ha affermato i seguenti principi, in relazione alle questioni pregiudiziali concernenti gli obblighi informativi (che interessano il presente giudizio): a) «80... l'articolo 4 del regolamento Dublino III richiede la consegna dell'opuscolo comune non appena sia presentata una domanda di protezione internazionale, indipendentemente dal fatto che si tratti, o meno, di una prima domanda», dovendo tale consegna intervenire «al più tardi», in base all’art.29 del Regolamento Eurodac, al momento della trasmissione delle impronte digitali acquisite al sistema centrale «indipendentemente dalla questione se tale persona abbia, o meno, presentato in precedenza una domanda di protezione internazionale in un altro Stato membro» (par.84); b) l'opuscolo comune contenuto nell'allegato X al regolamento Eurodac è volto a informare «tutti» i richiedenti protezione internazionale in merito alle disposizioni del regolamento Dublino III e sul regolamento Eurodac ed è suddiviso in due parti, ossia la parte A e la parte B (par. 87), entrambe da consegnare (par. 90);
c) la consegna dell’opuscolo comune è prescritta anche nella procedura di ripresa in carico, in quanto «la questione della determinazione dello Stato membro competente non è necessariamente definitivamente chiusa» in detta fase (par. 94) e l’interessato potrebbe (par. 97) offrire elementi di prova utili (relativi, ad es., ad una cessazione delle competenze dello Stato membro richiesto o al mancato rispetto del termine di presentazione della domanda di ripresa in carico o al mancato rispetto da parte dello stato richiedente del termine di trasferimento o all’esistenza di carenze sistemiche nello stato membri richiesto o all’esistenza, tenuto conto dello stato di salute dell’interessato, di un rischio reale e acclarato di trattamenti inumani o degradanti in caso di trasferimento nello Stato membro richiesto) così da modificare la determinazione dello Stato membro competente avvenuta in precedenza in un altro Stato membro o influire su una siffatta determinazione (par. 100); d) «l'articolo 4 del regolamento Dublino III e l'articolo 29 del regolamento Eurodac devono essere interpretati nel senso che l'obbligo di fornire le informazioni in essi contemplate, in particolare l'opuscolo comune, si impone tanto nell'ambito di una prima domanda di protezione internazionale e di una procedura di presa in carico, previste rispettivamente dall'articolo 20, paragrafo 1, e dall’articolo 21 paragrafo 1, del regolamento Dublino III, quanto nell'ambito di una domanda di protezione internazionale successiva e di una situazione, come quella di cui all'articolo 17, paragrafo 1, del regolamento Eurodac, che possono dar luogo a procedure di ripresa in carico previste dall'articolo 23, paragrafo 1, e dall'articolo 24, paragrafo 1, del regolamento Dublino III» (punto 102); e) quanto al colloquio personale, prescritto dall’art.5, esso, a differenza dell'opuscolo comune che è volto a informare l'interessato in merito all'applicazione del regolamento Dublino III, « costituisce il modo per verificare che tale interessato comprenda le informazioni contenute in tale opuscolo e rappresenta un'occasione privilegiata, se non la garanzia, per esso, di poter comunicare all'autorità competente elementi d'informazione che possono portare lo Stato membro interessato a non rivolgere a un altro Stato membro una richiesta di ripresa in carico e persino, se del caso, a impedire il trasferimento di detta persona» (par. 105); f) l’obbligo di svolgere il colloquio personale contemplato nell’art.5 «si impone tanto nell'ambito di una prima domanda di protezione internazionale e di una procedura di presa in carico, previste rispettivamente dall'articolo 20, paragrafo 1, e dall'articolo 21, paragrafo 1, del regolamento Dublino III, quanto nell'ambito di una domanda di protezione internazionale successiva e di una situazione, come quella di cui all'articolo 17, paragrafo 1, del regolamento Eurodac, che possono dar luogo a procedure di ripresa in carico previste dall'articolo 23, paragrafo 1, e dall'articolo 24, paragrafo 1, del regolamento Dublino III» (par. 106).
Chiariti il contenuto e le finalità degli obblighi informativi prescritti dagli artt. 4 e 5 del Regolamento Dublino III, la Corte UE , sulla questione delle conseguenze da trarre dalla violazione dei suddetti obblighi, ha chiarito che il diritto della persona destinataria di un trasferimento ad un ricorso effettivo avverso tale decisione, ai sensi dell’art.27, par.1, del Regolamento in esame, ricorso che «deve poter avere ad oggetto tanto il rispetto delle norme che assegnano la competenza per l'esame di una domanda di protezione internazionale quanto le garanzie procedurali stabilite dal regolamento medesimo [sentenza del 15 aprile 2021, État belge (Elementi successivi alla decisione di trasferimento), C-194/19, EU:C:2021:270, punto 34 e giurisprudenza ivi citata]» e quindi anche la violazione degli obblighi previsti dagli artt.4 e 5, la mancata consegna dell'opuscolo comune, nonché il mancato svolgimento del colloquio personale (par. da 107 a 110). Il Regolamento Eurodac non fornisce risposta in ordine alle conseguenze che possono discendere dalla violazione degli obblighi informativi, cosicché, in mancanza di una normativa eurounitaria, «spetta, in virtù del principio di autonomia processuale, all'ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilire le modalità processuali dei ricorsi giurisdizionali intesi a garantire la salvaguardia dei diritti dei singoli, a condizione tuttavia che esse non siano meno favorevoli rispetto a quelle relative a situazioni analoghe assoggettate al diritto interno (principio di equivalenza) e che non rendano in pratica impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti conferiti dal diritto dell'Unione (principio di effettività) [sentenza del 15 aprile 2021, État belge (Elementi successivi alla decisione di trasferimento), C-194/19, EU:C:2021:270, punto 42 e giurisprudenza ivi citata; ... sentenza del 16 luglio 2020, Addis, C-517/17, EU:C:2020:579, punti 56 e 57, nonché giurisprudenza ivi citata)».
La Corte di Giustizia tuttavia, in considerazione del rilievo, da parte dei giudici italiani, circa la difficoltà di ricavare dal diritto nazionale «conseguenze giuridiche in modo certo», in relazione al rispetto del principio di effettività, richiamati i principi già affermati nella sentenza del 16 luglio 2020, Addis (C-517/17, sentenza pronunciata in relazione a una situazione in cui un cittadino di paese terzo, già beneficiario dello status di rifugiato in uno Stato membro, contestava all'autorità competente di un altro Stato membro in cui aveva presentato un'altra domanda di protezione internazionale, di non averlo ascoltato prima del rigetto, in quanto inammissibile, della sua domanda di asilo in forza dell'articolo 33, paragrafo 2, lettera a), della direttiva «procedure»), ha chiarito che: a) quanto alla mancanza del colloquio personale, fatta eccezione delle ipotesi descritte al par.2 dell’art.5 (nelle quali l’obbligo di effettuare il colloquio è escluso), la decisione di trasferimento deve essere annullata «a seguito di ricorso presentato avverso quest'ultima ai sensi dell'articolo 27 di detto regolamento e che contesta la mancanza del colloquio personale previsto da detto articolo 5, a meno che la normativa nazionale consenta all'interessato, nell'ambito di detto ricorso, di esporre di persona tutti i suoi argomenti avverso tale decisione nel corso di un'audizione che rispetti le condizioni e le garanzie enunciate in quest'ultimo articolo, e che tali argomenti non siano atti a modificare detta decisione» (par. 124-128); b) qualora invece il colloquio personale sia stato svolto ma non sia stato consegnato «prima dello svolgimento di detto colloquio» l’opuscolo comune, secondo quanto previsto dall'articolo 4 del regolamento Dublino III o dall'articolo 29, paragrafo 1, lettera b), del regolamento Eurodac, «il giudice nazionale incaricato di valutare la legittimità della decisione di trasferimento può pronunciare l'annullamento di tale decisione solo se ritiene, tenuto conto delle circostanze di fatto e di diritto specifiche del caso di specie, che, nonostante lo svolgimento del colloquio personale, la mancata consegna dell'opuscolo comune abbia effettivamente privato tale persona della possibilità di far valere i propri argomenti in misura tale che il procedimento amministrativo nei suoi confronti avrebbe potuto condurre a un risultato diverso» (par. 125-128).
3.4. Orbene, l’Amministrazione – Unità Dublino ricorrente ritiene di avere assolto i propri obblighi informativi attraverso la raccolta delle dichiarazioni verbalizzate in fase di colloquio personale e di compilazione del modello C3, contenente le stesse informazioni del modulo sul colloquio personale effettuato in fase di formalizzazione della richiesta di protezione internazionale.
L’Amministrazione assume altresì che la consegna dell’opuscolo informativo, prescritto dall’art.4 del Reg.604/2013 (conforme all’Allegato X del Reg.Eurodac), si ricava dalla sottoscrizione apposta dal ricorrente (con assistenza di un mediatore culturale).
Ma, come correttamente rilevato dal Tribunale, la raccolta delle dichiarazioni necessarie alla compilazione del modello C3, su modulo prestampato «… da riempire con le crocette, che non da` conto della lingua nella quale si è svolto» non prova né l’effettuazione del colloquio personale con le garanzie previste dal Regolamento in esame né la consegna di un opuscolo informativo rispettoso del modello standard presente nell’Allegato X indicato.
Invero, pur nell’ambito di un procedimento unitario, gli obblighi informativi a carico dell’Amministrazione competente sono diversi:
a) quelli delineati dall’art.10 d.lgs. n. 25/2008, emanato in attuazione della Direttiva c.d. Procedure (2005/85/CE), in generale, per i richiedenti protezione internazionale; b) quelli, di contenuto più ampio, prescritti dagli artt. 4 («Diritto d’informazione», implicante l’obbligo di consegna preventiva di un opuscolo contenuto nell'allegato X al Regolamento UE, c.d. Eurodac, n. 603 del 2013) e 5 («Colloquio personale») del Regolamento n. 604 del Reg. UE del 26 giugno 2013, c.d. Dublino III, nel dichiarato obiettivo di consentire al richiedente di fornire all'autorità tutte le informazioni utili ad individuare lo Stato membro competente all'esame della sua domanda di protezione internazionale. L’onere di provare il corretto assolvimento delle garanzie partecipative e degli obblighi informativi ricade sull’Amministrazione - Unità di Dublino, operante presso il Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione del Ministero dell'Interno.
E il ricorso non offre elementi utili al fine di confutare l’accertamento del Tribunale, assumendo il ricorrente essenzialmente la sostanziale equipollenza tra le due forme di informativa. L’amministrazione non richiama neppure il contenuto dei due strumenti di informazione e quindi non consente a questa Corte la verifica, in concreto, della fondatezza della tesi prospettata.
Non ricorre poi il vizio motivazionale denunciato (in ordine alla sottoscrizione apposta dallo straniero sul modulo attestante la consegna dell’opuscolo informativo), avendo il Tribunale ritenuto che difettasse la dimostrazione della consegna di un opuscolo conforme al modello uniforme previsto dal Regolamento.
In ogni caso, alla luce dei principi affermati dalla Corte di Giustizia nella recente pronuncia e della giurisprudenza ivi richiamata, la violazione dell’obbligo prescritto dall’art.4 del reg.Dublino III rileva solo in caso di corretta e completa esecuzione del colloquio personale, il che nella specie non risulta essere avvenuto.
3.5. Quanto alle conseguenze delle accertate violazioni, il Tribunale ha, nella fattispecie, annullato la decisione di trasferimento.
L’Amministrazione ricorrente si limita a dedurre che mere irregolarità o anche vizi di legittimità non possono mai incidere sul contenuto dispositivo del provvedimento amministrativo adottato, a carattere vincolato, ai sensi dell’art.21-octies l.241/1990.
Ma, come rilevato dalla Corte di Giustizia il rispetto delle garanzie procedurali in esame (gli obblighi informativi prescritti dagli artt.4 e 5 del Regolamento Dublino III) assolve anche alla finalità di assicurare il diritto della persona destinataria di un trasferimento ad un ricorso effettivo avverso tale decisione, ai sensi dell’art.27, cosicché la decisione deve essere annullata «a seguito di ricorso presentato avverso quest'ultima ai sensi dell'articolo 27 di detto regolamento e che contesta la mancanza del colloquio personale previsto da detto articolo 5, a meno che la normativa nazionale consenta all'interessato, nell'ambito di detto ricorso, di esporre di persona tutti i suoi argomenti avverso tale decisione nel corso di un'audizione che rispetti le condizioni e le garanzie enunciate in quest'ultimo articolo, e che tali argomenti non siano atti a modificare detta decisione» (par. 124-128).
In mancanza di altre deduzioni difensive la censura è infondata.
4. Per tutto quanto sopra esposto, va respinto il ricorso.
Non v’è luogo a provvedere sulle spese, non avendo l’intimato svolto attività difensiva.
Considerato che, come già chiarito dalla giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 1778 del 2016; Cass. n. 5955 del 2014; nonché, in senso conforme, le piu` recenti Cass. n. 20682 del 2020; Cass. n. 395 del 2021; Cass., SU, n. 24413 del 2021; Cass. n. 11965 del 2022), l'obbligo di versare, ai sensi dell'art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato non puo` trovare applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo, questo Collegio, malgrado l'adottata pronuncia di rigetto della odierna impugnazione, puo` esimersi (cfr. Cass., SU. n. 4315 del 2020) dal rendere l'attestazione della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento del contributo predetto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.