Spetta al giudice di merito verificare l'adempimento di tali obblighi. In caso negativo, dovrà annullare la decisione di trasferimento.
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«ove il giudice di merito verifichi che è mancato il colloquio di cui all'art. 5 del Reg. Dubino III dovrà annullare la decisione di trasferimento, salvo che le garanzie informative siano state recuperate tramite una audizione personale che rispetti i termini e le condizioni dati dal citato art. 5, e gli argomenti esposti di persona del richiedente asilo non siano comunque idonei a modificare la decisione. Ove il colloquio sia avvenuto ma sia mancata la consegna dell'opuscolo previsto dall'art. 4 dello stesso regolamento (ovvero sia stato consegnato un opuscolo non conforme al modello comune) la decisione di trasferimento dovrà essere annullata solo se nonostante lo svolgimento del colloquio personale, la mancata consegna dell'opuscolo comune abbia effettivamente privato tale persona della possibilità di far valere i propri argomenti in misura tale che il procedimento amministrativo nei suoi confronti avrebbe potuto condurre a un risultato diverso». |
Questo il principio di diritto affermato dalla Cassazione con ordinanza n. 24097 del 9 settembre 2024 in una controversia avente ad oggetto la domanda di protezione internazionale presentata da un cittadino iracheno.
Quest'ultimo aveva avanzato ricorso avverso il provvedimento con il quale l'Unità di Dublino, in sede di verifica della competenza ad esaminare la domanda, aveva disposto la ripresa in carico e trasferimento del richiedente asilo in Germania.
Il Tribunale di Ancora respingeva il ricorso e anche l'eccezione di mancato assolvimento degli obblighi informativi. A tal proposito, sosteneva che «nelle procedure di ripresa in carico gli obblighi informativi e di colloquio di cui agli artt. 4 e 5 del regolamento Dublino III non possono avere rilievo alcuno, essendo chiaramente finalizzati a istaurare il contraddittorio con il richiedente asilo solo in sede di presentazione della prima domanda».
La controversia giunge in Cassazione, dove il richiedente deduce che non risulta provato, da parte dell'Unità Dublino, che egli sia stato sentito dalla Commissione istituita per l'esame dei richiedenti asilo in Germania e sia comparso in una pubblica udienza.
Quanto alle procedure svoltesi in Italia, viene contestato che sia mai stato consegnato alcun opuscolo contenente le necessarie informazioni relative alla procedura di richiesta di asilo, diversamente da quanto invece prescritto dall'art. 4 del regolamento UE n. 604/2013.
Per la Cassazione le doglianze sono fondate. Nelle sue argomentazioni, la Corte ripercorre anzitutto la normativa e la giurisprudenza sul tema, da cui desume l'errore in cui è incorso il Tribunale: ritenere che nelle procedure di ripresa in carico non siano necessari gli adempimenti ex artt. 4 e 5 del Reg. Dublino III e che gli obblighi informativi previsti dal predetto regolamento possano considerarsi assolti con la sottoscrizione del mod C3.
Entrambi gli adempimenti sono necessari - pur se sono diverse le conseguenze della omissione- anche nelle procedure di riresa in carico, poiché la parte può prospettare questioni nuove o ulteriori idonee ad incidere sulla competenza o comunque ad impedire il trasferimento.
Per questi motivi, la Cassazione accoglie il ricorso.
Svolgimento del processo
Il Tribunale di Ancona ha respinto il ricorso di A.M. -cittadino iracheno che aveva presentato in Italia domanda di protezione internazionale- avverso il provvedimento, notificato in data 22.1.2021, con il quale l’Unità Dublino, in sede di verifica della competenza ad esaminare la domanda, aveva disposto la ripresa in carico e trasferimento del richiedente asilo in Germania, Stato che in data 21.10.2020 aveva comunicato di accettare la richiesta di ripresa in carico in base all’art. 18 lett. d) del regolamento europeo n. 604/2013 (Dublino III).
Il Tribunale ha respinto le difese relative al rischio di respingimento indiretto e al mancato ricorso alla clausola discrezionale, rilevando che non risultano nel paese di destinazione carenze sistemiche o rischi per la salute dell’interessato e ha respinto altresì l’eccezione di mancato assolvimento degli obblighi informativi. Il Tribunale ha osservato che nelle procedure di ripresa in carico gli obblighi informativi e di colloquio di cui agli artt. 4 e 5 del regolamento Dublino III non possono avere rilievo alcuno, essendo chiaramente finalizzati a istaurare il contraddittorio con il richiedente asilo solo in sede di presentazione della prima domanda. Ha inoltre osservato che la mera violazione di una norma procedurale, che non incide in alcun modo sulla decisione finale del procedimento, non rileva e che il ricorrente si è limitato a dolersi del mancato assolvimento degli obblighi informativi e di colloquio senza indicare quale lesione al proprio diritto soggettivo sia stata determinata da tale violazione; inoltre, evidenzia che vi è in atti il mod. C3 che il ricorrente ha sottoscritto.
Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso l’interessato, affidandosi a due motivi.
L’ Avvocatura dello Stato non costituita tempestivamente, ha presentato istanza per la partecipazione all'eventuale discussione orale.
Motivi della decisione
1.- Con il primo motivo del ricorso si lamenta ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c. la violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto in riferimento agli artt. 10, c. 3 Cost., 4, 5 e 6 del Regolamento europeo 604/2013 e art. 10 del D.lgs. 25/2008.
Il ricorrente deduce che non risulta provato, da parte dell’Unità Dublino, che egli sia stato sentito dalla Commissione istituita per l'esame dei richiedenti asilo in Germania e sia comparso in una pubblica udienza; inoltre, non risulta che gli siano mai stati spiegati i motivi del rigetto, né che gli sia mai stata consegnata copia della documentazione relativa alla sua richiesta. Il ricorrente contesta inoltre, quanto alle procedure svoltesi in Italia, che sia mai stato consegnato alcun opuscolo contenente le necessarie informazioni relative alla procedura di richiesta di asilo, diversamente da quanto invece prescritto dall’art. 4 del regolamento UE n. 604/2013; che la redazione del c.d. modello C3 non assolve ad alcuna delle funzioni proprie di cui all’art. 4 del Regolamento citato e che la prova degli adempimenti, deve essere data dall’autorità amministrativa.
2.- Con il secondo motivo del ricorso si lamenta ai sensi dell’art 360 n. 5 c.p.c. l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione. Il ricorrente richiamando quanto esposto in relazione al motivo n. 1, osserva che risulta in ogni caso un omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, perché il Tribunale ha omesso di svolgere qualsiasi verifica circa l’effettivo assolvimento degli obblighi di cui ai già richiamati artt. 4 e 5 del regolamento UE 604/2013, limitandosi ad affermare che il ricorrente avrebbe dovuto allegare e dimostrare il concreto pregiudizio causato alle proprie prerogative difensive.
3.- I motivi sono fondati
3.1.- Il regolamento Dublino III, n. 604 del 2013, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo o da un apolide, coì si esprime ai considerando 8 e 9: "È opportuno organizzare un colloquio personale con il richiedente al fine di agevolare la determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda di protezione internazionale. Non appena sia presentata la domanda di protezione internazionale, il richiedente dovrebbe essere informato dell'applicazione del presente regolamento e della possibilità, nel corso del colloquio, di fornire informazioni sulla presenza negli Stati membri di familiari, parenti o persone legate da altri vincoli di parentela, al fine di agevolare il processo di determinazione dello Stato membro competente"; "Al fine di assicurare una protezione efficace dei diritti degli interessati, si dovrebbero stabilire garanzie giuridiche e il diritto a un ricorso effettivo avverso le decisioni relative ai trasferimenti verso lo Stato membro competente, ai sensi, in particolare, dell'articolo 47 della (Carta). Al fine di garantire il rispetto del diritto internazionale è opportuno che un ricorso effettivo avverso tali decisioni verta tanto sull'esame dell'applicazione del presente regolamento quanto sull'esame della situazione giuridica e fattuale dello Stato membro in cui il richiedente è trasferito".
L'articolo 4 di detto regolamento, intitolato "Diritto di informazione", è così formulato: "1. Non appena sia presentata una domanda di protezione internazionale ai sensi dell'articolo 20, paragrafo 2, in uno Stato membro, le autorità competenti dello stesso informano il richiedente dell'applicazione del presente regolamento, specificando in particolare: a) le finalità del presente regolamento e le conseguenze dell'eventuale presentazione di un'altra domanda in uno Stato membro diverso, nonché le conseguenze dello spostarsi da uno Stato membro a un altro durante le fasi in cui si determina lo Stato membro competente ai sensi del presente regolamento e in cui è esaminata la domanda di protezione internazionale; b) i criteri di determinazione dello Stato membro competente, la gerarchia di tali criteri nelle varie fasi della procedura e la loro durata, compreso il fatto che una domanda di protezione internazionale presentata in uno Stato membro può comportare che tale Stato membro diventi competente ai sensi del presente regolamento anche se tale competenza non si basi su tali criteri; c) il colloquio personale ai sensi dell'articolo 5 e la possibilità di presentare informazioni relative alla presenza di familiari, parenti o persone legate da altri vincoli di parentela negli Stati membri, compresi i modi in cui il richiedente può presentare tali informazioni; d) la possibilità di impugnare una decisione di trasferimento e, ove applicabile, di chiedere la sospensione del trasferimento; e) il fatto che le autorità competenti degli Stati membri possono scambiarsi dati relativi al richiedente al solo scopo di rispettare i loro obblighi derivanti dal presente regolamento; f) il diritto di accesso ai propri dati e il diritto di chiedere che tali dati siano rettificati se inesatti o che siano cancellati se trattati illecitamente, nonché le procedure da seguire per esercitare tali diritti, compresi gli estremi delle autorità di cui all'articolo 35 e delle autorità nazionali garanti per la protezione dei dati personali che sono responsabili in merito alla tutela dei dati personali. 2. Le informazioni di cui al paragrafo 1 sono fornite al richiedente per iscritto in una lingua che il richiedente comprende o che ragionevolmente si suppone a lui comprensibile. A questo fine gli Stati membri si avvalgono dell'opuscolo comune redatto conformemente al paragrafo 3. Ove necessario per la corretta comprensione del richiedente, le informazioni sono fornite anche oralmente, ad esempio in relazione con il colloquio personale di cui all'articolo 5. 3. La Commissione (europea), mediante atti di esecuzione, redige un opuscolo comune, nonché un apposito opuscolo per i minori non accompagnati, contenenti quanto meno le informazioni di cui al paragrafo 1 del presente articolo. Detto opuscolo comune contiene anche informazioni riguardanti l'applicazione del (regolamento Eurodac) e, in particolare, lo scopo per il quale i dati di un richiedente possono essere trattati nell'ambito di Eurodac. L'opuscolo comune è realizzato in modo da consentire agli Stati membri di completarlo con informazioni aggiuntive specifiche per ciascuno Stato membro. Tali atti di esecuzione sono adottati secondo la procedura di esame di cui all'articolo 44, paragrafo 2, del presente regolamento".
L'articolo 5 del medesimo regolamento, intitolato "Colloquio personale" così dispone: "1. Al fine di agevolare la procedura di determinazione dello Stato membro competente, lo Stato membro che ha avviato la procedura di determinazione effettua un colloquio personale con il richiedente. Il colloquio permette anche la corretta comprensione delle informazioni fornite al richiedente ai sensi dell'articolo 4. 2. Il colloquio personale può non essere effettuato qualora: a) il richiedente sia fuggito; o b) dopo aver ricevuto le informazioni di cui all'articolo 4, il richiedente abbia già fornito informazioni pertinenti per determinare lo Stato membro competente in altro modo. Gli Stati membri che non effettuano il colloquio offrono al richiedente l'opportunità di presentare ogni altra informazione pertinente per determinare correttamente lo Stato membro competente prima che sia adottata la decisione di trasferire il richiedente verso lo Stato membro competente ai sensi dell'articolo 26, paragrafo 1.3. Il colloquio personale si svolge in tempo utile e, in ogni caso, prima che sia adottata la decisione di trasferire il richiedente verso lo Stato membro competente ai sensi dell'articolo 26, paragrafo 1. 4. Il colloquio personale e effettuato in una lingua che il richiedente comprende o che ragionevolmente si suppone a lui comprensibile e nella quale questi e in grado di comunicare. Ove necessario, gli Stati membri si avvalgono di un interprete che sia in grado di garantire una comunicazione adeguata tra il richiedente e la persona che effettua il colloquio personale. 5. Il colloquio personale si svolge in condizioni tali da garantire un'adeguata riservatezza. Esso e condotto da una persona qualificata a norma del diritto nazionale. 6. Lo Stato membro che effettua il colloquio personale redige una sintesi scritta dello stesso che contenga almeno le principali informazioni fornite dal richiedente durante il colloquio. Tale sintesi può assumere la forma di una relazione o di un modulo standard. Lo Stato membro provvede affinché il richiedente e-o l'avvocato o altro consulente legale che rappresenta il richiedente abbiano tempestivamente accesso alla sintesi".
L'articolo 16 bis del regolamento n. 1560 del 2003, come modificato dal regolamento di esecuzione (UE) n. 118 del 2014 della Commissione del 30 gennaio 2014, intitolato "Opuscoli informativi per i richiedenti protezione internazionale", così dispone: "1. Nell'allegato X figura un opuscolo comune che informa tutti i richiedenti protezione internazionale sulle disposizioni del regolamento (UE) n. 604/2013 e sull’applicazione del regolamento (UE) n. 603/2013". L'allegato X al regolamento n. 1560 del 2003 contiene quindi un modello dell'opuscolo comune menzionato all'articolo 4, paragrafi 2 e 3 del regolamento Dublino III e all'articolo 29, paragrafo 3, del regolamento Eurodac, n. 603-2013. La parte A di tale allegato, intitolata "Informazioni sul regolamento Dublino per i richiedenti protezione internazionale, a norma dell'articolo 4 del (regolamento Dublino III)", raggruppa un certo numero di spiegazioni relative alla procedura di determinazione dello Stato membro competente e alla sua applicazione concreta nonché all'applicazione del regolamento Eurodac, informazioni relative ai diritti dell'interessato nonché diverse raccomandazioni e domande per l'interessato dirette al corretto svolgimento di tale procedura. La parte B di detto allegato, intitolata "La procedura Dublino - Informazioni per i richiedenti protezione internazionale soggetti alla procedura Dublino, a norma dell'articolo 4 del (regolamento Dublino III)", contiene il modello di opuscolo comune che viene consegnato all'interessato quando le autorità nazionali competenti hanno ragione di ritenere che un altro Stato membro possa essere competente per l'esame della richiesta di protezione internazionale. Essa prevede spiegazioni più specifiche relative alla procedura applicabile nella fattispecie nonché, anche in questo caso, informazioni sui diritti dell'interessato e diverse raccomandazioni e domande per l'interessato dirette al corretto svolgimento della procedura.
3.2.- Questa Corte, già nella ordinanza n. 37044/2021, non massimata, in controversia in cui l'Unità di Dublino ricorrente lamentava (a fronte dell'annullamento da parte del Tribunale adito della decisione di trasferimento per violazione degli obblighi informativi) che fosse sufficiente, ai fini del rispetto dell'obbligo di cui all'art.4 del Reg. 604-2013, la consegna dell'opuscolo informativo di cui all'art. 10 del D.lgs. n. 25 del 2008, la cui consegna allo straniero richiedente asilo era attestata dal cd. modello C3 che lo stesso sottoscrive all'atto della presentazione della domanda di protezione internazionale, ha affermato che "il mancato rispetto, da parte dell'autorità dello Stato membro, delle garanzie di cui ai richiamati artt. 4 e 5 del nuovo regolamento di Dublino non può, quindi, essere ovviato con una conoscenza acquisita aliunde dall'interessato, poiché in tal modo si frustrerebbe l'esigenza di uniforme trattamento dello straniero in tutto in territorio dell'Unione che è evidentemente alla base della norma eurounitaria in esame"; in motivazione, si è osservato che l'ambito del dovere informativo previsto dal regolamento di Dublino III è ben più ampio di quello delineato dall'art. 10, commi 4 e 5, del D.lgs. n. 25 del 2008, trattandosi di una informazione "ad ampio spettro, finalizzata ad assicurare l'effettività e l'uniformità della tutela del richiedente asilo e ad evitare che esso diventi l'oggetto, anziché il soggetto, del procedimento che lo riguarda e che è finalizzato ad individuare lo Stato competente all'esame della sua domanda" e che l'opuscolo, da consegnare prima del colloquio, deve rispettare il contenuto predeterminato direttamente dalla norma eurounitaria, mentre il colloquio personale "si deve svolgere prima dell'adozione del provvedimento di trasferimento, in una lingua comprensibile per il richiedente, con l'assistenza di un interprete, se necessario, in modo riservato, e con verbalizzazione o altra sintesi scritta che sia resa accessibile al richiedente ed al suo difensore o consulente".
Questa Corte, con l'ordinanza n. 17963 del 2020, ha inoltre affermato che "Le garanzie informative e partecipative di cui agli artt. 4 e 5 del Reg. UE n. 604 del 2013 (cd. nuovo regolamento di Dublino o Dublino III), che vanno assicurate allo straniero sottoposto a procedimento di trasferimento presso altro Stato dell'Unione Europea, che sia competente ad esaminare la sua domanda di protezione internazionale, sono finalizzate a garantire l'effettività ed uniformità dell'informazione, nonché del trattamento del procedimento di trasferimento, in tutto il territorio dell'Unione. Ne consegue che la loro inosservanza determina la nullità del provvedimento di trasferimento, senza che rilevi, in senso contrario, l'eventuale loro conoscenza acquisita "aliunde" da parte dello straniero, né la mancata allegazione o dimostrazione, da parte dell'interessato, di uno specifico "vulnus" al suo diritto di azione e difesa, giacché il rispetto della citata normativa eurounitaria, finalizzata ad assicurare il trattamento uniforme della procedura di trasferimento in tutto il territorio dell'Unione, non può essere condizionata dalle modalità con cui, in concreto, i singoli interessati reagiscono alla sua eventuale violazione" (conf. Cass. 24493/2021).
3.3.- La Corte di Giustizia, nella recente sentenza del 30/11/2023, nel pronunciarsi su di una serie di questioni pregiudiziali sollevate dalla Corte di Cassazione (causa C-228- 2021) e da vari giudici di merito nazionali (Cause C-254-2021, C- 297-2021, C-315-2021, C-328-2021), nell'ambito di controversie vertenti sulla legittimità delle decisioni di trasferimento emesse, in forza del regolamento Dublino III, art.18, lett. b) (ipotesi che concerne la ripresa in carico di persona che ha presentato in precedenza una domanda di protezione internazionale in un altro Stato membro in cui essa è in corso d'esame) o d) (ipotesi relativa alla ripresa in carico di persona che ha presentato in precedenza una domanda di protezione internazionale in un altro Stato membro in cui essa è stata respinta), dal Ministro dell’interno, al fine della ripresa in carico degli interessati da parte dello Stato membro richiesto, ha affermato i seguenti principi, in relazione alle questioni pregiudiziali concernenti gli obblighi informativi (che interessano il presente giudizio): a) "l'articolo 4 del regolamento Dublino III richiede la consegna dell'opuscolo comune non appena sia presentata una domanda di protezione internazionale, indipendentemente dal fatto che si tratti, o meno, di una prima domanda", dovendo tale consegna intervenire "al più tardi", in base all'art.29 del Regolamento Eurodac, al momento della trasmissione delle impronte digitali acquisite al sistema centrale "indipendentemente dalla questione se tale persona abbia, o meno, presentato in precedenza una domanda di protezione internazionale in un altro Stato membro" (par. 84); b) l'opuscolo comune contenuto nell'allegato X al regolamento Eurodac è volto a informare "tutti" i richiedenti protezione internazionale in merito alle disposizioni del regolamento Dublino III e sul regolamento Eurodac ed è suddiviso in due parti, ossia la parte A e la parte B (par. 87), entrambe da consegnare (par. 90); c) la consegna dell'opuscolo comune è prescritta anche nella procedura di ripresa in carico, in quanto "la questione della determinazione dello Stato membro competente non è necessariamente definitivamente chiusa" in detta fase (par. 94) e l'interessato potrebbe (par. 97) offrire elementi di prova utili (relativi, ad es., ad una cessazione delle competenze dello Stato membro richiesto o al mancato rispetto del termine di presentazione della domanda di ripresa in carico o al mancato rispetto da parte dello stato richiedente del termine di trasferimento o all'esistenza di carenze sistemiche nello stato membri richiesto o all'esistenza, tenuto conto dello stato di salute dell'interessato, di un rischio reale e acclarato di trattamenti inumani o degradanti in caso di trasferimento nello Stato membro richiesto) così da modificare la determinazione dello Stato membro competente avvenuta in precedenza in un altro Stato membro o influire su una siffatta determinazione (par. 100); d) "l'articolo 4 del regolamento Dublino III e l'articolo 29 del regolamento Eurodac devono essere interpretati nel senso che l'obbligo di fornire le informazioni in essi contemplate, in particolare l'opuscolo comune, si impone tanto nell'ambito di una prima domanda di protezione internazionale e di una procedura di presa in carico, previste rispettivamente dall'articolo 20, paragrafo 1, e dall'articolo 21, paragrafo 1, del regolamento Dublino III, quanto nell'ambito di una domanda di protezione internazionale successiva e di una situazione, come quella di cui all'articolo 17, paragrafo 1, del regolamento Eurodac, che possono dar luogo a procedure di ripresa in carico previste dall'articolo 23, paragrafo 1, e dall'articolo 24, paragrafo 1, del regolamento Dublino III" (punto 102); e) quanto al colloquio personale, prescritto dall'art.5, esso, a differenza dell'opuscolo comune che è volto a informare l'interessato in merito all'applicazione del regolamento Dublino III, "costituisce il modo per verificare che tale interessato comprenda le informazioni contenute in tale opuscolo e rappresenta un'occasione privilegiata, se non la garanzia, per esso, di poter comunicare all'autorità competente elementi d'informazione che possono portare lo Stato membro interessato a non rivolgere a un altro Stato membro una richiesta di ripresa in carico e persino, se del caso, a impedire il trasferimento di detta persona" (par. 105); f) l'obbligo di svolgere il colloquio personale contemplato nell'art.5 "si impone tanto nell'ambito di una prima domanda di protezione internazionale e di una procedura di presa in carico, previste rispettivamente dall'articolo 20, paragrafo 1, e dall'articolo 21, paragrafo 1, del regolamento Dublino III, quanto nell'ambito di una domanda di protezione internazionale successiva e di una situazione, come quella di cui all'articolo 17, paragrafo 1, del regolamento Eurodac, che possono dar luogo a procedure di ripresa in carico previste dall'articolo 23, paragrafo 1, e dall'articolo 24, paragrafo 1, del regolamento Dublino III" (par. 106).
Chiariti il contenuto e le finalità degli obblighi informativi prescritti dagli artt. 4 e 5 del Regolamento Dublino III, la Corte UE sulla questione delle conseguenze da trarre dalla violazione dei suddetti obblighi, ha affermato il diritto della persona destinataria di un trasferimento ad un ricorso effettivo avverso tale decisione, ai sensi dell'art.27, par. 1, del Regolamento in esame, ricorso che "deve poter avere ad oggetto tanto il rispetto delle norme che assegnano la competenza per l'esame di una domanda di protezione internazionale quanto le garanzie procedurali stabilite dal regolamento medesimo” e quindi anche la violazione degli obblighi previsti dagli artt.4 e 5, per la mancata consegna dell'opuscolo comune, nonché il mancato svolgimento del colloquio personale (par. da 107 a 110). Osserva che il regolamento Eurodac non fornisce risposta in ordine alle conseguenze che possono discendere dalla violazione degli obblighi informativi, cosicché, in mancanza di una normativa eurounitaria, "spetta, in virtù del principio di autonomia processuale, all'ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilire le modalità processuali dei ricorsi giurisdizionali intesi a garantire la salvaguardia dei diritti dei singoli, a condizione tuttavia che esse non siano meno favorevoli rispetto a quelle relative a situazioni analoghe assoggettate al diritto interno (principio di equivalenza) e che non rendano in pratica impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti conferiti dal diritto dell'Unione (principio di effettività)
La Corte di Giustizia tuttavia, in considerazione del rilievo, da parte dei giudici italiani, circa la difficoltà di ricavare dal diritto nazionale "conseguenze giuridiche in modo certo", in relazione al rispetto del principio di effettività, richiamati i principi già affermati nella sentenza del 16 luglio 2020, ha chiarito che: a) quanto alla mancanza del colloquio personale, fatta eccezione delle ipotesi descritte al par.2 dell'art.5 (nelle quali l'obbligo di effettuare il colloquio è escluso), la decisione di trasferimento deve essere annullata "a seguito di ricorso presentato avverso quest'ultima ai sensi dell'articolo 27 di detto regolamento e che contesta la mancanza del colloquio personale previsto da detto articolo 5, a meno che la normativa nazionale consenta all'interessato, nell'ambito di detto ricorso, di esporre di persona tutti i suoi argomenti avverso tale decisione nel corso di un'audizione che rispetti le condizioni e le garanzie enunciate in quest'ultimo articolo, e che tali argomenti non siano atti a modificare detta decisione" (par. 124-128); b) qualora invece il colloquio personale sia stato svolto ma non sia stato consegnato "prima dello svolgimento di detto colloquio" l'opuscolo comune, secondo quanto previsto dall'articolo 4 del regolamento Dublino III o dall'articolo 29, paragrafo 1, lettera b), del regolamento Eurodac, "il giudice nazionale incaricato di valutare la legittimità della decisione di trasferimento può pronunciare l'annullamento di tale decisione solo se ritiene, tenuto conto delle circostanze di fatto e di diritto specifiche del caso di specie, che, nonostante lo svolgimento del colloquio personale, la mancata consegna dell'opuscolo comune abbia effettivamente privato tale persona della possibilità di far valere i propri argomenti in misura tale che il procedimento amministrativo nei suoi confronti avrebbe potuto condurre a un risultato diverso" (par. 125-128).
4.- Dopo la citata sentenza della CGUE questa Corte di legittimità ha affermato e ribadito il principio secondo il quale “in sede di decisione su ricorso avverso la decisione di trasferimento disposta dall'Unità Dublino, dovuta a ripresa in carico del richiedente protezione internazionale da parte di altro Stato membro, gli obblighi informativi cui è tenuta l'autorità amministrativa competente, contenuti negli artt. 4 e 5 del Reg. UE
n. 604 del 2013, secondo l'interpretazione conforme fornita dalla Corte di giustizia nella recente sentenza n. 228 del 30-11-2023, pur nell'unitarietà del procedimento, non possono ritenersi né assorbiti né fungibili con quelli disposti in funzione della domanda di protezione internazionale dall'art. 10 D.lgs. n. 25 del 2008 ma devono avere a specifico oggetto le domande (in sede di audizione) e le informazioni espressamente specificate negli artt. 4 (diritto all'informazione, implicante l'obbligo di consegna preventiva di un opuscolo contenuto nell'allegato X al Regolamento UE, c.d. Eurodac, n. 603 del 2013) e 5 ("Colloquio personale"), in quanto aventi il dichiarato obiettivo di consentire al richiedente di fornire all'autorità tutte le informazioni utili ad individuare lo Stato membro competente all'esame della sua domanda di protezione internazionale. Ove questi specifici adempimenti non risultino assolti, alla luce della audizione effettuata e delle informazioni risultanti dalle allegazioni e produzioni dell'Autorità amministrativa, onerata della prova, la decisione di trasferimento deve essere annullata" (Cass. civ. sez. I n. 12170/2024; Cass. civ. sez. I n. 16828 del 2024; Cass. civ. sez. I n. 16828 del 2024).
5.- In ragione di quanto sopra esposto, può concludersi che ha errato il Tribunale a ritenere che nelle procedure di ripresa in carico non siano necessari gli adempimenti di cui agli artt. 4 e 5 del Reg. Dublino III e che gli obblighi informativi previsti dal predetto regolamento possano considerarsi assolti con la sottoscrizione del mod C3. L’opuscolo informativo, infatti, deve essere redatto secondo il modello comune e a questo adempimento deve seguire necessariamente il colloquio previsto dall’art. 5 che “costituisce il modo per verificare che tale interessato comprenda le informazioni contenute in tale opuscolo e rappresenta un'occasione privilegiata, se non la garanzia, per esso, di poter comunicare all'autorità competente elementi d'informazione che possono portare lo Stato membro interessato a non rivolgere a un altro Stato membro una richiesta di ripresa in carico e persino, se del caso, a impedire il trasferimento di detta persona” (par. 105 sentenza CGUE 30 novembre 2023 cit.). Entrambi gli adempimenti sono necessari - pur se sono diverse le conseguenze della omissione- anche nelle procedure di riresa in carico, poiché la parte può prospettare questioni nuove o ulteriori idonee ad incidere sulla competenza o comunque ad impedire il trasferimento.
La CGUE ha rimarcato l’importanza centrale del colloquio, che è un momento di interazione tra il richiedente asilo e l’autorità, e rappresenta quindi il momento in cui le asimmetrie informative possono essere superate tramite un approccio individualizzato, come è regola generale nell'esame di domande di protezione internazionale; in mancanza del colloquio personale, la decisione di trasferimento deve essere annullata, senza necessità di dimostrare il pregiudizio subito, a meno che la normativa nazionale consenta all'interessato, nell'ambito del ricorso avverso la decisione di trasferimento, di esporre di persona tutti i suoi argomenti avverso tale decisione nel corso di un'audizione che rispetti le condizioni e le garanzie enunciate nell’art. 5 cit. e sempre che nel corso di questa audizione gli argomenti esposti dal richiedente non siano rilevanti. La parte potrebbe infatti in questa sede fornire informazioni idonee a determinare il radicamento della competenza in Italia e in tal caso la decisione di trasferimento, pur se la irregolarità procedurale fosse stata sanata, non potrebbe confermarsi; diversamente se nel corso della audizione, pur nel rispetto delle garanzie informative, non emergessero argomenti atti a modificare la decisione assunta dalla Unità Dublino.
Se invece il colloquio è avvenuto con le garanzie previste dalla normativa europea, ma non è stato consegnato l'opuscolo informativo, la decisione potrà essere annullata solo se il giudice ritiene, tenuto conto delle circostanze di fatto e di diritto specifiche del caso di specie, che, nonostante lo svolgimento del colloquio personale, la mancata consegna dell'opuscolo comune abbia effettivamente privato tale persona della possibilità di far valere i propri argomenti in misura tale che il procedimento amministrativo nei suoi confronti avrebbe potuto condurre a un risultato diverso (par. 125-128 CGUE 30/11/2023 cit.).
Pertanto, il Tribunale ha altresì errato a ritenere che la parte dovesse dimostrare il pregiudizio subìto senza preventivamente e adeguatamente verificare, sulla base degli atti disponibili se l'amministrazione avesse dato prova di avere consegnato un opuscolo informativo redatto secondo il modello comune di cui si è detto e di avere eseguito il colloquio con le garanzie previste dall'art. 5 cit..
5.1.- In sintesi, deve affermarsi che, ove il giudice di merito verifichi che è mancato il colloquio di cui all’art. 5 del Reg. Dubino III dovrà annullare la decisione di trasferimento, salvo che le garanzie informative siano state recuperate tramite una audizione personale che rispetti i termini e le condizioni dati dal citato art. 5, e gli argomenti esposti di persona del richiedente asilo non siano comunque idonei a modificare la decisione. Ove il colloquio sia avvenuto ma sia mancata la consegna dell’opuscolo previsto dall’art. 4 dello stesso regolamento (ovvero sia stato consegnato un opuscolo non conforme al modello comune) la decisione di trasferimento dovrà essere annullata solo se nonostante lo svolgimento del colloquio personale, la mancata consegna dell’opuscolo comune abbia effettivamente privato tale persona della possibilità di far valere i propri argomenti in misura tale che il procedimento amministrativo nei suoi confronti avrebbe potuto condurre a un risultato diverso.
Ne consegue in accoglimento dei motivi del ricorso la cassazione del decreto impugnato e il rinvio al Tribunale di Ancona in diversa composizione per un nuovo esame, attenendosi ai principi esposti ai punti 4 e 5 della motivazione, e per la liquidazione delle spese anche del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione cassa il decreto impugnato e rinvia al Tribunale di Ancona in diversa composizione per un nuovo esame e per provvedere sulle spese anche del giudizio di legittimità.